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7. maestro

HILEIM, HELIAS - 21 FEBBRAIO 4573 DEL CALENDARIO TERRESTRE


"Riprova, dai, nanerottola."

Il fagotto sudato e ammaccato che se ne stava appallottolato per terra grugnì sonoramente. Il giovane dalla pelle bruna che torreggiava sulla giovane Vanessa Rayon, invece, pareva divertirsi: aveva un mezzo sorriso strafottente stampato in faccia, cosa che rendeva molto meno impressionante la cicatrice che gli sfregiava l'occhio destro.

All'inizio era stato piuttosto sconvolgente vedere un marchio simile sul volto di un ragazzo così giovane e di bell'aspetto. Reniji Wakani, l'insegnante di arti marziali di Vanessa, aveva un viso duro ma dai tratti armoniosi, gli occhi di un marrone denso e i capelli tanto scuri da sembrare neri, lunghi fino all'altezza delle spalle, disordinati e un po' ribelli. Nonostante avesse solo ventiquattro anni era tanto imponente da sembrare più grande e i suoi movimenti erano efficaci e diretti, senza mosse inutili, lasciando intendere di essere un militare addestrato e con grande esperienza anche a chi lo vedeva fuori dalla palestra dei Rayon. La cosa più impressionante di lui, però, non erano i muscoli o il suo aspetto feroce né il color caffè della sua pelle tipico del popolo di Siyah. No, ciò che lo rendeva impressionante era la sua altezza, che Vanessa ipotizzava essere superiore al metro e novanta.

Quando l'aveva conosciuto aveva quindici anni e non vedeva l'ora di liberare tutta la sua potenza contro qualcuno in grado di gestirla. Non si era fatta scrupoli di fronte a quella montagna e ancora oggi non si tratteneva, trovando le ore di allenamento con Reniji le più belle della giornata.

Purtroppo per lei, però, il siyahno non era affatto un avversario semplice da contrastare nonostante lei avesse dalla sua una forza soverchiante. Era il suo insegnante da due anni, eppure non era riuscita a batterlo nemmeno una volta. Anche quel giorno, nonostante combattessero già da un paio d'ore, Reniji l'aveva mandata a gambe all'aria con una facilità disarmante senza mai accusare l'impatto con i suoi pugni.

Christopher ci aveva visto giusto quando l'aveva assunto per allenare la figlia: solo un altro Fortificato avrebbe potuto tenerle testa.

"Brutto... non chiamarmi così!"

Vanessa si rialzò in fretta, accecata dalla rabbia. Brutta idea: quel movimento brusco scatenò una serie di fitte simili ad aghi che le trafissero ogni muscolo del corpo. Si obbligò a non dare a vedere la sua pena, ridotta a un grugnito smorzato per proteggere il suo orgoglio. Aveva sempre avuto una resistenza fisica impressionante e ormai se ne faceva un vanto; perciò, non poteva ammettere tanto facilmente di provare dolore. Soprattutto non di fronte a Reniji.

Il soldato ridacchiò, dando le spalle alla giovane e riprendendo posizione sul tappeto imbottito che ricopriva il pavimento della palestra dei Rayon. Nonostante fosse il secondogenito del casato reggente di Siyah, Reniji aveva accettato senza troppe storie la richiesta di Christopher di diventare l'insegnante di sua figlia. Quella proposta era arrivata poco dopo la morte di suo padre, legato da un'amicizia indissolubile proprio con l'helisiano, e nonostante sapesse di dover aiutare il fratello maggiore a tenere in mano il paese e al contempo guidare le truppe in qualità di generale, Reniji si sentiva spento e svogliato.

Cosa l'avesse spinto ad assecondare la richiesta di Christopher senza indugio non era chiaro nemmeno a lui. Forse cercava una scusa per scappare dal ricordo del genitore, forse l'idea di sfogarsi combattendo lo stuzzicava o magari erano state le parole di suo fratello Ryukai a convincerlo. Fatto stava che gli anni trascorsi ad addestrare quella ragazzina l'avevano pian piano guarito e ora non riusciva proprio a immaginarsi una vita diversa.

