Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

6. fuoco

HILEIM, HELIAS - 12 FEBBRAIO 4573 DEL CALENDARIO TERRESTRE


Le gocce d'acqua sporca ticchettavano insistenti sul vetro della finestra, che il vento strepitante si divertiva a far traballare. Grossi nuvoloni grigi scurivano il cielo, un turbinare d'acqua che si abbatteva caotico e violento su qualsiasi cosa si trovasse all'esterno senza la protezione di un riparo.

La pioggia insistente cadeva da ore, portando inesorabilmente con sé le particelle di inquinanti nell'aria. Non era una novità, come le strisciate di ruggine scolorita e le macchie ormai indelebili lasciate su auto e costruzioni simboleggiavano: da anni, l'acqua contaminata che cadeva su Helias si mangiava metalli, vernici, materiali plastici e annientava persino i rari ciuffi d'erba che tentavano di spuntare qua e là dal terreno arido.

Il deserto di rocce arancioni che si estendeva fuori dalla villa della famiglia Rayon era uno strano spettacolo con quel tempaccio, ma a Vanessa piaceva. Si divertiva un mondo a osservare le gocce cadere, i tuoni strepitare e il vento ululare, mentre lei se ne stava tranquillamente al coperto e al sicuro. Nessuno osava mettere il naso fuori di casa quando c'era una tempesta a Helias, ma quel giorno i fulmini non si erano fatti vedere neanche una volta. Non era così terribile, senza quelli.

"Ness?"

La voce del suo gemello la riscosse dai suoi pensieri. Come lei, era steso sulla poltroncina ergonomica di morbida imbottitura color antracite posta accanto alla sua. Si era appena sfilato dalla testa il dispositivo per la realtà virtuale, un cerchio di pura tecnologia che proiettava l'utente in un mondo digitale incredibilmente immersivo. Quegli aggeggi avevano usi svariati: nati come intrattenimento videoludico, con gli anni avevano guadagnato sempre più utilità ed efficacia anche come strumenti didattici per i più abbienti. I due ragazzi erano impegnati proprio in una lezione: chi poteva permettersi un ElectroSheep di solito finiva con l'usarlo anche per istruire i propri figli, evitando loro di frequentare un istituto e al contempo garantendogli una formazione di alto livello.

"Hai già finito?" le chiese ancora Virgil con aria poco convinta. Spostò gli occhi di un innaturale rosso cremisi sull'ElectroSheep che lei teneva in mano. Il logo di una pecorella dal manto elettrico svettava sulla tempia del dispositivo, che però era chiaramente spento.

"Già."

Lei si sforzò ancora una volta di concentrarsi sul fratello invece che sul panorama fuori dalla finestra. Ovviamente gli aveva mentito: stufa di sorbirsi le noiose lezioni di matematica, materia della giornata secondo il suo piano formativo, Vanessa si era sfilata l'ElectroSheep dopo appena dieci minuti. In realtà trovava interessante affondare nella realtà virtuale, soprattutto quando il tema del giorno non era scientifico, perché il programma immergeva l'utente in elaborate ricostruzioni di ambienti reali, discutendo l'argomento in modo accattivante.

Ma a Vanessa faceva proprio schifo dedicarsi alla trigonometria.

Aveva rifilato al gemello bugie sul suo avanzamento accademico con costanza, fingendo di essere arrivata al pari con i suoi studi. In realtà, spesso sgattaiolava via dalla stanza per dedicarsi a passatempi più divertenti, o caricava di nascosto la memory stick di un videogioco al posto di quella della lezione. Di conseguenza, rispetto a lui le mancavano quasi due mesi di corso da recuperare.

Forse avrebbe dovuto sentirsi più in colpa per la faccenda: dopotutto, l'anno seguente avrebbero avuto gli esami di diploma.

