25.
Il bernoccolo stava velocemente scomparendo dalla testa di Jesse.
Non avevamo più parlato di quello che era successo quella notte, ed anche se ci avevo provato a tirare fuori l'argomento , lui aveva smesso di ascoltarmi quando mi ero descritta una pazza isterica.
La verità è che non riuscivo più a guardarmi allo specchio e a guardare Jesse negli occhi. Non sapevo più chi ero. Forse dovevo accettare il mio destino. Lo dicevano tutti, che Kira Maxwell era una pazza assassina.
Quella sera Jesse era uscito insieme a Clay a cercare di concludere qualche affare, visto che i clienti che si fermavano per scoparmi stavano diminuendo a vista d’occhio.
Non mi interessava nemmeno più.
Anche quando mi facevano male io non lo sentivo. Non sentivo più nulla, ormai. Non mi prendevo neanche la briga di fingere l’orgasmo, a chi importava di quei vecchi porci? Ero vuota, un’insulsa bambola di pezza senza emozioni.
Non mi sentivo molto bene così decisi di non uscire, sperando che Jesse sarebbe tornato a casa con qualcosa, visto che erano parecchie ore che non mi facevo.
C'era uno strano odore in quel camper. Non ricordavo l'ultima volta in cui avevo pulito. Ero sempre stata un'amante dell’ordine e della pulizia, o almeno Kira lo era stata, a Cookie non interessava.
Fumai anche l'ultima sigaretta del mio pacchetto, lanciandolo contro il muro del camper e ripetendo all’infinito che la mia vita era una merda.
Mi veniva da piangere. Faceva caldo, non avevo la coca e nemmeno le sigarette. Cos’altro poteva capitarmi?
Non sarei riuscita ad aspettare l'arrivo di Jesse, lo sapevo bene, e l'idea di uscire la fuori ed aspettare ore e ore per procurarmi una dose grazie a un vecchio grassone pervertito , mi faceva vomitare.
Mi ritornarono in mente le parole di Gerald, che non vedevamo da parecchio tempo.
“Quando hai bisogno di qualsiasi cosa, vieni da me.”
Mi chiedevo se l'offerta fosse ancora valida. A Jesse non stava simpatico e se avesse saputo che lo avevo visto…Gesù, non volevo nemmeno pensarci.
Usci fuori in veranda, il sole caldo che bruciava sulla fronte abbronzata.
Non sentivo il suono Delle macchine in lontananza, probabilmente nessuno sarebbe uscito Consuelo caldo afoso.
Buttai il resto della sigaretta fra i campi e chiusi la porta del camper alle mie spalle.
Non riuscivo più a resistere.
Non ero mai stata una tipa paziente, e non potevo nemmeno essere certa che Jesse sarebbe tornato con qualcosa.
Camminai velocemente fra i campi di granturco, aumentando di man mano il passo.
Avevo fretta.
La casa di G non era molto distante.
Le luci del salotto erano accese e la sua auto era parcheggiata nel vialetto.
Il cancello era aperto e raggiunsi quasi di corsa la porta d'ingresso, bussando nervosamente.
Mi mossi agitata sulla soglia, sperando di non fare una Delle mie solite brutte figure. Non mi piaceva chiedere aiuto agli altri, ma non avevo altre soluzioni.
Sentivo dei rumori provenire dall'interno, e dopo lunghi secondi G aprí la porta.
Sembrò stupito di vedermi li, tremante come una foglia secca e con i capelli appiccicati alla fronte per il sudore.
Il suo viso si rilassò subito, facendo comparire sulle sue labbra un caloroso sorriso.
-Cookie…che bella sorpresa…vieni entra.-
Lo seguì all’interno di quella casa sempre così bella, pulita e ordinata, proprio come la ricordavo.
Dal immenso salotto di Gerald proveniva una musica trap, una di quelle che ascoltava anche Clay e che non sopportavo.
G indossava dei calzoncini blu e una t shirt bianca. Era la prima volta che lo vedevo con qualcosa di diverso dai soliti jeans neri slavati e la giacca di pellet da motociclista.
I capelli erano ancora umidi, probabilmente se li era appena lavati.
Mi sedetti sul morbido divano bianco e lo osservai mentre scompariva nella cucina.
Era tutto un po’ imbarazzante. A casa di G c'era sempre qualcuno, ma quella sera eravamo solo io e lui e mi sembrava così sbagliato.
Gerald tornò con due bottiglie di birra ghiacciata e me ne porse una.
Volevo dirgli che non mi piaceva particolarmente la birra, ma almeno aveva qualcosa da fare per evitare di creare disagio con il nostro silenzio imbarazzante.