"Su, ti sei vista, Rayon? Sarai alta un metro e uno sputo..." Reniji lasciò cadere la frase, guardandola di proposito dall'alto in basso con aria altezzosa con l'unico scopo di provocarla.

Vanessa bassa non lo era affatto, era lui a essere un gigante, ma nonostante entrambi lo sapessero la ragazza proprio non riusciva a evitare di arrabbiarsi. Rispose alla sua battuta con un ghigno tutto denti che, combinato con il suo corpicino seminudo pieno di lividi e sudore e i capelli che le uscivano a ciocche disordinate dalla treccia, la fece sembrare più simile a una bestiolina indisciplinata che a una persona.

"E tu sei grasso."

"Sono muscoli, questi, muscoli!" replicò il giovane uomo battendosi sugli addominali con una mano con la risata nella voce. "Roba che a te manca, piccola. Sei troppo magra, pensi davvero di riuscire a scalfirmi?"

Mentre Reniji era impegnato a prenderla in giro, Vanessa serrò la mascella, incavolata nera. Erano ore che combattevano, ma qualsiasi approccio usasse non riusciva minimamente a superare la protezione della pelle corazzata del moro né tanto meno a farlo indietreggiare di un millimetro. Più andavano avanti e più le sembrava di star picchiando un muro: la sua abilità come Fortificato era davvero fastidiosa persino per lei.

Le ci volle un attimo per ritrovare l'equilibrio dopo l'ultimo volo e sospettò che Reniji la stesse tirando per le lunghe con quelle battutine solo per lasciarle il tempo di riprendersi prima di ricominciare. Il pensiero la irritò: odiava apparire debole. Si passò il dorso della mano sulla bocca per ripulirla dal sangue, irritata ma consapevole di dover mantenere la concentrazione. Nel cadere faccia a terra si era morsa le labbra per sbaglio e ora non faceva che sentire quel sapore ferroso sul palato.

"Tu... tu bari!" gridò, puntandogli un dito ossuto in faccia.

"Ah sì?"

"Certo che sì! Col cazzo che posso batterti se ti proteggi con quella roba, non è giusto!"

Reniji scoppiò a ridere e la sua postura cambiò. Si mise in posizione di combattimento, piegando il corpo in modo difensivo: era il segnale che stava per cominciare un nuovo round. "Rayon, ma è proprio questo lo scopo dell'allenamento, sai? E poi..."

All'improvviso l'uomo portò la gamba destra in avanti e scattò verso di lei. La raggiunse con due rapide falcate e, puntellando i piedi a terra, usò la rotazione del busto per caricare un portentoso gancio diretto verso lo stomaco di Vanessa.

"Bari anche tu!"

"Aspet—"

Vanessa alzò le braccia per parare il colpo proprio come le aveva insegnato lui, ma fu troppo lenta e il pugno la colpì in pieno mozzandole il respiro. Per fortuna ebbe la prontezza di piantarsi saldamente a terra così da non farsi spingere via e afferrò il braccio di Reniji, tirandolo a sé in modo da farglielo stendere. Lo attaccò dal basso verso l'alto proprio sul gomito con una manata con l'intenzione di spezzargli l'osso ma, quando lo colpì, riuscì solamente a piegarglielo di qualche centimetro, figurarsi romperlo.

Merda.

Ebbe poco tempo per imprecare, anche se ormai la resistenza impressionante del suo insegnante non la stupiva più. La sua corazza difensiva gli aveva ricoperto l'arto senza indugio, una patina nera che era impenetrabile persino per la forza aliena di cui era dotata Vanessa. Distratta dal proprio attacco, non notò la gamba di lui muoversi tra le proprie. Fu un attimo: con un movimento deciso, Reniji la usò per colpirle la sinistra dall'interno verso l'esterno, facendole perdere l'equilibrio.

Vanessa si abbassò, cercando di mettere tutto il peso sulla gamba destra e recuperare stabilità. Lui, però, fu più veloce: le afferrò la mano, la stessa che lei gli aveva stretto attorno al braccio un secondo prima, e gliela torse, costringendola a mollare la presa.

