11.
Non riesco a smettere di guardare il video sui media. (Guardatelo e gustatevelo)
Sono stata travolta dall'ansia durante la scrittura di questo capitolo, l'ho scritto tutto d'un fiato e spero che vi piaccia.
∆~∆~∆~∆~∆~∆~∆~∆
Dopo l’accaduto, Jesse non mi rivolse più la parola.
Provai ad avvicinarmi, nonostante fossi ancora arrabbiata con lui, ma riusciva sempre ad evitarmi.
La maggior parte del tempo la passava fuori casa, e io me ne stavo da sola a guardare film scadenti e a pensare a quello che avevo fatto, a cosa avevo sbagliato per meritarmi quell’indifferenza. Me ne stavo sola con la mia mente e con le domande che si poneva. Ero diventata un problema, o forse lo ero sempre stata.
Clay non era più venuto, il che era strano, visto che passava l'ottanta per cento del tempo qui. Jesse usciva sempre, senza avvisarmi e facendomi preoccupare. Tornava sempre tardi, spesso lo sentivo, e dormiva sul divano.
Quella situazione iniziava ad infastidirmi. Non avevo già sofferto abbastanza? Hai ucciso la tua sorellina, te lo meriti e come. Dovresti essere chiusa in prigione, magari fino alla morte, anzi, forse ti meriteresti la pena di morte. E invece sei qua, con addosso vestiti griffati, droga gratis e un letto caldo. E ti lamenti se il tuo ragazzo ti da della pazza?
Sapevo sin dall' inizio che tutto questo era troppo grande per noi. Non si può fuggire dall’inevitabile. Come potevo pretendere che Jesse sopportasse tutto questo per me? Ha messo in pericolo la sua vita, per me.
Non era lui il colpevole in questa storia. Non potevo tenerlo intrappolato per sempre. Gli stavo impedendo di farsi una vita normale, come tutti i ragazzi della sua età.
Potrebbe finire in prigione, e sarebbe tutta colpa. Avrei potuto evitare di perdere anche l'unica persona che contava nella mia vita, se me ne fossi rimasta all'ospedale.
Non potevo fargli questo. Lui non lo meritava.
Presi il borsone di Louise Vuitton che mi aveva regalato qualche giorno prima, prima che litigassimo, e ci infilai alla rinfusa qualche indumento invernale. Non avevo molti soldi, ma me li sarei fatta bastare finché non avrei trovato una soluzione. E la soluzione migliore era solo una. Consegnarsi, pagare per quello che avevo fatto.
Arrendermi.
Mi sistemai meglio il trucco prima di uscire. Non volevo farlo realmente. Io l'amavo, e lasciare una persona che si ama è sempre doloroso. Ma è proprio perché lo amavo, che dovevo lasciarlo libero.
Forse sono stata così egoista da non pensare a come si poteva sentire Jesse.
Era pomeriggio inoltrato, fuori era buio pesto e l'umidità s'infiltrava sui miei capelli biondi.
Guardai la roulotte alle mie spalle. Avrei dovuto scrivergli un biglietto, forse. Ero così vigliacca da non riuscire nemmeno a dargli una spiegazione.
Non avevo preso molti vestiti, e probabilmente avrebbe capito che me ne stavo andando per sempre solo quando avrebbe notato la mancanza del borsone .
Uscì dalla vegetazione, ritrovandomi nella strada deserta.
Dove ero diretta? Non lo sapevo.
Ovunque, dove mi avrebbe portata il destino.
Jesse Pov
Parcheggiai la vecchia auto affianco alla roulotte. Diedi un occhiata all'orologio. Era molto tardi.
Le vendite stavano andando alla grande e presto avremmo dovuto spostarci ancora, per gli affari di Juan.
Uscii dall’auto stringendomi nel cappotto e coprendomi la testa col cappuccio dalla pioggia battente. Faceva più freddo del solito, Quella sera.
Entrai nella roulotte e accesi la luce. Quel silenzio era così triste.
Andai in frigo e feci per prendere una birra, ma poi cambiai idea e aprì un coca cola.
Ero stanco, volevo buttarmi sul divano e dormire subito, ma avevo bisogno di togliere quei vestiti bagnati.
Mi diressi in camera cercando di fare meno rumore possibile, maledicendo il cigolio della porta, sperando di non svegliarla dal suo sonno leggero.
La stanza era così buia che sbattei il mignolo sullo spigolo del letto, imprecando a voce alta.
-Scusa, non volevo svegliarti.- Dissi immediatamente, sapendo che si svegliava anche con uno sbuffo d'aria.
Non mi rispose.
Strizzai gli occhi, cercando di vedere la sua figura nell'ombra.
-Kira?-
Accesi la luce, capendo perché non mi aveva risposto.
Nel letto, non c'era nessuno.
Andai a vedere in bagno, trovandolo vuoto.
Uscii fuori, bagnandomi ancora e cercandola dietro alla roulotte.
Ma Kira non c'era.
Provai a chiamarla al cellulare, trovandolo spento.
Doveva averlo fatto ancora. Quella volta in cui avevamo litigato, Clay l'aveva fatta dormire da lei.
Digitai velocemente il suo numero.
Mi rispose dopo molto.
-Bro?-
-Passamela.-
-Chi?-
Alzai gli occhi al cielo. -Kira.-
-Kira?-
-Portala a casa.-
-Di che cazzo stai parlando?-
-So che non vuole parlare con me, e nemmeno io, ma non voglio più litigare. Diglielo e riportarla indietro.-
-Kira non è qui.-
-Non prendermi per il culo.-
-Amico,non la vedo da due giorni.-
Clay non mi avrebbe mentito. Perché dovrebbe?
Il panico mi assalì, facendomi rabbrividire.
Che diavolo stava succedendo?
Quello che provai fu simile al sentimento che provai quando mi dissero che mio padre era morto, quando ero molto piccolo.
-Jesse, ci sei? Che succede?-
-Kira non è qui.-
-Che significa che non è…-
-Raggiungimi subito, Clay.-
Riattaccai, entrando letteralmente nel panico.
Provai nuovamente a chiamarla, sperando inutilmente di trovare il suo telefono acceso.
E se l'avessero trovata? Qualche malcapitato, un ladro, uno stupratore…non riuscivo nemmeno a immaginarlo.
Il mio sguardo cadde sull’armadio aperto. Non c'era più il borsone che le avevo dato, quello che voleva tanto.
Aprii bruscamente le ante dell'armadio. Mancavano dei vestiti.
Era scappata.
Sentii la porta aprirsi nell’altra stanza.
Andai a controllare, sperando che fosse lei.
-Bro? Che succede?-
-È scappata, Clay. Se n'è andata.-
Clay sbiancò, passandosi le mani fra i pochi capelli.
-Merda! Merda!-
Tirai un calcio al tavolo, ribaltandolo.
-Jesse…-
-Lo sapevo! Sapevo che sarebbe accaduto! Merda! Potrebbero riconoscerla, sicuramente lo faranno! Gesù Clay, è così piccola, le persone che girano qua intorno non hanno buone intenzioni! –
-Jesse! Calmati!-
-No! È la fuori, da sola! Dobbiamo andare a cercarla.-
-Siediti un secondo, ti devi calmare o ti verrà un infarto.-
Seguì il suo consiglio e mi sedetti, passandomi le mani fra i capelli bagnati.
-Ho bisogno di farmi! Ho bisogno di farmi ora!cazzo se ne ho bisogno!-
-Credo sia meglio di no, sei già abbastanza agitato.-
Non lo ascoltai e cercai la mia boccetta infondo alla tasca dei jeans, sniffandone tutto il contenuto.
-Andiamo, andiamo a cercarla.- esclamai alzandomi.
Prendemmo due direzioni diverse.
La pioggia aumentava sempre di più, rendendo difficile la vista .
Sperai che non fosse andata troppo lontana.
Era tutta colpa mia. Mi ero comportato così dannatamente male con lei. L'avevo trattata come una merda, ma Kira non aveva fatto niente. Lei era perfetta per me , e sapere che lei non lo aveva ancora capito, che si sentisse ancora come la Kira che avevo conosciuto a scuola, indifesa e senza autostima, mi faceva stare male.
Io ero una di quelle persone che lei odiava, che la facevano soffrire.
Io ero come sua madre, suo fratello, Collen McBride, sua sorella, i suoi stupidi compagni di scuola.
Mi ero comportato esattamente come loro, ed era solo colpa mia se nemmeno ora Kira poteva sentirsi al sicuro.
Dovevo essere il suo posto,la sua casa, ma avevo solo aumentato la sua insicurezza.
-Ma che testa di cazzo!- perché era proprio quello che ero, e mi meritavo quel dolore.
Oh Gesù, fa che stia bene.
Uscì dalla zona industriale e malfamata, entrando in centro città.
Le luci delle case erano spente e le strade desolate.
Scrutai a fondo ogni angolo, finché non vidi una piccola figura seduta sotto la pensilina di una fermata dell’autobus.
Frenai bruscamente, uscendo dalla macchina e correndo sotto la pioggia.
Quando fui abbastanza vicina, la rionobbi.
-Kira!-
I suoi occhi si alzarono stupiti.
-O grazie al cielo, o grazie Gesù.- esclamai, avvicinandomi e stringendola a me.
Era così fredda nonostante l'enorme cappotto che indossava.
Non dicemmo nulla per diversi minuti. Rimanemmo così, stretti l'uno a l'altro .
Sentii i miei occhi inumidirsi quando percepì il suo corpo tremare fra le mie braccia.
Le accarezzai le guance fredde e piansi, dopo molto tempo piansi lacrime vere.
La guardai. I suoi occhi mi guardavano con un misto di tristezza e delusione che mi spezzarono il cuore.
-Stai bene?-
Lei annuì leggermente, distogliendo lo sguardo.
Guardai la sua borsa ai suoi piedi. Voleva andare via da me.
-Non fare mai più una cosa del genere, ti prego. Mi sono sentito così perso…ho pensato al peggio.-
-Mi dispiace.- pronunciò neutra.
-No, non devi dispiacerti. È tutta colpa mia. Sono una merda,capisco perché lo hai fatto. Non avrei dovuto trattarti in quel modo, nessuno meriterebbe quelle parole. Non pensavo veramente quello che ho detto. Ero incazzato, lo sai come sono. Non posso nemmeno pensare di stare lontano da te. Io ti amo, Kira. Ti amo da impazzire e mi dispiace non avertelo dimostrato abbastanza. Perdonami, ti prego.-
La guardai, non riuscendo a decifrare il suo sguardo.
-Guardami piccola.-
Alzò difficilmente lo sguardo, freddo e distante, ed annuì.
-No,Kira,voglio che mi parli sinceramente. Che cosa stai provando?-
-Non parlarmi come il mio psichiatra, Jesse.- sputò acida, staccandosi dal mio abbraccio.
-Voglio solo che tu sappia che io ti amo, e farei qualsiasi cosa per te, Kira. Qualsiasi.- Dissi, annullando la distanza.
-È proprio questo il problema.-
-Cosa?-
-Tutto questo è troppo per noi,Jesse. Ma lo vedi come siamo finiti? Litighiamo tutti i giorni,per nulla. Forse avrei dovuto rimanere a New York, e tu avresti potuto…-
-No. Non dirlo, cazzo. L'unica cosa che volevo era stare con te. Non ho mai lottato per nessuno, non ho mai messo la vita di nessun altro davanti alla mia. Ma mi piace, eccome se mi piace. È quello che voglio, tu sei quello che voglio. –
Le alzai il mento, e unii le nostre labbra in un lungo bacio.
Come diavolo avevo fatto a starle lontano per quattro giorni?
-Andiamo, stai congelando.-
Le presi il borsone e salimmo in macchina.
Si sedette al mio fianco, guardando con occhi persi la strada davanti a sé.
-Scusami se ti ho dato del tossico di merda.-
La guardai, accarezzandole i capelli. – È quello che sono.-
Misi in moto, tornando finalmente a respirare.
-Sei perfetta per me. Non dubitarlo mai, Kira.-
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro