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18.

Ci impiegammo più del solito per arrivare a Kerastone, nella contea di Natrona nello Wyoming. Avevamo deciso di fermarci lì dopo tre giorni di viaggio non solo per le desolazione del passaggio, costernato da montagne e colline baciate dal sole, manche Perché Clay sosteneva che Juan non possedeva quella zona per lo spaccio. Certo, quello non avrebbe evitato il rischio di essere trovati, ma di certo era ridotto al minimo.
Volevamo proseguire fino al Montana, quel posto in cui avevo sempre desiderato vivere dopo averlo visitato insieme alla mia famiglia quando ero piccola.  Me ne ero innamorata, di quei fiumi e di quelle montagne altissime.
Camila però ci aveva convinto a fermarci prima sostenendo che eravamo comunque molo lontano da Boca Raton e che conosceva qualcuno nella zona.
Già il fatto che ci vivesse qualcuno, in quel posto bellissimo e deserto, era un miracolo.
Lasciammo il camper appena prima di un riserva naturale abbandonata, l'erba alta e i rami talmente alti da raggiungere la porta d'ingresso.
Non era proprio comodo, ma almeno eravamo lontano da tutto.
Il sole stava tramontando sopra le nostre teste, così Cam e Clay decisero che sarebbero andati a trovare un posto in cui dormire il giorno seguente. Avevamo abbastanza soldi ora, e Clay e Cam avrebbero potuto dormire in un posto più carino e comodo degli appartamenti abbandonati a cui era abituato il ragazzo.
Per la prima volta dopo mesi di fuga, iniziavo a provare qualcosa di simile alla paura.
Eravamo lì, eravamo vivi, seduti intorno al tavolo del camper. Avevamo i soldi, un quantità immensa della droga più buona della circolazione e ci sentivamo invincibili, ed era proprio per quello che avevo paura. Sembrava tutto così semplice da non sembrare reale.
Camila aprì la busta con la roba, limpida come la neve.
-Ci facciamo una striscia?-


Nessuno replicò, perché non avevamo altro da fare, altre motivazioni per farci vivere veramente. Ci drogammo perché non sapevamo fare altro, ma a noi non ce ne importava.

Per le vendite Clay e Jesse dovevano muoversi fino alla città più popolata della zona, a più di un'ora dal posto in cui ci eravamo stabiliti. Essendo di qualità maggiore a quella che conoscevano i pochi tossici della regione, il prezzo era aumentato di molto, ma i guadagni erano rimasti tali a sempre. Quello non era decisamente il posto adatto, ma era solo un a sosta prima di poter proseguire per città più grandi e frequentate.
Non ero sicura che Jesse e Clay sarebbero riusciti a gestire tutta quella roba. Stavano giocando a fare i Narcos e la cosa non prometteva nulla di buono.
Quella sera faceva più caldo del solito. Non come in Florida o in Texas ovviamente, ma il vento  era freddo e mi accarezzava dolcemente la pelle.
Io e Cam eravamo sedute sugli sdrai come ogni sera dopo cena, una Marlboro fra le dita e  gli occhi puntati al cielo, verso la luna piena, così grande e vicina da poterla quasi toccare con un dito. Nessuna delle due diceva nulla. In sottofondo il rumore proveniente dal camper del reality che trasmettevano alla tv.
Dieci una veloce occhiata al cellulare notando che erano già le tre passate. Solitamente Jesse non tornava dopo quell’ora, perché sapeva che lo avrei aspettato sveglia fino ad allora.
Guardai Camila,ma non sembrava preoccupata, solamente molto fatta.
Mi aprii una birra, cercando di non pensare al fatto che non era ancora rincasato.
Volevo parlare con Cam, distrarmi e smetterla di preoccuparmi per l'ora tarda, ma lei sembrava totalmente immersa nel suo mondo.
Erano le quattro, quando sentii in lontananza il rumore di un motore avvicinarsi. Cam si era addormentata sullo sdraio con una sigaretta accesa frale dita, come ogni sera, e tirai un sospiro di sollievo quando vidi il pickup di Clay sbucare da dietro agli alberi.
Parcheggiò l'auto vicino al Camper e scese, raggiungendo la parte del passeggero con la sua andatura traballante.
Aprì lo sportello e aiutò Jesse a scendere, è solo allora mi accorsi delle condizioni in cui si trovava.
Non riusciva a reggersi in piedi.
Lo raggiunsi preoccupata, aiutando Clay a portarlo dentro.
Si buttò sul divano , emettendo gemiti di dolore.
Mi sedetti al suo fianco, accarezzandogli l'occhio gonfio e violaceo.
-Jesse, che ti è successo? Che cosa ti hanno fatto?-