Le scappò un ringhio di dolore, ma non si arrese. Effettivamente era più bassa, molto più di lui che, oltre a essere un gigante, era pure un armadio: muscoloso e forte pur senza sembrare gonfiato, dava chiaramente l'impressione di poterla stritolare con facilità se solo avesse voluto. Lei, in confronto, era davvero uno scricciolo: così magra e ossuta da apparire fragile come un pezzo di vetro. Anche l'altezza di cui era solita vantarsi impallidiva di fronte all'uomo dalla pelle color caffè, cosa che la faceva sentire nient'altro che una bambina.

Però, questo non doveva essere necessariamente uno svantaggio.

Sfruttando la sua posizione accucciata e spingendo con le ginocchia, Vanessa calciò il terreno con rabbia e si diede la spinta per mollare una sonora testata a montante a Reniji, sperando perlomeno di farlo allontanare da lei. L'impatto fu bestiale e lo schiocco risuonò per tutta la sala, ma la sua testolina bionda aveva interrotto la propria corsa tremenda proprio sotto al mento di lui che, purtroppo, non si era affatto mosso. La pelle del siyahno era diventata nera, ricoprendo il suo viso e parte del busto come un velo: quello era il segno che a bloccare l'attacco era stato il potere del siyahno, la sua corazza invincibile.

Oh, quanto la detestava.

"Bella mossa," le disse invece Reniji, ghignando in modo sadico un momento prima di restituirle il favore: fronte contro fronte, la spinse via con una facilità disarmante facendola finire di nuovo a gambe all'aria.

Per l'ennesima volta, l'uomo scoppiò a ridere di gusto nel vedere la sua allieva spiaccicata per terra. "Duecentoventicinque a zero, mocciosa."

"Argh!" Vanessa, lunga distesa sul materassino, si dimenò frustrata battendo i pugni e scalciando come la ragazzina capricciosa che era, il suo portentoso ruggito a rendere ancora più ridicola quella scenata. "Piantala di chiamarmi così!"

Lui, però, continuò a sghignazzare nel tornare al suo posto e, quando si rimise in posizione d'attacco, la provocò con un gesto della mano.

"Costringimi."

"Ehi, Ren," la voce bassa e vagamente divertita di suo fratello maggiore lo salutò all'altro capo del telefono.

"Ciao, Ryu. Tutto bene a casa?"

L'uomo si sistemò il cellulare tra spalla e collo, finendo di spogliarsi e gettando cintura e pantaloni sul letto, le gambe muscolose finalmente libere. La voce di Ryukai era rilassata, come se non avesse alcun problema al mondo di cui preoccuparsi.

"Tutto bene, sì. Piantala di preoccuparti per me, i collaboratori di papà sono gente in gamba. Non sto affogando tra le pratiche, credimi!"

Reniji sorrise con affetto a quella frase. Da quando il padre era morto toccava a loro due gestire sia il paese che l'Accademia, uno dei pochi stabilimenti di addestramento militare di Celios nonché la più rinomata. Temeva che lasciare il fratello maggiore a gestire tutto da solo gli avrebbe causato almeno qualche preoccupazione; invece, per Ryukai sembrava essere una passeggiata. Reniji sapeva che non poteva essere vero, anche se il fratello nascondeva molto bene le sue abilità di leader dietro all'aria da persona poco affidabile che lo caratterizzava. Perciò, nonostante la distanza, cercava di aiutarlo come poteva fornendogli consigli e pareri militari. Anche se non era un compito che spettava solo ai due Wakani, i due avevano preso a cuore l'eredità del padre e si confrontavano prima tra loro e solo in seguito col Comando, l'organo centrale dell'Alleanza adibito alla gestione delle truppe impiegate nei combattimenti in prima linea contro Zeka.

"Hah, scommetto che devo ringraziare Fralena per questo," rispose Reniji, ottenendo in risposta una fragorosa risata. Riprese in mano il cellulare, raggiungendo la porta a finestre della lussuosa stanza che Christopher gli aveva prenotato in un albergo in città. La fece scivolare di lato e uscì sul balcone a godersi il leggero venticello serale e osservare il panorama.