-Sono settimane che non vedo nemmeno Cam. Pensavo foste partiti. –
-Abbiamo avuto ecco…vari pensieri che ci hanno tenuti occupati.-
-Come stai Cookie? Non hai proprio una bella cera. Voglio dire, sei sempre uno schianto, questo è ovvio.-
Dovevo essere arrossita come un stupida ragazzina, perché sentii le mie guance andare a fuoco.
-Io sto…bene, si.-
Leggevo nei suoi occhi lo scetticismo. -Come mai questa visita?-
Mi strinsi nelle spalle guardando ogni oggetto della stanza per evitare il suo sguardo curioso.
-Io…io….G, mi potresti dare un po’ di roba? È da stamattina che non tuo, sto davvero impazzendo.-
Lui prese un lungo sorso dalla sua cheers, annuendo fra se e se.
-Si beh, lo avevo capito.-
-Mi sento davvero ridicola, ma sul serio non ce la faccio più.-
G si alzò senza dire nulla e sparì in cucina.
Tornò nella stanza e mi porse una bustina piena nei bianca.
-Non ti devi giustificare, Cookie. Te l'ho già detto, quando hai bisogno di qualsiasi cosa, puoi chiedere a me.-
-Grazie.- risposi distratta, troppo concentrata a preparami le mie strisce.
-E Jesse dove lo hai lasciato?-
-È fuori con Clay. –
Appena sniffai l'amata sostanza, il tremolio abbandonò finalmente il mio esile corpo.
Stavo bene, finalmente.
-Perché stai con lui, Cookie?-
Per poco non sputai la birra. Che razza di domanda era?
-io lo amo. –
-L'amore…non ci credo, a quella merda.-
-Si beh, io invece ci credo, perciò…-
-Sei così piccola…Perché non te ne vai? Potresti fare una vita normale, come una normale adolescente. Se hai bisogno di sold…-
-Perché ci tieni così tanto? Tu non mi conosci, Gerald. Tu non hai idea…-
-D'accordo. Questa è la tua vita e sei tu a dover decidere. È solo che mi dispiace tanto.-
Nessuno disse più nulla per diversi minuti e rimanemmo lì, intenti a drogarci per dimenticare il marcio che ci circondava.
Quando bussarono alla porta, non seppi quanto tempo fosse passato da quanto avevo messo piede in quella casa.
Gerald si alzò faticosamente e andò ad aprire.
Sentivo Delle voci, ma la mia mente era troppo offuscata per riconoscere le parole.
Sentii dei passi alle mie spalle, e quando mi voltai, la vidi per la prima volta.
La ragazza ricambiò il mio sguardo curioso.
Pensai subito che fosse una bellissima ragazza, non tanto per il suo aspetto fisico, ma per il suo modo… il suo modo di stare lì, la postura così sicura e i suoi grandi occhi che nascondevano un velo di mistero.
Il fatto che non staccò nemmeno per un secondo lo sguardo dai miei occhi mi fece sentire a disagio.
-Cookie, lei è Dawn, una mia amica.-
La ragazza dai corti capelli colorati di blu mi fece un cenno con la testa. Aveva Delle graziose lentiggini sul viso completamente struccato.
Dawn si avvicinò e si sedette al mio fianco, forse per scrutarmi ancora meglio.
Indossava un crop top nero e attillato, e un paio di vecchi jeans con due strappi sul sedere.
-Mi piacciono i tuoi tatuaggi, Cookie.-
Con la sua mano ricoperta da inchiostro nero e anelli d'argento contraffatto accarezzò i contorni dei miei tatuaggi, e rabbrividì a quel contatto freddo e inaspettato.
Si portò una ciocca di capelli dietro alle orecchie e guardò G, le poi portargli una banconota da cento dollari.
-Non ti ho mai vista in giro. Non sei di qua, vero?-
Scossi la testa, troppo impegnata a guardare il modo quasi elegante con cui si preparava la siringa con la coca appena comprata.
Prima di allora, avevo visto solamente Clay assumerla in quel modo, ma solo raramente.
Si slacciò un laccio nero dalle sue Buffalo consumate e se lo strinse intorno al braccio scheletrico.
-No, no io…sono…in vacanza, più o meno.-
-Quale matto verrebbe in vacanza a Roxenville? Io vengo dal New Jersey. Cazzo, quanto mi manca. Ma ora sono qui, all’inferno.-
Si inniettò la polvere nel avambraccio già ricoperto da buchi rossicci più e meno recenti.
Quando fini appoggiò delicatamente la siringa sul tavolino del salotto e si lasciò andare sullo schienale del divano, chiudendo gli occhi soddisfatta.
-Non l'hai mai provata così?- mi chiese in un sospiro, guardando la siringa.
-N-no. –
Dawn sorrise dolce, stringendomi delicatamente il mento fra le sue dita congelate. -Cosa ci fai in questo posto, piccola?-
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