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44. infermeria

ACCADEMIA, SIYAH - 22 MAGGIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE


Il pugno di Vanessa si fermò a poca distanza dalla parete color pesca dell'infermeria, cosa che fece sospirare Liam di sollievo proprio dietro di lei. La frustrazione dell'amica era evidente: aspettavano la dottoressa da soli dieci minuti e lei non aveva smesso neanche per un secondo di muoversi per la stanza come un animale inquieto.

"Lo sai, un centimetro di più e avresti rischiato di far crollare l'edificio."

Per tutta risposta la Rayon sbuffò dal naso, raddrizzò la schiena e incrociò le braccia al petto assumendo la sua classica espressione che minacciava rissa. Ancora si ostinava a fissare il muro, dando le spalle all'amico come se volesse evitarlo. Liam l'aveva seguita d'istinto, chiedendo un permesso al maggiore Locke per accompagnarla anche se non ce n'era davvero bisogno, ma ora si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta. Forse voleva rimanere da sola?

"Vuoi spiegarmi che ti prende?" le chiese cantilenando e punzecchiandole un fianco con le dita. Essendo cresciuto con due sorelle maggiori, era abituato a quel genere di scenate, perciò sapeva che cercare il dialogo senza risultare troppo pressanti era la chiave per superarle. Anche se, a dirla tutta, non era proprio sicuro che le tattiche che usava con Lyria e Meliara potessero funzionare anche con la sua amica mezza aliena.

"Che mi prende?" sbottò lei voltandosi di scatto con il fuoco negli occhi, "Liam, sei scemo?"

Non sapendo bene come replicare a quell'esplosione improvvisa, lui si limitò a sollevare un sopracciglio.

"Mi è esplosa la pistola in faccia, cazzo!"

"E quindi? Era la prima volta che sparavi, succede a tutti di sbagliare—"

"Sì, ma non così! Non..."

Vanessa sospirò e abbassò lo sguardo. Non sapeva nemmeno lei come spiegare quella sensazione, quel formicolio sotto pelle che la faceva sentire a disagio ovunque fosse. Si piegò sulle ginocchia, molleggiandosi sui talloni e nascondendo la testa tra le gambe come faceva da bambina.

"Non puoi capire."

Liam alzò gli occhi al cielo, esasperato. Era vero che non la capiva: cosa c'era di tanto brutto nell'aver appena scoperto una nuova abilità? Fosse stato lui, il superumano, a quest'ora avrebbe solamente saltato di gioia. Si accucciò accanto a lei e iniziò a spingerla ripetutamente con l'indice su una spalla, in modo da farla dondolare appena appena da un lato.

"Beh, sì, non posso se non me lo spieghi, Ness."

Anche se aveva parlato con voce complice e rassicurante, la giovane lo ignorò. Liam sapeva che la sua esitazione significava solo che ci stava pensando: la conosceva troppo bene. Guardandola e interpretandone il silenzio, la postura tormentata e la linea dura della mascella, Liam aveva intuito che c'era qualcosa di grosso a sobbollirle nel cervello. L'episodio accaduto al poligono era solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, ma erano settimane che Vanessa covava qualcosa di negativo. Era il momento di buttarlo fuori.

"Sono una Übermensch, Liam," disse in un soffio senza alzare il capo. "Una cazzo di mezza aliena con poteri sovrannaturali. E non una qualunque, altrimenti sarebbe stato troppo facile; no, sono pure la stramaledetta figlia di un governatore. Quindi ho sempre... ho sempre saputo di avere una certa responsabilità. Ma non ho mai voluto che questa fosse di tipo politico."

"Non ti ci vedo, in effetti."

La ragazza sospirò. "Perciò ho sempre pensato che, almeno, ho i miei poteri. Che avrei potuto usarli per assolvere a quel compito, in qualche modo... non so, proteggendo tutti dagli zekiani o qualcosa del genere, credo. Per questo mi sono iscritta qui."

Liam poggiò la guancia sul palmo libero e la guardò, divertito. "Quindi la Forza della Natura di Helias voleva in realtà essere la Protettrice della Patria?"

Vanessa mimò il gesto di dargli un pugno. "Ohi, Iques, lo sai che odio quei soprannomi ridicoli!"

Lui continuò a ridacchiare imperterrito, strappandole un sorrisino. Quando si calmarono entrambi, continuò: "Comunque no, idiota. So di fare schifo in tutto e di essere ridicola per la maggior parte del tempo. Non ho mai sperato di diventare davvero un'eroina come pensi tu. Però... però una singola cosa so farla bene: combattere. Per questo pensavo che in Accademia avrei trovato la mia strada... Sicuramente non l'avrei trovata a casa, all'ombra dei miei genitori e di mio fratello."

Cadde il silenzio tra i due, interrotto solo dal lieve ronzio elettrico del piccolo frigorifero dietro la scrivania della dottoressa Azelhal. Liam aveva persino smesso di spingere Vanessa con l'indice, regalandole un attimo di pace.

"Perché pensi che non sia più così?"

"Perché adesso sono solo quella a cui è esplosa una pistola in faccia, l'idiota che non sa controllare la sua stupida forza!" esplose la Rayon alzando finalmente la testa. "Siamo qui per diventare dei soldati e io non riesco nemmeno a sparare dritto. Ci ho messo secoli a mettermi in posizione, tanto che persino Squalo ha dovuto intervenire... sono un fallimento totale, altro che Protettrice della Patria."

Con un tonfo, la bionda si lasciò andare all'indietro sedendosi sul pavimento freddo dell'infermeria in modo scomposto. Liam la imitò prendendo posto di fronte a lei a gambe incrociate e sospirò.

"Non c'è niente di male nell'essere mediocri, sai?"

Vanessa gli scoccò un'occhiataccia, perciò Liam si affrettò ad alzare le mani in segno di resa. "Voglio dire che non puoi aspettarti che tutti siano sempre perfetti ed eccellenti. Magari non lo è nemmeno tuo fratello, sotto sotto. Essere persone normali, nella media, non è una brutta cosa... fa sembrare anche voi Übermensch più umani."

"Vorrei esserlo, sai. Una persona normale... senza responsabiltà, senza poteri." Sospirò. "Vivere la mia vita e basta, senza preoccuparmi costantemente di compiere il mio dovere o di rispettare le aspettative degli altri."

Tra i due calò il silenzio per qualche istante, entrambi con lo sguardo basso e pensieroso. Dopo un po', Liam si sporse in avanti e sussurrò: "Posso insegnarti a sparare bene, se vuoi."

"Dai, piantala di scherzare..."

"Sono serio, Ness," continuò cercando i suoi occhi. Fino a quel momento aveva sperato di tenere il suo segreto lontano dalle orecchie di tutti, ma ora la situazione gli stava chiedendo di scegliere.

Di lei posso fidarmi, si disse annuendo tra se e se per darsi coraggio.

"Sono... un tiratore molto più bravo di quello che pensi."

"Ehi, solo perché hai centrato per pura fortuna qualche bersaglio più degli altri non signi—"

"Sapevo già sparare," confessò Liam in un sussurro. "Da molto prima di iscrivermi in Accademia. È... è praticamente l'unica ragione per cui sono qui, in effetti."

Vanessa rimase a bocca aperta per una manciata di secondi, sorpresa. In tutta Celios ai civili era vietato possedere delle armi, perciò, se quello che diceva Liam era la verità, significava che aveva messo le mani su oggetti di contrabbando. Come? E per quale motivo? Prima che potesse formulare una domanda, però, lui alzò una mano e gliela posò sulla faccia per metterla a tacere, guadagnandosi un brontolio e una smorfia da parte sua.

"So già cosa vuoi chiedermi, però fallo più tardi. Adesso non siamo qui per parlare di questo, ma di te. Perché non è tutto qui, non è vero? Non è oggi il problema."

La ragazza deglutì e distolse lo sguardo, cercando di rannicchiarsi ancora di più come se volesse scomparire. Detestava la capacità di Liam di capirla così bene: non riusciva a nascondergli nulla.

"Non capisco di che parli," mentì.

"Oh, ti prego. So benissimo che non chiudi occhio, Ness. Hai scordato che il mio letto è sopra al tuo?"

Vanessa sbuffò e iniziò a tormentarsi il lembo della maglietta con le dita. Liam notò che c'erano dei residui mangiucchiati di smalto sulle sue unghie rovinate, un altro segno dell'ansia che tentava di nascondergli. Era così evidente che persino Aiji, il più tonto tra loro su quel genere di cose, si era accorto che qualcosa non andava in lei. Sul serio Vanessa era convinta di riuscire a fingere di stare bene?

"È che pensavo... insomma, anche Reniji è un superumano. Anzi, è un Fortificato con abilità difensive, il meglio del meglio che ci si può aspettare sul campo di battaglia! Eppure..."

"Eppure è finito in coma lo stesso," concluse lui con dolcezza. Dopo una lunga e pesante pausa aggiunse: "Hai paura, vero?"

La Rayon annuì. "Non mi ero mai soffermata a pensare cosa significa sul serio combattere in guerra. Credevo... credevo che essere Übermensch ci avrebbe dato un vantaggio. Invece siamo solo degli inutili mostri."

"Mostri? Perché dici questo?"

Per tutta risposta, lei gli mostrò i palmi con aria seccata. "Hai visto che è successo, al poligono? Non è una cosa che sapevo fare prima di oggi. Mi guardavano tutti come se fossi una criminale e—"

"Scoprire un nuovo potere a me sembra una figata, non una cosa per cui deprimersi," la interruppe Liam, allegro. Quel commento gli fece guadagnare un'occhiata letale da parte sua, ma l'helisiano la ignorò come se niente fosse. "Davvero, voi Übermensch siete assurdi... Proprio non vi capisco: avete questi poteri incredibili e pare quasi che il mondo vi abbia fatto un torto a darveli!"

"Sì, beh, non è mica semplice convivere con la consapevolezza che se non sto attenta potrei uccidere chiunque con una carezza!"

"E allora stai attenta!" la rimbrottò subito lui mettendola sorprendentemente a tacere. Liam era forse l'unico al mondo capace di farlo: doveva essere quella la sua abilità speciale. Vanessa richiuse la bocca, combattendo il suo desiderio crescente di sprofondare. "Sì, avere dei poteri significa anche essere responsabili di come li usate e sì, immagino che questo sia stancante per alcuni di voi, ma rimane il fatto che avete dei poteri, cazzo! Tu puoi spaccare intere pareti con un solo calcio e adesso sembra addirittura ti possa guarire da sola le ferite. Magari qualcuno ti chiamerà mostro, ma chi se ne importa! Perché devi fare un dramma di una cosa bella, Ness?"

Vanessa stese le labbra in un accenno di sorriso, sentendosi improvvisamente una stupida. Liam aveva ragione, lo sapeva, e in fondo anche lei era curiosa di scoprire di più su quella nuova abilità che aveva scoperto di avere.

"Se ti piacciono così tanto, te li regalo. Ma nel pacchetto ti mollo anche il cognome, d'accordo?" tentò di scherzare lei con uno sbuffo giocoso.

"Scommetto che a me darebbero un soprannome migliore del tuo."

Vanessa ridacchiò, ricordando l'appellativo assurdo che le aveva rivelato Liam quando si erano conosciuti e quello dedicato a suo fratello. Quei nomi erano l'ennesima conferma di come la gente comune vedeva quelli come lei: fenomeni da baraccone. I superumani erano tali grazie alla parte Mekah del loro sangue, quella che gli donava le loro capacità speciali, e talvolta si domandava se un giorno sarebbe potuta diventare qualcosa di terribile. In fondo, né lei né Virgil avevano ereditato i poteri dei genitori: forse quell'anomalia era il sintomo di qualcosa di pericoloso.