Il governatore biondo non gli aveva indorato la pillola nel descrivergli la sua terra, quando l'aveva assoldato: a Helias non c'erano nient'altro che rocce aride spaccate dal sole, anche se Hileim non era poi così brutta vista dall'alto a quell'ora della sera. Aveva sempre trovato interessante la differenza nell'architettura delle diverse regioni dell'isola, nonostante fossero tutte parte dello stesso continente. A differenza delle case color latte e squadrate di Siyah o degli edifici in legno, roccia e fiori di Nìgea, a Helias le costruzioni erano un mix di stili diversi, mattoni e cemento a dare forma al panorama metropolitano delle sue città. I tetti di tegole rossastre spruzzate di bianco si confondevano nel mare aranciato del deserto circostante, le luci delle abitazioni e delle strade a disegnarne il profilo come tante lucciole artificiali.

Rispetto a Kaha, dove era cresciuto lui, Hileim era molto più grande: le vie erano enormi e altrettanto enormi erano gli agglomerati di case e negozi che sembravano essere cresciuti l'uno sopra l'altro come funghi. Un tempo quella regione doveva essere stata bella, pensò il giovane: Helias d'altronde era una immensa pianura dove spesso e volentieri si abbattevano tempeste e acquazzoni violenti e, per secoli, una buona parte degli alimenti coltivati proveniva proprio da lì.

Piegandosi in avanti sulla ringhiera del balcone, Reniji si lasciò accarezzare dalla brezza che gli portò un minimo di sollievo in quel caldo torrido decisamente inusuale per la stagione. Chiunque non credesse alle condizioni tremende in cui si trovava Helias avrebbe dovuto farsi una settimana di vacanza lì per ricredersi.

"Ah, il mio angelo della contabilità!"

"Se ti sentisse..."

"Oh, ma io spero che mi senta! Adoro quando me le suona col pensiero."

"Pervertito," sbuffò Reniji ridendo sotto ai baffi. Fralena Hicks era l'inflessibile tenente che gestiva l'Accademia in qualità di vicepreside sin da quando il padre era in vita. Aveva accettato Ryukai come suo superiore solo perché la stima che provava nei confronti del defunto governatore di Siyah era infinita, ma non si risparmiava nelle punizioni quando lui ne combinava una delle sue. Unica Übermensch nello staff dell'istituto, Fralena era nota non solo perché elargiva scappellotti psichici grazie al suo potere di Piegamente, ma anche per la sua abilità con la rete informatica. Non c'era informazione che sfuggisse al suo mirino e le telecamere che aveva disseminato per la scuola erano un ottimo strumento di monitoraggio a distanza per garantire la sicurezza degli studenti. Il fatto che fosse così rigida e precisina non faceva che stuzzicare Ryukai, però, che adorava comportarsi da incosciente solo per provocare le reazioni estreme della donna.

Come fosse finita a fargli praticamente da assistente era ancora un mistero persino per Reniji.

"Allora, parlami un po' dei nuovi cadetti. Come ti sembrano?" chiese, passandosi distrattamente una mano sul petto nudo. Non sembrava curarsi granché di essere visto in mutande dai passanti o dagli inquilini del palazzo di fronte.

"Tremendi," rispose Ryukai con un sospiro. "Ma lo sono sempre, al primo anno."

"Non puoi giudicarli solo dalle loro abilità in combattimento, dai... un ufficiale deve saperne anche di strategia militare."

"Sì, sì... smettila, sembri Fralena quando mi fa la predica," tagliò corto l'altro ridacchiando. "Vedremo tra tre anni, sempre se non avranno mollato prima. Piuttosto, tu come te la passi?"

"Fa un caldo boia," rispose immediatamente Reniji stirando la schiena e lasciandosi sfuggire un gemito di sollievo nel sentire le vertebre scricchiolare. "Come sempre, insomma."

"E la demonietta bionda? Sei riuscito a disciplinarla o è ancora selvatica?"

