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7.

Dedicato a Daisy.

Arrivammo a Stamford alle 3 del mattino.
Avevo dormito per la maggior parte del viaggio, perciò non avevo più così sonno.
Impiegano quasi un’ora a trovare un posto adatto e nascosto per parcheggiare la roulotte.
Era all' uscita di un bosco, lontano dalla strada principale.
Non riuscivo ancora a capire il motivo del nostro spostamento. Eravamo al sicuro prima, non c’erano motivi per iniziare la fuga.
Clay e Jesse non sembravano per nulla stanchi, e lo potrò confermare quando invece di andare a riposare come ogni comune mortale, si sedettero al tavolo della cucina a bere una birra.
Clay non aveva un posto dove stare, e di certo non poteva andare alla ricerca di una casa disabitata a quell’ora, e nonostante l'idea non mi allettasse, non potevo lasciarlo dormire in macchina. Il nostro divano era molto più comodo. Non ero gelosa di Clay,ero contenta che Jesse avesse un’amico, era solamente il suo essere troppo invadente che mi infastidiva.
Forse ero troppo egoista. Clay ci stava aiutando, non avevo il diritto di trattarlo male.
Stavo preparando il divano per Clay, ascoltando distrattamente le conversazioni dei due ragazzi.
-Juan vuole vederti. Credo voglia chiarire meglio la tua situazione.- Disse Clay.
-La mi situazione?-
-Si. Sapere se puoi ancora lavorare per lui, nonostante tua ricercato da praticamente mezz'america.-
-Ne avevamo già parlato. Che cazzo gli hai detto Clay?-
-Niente bro! Non l'ho nemmeno mai visto. –
Mi sedetti al tavolo con loro, curiosa di saperne di più.
-Chi è Juan?-
Nessuno dei due mi rispose.
-Quello che ci procura la roba.- Disse Clay distrattamente.
Prese dalla sua tasca una bustina trasparente con la roba.
La stese sul tavolo, e chiese a Jesse la sua patente.
-Tu non ce l'hai?- chiesi curiosa.
Preparò le strisce attentamente e prese dalla tasca della felpa una banconota, arrotolandola lentamente. Quando preparava la roba lo faceva con una delicatezza sconcertante, una delicatezza che di certo non usava solitamente.
-No. Me l'hanno ritirata qualche mese fa.-
-Perché?-
Forse tutte quelle domande lo infastidivano, ma se era così non lo dava a vedere. O forse quello che stava facendo in quel momento era più importante.
-Guida in stato di ebbrezza e possesso di cocaina. –
Si chinò sul tavolo e tirò tutte le quattro strisce. Passò la banconota a Jesse.
-E tu hai guidato fino a qui?-
-A me la polizia non mi prende. Col cazzo che lo fa! Disse sbattendo la lattina di birra sul tavolo e bevendone un lungo sorso.
-Peró qualche mese fa è successo.-
-Si beh, qualche mese fa non era colpa mia. Sono loro ad aver paura di me, ora. Hai visto, Bro? Te l'avevo detto che questa era buona.-
Jesse annuì solamente, tirando su col naso in continuazione dopo aver tirato la sua dose .
-Cazzo, se lo è.-
Lo guardai con un misto di disgusto e curiosità che mi allarmava. Perché io ero una ragazza per bene, e nonostante i miei genitori non fossero l’esempio di educatori modello, qualcosa me l'avevano insegnata.
Eppure, la maledetta domanda la feci lo stesso.
-Beh, fate provare anche a me.- dissi con nonchalance.


Non fu perché volevo dimostrare qualcosa a loro, o a me stessa. Non perché ero depressa e avevo bisogno di qualcosa che mi tirasse su.
La verità era molto più semplice.
Ero curiosa.
La curiosità mi stava divorando dalla prima volta in cui avevo messo le mani su quella polvere D’Angelo.
Non sapevo il perché. Sapevo che era pericoloso ed io non ero stupida, ma quella curiosità mi stava uccidendo.
Jesse rise, pensando che fosse una battuta, ma quando vide la mia espressione seria il suo volto tramutò immediatamente.
-Cosa hai detto?- chiese in un misto di rabbia e incredulità.
-Ho detto che voglio provarla.-
-Ma che cazzo…sei diventata stupida per caso? –
-Dai Bro, non farne una tragedia!-
-Sta zitto .- lo ammonì, senza staccare gli occhi da me.
-Jesse…non sono diventata stupida. Sono solo…curiosa.-
-Ma curiosità ammazza il cane! O qualcosa del genere…- Disse Clay.
-Curiosa un cazzo! Sei stupida! Se vuoi provare una cosa del genere, sapendo bene a cosa vai incontro perché lo sai, Kira, mi vedi tutti i giorni. E nonostante ciò mi chiedi di provarla? Ma ti si è bevuto il cervello?!-
-Smettila cazzo! Non chiamarmi stupida! Solo l'idea di dipendere da qualcosa mi fa raggelare il sangue. Voglio solo vedere com'è, tutto qui. Solo una volta.-
-Dicono tutti così! Io l'ho detto e guarda!-


Stava urlando, e Jesse non urlava mai, nemmeno quando era fatto.
-Io non sono te! – urlai.
Jesse si zittí. Nessun altro rumore all' infuori del cartone animato alla TV.
Fece un respiro profondo. - D'accordo genio, visto che tu sei invincibile, fa come ti pare.-
Mi lanciò in faccia la banconota arrotolata.
Lo fulminai con lo sguardo ma non dissi nulla.
Non ero mai stata arrabbiata con lui come in quel momento.
Afferrai la banconota e quel poco che rimaneva all'interno della bustina.
Sentivo lo sguardo contrariato di Jesse sulla mia testa ma lo ignorai.
Avvicinai la banconota al naso e mi chinai sul tavolo, tirando la sostanza lentamente.
Jesse guardava la Televisione, il volto contrariato e la mano stretta nervosamente intorno alla lattina di birra.
Clay mi osservava curioso, aspettando una mia qualche strana reazione che non arrivò immediatamente.
Il naso iniziò lentamente a formicolare, fin quando non lo sentì nemmeno più.
Anche i muscoli della bocca iniziarono a rilassarsi. La mia faccia sembrava aver assunto un potete anestetico.
Aspettai impaziente, non capendo realmente cosa ci trovassero. Non sentivo nulla di realmente speciale,
A parte la sensazione di rilassamento muscolare, come se il mio corpo fosse una molla, senza più rigidità. Certo, era bello, ma nulla di così eclatante.
Pian piano iniziai a sentire gli effetti, e dovetti smentirmi.
Mi sentivo strana, come se non fossi realmente dentro quella stanza.
Non riuscivo a stare seduta, non trovavo una posizione comoda e fui costretta ad alzarmi.
Non mi sentivo più così stanza.
Stava diventando…piacevole.
Presi dal frigo una birra.
Era fredda, e il rumore che produsse la linguetta di metallo quando l'aprii fu più chiaro, un rumore quasi assordante.
Anche il suono della TV, nonostante fosse impostata a volume basso, mi fracassava le orecchie. La parole del conduttore del meteo mi entrarono in testa, come se lui stesse parlando all'interno del mio cranio, come se fosse nella roulotte insieme a noi.
Non c’era più un noi. C'ero solamente io dentro quella stanza. Solo allora mi ricordai degli altri due ragazzi presenti.
-Stai  bene?- mi chiese Clay
-Si, a posto. –
Quella strana sensazione di alterazione si dissolse lentamente, lasciandomi frastornata e vuota.
Era passato così poco tempo che non avevo fatto in tempo a capire cosa mi stava accadendo.
Glielo dissi , e Clay prese un'altra dose.
-Per forza che non ti è salita, con una striscia di coca io mi ci pulisco il culo.-
Preparò altre righe sotto lo sguardo critico di Jesse, che rimase in silenzio.
Quando finí di sniffare le sue striscie, mi passò la banconota.
Tirai di più di prima è quella volta l'effetto mi travolse più velocemente.
Mi spaventai quando riuscii a percepire il mio battito cardiaco così forte.
Era accelerato, sentivo il mio cuore pompare contro la gabbia toracica come se volesse uscire.
Tutto apparve più chiaro, più nitido. Guardai Clay e Jesse e sembrava di guardare uno di quei film in 3d. Era così strano e allo stesso tempo così incredibile.
Sentivo i muscoli muoversi frenetici sotto la pelle, come se mi stessero spingendo a muovermi.
Il naso mi prudeva fastidiosamente, ma non ci pensai molto.
Era come un scarica elettrica su tutto il corpo. Come un defibrillatore che spingeva sul mio cuore. Mi destabilizzava, ma era estremamente intenso.
Non era così che lo immaginavo. Quando Jesse ne faceva uso non potevo immaginare che stesse provando questo.
Jesse si alzò e uscì, l' aria fredda mi travolse facendomi tremare.
Anche quando chiuse la porta alle sue spalle, la pelle d’oca oca non mi abbandonò , eppure avevo caldo, così tanto che mi tolsi la felpa pesante, rimanendo in canottiera.
Non durò molto, eppure mi sembrò un'eternità.
Una forte emicrania si impossessò della mia testa veloce come un razzo.
Mi rimisi la felpa, ricordandomi solo allora che eravamo a Gennaio.
Mi alzai per prendere un'aspirina per il mio forte mal di testa nello scaffale della cucina.
Fu troppo veloce, non riuscì a gestirlo e vomitai la cena nel lavabo della cucina.
Clay corse da me, togliendomi i capelli ingombranti dalla faccia.
-Kira, stai bene?-
Annuì, senza smettere di svuotarmi vergognosamente.
-Jesse mi ammazzerà.-
-Non sei tu ad avermi spalmato la polvere sul naso.-
Sentimmo la porta scricchiolante della roulotte.
Era rientrato, ma non osó avvicinarsi. Non mi stupiva. Sapevo che era arrabbiato con me, non lo biasimavo, ma avrei preferito che ci fosse stato Jesse vicino a me in quel momento.
Non riuscivo a smettere, la gola e lo stomaco mi facevano male per lo sforzo che stavo facendo.
-Non preoccuparti, biscottino. La prima volta è sempre così. –
E lo disse come se sapesse. Come se sapesse che ci sarebbe stata una seconda.



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