"Mmh..." Virgil la scrutò scettico, incrociando i suoi occhi dello stesso colore alieno dei propri. Lei sostenne il suo sguardo indagatore con una faccia di bronzo invidiabile, spostando lentamente le dita a coprire lo slot in cui era infilata la cartuccia della lezione. Lui però notò quel movimento e, rapido come un falco, allungò una mano per sfilargliela prima che lei potesse reagire.

"Ah-ha! Lo sapevo che non avevi seguito, lo sapevo!"

"Tsk, solo perché sono più indietro di te... non è carino vantarsi, sai?"

Virgil si rigirò tra le mani la memory stick scoprendo, grazie all'icona dipinta sul lato numerata come 'MAT-015', che si trattava del corso di matematica. "Ness, ma questa lezione l'abbiamo fatta due mesi fa."

"L'hai fatta te, due mesi fa..." replicò lei incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio, offesa per essere stata beccata. Se c'era una cosa che detestava era il confronto col gemello, sempre più intelligente e brillante di lei che, invece, si sentiva incapace in una moltitudine di cose. Lui era così perfetto, così adattabile a ogni situazione che non la stupiva affatto vederlo riuscire in qualsiasi argomento in cui si cimentava. Al contrario, per Vanessa era tutto complicato e poco interessante, perlomeno finché non comprendeva il movimento del corpo.

"Puoi chiedermi una mano, se ti serve..."

La ragazza alzò gli occhi al cielo, esasperata. Virgil era in buona fede, ma non avrebbe mai e poi mai accettato il suo aiuto: sarebbe stato come ammettere che lui era più bravo di lei.

"No, grazie, faccio da sola," tagliò corto alzandosi dalla poltroncina e stiracchiandosi come un gatto. I suoi lunghi capelli biondi le ondeggiarono dietro la schiena, disordinati e ribelli come la criniera di un leone, e la moltitudine di braccialetti borchiati che indossava tintinnò.

"Bene, ora direi che è il momento dei miei allenamenti. Ciao ciao, sfigato!"

"Ehi, guarda che se non passi gli esami—"

Ma lei era già saltellata fuori dalla stanza agitando una mano per salutarlo beffarda. Virgil si alzò con uno sbuffo, rimettendo a posto la cartuccia nell'ElectroSheep della gemella con un mezzo sorriso. Vanessa era detestabile quando si comportava in quel modo antipatico senza motivo, ma allo stesso tempo lo metteva immancabilmente di buon umore. Costretti a vivere a strettissimo contatto sin da bambini, i due avevano sviluppato un rapporto di amore e odio che ancora faticava a scardinarsi dall'emotività tipica dell'adolescenza. Non aiutava, poi, che il loro status li obbligasse a una vita da mezzi reclusi, impegnati volenti o nolenti ad apprendere l'arte del governo dai genitori.

Virgil e Vanessa erano gli eredi del casato Rayon, la famiglia di superumani che da generazioni gestiva la regione di Helias, situata proprio nel cuore dell'isola di Celios. Lui si era abituato in fretta a quel destino, facendosi carico delle responsabilità che ne sarebbero derivate e dedicandosi alla propria istruzione con anima e corpo. Vanessa, al contrario, mal sopportava quella vita e sembrava sempre più infastidita dal peso del proprio cognome.

"Non ci posso credere!"

Le luci della villa sfarfallarono prima di spegnersi del tutto, facendo piombare il giovane nel buio. La tempesta che strepitava al di fuori non aiutava a rendere l'atmosfera meno lugubre, così come i rumori che provenivano dallo studio del padre.

Quell'urlo, infatti, proveniva da lì. La voce del genitore, più dell'improvviso blackout, fece sobbalzare il ragazzo che, preoccupato, corse verso la stanza senza curarsi di rimettere in ordine i due dispositivi.

Christopher Rayon era un uomo dal temperamento difficile. Testa calda tanto quanto la figlia e molto appassionato, aveva preso a cuore l'emergenza climatica sin da quando si era presentato un decennio prima, mettendo in atto una serie di politiche ambientali e di sviluppo economico con l'intenzione di arginare e contenere il problema.

Ma non era bastato.