L'idea che un giorno avrebbe potuto scoprirsi più aliena che umana la spaventava più di quanto riuscisse ad ammettere. Tuttavia, anche se Liam non avrebbe mai potuto capire le sue angosce, non aveva torto: piangersi addosso e preoccuparsi per qualcosa che non solo non era ancora accaduto, ma che non aveva nemmeno la certezza sarebbe potuto accadere mai, era proprio da idioti. Anzi, peggio: era la tipica cosa che avrebbe fatto Virgil il perfetto.

"Ok, forse hai un pochino ragione," ammise alla fine, arrendendosi al fatto che probabilmente stava solo esagerando la questione.

"Un pochino?!"

Entrambi scoppiarono a ridere dopo essersi scambiati uno sguardo complice. La tensione di poco prima sembrava essersi allentata dopo quella chiacchierata e, sebbene Vanessa detestasse doversi mettere a nudo e buttare fuori i suoi patemi, era grata a Liam per averla obbligata a farlo.

"Avete finito di fare casino, voi due?"

La dottoressa Azelhal li fissò dall'alto con aria severa e al contempo divertita, aggiustandosi gli occhiali dalla spessa montatura marrone. Era una donna sulla quarantina e di corporatura nella media: non troppo alta, non troppo magra. L'abito rosso che indossava metteva in risalto le sue forme morbide, scendendo a campana fino alle ginocchia con un taglio classico che la faceva sembrare uscita da un film del ventesimo secolo terrestre: una rarità, su Nepher. Per fortuna, il camice e le scarpe ortopediche da infermiera smorzavano un po' quell'effetto retrò, dandole un'aria più da mamma.

"E alzatevi da terra, avanti. Le sedie non erano di vostro gusto!?"

Dopo averli zittiti di colpo, la donna si avvicinò ai ragazzi, che si affrettarono a rimettersi in piedi e tornare seri.

"Come mai siete qui? Non mi sembrate malati né feriti," disse squadrandoli con aria di rimprovero.

"Ci manda il maggiore Locke," si affrettò a rispondere Liam, "dovrebbe vedere la sua nota sui nostri profi—"

"Mah, secondo me è inutile essere qui, non credo lei possa capire," intervenne l'altra.

La donna sospirò e si appellò a tutte le divinità che conosceva per rimanere calma. Con quella biondina bisognava avere pazienza, lo sapeva fin troppo bene. "Tu provaci, Rayon."

Con uno sbuffo scocciato in direzione della dottoressa, Vanessa si mosse a grandi passi verso l'armadietto dove ricordava venivano tenute garze, siringhe e vari strumenti sterilizzati. Sapeva bene cosa ci fosse al suo interno: non era la prima volta che finiva in infermeria.

"Faccio prima a mostrarglielo."

Sotto lo sguardo dubbioso della donna, la ragazza scelse una forbice particolarmente appuntita dalla dispensa. Liam la osservò curioso, domandandosi cosa stesse combinando. Capì cosa aveva in mente solo quando lei estrasse lo strumento dal sacchetto sterile, lo impugnò come un coltello e posò la mano sinistra sul ripiano vicino al lavabo.

"Guardi."

"Rayon, che diavolo...!?"

Prima che la Azelhal potesse fermarla, Vanessa si trafisse la mano. L'espressione incredula e stupita della dottoressa fu uno spettacolo impagabile per Liam quando la forbice affondò nella carne dell'amica, penetrandola da parte a parte e inchiodandola al ripiano. Lei non emise un suono, ma il ragazzo sapeva che si stava solo sforzando di apparire impassibile: sentiva il dolore come tutti, cosa resa evidente dalla rigidezza del suo corpo e dalle labbra tirate per non gridare.

La donna la raggiunse di corsa e la scostò, obbligandola a lasciare la presa su quell'arma improvvisata che si affrettò a estrarle delicatamente dalla mano. Vanessa, però, continuò a fissarsela in silenzio, in attesa, lasciandosi muovere come una bambola da una preoccupata dottoressa Azelhal, mentre quella tentava di fermare il sangue con le bende.

"Sei impazzita!? Che diavolo pensavi di fare?"

Quando un ghigno si disegnò sulla faccia della bionda, Liam seppe che la magia assurda avvenuta poco prima al poligono si stava ripetendo. Si avvicinò anche lui, curioso, e osservò la ferita ricucirsi sotto allo sguardo sconcertato dell'infermiera. La pelle di Vanessa sfrigolò, il sangue si fermò e, piano piano, i due lembi squarciati dalla forbice si riavvicinarono fino a unirsi di nuovo, nessuna cicatrice a testimonianza dell'accaduto.

In mezzo minuto, di quella che era una brutta ferita non era rimasta neanche una traccia.

A quello spettacolo, Jiana Azelhal rimase a bocca aperta. Prese la mano della giovane, girandola un paio di volte per osservarla meglio. La mise persino sotto l'acqua per ripulirla dal sangue, pensando di poter scorgere meglio un qualche segno di quell'incanto. La mosse dito per dito e chiese a Vanessa di verificare che tutti i tendini funzionassero alla perfezione, aspettandosi almeno un intorpidimento, ma non c'era niente da fare: il taglio si era completamente rimarginato, la mano perfetta come se non fosse successo nulla. L'unica traccia dell'evento era un insolito calore localizzato proprio nel punto in cui la forbice era affondata, niente di più.

"Non lo sapevo fare, prima," annunciò la ragazza con tono distaccato prima che Jiana potesse dar voce alle sue domande. In effetti, non c'era menzione di quella capacità nel dossier della Rayon, ne era certa. "Cioè, non so farlo, a dire il vero, è più... è più che lo fa da solo, ecco. Non lo controllo."

"Come lo hai scoperto?"

"Le è esplosa una pistola in faccia!" si intromise Liam mal celando una risata. Conoscendolo, Vanessa era sicura che l'avrebbe presa in giro all'infinito per quel piccolo incidente. Alla faccia del supporto morale.

"Una capacità nuova, quindi? Mmh... Potrebbe essere una evoluzione della tua resistenza," rifletté la donna ignorando il ragazzo. Fece mente locale sul contenuto del fascicolo di Vanessa: ogni superumano ne aveva uno, certificato dallo stato di origine, che attestava le caratteristiche delle proprie abilità e la categoria di appartenenza. "Sei una Fortificata, no? I poteri maturano con l'età..."

Vanessa fece spallucce. A dire il vero, non sapeva proprio cosa pensare: a livello di genetica era un po' un mistero come mai lei e il gemello avessero capacità che non c'entravano assolutamente niente con quelle dei genitori. I Rayon avevano semplicemente concluso si trattasse di un'anomalia, una mutazione; in fondo, anche Jocelyn era nata diversa, una Pirocineta in una famiglia di Forestali. Ecco perché la bionda aveva smesso di cercare di darsi risposte, ma, ora che le sue capacità stavano evolvendo ancora, il dubbio che ci fosse qualcosa di strano si era insinuato in lei in modo fin troppo fastidioso per poterlo ignorare.

"Non ne ho idea."

"Meglio se ti faccio degli esami per controllare se è tutto a posto, allora. Va bene, per te?"

Jiana guardò con apprensione la giovane Übermensch cercando il suo consenso. Lei rispose semplicemente con un cenno del capo, mettendo distanza tra loro come se all'improvviso si sentisse a disagio.

"Tranquilla, ci vorrà poco. Seguimi, cara."

Chi aveva progettato l'edificio doveva aver pensato che tingere di rosa pesca le pareti dell'infermeria avrebbe aiutato i soldati a rilassarsi. Come se quel semplice dettaglio colorato potesse fare davvero la differenza, poi: il bianco asettico del mobilio era abbacinante, quasi più dei lavelli in freddo metallo argentato. Anche se il locale era diviso in due e tenuto in ordine fin troppo maniacale, era impossibile sentirsi davvero a proprio agio lì dentro: le ante scorrevoli nascondevano medicinali e veleni, siringhe e cerotti, bende e bisturi. Senza contare l'odore costante di disinfettante che impregnava l'aria.

Vanessa rilassò i muscoli solo quando anche l'ultima fialetta di sangue venne tappata e inserita nel piccolo scatolotto verticale di plastica celeste. La dottoressa Azelhal si affrettò a richiuderlo: i quattro campioni al suo interno sarebbero rimasti perfettamente conservati durante il trasporto ai laboratori di Hileim, città natale della ragazza.

"Fatto," annunciò la donna con fare rassicurante e applicando un adesivo sul contenitore. Riportava il logo dell'Accademia sulla sommità, notò la ragazza. "Tra un mesetto circa avremo i risultati completi, credo. L'analisi del genoma Übermensch non è rapida, come saprai."

"Non si preoccupi... non ho fretta."

Vanessa si alzò e si spolverò i pantaloni cercando di liquidare la faccenda come qualcosa di poco conto. Jiana, però, riuscì a vedere oltre quella facciata: conosceva bene quella scapestrata dal cognome importante. Finiva così spesso in infermeria che aveva quasi pensato di assumerla come assistente, se solo l'idea non fosse sembrata una barzelletta.

La osservò attentamente mentre lei si guardava intorno, a disagio, anche se su quella poltrona ci era già finita diverse volte. Notò la sua ansia da come si tamburellava i polpastrelli sulle cosce e da come si tormentava il lembo della maglietta. Non mancò di seguirla con lo sguardo mentre si avvicinava con passo incerto al lavello lì accanto, sfiorandone la superficie fredda con le dita. Jiana sapeva che gli occhi della ragazza erano puntati sulle diverse siringhe rotte che lei stessa vi aveva gettato un momento prima. Penetrare la pelle spessa di un Fortificato con abilità di resistenza non era semplice e lei lo sapeva molto bene, avendo curato più di una volta Reniji Wakani. Nel suo caso, però, era molto più complesso superare la difesa della corazza protettiva. Per fortuna, Vanessa non aveva il suo stesso potere: era solo un po' più coriacea del normale.

"Oh, non preoccuparti per quelle," si affrettò ad aggiungere Jiana avvicinandosi alla Rayon e posandole delicatamente una mano sulla curva della schiena per rassicurarla. "Ne abbiamo tantissime, romperne qualcuna non è un problema. L'importante è che siamo riuscite a fare il prelievo, no?"

La ragazza però rimase zitta, annuendo piano come se la sua testa fosse altrove. Chissà cosa la preoccupa tanto, si chiese la donna osservandola di sbieco.

"Senti, Rayon, pensavo... visto che prima di avere un risultato dovremo attendere qualche mese, perché non provi a sperimentare un po' nel frattempo?"

"Sperimentare?"

"Sì, per capire come funziona questa tua nuova abilità. Non è così che fate per imparare a gestire i vostri poteri, di solito?"

"Beh... circa, sì, cioè, più o meno..." farfugliò Vanessa per tutta risposta, confusa. "Ma il mio allenatore... beh, lui non è qui, ora."

La mente corse a Reniji e lei non poté evitare di mordersi il labbro al pensiero che forse non si sarebbe più svegliato. Le sembrava impossibile che proprio lui, l'uomo dalla corazza impenetrabile, fosse finito in coma.

"Hai a disposizione l'intero corpo docenti. Non credi che uno di loro possa sostituirlo?"

"Nessuno può sostituirlo," ringhiò la Rayon.

"Il mio consiglio è di fare almeno un tentativo," continuò la donna ignorando l'insolenza della ragazza. "Ci sono ben due Übermensch tra noi: il direttore e la tenente Hicks. Posso intercedere io per te, se ne hai bisogno."

Vanessa emise uno sbuffo stanco, finalmente sciogliendo l'espressione dura che le aveva scurito il volto. "Perché insiste così tanto, dottoressa?"

"Perché prendermi cura degli studenti è il mio lavoro."

Pensierosa, Vanessa si lasciò guidare verso l'uscita della piccola saletta. La sensazione fastidiosa che l'aveva inglobata sin da quella mattina non era affatto svanita; al contrario, era come se si fosse accentuata a causa del formicolio che ora le solleticava il braccio sinistro, lì dove Jiana l'aveva punta con la siringa.

"E anche perché è importante conoscere i propri limiti, soprattutto per voi Übermensch. Se sai fino a che punto puoi rigenerarti, fino a che punto puoi osare, puoi padroneggiare la situazione. E, perché no, magari scoprirai anche come controllarlo!"

"Se lo dice lei..."

L'improvviso desiderio di fumare che la colse la aiutò a riemergere dal buco nero di negatività in cui era finita. Uscite dalla piccola sala prelievi, le due tornarono alla stanza principale dell'ambulatorio dove Liam se ne stava appisolato sulla poltrona imbottita della dottoressa.

Lo sapevo, pensò tirando le labbra in un piccolo sorriso a quella vista. La sua capacità di addormentarsi ovunque è veramente eccezionale.

Gli si avvicinò quatta quatta e squadrò il suo viso. Non aveva neanche un accenno di barba, cosa che lo irritava parecchio soprattutto quando si paragonava a compagni di corso più nerboruti di lui. Sembrava molto più giovane della sua età, complice anche il fisico asciutto temprato dalla vita difficile trascorsa nella capitale helisiana. Persino lei, che proveniva dalla famiglia più importante e benestante della regione, portava su di sé i segni dell'alimentazione artificiale e dell'acqua centellinata.

"Ohi, Liam, sveglia!" ruggì lei con voce bassa e rude scuotendolo per un braccio in modo poco gentile. Lui si svegliò con un vistoso sbadiglio, per nulla infastidito dai modi bruschi dell'amica a cui ormai era abituato.

"Mhm... ho capito, ho capito..." mormorò stiracchiandosi. "Ti stai vendicando per stamattina, eh?"

"Allora ci vediamo appena avrò i risultati, Rayon," intervenne la dottoressa con un colpetto di tosse. "Iques, saresti così gentile da alzarti dalla mia poltrona, adesso?"

Nonostante lo sguardo della Azelhal fosse gentile e la sua bocca dipinta di rosa chiaro fosse incurvata all'insù, lungo la schiena di Liam corse un brivido gelido.

"S-sì, certo!" esclamò con il panico negli occhi. Si affrettò ad alzarsi, quasi spintonando Vanessa nell'uscire da dietro la scrivania per dirigersi verso l'uscita. "A-arrivederci, dottoressa!"

"Ah, Rayon, un'ultima cosa."

Vanessa e Liam si bloccarono all'unisono, la porta mezza aperta. La bionda girò il capo verso la donna, curiosa e leggermente preoccupata: che volesse sgridarla? Se lo dimenticavano sempre tutti perché vestiva perlopiù abiti civili sotto al camice, ma Jiana era comunque una loro superiore, visto che ricopriva il ruolo di ufficiale medico.

"S-sì?"

"Ricordati di lavare la divisa," disse accennando con lo sguardo alle chiazze scure che la tappezzavano. L'incidente al poligono non era stato clemente con il bianco della maglietta e, come se non bastasse, Vanessa sapeva dell'esistenza di diverse altre macchie qua e là che aveva deliberatamente ignorato. "Questa è un'accademia militare, non un parco giochi. Tenetelo a mente prima che qualcuno di meno... morbido di me vi faccia un richiamo formale."

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