"Non è mica un animale!"

I due risero di gusto, uno immaginandosi Vanessa come una sorta di felino arruffato e l'altro pensando al fratello con una frusta in mano vestito da domatore del circo. Ryukai non aveva mai conosciuto la giovane Rayon se non tramite foto e notizie che circolavano sul web, sapientemente racimolate da Fralena su sua esplicita richiesta.

Quello che sapeva di lei, condito dai racconti del minore, era sufficiente a fargliela stare simpatica a pelle, anche perché somigliava proprio a Reniji e la cosa gli faceva tenerezza. Il fratello non l'avrebbe mai ammesso, ma da ragazzino era ribelle tanto quanto la giovane Rayon. I due Wakani avevano fatto penare parecchio i loro genitori a quell'età, come quella volta in cui avevano improvvisamente deciso di abbandonare per sempre i loro doveri di eredi del casato e fuggire in sella alle loro moto, impersonando il ruolo di capobanda di un gruppo di criminali dei bassifondi. Ancora si ricordavano le botte del padre quando era andato a ripescarli, sperduti lungo le interstatali che portavano al confine con Okyann e senza un soldo, e le sberle della madre quando erano tornati a casa tutti ammaccati qualche giorno dopo. Forse era per questo che aveva un debole per le donne grintose e un po' manesche, realizzò Ryukai.

"Comunque, per ora no... ma ormai sono convinto sia impossibile, è troppo indisciplinata. Però ha un buon intuito, ha talento," ammise Reniji. Si massaggiò il mento, ricordando con un ghigno divertito la portentosa testata che gli aveva menato la biondina poche ore prima. Se non fosse stato un Fortificato con spiccate abilità difensive si sarebbe ritrovato come minimo la mascella disintegrata. "Oggi mi ha messo in crisi, sai? Ho davvero temuto che mi avrebbe spaccato qualche osso."

Ryukai fischiò, colmo di ammirazione. "Nonostante la corazza?"

"Già. Siamo Übermensch dello stesso tipo, però il suo potere è praticamente l'opposto del mio. Mi chiedo chi l'avrà vinta, alla fine, se la sua forza o la mia difesa," ridacchiò Reniji. "Per ora me la cavo perché sono più addestrato, ma in futuro... chi lo sa."

"Ci farebbe comodo tra le nostre fila," suggerì Ryukai. "Tra un anno sarà maggiorenne, no? Potrebbe iscriversi in Accademia..."

L'idea a Reniji non piaceva granché. Si era affezionato a Vanessa e, sebbene la vedesse molto più a suo agio su un campo di battaglia che in mezzo a scaltri politici, la sua incolumità lo preoccupava. Era troppo testarda per seguire gli ordini, troppo impulsiva per non mettersi in pericolo. E poi, era più che certo che i suoi genitori non le avrebbero mai permesso di intraprendere quel percorso.

"O per caso preferisci tenertela tutta per te?" continuò Ryukai, sfruttando il suo silenzio per prenderlo in giro.

"In effetti, considerando che le tue ultime ex-ragazze erano tutte molto più giovani di te, non mi sento molto tranquillo all'idea di buttartela tra le braccia facendola iscrivere in Accademia..."

"Ah-ha, simpatico. E comunque, Tania almeno era maggiorenne..."

"Almeno!? Come minimo!"

"Però cacchio, aveva veramente un gran bel culo ora che mi ci fai pensare."

"Ok, basta," lo zittì Reniji tra una risata e l'altra, "non voglio sapere altri dettagli perversi sulla tua ex quasi minorenne, sul serio."

"Va bene, va bene! Un'ultima domanda, però..."

Reniji si passò una mano tra i capelli, godendosi il piacevole venticello sulla pelle nuda. Aveva le lacrime agli occhi e gli addominali gli dolevano: adorava passare il tempo in quel modo con suo fratello maggiore, anche se al telefono. "Spara."

"Me la presenteresti, la tua demonietta bionda?"

"È una ragazzina, Ryu, piantala!"

E, sbuffando divertito, gli chiuse il telefono in faccia.

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