Gli passai la mano sui folti capelli leggermente umidi per la pioggia di qualche minuto prima, e scesi lungo il suo volto tumefatto, soffrendo per quello che stavo guardando, per il dolore che doveva provare.
Il naso non smetteva di sanguinare, così mi alzai e presi dalla cassetta dei farmaci delle garze e del disinfettante.
Guardai Clay mentre gli medicavo le ferite,

sperando che almeno lui potesse dirmi qualcosa, ma Clay abbassò lo sguardo e si sedette al tavolo, accendendosi una canna e distogliendo lo sguardo.
Posai delicatamente l mie labbra sulle sue, bagnando il suo volto con le mie lacrime, e quando si lamentò mi accorsi che aveva il labbro superiore gravemente tagliato.
-Jesse, per favore, parlami. Che ti è successo?-
Lo abbracciai, cercando di non fargli troppo male, respirando il suo odore, il mio preferito.
Capì che non mi avrebbe rivelato nulla, che non era nelle condizioni fisiche e probabilmente mentali per parlarmi.
Clay lo aiutò ad alzarsi e lo coricó sul letto. Rimasi al suo fianco finché non si addormentò, il respiro profondo e il volto teso.

Quando tornai nell'altra stanza, Clay era ancora seduto al tavolo.
Mi sedetti di fronte a lui, cercando inutilmente il suo sguardo vuoto.
Doveva essersi appena fatto di eroina, perché i suoi occhi si chiudevano in continuazione e la testa sembrava pesarli come un macigno.
-Che è successo? Chi lo ha ridotto così?-
Sapevo che parlare con Clay in quelle condizioni era perlopiù inutile, ma volevo sapere perché Jesse stava così male e per quale ragione lo avevano picchiato.
-Clay?-
Alzò lo sguardo, guardandomi per qualche secondo con gli occhi rossi e socchiusi.
Prese dell’ acqua dal frigo e svuotò in pochi sorsi la bottiglia .
-Juan lo ha trovato. Gli ha preso tutta la roba che aveva e lo ha menato. I suoi aguzzini lo hanno menato.–
Mi portai una mano alla bocca, sentendo gli occhi inumidirsi ancora una volta.
-L'ho trovato casualmente, sul ciglio della strada principale. Aveva perso i sensi. Ho creduto che fosse morte.-
-Non dirlo neanche per scherzo.- mi alzai, le gambe tremanti per aver solo immaginato di perderlo.
-Che faremo ora.-
-Dobbiamo andarcene, il prima possibile. Juan si è preso tutta la roba. Glielo avevo detto a Jesse di non girare con tutta quella Coca! Quanta ne abbiamo ancora qui?-
Scossi la testa, improvvisamente più agitata. -Non molta.-
Clay annuì, passandosi le mani fra i capelli.
-D'accordo, troveremo una soluzione. Abbiamo ancora soldi per comprarne dell’altra. La rivenderemo, come abbiamo fatto sempre. Si. – alzò la testa e mi guardò, e capì che nemmeno lui credeva alle sue stesse parole.- risolveremo tutto questo.-

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