Come per Terra, anche Nepher era arrivato al punto in cui l'attività umana aveva iniziato a distruggere la naturale bellezza del pianeta. Era iniziata lentamente e a nulla avevano potuto le tecnologie avanzate e gli sforzi per usare combustibili verdi. Di conseguenza, l'atmosfera aveva pian piano iniziato a sfaldarsi e i raggi potenti del sole, più vicino a Nepher di quanto non fosse quello terrestre alla loro antica madrepatria, avevano iniziato a penetrare al di sotto di quello strato protettivo.

Le piante avevano cominciato a morire inesorabili, distrutte dagli ultravioletti e incapaci di resistere alle siccità sempre più frequenti. L'aria si era fatta più pesante, colma di inquinanti velenosi e sempre meno ossigeno, tanto che negli ultimi anni sempre più persone avevano manifestato i sintomi della Sindrome. Quella malattia affliggeva perlopiù gli umani, compromettendo i loro polmoni al punto da provocarne il collasso nei casi più gravi. Solo costosi farmaci e dispositivi per la respirazione assistita potevano aiutare le persone a continuare a vivere nonostante quella condizione irreversibile.

Curiosamente, gli Übermensch sembravano in qualche modo immuni agli effetti malsani dell'aria. Christopher, però, temeva che fosse solo questione di tempo prima che anche la sua specie iniziasse ad ammalarsi: per questo motivo aveva introdotto l'obbligo di indossare maschere antigas all'aperto, senza distinzione di razza, e di utilizzare sistemi di ventilazione all'avanguardia al chiuso.

Quando Virgil lo raggiunse nel suo studio lo accolse il caos. Il governatore se ne stava seduto alla sua scrivania, accucciato con i gomiti sul ripiano e le mani nei capelli come fosse chiuso in preghiera. Documenti e progetti erano gettati dappertutto, punteggiati da rettangoli di vetro che facevano da tablet e holoring di plastica bianca della dimensione di un biscotto. Le informazioni più importanti erano contenute in quegli aggeggi elettronici, in grado di riprodurre alla perfezione la registrazione olografica della persona che aveva creato il messaggio. Solo permessi speciali permettevano di sbloccarli e avviarli; ecco perché erano spesso usati per le comunicazioni di un certo rilievo.

Sulla scrivania di Christopher ne giaceva uno ridotto a un cumulo di chip bruciacchiati e, a quella vista, Virgil intuì cos'era successo.

Da anni i suoi genitori cercavano di convincere il governatore di Zeka a collaborare con loro, senza mai ottenere una risposta positiva. La sua regione aveva messo a punto delle tecnologie avanzate per il contenimento dell'emergenza ambientale, ma Alexei Melnyk si rifiutava di condividerle con il resto del mondo. Era arrivato persino a chiudere i confini, monitorati da enormi robot armati, per evitare che quelle informazioni trapelassero.

"Pa-papà? Tutto bene?" domandò il ragazzo muovendo qualche passo incerto verso di lui.

"Chris, tesoro, cos'è successo?"

Nella sala fecero all'improvviso capolino sei globi violacei fatti di fiamme piegate a sfera. Quello era uno dei trucchetti di Jocelyn, a cui ricorreva quando il marito faceva inavvertitamente saltare la corrente di tutta la villa quando perdeva il controllo delle sue abilità. Al suo comando, quelle piccole candele sospese nell'aria apparivano nel buio come fuochi fatui a portare un po' di luce alla casa, nell'attesa che i generatori ripartissero.

La Pirocineta entrò con passo leggero nello studio, correndo ad affiancare Christopher nel vederlo accartocciato su se stesso. Lo scosse debolmente per le spalle sotto allo sguardo preoccupato di Virgil, che si sentì subito fuori posto.

"Alexei, quel bastardo... ha rifiutato di nuovo," rivelò l'uomo, indicando con un cenno del mento l'ammasso di chip fumanti che un tempo erano un holoring.

Jocelyn tirò le labbra in una smorfia delusa, sedendosi sulla scrivania accanto all'uomo. "Chris, sono anni che provi a convincerlo e non ha mai funzionato. Davvero speri ancora che accetti la tua proposta?"

"Lo so, ma... perché dobbiamo per forza farci la guerra!?" esplose di nuovo lui, sciogliendo la sua posa e alzando lo sguardo cremisi su quello nocciola della moglie. "Ho creato l'Alleanza per cercare di sistemare le cose, per salvare il nostro pianeta, ma lui non ha mai voluto farne parte. E adesso, siamo diventati..."

Virgil sapeva cosa voleva dire il padre. Se all'inizio unire le regioni sotto alla stessa bandiera era una buona idea per muoversi assieme verso delle politiche di contenimento dell'emergenza efficaci, ora quel nome che doveva indicare collaborazione aveva acquisito un'accezione bellicosa. Alexei aveva rinforzato i suoi confini e, con i suoi continui rifiuti, messo a repentaglio la buona riuscita delle varie politiche strategiche proposte dall'Alleanza. Sarebbe finita lì se Alexei non avesse deciso di fare un passo verso un conflitto non più solo diplomatico. Stringere pubblicamente un accordo con Kutsal, la regione dove sorgeva l'Organizzazione di mercenari che operava in tutta l'isola, significava mettere una grossa 'x' su tutto ciò che l'Alleanza rappresentava.

Così, avevano reagito nell'ultimo modo rimastogli: con le armi. Se Alexei si rifiutava di aiutarli, l'unica altra opzione che gli restava era convincerlo con la forza, penetrare a Zeka e derubarlo delle tecnologie che tanto gelosamente custodiva all'interno delle cupole di vetro poste a protezione delle sue città.

"Ahh, porca—!"

Un forte rumore di cose rotte richiamò l'attenzione di Virgil, condito dagli improperi che la sua gemella stava urlando a gran voce dal seminterrato. Il ragazzo riuscì a intuire dalle sue grida cos'era successo: a causa del blackout, Vanessa aveva finito col capitombolare giù dalle scale. Stava per affrettarsi a raggiungerla quando udì le risa del suo insegnante di arti marziali schernirla, riuscendo però solo a gettare ulteriore benzina sul fuoco.

"Oi, Ren, brutto... piantala di ridere e tirami fuori da qui! "

Ah, bene, se ne sta occupando Reniji, pensò il ragazzo con un piccolo sorriso divertito prima di tornare nello studio, ignorando l'accesa discussione che stava avvenendo tra sua sorella e l'insegnante. In quell'istante tornò la luce con un fastidioso ronzio elettrico, segno che i generatori avevano finalmente preso a funzionare. I continui cali di tensione provocati dai poteri di Christopher dovevano averli danneggiati; perciò, Virgil si appuntò mentalmente di farglielo notare appena possibile in modo da organizzare un intervento di manutenzione d'emergenza.

Jocelyn si schiarì la voce e, con un gesto morbido della mano, fece sparire le fiammelle che fino a quel momento erano state le loro uniche e inquietanti fonti di luce. Lo dava poco a vedere, ma era preoccupata tanto quanto il consorte: sapeva bene cosa significasse l'ennesimo rifiuto di Alexei. Zeka aveva sempre spinto lo sviluppo tecnologico più di altre regioni, focalizzandosi sulla ricerca scientifica di cui si faceva vanto. Solo l'anno prima, il governatore Melnyk aveva avviato in tutto il territorio zekiano la costruzione di innovative serre e incapsulato le città in spesse cupole di vetro, così da proteggerle efficacemente dall'inquinamento esterno.

Adottando un sistema simile ovunque, il popolo di Nepher avrebbe potuto finalmente far crescere nuove piante e nuovo ossigeno anche senza l'aiuto dei già scarsi Forestali, superumani con poteri legati al controllo e alla manipolazione della flora. Niente più cibo chimico, niente più aria velenosa: sarebbe tornato tutto come un tempo. E forse, forse un giorno avrebbero potuto guarire abbastanza l'atmosfera malata del pianeta e invertire il processo di desertificazione che minacciava di renderlo nient'altro che una roccia inabitata.

