Ventiseiesimo Capitolo
Il tramonto illuminava il bosco, gli uccelli cinguettavano allegramente, i fiori notturni erano in procinto di sbocciare rilasciando così le loro spore dorate. A piedi scalzi, procedevo lenta tenendo in mano il calice argentato, ricolmo di sangue. Il gorgogliare del fiume, il quale da un po' iniziai a risalire, cullava il mio animo dandogli una pace interiore che, prima di allora, provai poche volte. Guardai in alto, cercando di scorgere fra le fronde l'ascesa della Luna e dei candidi e lieti astri celesti. Ripresi lenta il cammino, cercando di tenere ben saldo il coperchio del calice, per evitare di farne fuoriuscire il contenuto. Non ci misi molto per completare il tragitto, quando arrivai alla fonte, mi inginocchiai e aspettai pazientemente che l'eclissi iniziasse. Invocai le tre Ninfe, che sarebbero dovute presenti a tale evento. Questo momento doveva restare un segreto, qualcosa di veramente intimo e sentito dal profondo del cuore. Le Ninfe si fusero creando una luce argentata, la Dea dai capelli blu come la notte e vari filamenti argentei che risaltano il colore rosso vivo degli occhi. Il pallore del suo viso era veramente soprannaturale, ciò mi incuteva un certo timore, l'abito nero con i brillantini bianchi, le donava un certo sfarzo che la faceva splendere.
La luce si affievolì lentamente, il cono d'ombra iniziò a ricoprire il pianeta, il cinguettio si fece distante e lontano, lo stesso accadde per lo scorrere dell'acqua.
Plop. Plop. Plop.
Lo sentivo distintamente, era il rumore del sangue che goccia dopo goccia si riversava nel fiume. L'acqua, dapprima limpida e cristallina, cambiò lentamente colore, fino a divenire color rosso sangue, ciò ne comportò anche la densità. Sembrava un fiume fatto interamente di sangue, mi sentivo svuotata di ogni energia. Era come se lo stesso me ne privò interamente. Sul mio corpo iniziò ad apparire una specie di catena disegnata, la quale, inizialmente mi avvolse completamente, per poi svanire man mano. Sentivo una potenza inaudita crescere dentro me, provai una sensazione di intorpidimento. Fu strano, quando aprii gli occhi riuscii a cogliere l'essenza della natura, l'aurea, una piccola parte infinitesimale che costituisce l'anima dell'aura. Quando l'eclissi terminò le Dee svanirono e un segno che sembrò un otto schiacciato orizzontale, che se non erro corrisponde al simbolo dell'infinito, apparve sul mio polso destro. Sarebbe rimasto lì, fino alla fine dei miei giorni, poiché esso metteva in relazione me e il Red Creek. Mia nonna ha marchiata una specie di stella. Volai verso la valle, dove mi stava attendendo la mia famiglia, la quale mi avrebbe condotta alla Cascata, ove avrei dovuto imparare a dominare i miei poteri per non correre inutili rischi, prima dell'incoronazione.
Il mattino seguente mi svegliai presto, mi alzai scendendo in sala per prendere la colazione e portarla di sopra. In questi giorni, di occasioni per stare un po' da soli, non ne abbiamo avute molte. Fra i vari impegni da affrontare durante il giorno, arrivati la sera crollavamo subito, inoltre volevo ringraziarlo per tutto ciò che continuava a fare per me. Quando entrai in camera, lui era già sveglio, lo vidi fissarmi stranito, io risi dinanzi alla sua fronte corrucciata, assumeva un'espressione un po' buffa.
«Buongiorno, ho pensato di portarti la colazione.»
Esclamai, mentre mi sorrise seguendomi passo passo e accomodandomi accanto a lui.
«Attenta nel viziarmi, potrei abituarmici.»
Esclamò lui, prendendo una delle due tazze di tè, mentre io presi l’altra, sorseggiando quel caldo liquido.
« Allora viziamoci insieme.»
Esclamai, facendolo ridere di gusto mentre mi sistemai meglio con lui mi osservava curiosamente.
«Cosa faremo oggi?»
Chiese lui, mentre io gli sorrisi soltanto e lo guardai.
«Fra sette giorni ci sarà l'incoronazione.»
Lui mi guardò perplesso, evidentemente non aveva compreso il collegamento, con i sette giorni di libertà che ci erano stati concessi.
«Come te la cavi nel ballo?»
Gli chiesi, mentre mi guardò quasi terrorizzato, per poco non si strozzò con il tè, ciò mi fece ridere. Possibile che fosse così terrorizzato all’idea di un ballo?
«Semplice, non me la cavo. Farò una pessima figura difronte a tutti… non riuscirò mai a imparare a danzare in soli sette giorni.»
Ammise sconsolato, mentre lo guardai ghignando.
«Vorrà dire che mentre tu imparerai a ballare, io imparerò a insegnartelo.»
Anthony mi guardò ridendo e mi ringraziò per avergli evitato la pessima figura, lo interruppi subito dicendogli di aspettare il giorno dell'incoronazione, prima di ringraziarmi.
Una volta che ci fummo alzati dal letto, ci dirigemmo verso l'ampia sala luminosa con il pavimento in parquet e lo specchio sul muro.
« Non sapevo ci fosse una sala del genere.»
Esclamò Anthony sorpreso, mentre io chiusi la porta così che non venissimo disturbati dall'esterno.
«Nemmeno io. È stato Gerard a mostrarmela.»
Ammisi, mentre mi concentrai e feci un respiro profondo, con ogni probabilità avremmo dovuto ballare il Valzer, quindi direi di imparare almeno quello e la Mazurka, essendo quelli più classici di coppia.
«Inizieremo dal Valzer Viennese.»
Esclamai, mentre gli spiegai la posizione iniziale, dopodiché lo guardai e mi resi conto che insegnarli sarebbe stato più complicato di quanto credessi. Non sapevo come parlargli dell’ancora più complesso quadrato antiorario.
« L'uomo conduce il ballo, perciò inizia col piede sinistro. Pronto?»
Gli spiegai, chiedendo se fosse pronto, lui annuì.
«Piede sinistro, passo laterale.»
Dissi e contemporaneamente eseguimmo tale passo.
« In avanti.»
«Sempre il sinistro, giusto?»
Mi chiese, mentre io annuì soltanto, facendo un passo indietro contemporaneamente al suo.
« Adesso si ripete tutto dall’inizio.»
Gli spiegai, mentre lui annuì soltanto e sospirò cercando di ripetere seppur goffamente quei pochi passi. Prima una, poi due, infine tre volte. Dopo che acquistò una certa padronanza degli stessi, tentai di spiegargli il giro, cosa che provò a fare, ma cademmo rovinosamente, poiché inciampò nei miei piedi. Ci riprovammo varie volte e quando finalmente riuscì a farlo correttamente, presi un disco e lo misi nel grammofono, riproducendo il Valzer sul quale iniziammo a danzare e varie volte, lo rimbeccai varie volte, poiché andava spesso fuori tempo.
«Sto andando bene?»
Chiese curiosamente, mentre lo guardai e annuì e dopo aver terminato gli ultimi giri. Gli spiegai il quadrato orario e i passi al contrario, con i quali non ebbe difficoltà, una volta compreso lo schema.
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