Quella tecnologia era la soluzione perfetta per affrontare i numerosi problemi che affliggevano Nepher, una soluzione desiderata in particolare da Christopher che, per anni, aveva cercato di riprodurla senza successo chiedendo persino aiuto alle altre regioni dell'Alleanza. Ma, ormai, Helias stava progressivamente diventando sempre più simile a un deserto e l'unico modo per salvarla sembrava quello di appropriarsi delle conoscenze zekiane con la forza.

Jocelyn cercò di alleggerire l'atmosfera, accennando persino un sorriso incoraggiante a suo marito che, però, non la stava affatto guardando. "Tesoro, adesso calmati. Non ci sono solo notizie negative, oggi..."

L'uomo si alzò e prese a fare avanti e indietro nella sala consumandone il pavimento nero, senza trovare pace. Le sue grandi mani ruvide si muovevano irrequiete sulle sue braccia a ogni suo sbuffo, come se non sapesse bene come e dove metterle. "Sentiamo... spero che Esther non si sia tirata indietro."

"Affatto. Manderà una delegazione di Forestali la prossima settimana," annunciò la donna. Christopher finalmente incrociò il suo sguardo e smise di girovagare per la stanza, resa cupa dal mobilio scuro e dalle luci artificiali un po' troppo bianche per i gusti di Jocelyn, abituata a toni più caldi. D'altronde, in casa Rayon era così: tinte fredde e rigorose caratterizzavano l'arredamento minimalista, dove le uniche note di colore erano rappresentate dai pochi quadri appesi nelle grandi sale. Era più frequente girare l'angolo e trovarsi di fronte uno schermo ultrapiatto invece di un bel mobile dell'epoca dei coloni terrestri, ma ormai si era abituata.

"Da-davvero?" chiese Christopher titubante, andandole in contro.

"Sì, davvero. E una fornitura extra di provviste gratis. So che è poco, ma..."

"Affatto! Ah, che notizia meravigliosa... mi togli un peso, Jocelyn, sul serio."

L'uomo emise un lungo sospiro di sollievo a quella notizia, appoggiandosi alla parete con un braccio come se gli fosse appena saltato un battito. La donna sorrise a quella reazione: trovava ammirevole quanto suo marito si crucciasse per il bene del suo popolo, in maggior parte composto da semplici umani. Non era una cosa tipica di tutti gli Übermensch, tantomeno di quelli che ricoprivano ruoli importanti come lui.

"Dobbiamo solo continuare a tenere duro, caro," continuò Jocelyn che gli si era avvicinata a passi leggeri, posandogli con amore una mano sulla spalla. "Come procede quella faccenda dei depuratori idrici?"

Lui prese un respiro, calmando il tremore nella sua voce prima di rispondere. Christopher era un uomo dall'aspetto a dir poco intimidatorio: il viso squadrato era spesso corrucciato in una espressione dura o preoccupata, la barba bionda a renderlo ancora più spaventoso del normale. Alto e robusto, l'uomo appariva imponente accanto alla moglie, bassa e minuta. Lei sembrava un uccellino al confronto, eppure la sua forza d'animo era palpabile e il suo tono dolce era sempre in grado di calmarlo.

"Friedrich mi ha aggiornato ieri. A quanto pare c'è stato un nuovo attacco dell'H200 e—"

"Papà, ma è successo settimane fa!" intervenne Virgil, fino a quel momento rimasto in disparte ad ascoltare. "Non è normale che i suoi Metallocineti non abbiano ancora sistemato la perdita."

"Infatti," convenne Christopher. "Non mi fido di quell'uomo, deve esserci qualcos'altro sotto."

Il ragazzo sospirò, passandosi una mano sul volto con fare pensieroso."Già... ne sono sicuro."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro