43. bang
ACCADEMIA, SIYAH - 22 MAGGIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE
Sebbene si trovasse all'Accademia ormai da mesi, Vanessa non aveva ancora fatto proprie le abitudini rigorose che venivano imposte a tutti gli aspiranti ufficiali che frequentavano la scuola. Sembrava proprio restia a imparare quello stile di vita, quasi volesse ribellarsi contro il sistema partendo dal disordine. La Rayon era caos fatto persona in ogni situazione, però il dormitorio era dove riusciva a dare il meglio di sé: il suo letto, nonostante il caldo umidiccio tipico di Siyah, era sempre ricoperto di vestiti e oggetti personali che lo tappezzavano, mentre gli abiti sporchi da portare in lavanderia erano ficcati alla rinfusa sotto la branda. Inutile dire qunto spesso dimenticava di farlo, finendo per circondarsi di un olezzo di sudore-misto-piedi che diventava particolarmente acre durante il suo periodo mestruale. Liam mal sopportava la sua sciatteria, sebbene nemmeno lui brillasse per le sue qualità di ordine e pulizia.
Quella mattina non era da meno: il leggero lenzuolo bianco era quasi invisibile al di sotto della marea colorata e non meglio identificata di roba gettata alla rinfusa su di esso e, a giudicare dall'odore intenso e dalla confusione, Vanessa doveva aver avuto una notte agitata a causa di brutti incubi. Era un mistero come facesse a dormire in quel modo, se non per la scomodità quantomeno per il caldo, eppure lei ci riusciva e, anzi, pareva del tutto intenzionata a non alzarsi affatto. Sonnecchiava prona con la testa ficcata sotto al cuscino, ignorando allegramente i compagni che si stavano sistemando per presentarsi all'addestramento mattutino in orario, Liam compreso.
L'helisiano la scosse senza tante cerimonie con uno sbuffo seccato. Ormai ci era abituato: le maniere forti erano l'unico modo per svegliare la Rayon. Per tutta risposta, lei emise un lungo mugolio insonnolito e, dopo un intero minuto speso a muoversi a scatti sotto le lenzuola, finalmente la sua testa arruffata sbucò da quel disastro. Sbattè le palpebre diverse volte nel tentativo di mettere a fuoco l'amico che si stava affaccendando attorno alla branda, dopodiché lo salutò con un grugnito infastidito.
"Belle occhiaie," la prese in giro Liam con una risata quando la notò. "Un giorno mi spiegherai come accidenti fai a dormire sotto tutta questa roba... non hai caldo?"
Vanessa rispose con un altro grugnito, stavolta lamentoso, e affondò di nuovo la testa sul cuscino con un tonfo.
"Dai, muoviti," la incitò lui dando un colpetto al suo materasso col ginocchio. "Siamo già quasi in ritardo per l'esercitazione del mattino e il tuo letto è un disastro... se ti becca la tenente Hicks, ti toccherà di nuovo passare il pomeriggio sotto al sole a correre!"
"Mhm... Troppe parole, Iques..."
Lui sbuffò e afferrò la propria maschera, si lisciò la divisa e si sistemò i lacci degli anfibi. Allenarsi con quei cosi era mortale, anche se ormai i suoi piedi si erano abituati e le vesciche erano solo un lontano ricordo.
"Come vuoi. Ma guarda che non ti aspetto."
Con i pochi minuti che gli rimanevano prima della marcia mattutina, si dedicò a sistemare la propria branda al meglio delle sue capacità. Se prima di arruolarsi non era esattamente definibile come persona ordinata, dopo mesi in Accademia le cose erano cambiate. L'ispezione da parte dei loro superiori avveniva con cadenza casuale, ma quando li beccavano sgarrare la punizione era infernale: ore di allenamenti attorno all'Accademia, scanditi dai sadici ordini della tenente Hicks che li costringeva a sfiancarsi a prescindere dal meteo e dalla temperatura esterna; niente pasti e, infine, una bella serata spesa a controllare gli inventari dell'armeria e della dispensa. Era capitato già tre volte ad alcuni cadetti del primo anno ed era bastato a mettere in riga persino i più caotici, a eccezione della Rayon. Liam non aveva alcuna intenzione di provare l'esperienza, soprattutto non a causa delle mancanze dell'amica.
"Ness, ti alzi o co—"
"Ho capito, ho capito!"
La bionda sbuffò, emerse da sotto i cuscini come uno zombie svogliato, si stropicciò gli occhi e sbadigliò vistosamente. I tendoni che facevano da dormitorio agli studenti non erano divisi per sesso, cosa che agitava parecchie sue compagne. Avevano scelto quasi tutte un giaciglio nella stessa zona, creando di fatto l'isola delle ragazze in prossimità dell'ingresso. Lei, invece, non si faceva alcun problema a condividere i suoi spazi personali con puzzolenti, rumorosi e spesso mezzi nudi giovani uomini — anche perché, tipicamente, quella messa peggio era proprio lei, alla faccia della femminilità. Ancora dormendo, si infilò i pantaloni della divisa, litigò per qualche istante con i legacci degli anfibi e infine si gettò addosso la maglietta bianca con una stelletta dorata sul petto e il logo dell'Accademia. I suoi lunghissimi capelli erano una specie di groviglio unico, eppure lei non si degnò di pettinarli, legandoli semplicemente in cima alla testa con un elastico prossimo alla rottura. Mentre Liam terminava di sistemarsi il letto e piegare i vestiti come gli avevano insegnato, Vanessa si limitò a tirare il lenzuolo e cacciare tutto il resto sotto la branda, senza preoccuparsi di mischiare abiti puliti e sporchi.
"Fatto. Andiamo," disse sbrigativa.
L'helisiano la guardò senza riuscire a nascondere la preoccupazione nei suoi occhi. Vanessa si comportava in quel modo da sempre ma, da quando avevano origliato per sbaglio quella fatidica conversazione nel garage dell'Accademia, era peggiorata in modo esponenziale. L'apprensione per ciò che le informazioni della spia significavano l'aveva attanagliata per giorni, fino a trasformarsi in vero e proprio terrore che la teneva sveglia la notte. I loro sospetti si erano trasformati in realtà: l'operazione in cui era coinvolto Reniji Wakani era fallita a causa di nuove unità nemiche mai viste prima e lui era finito in coma. La situazione sembrava aver rubato la forza vitale della maggior parte degli studenti, lui compreso. La Rayon ancora non era riuscita a ottenere una licenza per andare a visitare il suo ex-insegnante, cosa che sembrava averla resa insonne. Il generale non si era svegliato e, forse, non l'avrebbe fatto mai. Persino il direttore Wakani aveva accusato il colpo e la sua solita esuberanza si era spenta per lasciare il posto a modi di fare distratti e sguardi nel vuoto.
A conti fatti, Liam non poteva biasimarla per quel comportamento poco consono alla vita militare.
Afferrò la maschera dell'amica, finita per terra per errore, e gliela porse. Ancora con la testa tra le nuvole, Vanessa neanche lo notò e si mosse invece per uscire dal dormitorio. Liam le corse dietro e, quando la affiancò, le diede un colpetto col gomito per richiamare la sua attenzione, suggerendole con un cenno del capo di indossarla.
"Non dimenticarla."
"Ah... grazie," fece lei ancora assonnata. "Beh, comunque a me non serve."
"Per ora."
L'espressione di Vanessa si scurì mentre fissava l'oggetto con aria grave, le sopracciglia aggrottate e la mascella indurita. Poi, annuì lentamente e si infilò il respiratore prima di mettere piede fuori dal tendone.
"Per ora."
Sanjir Locke, amorevolmente soprannominato lo Squalo dai cadetti, sorrise in modo feroce ai ragazzi di fronte a lui. Erano giovani e ancora inesperti, eppure erano già molto diversi dal manipolo di adolescenti che gli era capitato in aula all'inizio dell'anno. Alcuni avevano addirittura messo qualche chilo di muscoli in più, mentre altri avevano acquisito una postura più simile a quella di un soldato con i fiocchi. Le sue lezioni si concentravano sulle armi da fuoco e, fino a quel momento, erano rimaste puramente teoriche: aveva inculcato a quei ragazzini i nomi di centinaia di fucili, semiautomatiche e mitragliatrici, informazioni specifiche sui proiettili e persino sulle tecnologie moderne di fabbricazione. Si era dilungato, arrivando a dettagliare anche le armi in dotazione nemica, e infine li aveva annoiati obbligandoli a smontare, pulire e rimontare pistole di ogni tipo finché non erano diventati abbastanza bravi da farlo a occhi chiusi.
Erano pronti a passare all'azione.
"Benvenuti al poligono di tiro," esordì. Lì sotto non indossava la maschera grazie ai sistemi di aerazione dell'Accademia, cosa che metteva ancora più a disagio gli studenti. Il suo volto duro e segnato dalle battaglie era minaccioso come sempre e i suoi occhi lanciavano lampi. Era così imponente da mettere tutti in soggezione, persino Vanessa e Aiji, i due cadetti più irruenti del primo anno. Il soprannome se l'era guadagnato senza volerlo proprio a causa del suo aspetto: pur sorridendo, riusciva a sembrare una bestia in procinto di affondare i denti nella sua preda.
"Ormai dovreste sapere perfettamente come smontare e rimontare una qualunque di queste armi... mi auguro," continuò lanciando uno sguardo eloquente ad alcuni ragazzi.
Quella mattina li aveva condotti fuori dal comfort della solita aula e questo cambiamento era già motivo di eccitazione per i cadetti: riusciva a percepire nell'aria l'elettricità della loro aspettativa. Il poligono di tiro si trovava nel seminterrato e si estendeva al di sotto di tutta l'ala nord, un vero e proprio parco giochi per gli studenti e chi, come lui, amava tenersi allenato nel tempo libero sparando a qualche bersaglio a forma di zekiano. Per quei ragazzi, però, le meraviglie di quel luogo erano ancora un mistero: scendendo le scale, ciò che li aveva accolti era una semplice parete bianca che sembrava indicare nient'altro che un vicolo cieco. L'unico indizio che suggeriva ci fosse qualcosa di più era il piccolo pannello trasparente a malapena visibile, situato in prossimità del muro a sinistra.
Sanjir si voltò dando le spalle agli studenti e posò la mano sul dispositivo. Quello si illuminò con un leggero bip e un flash di luce verde mela e, subito dopo, la parete scivolò verso l'alto rivelando al suo interno l'enorme stanza tappezzata di armadi ricolmi di pistole e fucili di ogni genere. Sul fondo c'era il vero e proprio spazio di tiro, caratterizzato da lunghe file racchiuse da una gabbia trasparente protettiva entro le quali si muovevano gli ostacoli per gli addestramenti. In totale c'erano una decina di postazioni, ma ciò che colpì davvero Liam erano le armi da fuoco: a occhio ipotizzò che ce ne fossero circa duecento tra revolver, semiautomatiche, fucili a pompa, cannoni portatili, lanciarazzi e lanciagranate più o meno appariscenti, fucili di vario calibro e persino qualcuno da cecchino. La collezione era notevole e il ragazzo sentì subito l'adrenalina corrergli nelle vene all'idea di mettersi finalmente alla prova in qualcosa in cui sapeva di eccellere. Vagando con lo sguardo tra i ripiani metallici, però, si accorse anche dei numerosi alloggiamenti vuoti. Proprio mentre lui si domandava cosa contenessero, udì in lontananza la voce baritona del maggiore Locke ricordare loro che quegli spazi erano dedicati alle armi a impulsi, riconoscibili dall'inserto luminoso violaceo sul grilletto che fungeva da sicura. L'uomo si diresse con calma verso l'unico fucile di quel tipo presente nella sala e lo mostrò ai cadetti, attivandolo con la propria impronta e facendo così illuminare la fascia colorata.
Con quel semplice gesto, Sanjir aveva appena sottolineato che uno dei porchi prescelti in grado di adoperare la tecnologia a impulsi era proprio lui.
"Solo i soldati autorizzati possono collegarsi a queste bellezze e sbloccarne la sicura usando il proprio identificativo," spiegò spegnendo sul nascere l'eccitazione di molti. "L'ho detto e lo ripeto più di una volta: le armi a impulsi sono pericolose. Se il nucleo di Exo diventa instabile significa kaboom, ficcatevelo bene in testa e vedete di non farvi saltare in aria."
Il militare mostrò di nuovo i denti, un baluginio bianco nel caffè della sua pelle, tipica della gente di Siyah.
"Ovviamente, per voi studenti sono vietate. Solo i tiratori scelti potranno richiedere l'abilitazione per usarle, al terzo anno."
Sanjir incrociò le possenti braccia al petto e si piazzò in mezzo alla sala con le gambe divaricate. Torreggiava sui cadetti, sia fisicamente sia come presenza: nonostante avesse su per giù quarant'anni e i suoi capelli ondulati fossero striati di bianco, faceva comunque paura. Nessuno avrebbe mai osato pensare di poter uscire vivo da un faccia a faccia contro di lui: anche se l'età media dei soldati si aggirava attorno ai trent'anni, Squalo rimaneva in servizio come se non subisse affatto i segni del tempo. Tagli, bruciature, persino qualche cicatrice da foro di proiettile gli marchiavano il corpo, un intrico di tatuaggi bianchi che raccontavano dei suoi anni in guerra e della sua esperienza. Non era un caso che lui fosse uno dei più alti in grado all'interno dell'esercito, oltre che il responsabile del gruppo di soldati specializzato nelle armi da fuoco.
Vanessa si immaginò all'ultimo anno, ma non fu una fantasticheria piacevole. Forse era perché temeva di fallire o forse ciò che la agitava era l'idea di dover prendere una decisione definitiva; fatto stava che quel pensiero la spaventava tanto quanto la emozionava. Gliel'aveva spiegato Aiji: all'inizio del loro terzo anno avrebbero dovuto scegliere un percorso di studi adatto alle loro inclinazioni, un'area bellica in particolare nella quale diventare esperti. Solo dopo aver superato un esame specifico avrebbero potuto diplomarsi e diventare soldati a tutti gli effetti, guadagnandosi così un posto nell'esercito e una fascia colorata a sottolineare la specializzazione scelta.
L'alternativa era l'espulsione.
La Rayon non poteva negare di guardare con apprensione a quel futuro non così lontano, sapendo di essere a malapena decente in tutto ciò che non era il combattimento corpo a corpo.
A quanto pareva dalle voci di corridoio, Squalo era il più cattivo degli esaminatori, il che spiegava perché di tiratori scelti ce n'erano pochissimi. O forse, come una vocina che aveva lo stesso timbro del suo gemello le ricordò dal profondo della propria mente ancora insonnolita, quel numero così esiguo era legato alla scarsità delle armi a impulsi disponibili all'Alleanza. I cristalli di Exo erano una risorsa estremamente importante, soprattutto in tempi di guerra, ma i giacimenti erano ormai esauriti. Come facesse Zeka a riempire di nuclei energetici le sue armi e i suoi robot giganti era un mistero per chiunque, eppure nessuno era ancora riuscito a mettere le mani su uno dei loro gingilli. Non intatto, perlomeno.
"Ora aprite le orecchie e non fatemi ripetere," continuò Sanjir con tono perentorio, "è la prima volta che venite al poligono, quindi comportatevi bene. Indossate i dispositivi di protezione che vi consegnerò e ricordatevi la corretta postura di tiro che abbiamo visto la scorsa settimana. Oggi proverete a sparare con le semiautomatiche calibro nove."
Un mormorio colmo di disappunto si levò dalla platea di studenti, ma bastò lo sguardo gelido del maggiore per zittirli all'istante.
"Immagino che alcuni di voi non vedevano l'ora di stupirmi con le loro leggendarie abilità da veri cecchini in erba," commentò scoprendo i denti. La cicatrice bianca che gli tagliava il labbro superiore rese ancora più inquietante quel ghigno infastidito, anche se il suo tono di voce non faceva trasparire nient'altro a parte severità. "Ma non me ne frega niente. Queste sono le regole e voi mocciosi non avete mai preso in mano una pistola carica prima di adesso."
A quell'ultima frase, Liam si lasciò scappare uno sbuffo arrogante che attirò l'attenzione di Vanessa. La ragazza gli lanciò un'occhiata incuriosita e lui si rese conto del suo errore: il suo passato e il suo rapporto con il maggiore erano un segreto. Scosse il capo nella speranza che l'amica non desse peso alla sua reazione, ma, conoscendola, temeva che non avrebbe mollato l'osso facilmente. Che lui fosse uno dei migliori del corso di Locke era risaputo, ma come poteva giusitificare la sua abilità di tiro? Si chiese se non sarebbe stato più saggio sbagliare apposta e desiderò confrontarsi con Sanjir sull'argomento: lui avrebbe potuto consigliargli cosa fare. In fondo, era stato lui ad arruolarlo mesi prima ed era dal suo conto corrente che provenivano i versamenti mensili che lo stipendiavano di nascosto.
"Perciò ci andremo piano," continuò il militare, "imparerete prima ad abituarvi al peso e a mirare. Non fate i fenomeni, non tentate di colpire per forza i punti vitali... sparare dritti e centrare il bersaglio è già sufficiente, per adesso. Il resto verrà con la pratica."
Altri lievi mormorii delusi provenirono dal gruppetto di cadetti, ma stavolta nessuno osò sciogliere la posizione rigida a cui lo sguardo di Squalo li aveva costretti. Solo quando lui si girò per avvicinarsi a uno degli armadi anche loro poterono rilassarsi e seguirlo.
"Le pistole che userete oggi si trovano qui. Ovviamente sono scariche, quindi prendete anche i caricatori," disse staccando una semiautomatica dal suo alloggiamento e porgendola al primo cadetto che gli capitò vicino. "Qui accanto ci sono i paraorecchie e gli occhiali protettivi. Ripeto: non sono facoltativi, sono obbligatori."
Mentre i ragazzi si dirigevano confusamente verso i due armadi, Vanessa colse l'attimo di caos per affiancare Liam e rifilargli una gomitata complice.
"Dì un po'... cos'era quella cosa, prima?"
"Quale cosa?"
"Quella faccia," insistette lei con un ghigno, "cos'è, essere il migliore del corso ti ha fatto montare la testa e ora pensi di fare il fenomeno per stupire Squalo?"
Come immaginava, a Vanessa non era sfuggita la sua reazione di prima alle parole del docente. Era stato sciocco ad abbassare la guardia in sua presenza: la ragazza forse non era una cima, ma aveva grande intuito. L'idea di toppare magnificamente l'esercitazione per depistarla si fece ancora più prepotente nella mente di Liam. O quello, o doveva inventarsi al volo una bugia credibile.
"Ok, lo ammetto," le bisbigliò nascondendo i suoi timori dietro a un sorrisetto ammiccante, "oggi ho tutta l'intenzione di far colpo su Ava mettendo in mostra le mie capacità di tiro," mentì.
Vanessa fischiò. "Beh, Iques, o mi nascondi una abilità segreta o il tuo ego ti sta per far fare una grandissima figuraccia..."
"Oh, dai, mi reputi così scarso a sparare?"
"In realtà non ne ho idea, ma da come ne parla Squalo non pare una passeggiata. Fossi in te, non tenterei nulla di avventato solo per far colpo su Ava," aggiunse in un sussurro per non farsi udire dagli altri compagni.
"Senti chi parla... Non sei tu quella che esagera sempre a lezione di combattimento e finisce per farsi pestare dal generale?"
La Rayon sorrise. "Ok, te lo concedo... ma se ho imparato qualcosa di te è che non mi somigli per niente. Se tu fai lo sbruffone non è mai per caso."
Liam sudò freddo a quel commento. Tuttavia, aveva messo in piedi un castello di false verità che forse poteva reggere le indagini della bionda, perciò decise di insistere: "Questa è la mia occasione per mettermi in mostra... sono il migliore del corso, l'hai detto anche tu, no?"
"Sei il migliore a ricordarti a memoria nomi assurdi di fucili, sì..."
"E detengo il tempo record di rimontaggio. Te lo sei scordato?"
Vanessa alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
"Beh, varrà pur qualcosa!" continuò il ragazzo. "Magari sono portato, sai. Un po' come te per fare a botte e rompere le scatole."
La Rayon sorvolò sull'ultima parte rifilando una smorfia all'amico. "Non è proprio la stessa cosa, dai! Il mio è un potere innato e mi sono allenata per anni in modo da imparare a usarlo bene. Voglio solo dire di non rischiare inutilmente, Liam: se qualcosa andasse storto, non si tratterà solo di finire in infermeria con un occhio nero..."
L'apprensione di Vanessa incuriosì l'helisiano. Di solito era lei la prima a buttarsi nella mischia e lui aveva ogni volta il compito di calmarla e farla ragionare. Stavolta, i ruoli si erano invertiti. Sì, quelle che le aveva rifilato erano storielle per giustificare il suo atteggiamento sicuro di sé nei confronti della prova di Squalo; però, anche ipotizzando di essere inesperto come gli altri, la preoccupazione che lei gli stava mostrando era eccessiva.
"Di che hai paura, Ness?" le domandò venendole vicino. "Se fosse così pericoloso come dici, Squalo non ci farebbe neanche provare. Per questo iniziamo dalle semiautomatiche... e abbiamo le protezioni, ricordi?"
Lei distolse lo sguardo e si morse il labbro, rifuggendo il contatto con l'amico scostando il braccio prima che lui potesse prenderglielo. Si sentiva stupida, adesso: si era fatta prendere dal panico per una sciocchezza senza motivo.
"Lascia stare, va bene, hai ragione... Fai come vuoi."
"Rayon, Iques, basta bighellonare!" intervenne improvvisamente il docente, sgridandoli. "O volete condividere con la classe il vostro discorso?"
"S-scusi, maggiore Locke!" dissero all'unisono i due helisiani scattando sull'attenti. L'uomo sbuffò scocciato, ma non li punì, limitandosi a porgere loro un'arma a testa e indirizzandoli verso l'armadio contenente occhiali e paraorecchie. Erano rimasti per ultimi mentre il resto dei cadetti si era già posizionato dietro alle dieci postazioni di tiro, accalcandosi per ottenere i primi turni. Si scambiarono un'occhiata e si accodarono agli altri scegliendo due file vicine. Se i compagni avessero completato l'esercizio allo stesso ritmo, Vanessa e Liam avrebbero potuto misurarsi in quella prova fianco a fianco.
Mentre aspettava, la Rayon cercò Ava e Aiji con lo sguardo. Li scorse in una delle file più a sinistra, lei composta come sempre e il siyahno così emozionato da non riuscire a smettere di tamburellare le dita sulla coscia. Aiji doveva aver seguito la mora in modo da capitarle vicino e quel pensiero fece sorridere Vanessa: che anche lui avesse un debole per Ava era così evidente da sembrarle quasi ridicolo. Sebbene a tratti la cosa la divertisse, quella specie di triangolo che si era creato tra i suoi amici non mancava di agitarla, perché temeva che arrivati al dunque i loro rapporti si sarebbero incrinati irrimediabilmente.
Sospirò e tornò a concentrarsi sull'esercizio che l'attendeva. Si sentiva esausta dalla notte insonne, una delle tante da quando Reniji era finito in coma, e invidiò l'energia di Aiji: in quel momento le avrebbe fatto decisamente comodo. Si massaggiò le tempie e si sforzò di cacciare indietro il consueto moto di angoscia che le faceva compagnia da settimane.
Al contrario di Liam, a lei il corso di Squalo non era mai piaciuto più di tanto e quello forse era uno dei motivi per cui si era subito preoccupata per l'amico. A nulla erano servite le numerose lezioni sulle armi da fuoco: a montarle e ripulirle lei si sentiva sempre goffa e lenta, a prescindere da quante volte ripeteva l'operazione. E poi, le cose da ricordare erano troppe e non le veniva istintivo immaginarsi con una pistola in mano. Era abituata a combattere col corpo, a contatto con l'avversario, non a distanza. Però sapeva che scendere in campo con l'obiettivo di prendere a pugni i nemici non era un'opzione possibile né intelligente, non solo perché l'equipaggiamento in dotazione all'armata zekiana era superiore al loro.
Non poteva permettersi di non imparare a sparare, questo lo capiva, eppure non riusciva proprio a evitare di sentirsi spaventata ora che avrebbe dovuto farlo sul serio e non solo nella sua immaginazione.
Più che delle armi Vanessa aveva paura di se stessa, ma non lo avrebbe mai confessato tanto alla leggera. Temeva di non essere in grado di gestire la propria forza, di combinare qualche disastro e rompere tutto senza volerlo. Era stata ingenua: il suo essere Übermensch l'aveva nel tempo convinta di avere qualcosa in più rispetto agli altri, complici anche le sue abilità di Fortificata, ma non era vero. Persino Reniji — l'uomo dalla corazza invincibile — era finito in coma a causa di un proiettile. Il pensiero che potesse capitare anche a lei la terrorizzava. Ogni pericolo ora la faceva sudare freddo, ogni suono la faceva scattare e temere per la sua vita e quella dei suoi cari. Non l'avrebbe certo ammesso, però finalmente capiva perché i genitori erano stati così restii a mandarla in Accademia e farla diventare una militare.
Il rumore del primo sparo rimbombò per tutta la sala come un tuono. Vanessa saltò sul posto per lo spavento nonostante i paraorecchie, guadagnandosi le occhiate curiose dei compagni. Anche Liam, nella fila accanto, la guardò con aria interrogativa chiedendole a gesti se stesse bene. Vanessa annuì in risposta e si concentrò per calmare i battiti. Si stava coprendo di ridicolo e doveva assolutamente darsi un contegno: non aveva alcuna voglia di diventare lo zimbello della classe.
Diresse la sua attenzione ai compagni del primo turno, osservandone la postura e la tecnica di tiro. Da dove si trovava poteva vedere i bersagli sul fondo della sala, al di là delle postazioni: non erano fissi a una certa distanza, bensì si muovevano in base a quante volte e dove venivano centrati. Capì nel giro di un paio di turni che se venivano colpiti a un organo vitale, evidenziato da un cerchio rosso piuttosto stretto e contornato da due anelli di colore più chiaro, i cartonati indietreggiavano di qualche metro rendendo più complesso l'esercizio. Al contrario, se il tiro falliva più di tre volte avanzavano fino alla distanza minima di circa cinque metri.
Nell'attesa del suo turno, la Rayon scoprì di essersi tranquillizzata nel guardare gli altri completare la prova. Non le sembravano male a giudicare da come si muovevano i loro bersagli: quasi tutti erano riusciti a far spostare il proprio nella posizione intermedia, chi prima e chi dopo. Vanessa non aveva ascoltato la spiegazione di Squalo, troppo impegnata a chiacchierare con Liam per prestargli attenzione, però aveva intuito che il turno finiva quando terminavano i proiettili. I display dei punteggi erano stati spenti, forse proprio per sottolineare quanto non fosse importante valutare la bravura dei ragazzi quanto, piuttosto, insegnargli a sparare nel modo corretto. Era sorpresa: si aspettava un allenamento disastroso, magari al punto da spingere Squalo a gridare come un dannato quanto fossero tutti degli incapaci per l'intera ora; invece, il maggiore si aggirava tranquillo tra i cadetti elargendo consigli con aria affabile. Tutto sommato, l'atmosfera generale era addirittura allegra, cosa insolita per una sua lezione.
Non sembra poi così male, osservò rilassando le spalle. Pochi istanti dopo, la compagna davanti a lei finì il caricatore e fu finalmente il suo turno. Vanessa abbassò lo sguardo sulla pistola che teneva in mano e deglutì. Cercò di dissimulare il tremolio delle proprie mani mentre inseriva il caricatore nell'arma e tirava indietro la canna come le aveva insegnato Squalo.
"In bocca al lupo, Ness," la incoraggiò Liam con un sorriso accanto a lei. Vanessa si sforzò di comportarsi come al solito e gli rivolse un ghigno da spaccona. "Heh, guarda e impara, Iques!"
Non era affatto sicura delle sue capacità, ma questo non voleva darlo a vedere più del dovuto. La pistola, da carica, aveva un peso che la sorprese: non era abituata a sentirla così e, anche se aveva impugnato diverse armi più volte durante le lezioni del maggiore Locke, montandole e smontandole sempre più velocemente nelle ultime settimane fino a conoscerle a memoria, all'improvviso non sapeva più come impugnarla.
Quanto doveva stringere? Cosa sarebbe successo se avesse sbagliato?
Il cuore prese a batterle più forte del solito e si sentì improvvisamente calda, tuttavia fece del suo meglio per nascondere il proprio disagio. Assunse la posizione di tiro che aveva imparato: gamba sinistra avanti, ginocchia leggermente piegate, mano destra a impugnare saldamente la pistola, indice sul grilletto e mano sinistra a supporto dell'altra per rendere più stabile la canna ed evitare fastidiosi tremolii durante la mira. Le ci vollero diversi aggiustamenti per rendere meno rigide schiena e spalle, anche se aveva già provato quella posa innumerevoli volte a lezione. Quando si sentì finalmente a suo agio, Liam era già arrivato a metà caricatore e lei capì di averci messo troppo. Alle sue spalle, i compagni in fila per il secondo turno scalpitavano: poteva percepirli nonostante i paraorecchie a ovattare i suoni.
Concentrati, cazzo, si disse appellandosi al proprio autocontrollo e tagliando fuori ogni rumore molesto. Si focalizzò sul proprio corpo, percependo ogni muscolo e ogni estremità di se stessa. Accarezzò con la mente il leggero formicolare sottopelle che era il suo potere, energia viva che faticava a rimanere imbrigliata dentro di lei. Prese un respiro, fissò lo sguardo sul bersaglio, strinse appena appena la presa sul grilletto, e...
"Rayon."
"Aaah!" gridò lei saltando sul posto e quasi rischiando di far cadere l'arma. Il tocco del maggiore sulla schiena l'aveva colta così tanto di sorpresa che le erano venute le palpitazioni. Lo guardò con una domanda muta negli occhi, il cuore ancora a mille, chiedendosi cosa avesse fatto di sbagliato. Squalo, però, indicò con un cenno del mento la pistola che lei stringeva tra le mani nascondendo uno sbuffo divertito.
"La sicura... e cosa abbiamo detto sul muoversi con in mano armi cariche?"
Vanessa arrossì violentemente, realizzando in quel frangente quanto si fosse resa ridicola. Non solo si era fatta spaventare, aveva pure dimenticato di sbloccare la sicura! Cosa sarebbe successo se avesse premuto il grilletto? Si sarebbe ricordata di quel dettaglio o avrebbe continuato a schiacciare, fino a distruggere la pistola grazie alla sua presa d'acciaio?
"V-vanno sempre puntate in basso. Ha ragione, scusi, maggiore."
"Ti vedo agitata, Rayon. Tutto bene?" insistette lui.
"Sì... sì, nessun problema."
Sanjir la fissò per un tempo che le parve interminabile. Non sembrava molto convinto.
"Non sai come controllarlo, vero?"
"C-come?"
"Il tuo potere. È per questo che esiti?"
La ragazza rimase interdetta dalla delicatezza della domanda di Squalo. Che lei fosse una Übermensch non era un segreto, tuttavia non era automatico per tutti gli altri capire quanto potesse essere complesso, per quelli come lei, gestire le proprie capacità sovrumane.
"È che non so..."
Vanessa abbassò le braccia, fino a quel momento tenute ancora tese davanti a sé. Percepì la massa della pistola tirargliele verso il basso come un macigno e con la stessa chiarezza sentì la propria forza reagire in risposta. A vederla sollevare oggetti enormi come se fossero piume finivano spesso tutti col credere che lei non si sforzasse nemmeno, che non percepisse realmente il peso di ciò che teneva in mano o distruggeva. Invece lo sentiva eccome, solo che non era in grado di dosare la sua energia. Ed era proprio questo che la spaventava.
"Quando sparerò, come reagirò?" continuò. "Riuscirò a tenerlo sotto controllo? Quanta forza devo metterci per—"
"Ok, frena. Prova a pensarci lucidamente: cosa succederebbe se perdessi il controllo?"
La giovane prese un respiro e storse la bocca. Figurarsi se stessa combinare un casino non era difficile. "Mmh. Credo che rischierei di stringere troppo la pistola e..."
"E si romperebbe nelle tue mani come un vaso."
Squalo non l'aveva detto con cattiveria, eppure quelle parole suonarono ugualmente taglienti alle orecchie di Vanessa. Forse perché sentir dire quella scomoda verità da qualcun altro rendeva l'ipotesi del fallimento più vivida nella sua testa.
La Rayon annuì con aria abbattuta. "Già."
"Ascoltami, adesso," iniziò Squalo posandole una mano sulla spalla con fare inaspettatamente gentile. Era un uomo rude e che non girava troppo intorno alle cose, ma forse era quello ciò che lo rendeva un insegnante capace. "Stai pensando troppo. Segui me."
Il maggiore la guidò con tocco esperto, modificando la sua postura come se stesse aggiustando una bambola. In pochi attimi, Vanessa si ritrovò a puntare di nuovo l'arma davanti a sé.
"Devi gestire il rinculo, perciò imprimere una certa forza nella tua presa è necessario. Riesci a modularla? Prova a usarne pochissima," la incoraggiò staccandosi da lei di un passo. "Il minimo che riesci."
Vanessa chiuse gli occhi, ascoltando solamente il suono del proprio respiro e il battito del cuore, che pian piano era tornato a un ritmo regolare. Cercò di fare come le aveva suggerito l'uomo: chiamò a sé l'energia che le scorreva sotto la pelle come corrente elettrica e, di nuovo, si sentì accaldata. Il sudore aveva iniziato a rotolarle lungo la schiena e un moto bollente le risalì il corpo fino al viso per lo sforzo.
Le mani ruvide di Squalo si posarono sulle proprie, già strette sulla pistola, facendola sobbalzare di nuovo. Lo sentì ridacchiare a bassa voce, ma si costrinse a non aprire gli occhi per non sciogliere quel momento di concentrazione. L'uomo la forzò ad allentare la presa e solo in quel momento si rese conto di quanto fosse rigida. Si stupì di non aver ancora ridotto l'impugnatura della pistola a una cannuccia.
"Non così," le bisbigliò lui, "rilassati, meno forza. Meno."
Come se fosse facile...
Cercò di fare come le diceva lui. Mentre lei si focalizzava sul controllo dell'energia, sentì il militare aggiustarle le dita e le ammorbidirle le braccia con gesti esperti, guidandole l'indice sul grilletto e inducendola ad aumentare gradualmente la pressione su di esso.
"Così è perfetto. Adesso... spara."
Il colpo esplose con violenza, stordendola nonostante i paraorecchie. La potenza di fuoco di quell'oggettino all'apparenza fragile le scosse il corpo all'improvviso, scorrendole dentro come un ruscello di energia. Le braccia si mossero verso l'alto senza che potesse controllarle, risposta automatica alla forza dell'espulsione del proiettile, e d'impulso reagì nell'unico modo che conosceva: irrigidendosi.
Locke intuì ciò che stava per accadere e gridò: "Non farlo, Rayon!"
Un secondo colpo partì senza che lei ci facesse caso, ma non uscì mai dalla canna. La vibrazione, però, la sentì tutta come se lo avesse fatto, spaventandola ancora di più e facendole stringere la presa sull'arma nel disperato tentativo di mettere fine a quel disastro. Resa sorda dal terrore, non udì le urla di Squalo mentre la pistola correva velocemente verso la propria faccia. Si fermò di botto a una decina di centimetri da lei e le esplose letteralmente in mano, sotto lo sguardo allibito di circa trenta suoi coetanei e uno stravolto ufficiale.
Vanessa non emise un suono, troppo sconvolta da ciò che era appena successo per fare qualsiasi altra cosa che non fosse fissarsi con aria terrorizzata le mani. Aveva il viso graffiato, sporco e dolorante, ma non sembrava essersene accorta. L'arma era ridotta a una carcassa di plastica deformata con un grosso buco di lato, dal quale proveniva una terribile puzza di bruciato e polvere da sparo. Il suo primo istinto fu di gettarla via, ma prima che potesse farlo fu Squalo a strappargliela via, aprendola con uno schiocco in modo da far fuoriuscire il caricatore e renderla inoffensiva.
Ora che le vedeva meglio, Vanessa notò di avere i palmi coperti di tagli e bruciature. Era un miracolo che le dita ci fossero ancora tutte: per fortuna lo scoppio era stato contenuto, sebbene avesse residui di polvere da sparo e plastica fino ai gomiti, sul viso e nei capelli.
"Rayon, che diavolo hai fatto!?" esplose Squalo ruggendole in faccia. Era arrabbiato, sì, ma soprattutto era sconvolto dall'accaduto: non gli era mai capitato di assistere all'esplosione di una semiautomatica e temeva di aver messo in pericolo gli studenti.
Afferrò Vanessa per un braccio strattonandola verso di sé, lontana dalla postazione di tiro. Quel gesto così brusco sembrò riscuoterla dalla sua bolla di panico silenzioso, così la ragazza sbatté le palpebre ripetutamente tornando pian piano alla realtà.
"N-non l'ho fatto... apposta..." borbottò con voce tremante ed evitando lo sguardo del maggiore come se i suoi occhi potessero ferirla. L'apparente autocontrollo velato di arroganza che ostentava di solito era svanito, lasciando il posto a una ragazzina tremante. Si tolse i paraorecchie e si strinse nelle spalle, colpevole. "E-e poi lei mi ha spa-spaventata!"
Si sentiva malissimo. In parte era ancora sotto shock per l'accaduto, in parte voleva sotterrarsi per la figuraccia appena fatta davanti a tutti i suoi compagni. Stavano ridendo di lei? L'avrebbero guardata diversamente, ora? Sarebbe stata punita per aver rotto un'arma? E se fosse stata espulsa?
Quando finalmente si arrischiò ad affrontare il viso arcigno di Sanjir, però, vi lesse solo preoccupazione.
"Dovevi ascoltarmi!" ruggì lui, la sala ammutolita tutt'attorno. "Perché ti sei irrigidita? Cosa è successo?"
"N-non lo so, ho sentito il rinculo spingermi le braccia in alto e... e ho reagito per controllarlo! Non volevo rompere la pistola, maggiore, davvero!"
"Non è questo l'importante, Rayon! Ti sei messa in pericolo e per fortuna te la sei cavata solo con qualche tag—"
L'uomo interruppe bruscamente la sua ramanzina quando posò lo sguardo sulle mani dell'helisiana. Notando la sua espressione mutare verso la sorpresa, Vanessa lo imitò, confusa.
"Che diavolo...?"
Si aspettava di trovarle sanguinanti e bruciacchiate proprio come un attimo prima. Anzi, visto il botto avrebbe dovuto essere ridotta molto peggio. Invece, ciò che vide fu la sua pelle tornare pian piano sana, i tagli richiudersi e le bruciature schiarirsi fino a svanire, come se non ci fossero mai state. Era uno spettacolo strano, grottesco e al contempo affascinante. Anche il dolore svanì di pari passo, lasciando dietro di sé solamente un formicolio fastidioso e una vaga traccia di calore, come un soffio bollente lì dove la rigenerazione era avvenuta.
Rimasero così per qualche attimo, rapiti da quella strana magia che aveva colto entrambi di sorpresa. Fu Squalo a rompere quell'incanto con un sospiro, finalmente liberandola dalla sua presa e rivolgendole uno sguardo duro.
"Potevi dirlo subito che puoi rigenerarti, Rayon."
"N-non... beh, non lo sapevo," ammise lei aggrottando le sopracciglia e arrischiandosi persino a chiudere le mani a pugno un paio di volte per verificare che fosse tutto a posto. "Non mi era mai successo prima, lo giuro!"
Lui zittì le sue proteste con un'occhiataccia, indicandole l'uscita con un breve cenno del capo. "Non ha più importanza, ormai. Vai dalla dottoressa Azelhal, fatti fare un controllo per sicurezza," aggiunse pescando dalla tasca dei pantaloni il suo cellulare. Con rapidi tap inserì nel sistema di controllo dell'Accademia una nota nel profilo della ragazza, così da permetterle di rimanere in infermeria per il resto della lezione senza conseguenze.
"Chiedo il permesso di accompagnarla, maggiore," si offrì Liam facendo un passo avanti. Era soprattutto in ansia per l'amica, però doveva ammettere che quell'occasione gli avrebbe anche permesso di saltare l'esercitazione e rimandare il problema della sua abilità di tiro. Si era impegnato per sbagliare il più possibile fino a quel momento senza destare sospetti, ma temeva che un osservatore più attento se ne sarebbe accorto.
Dopo un breve attimo speso a scrutare il volto del ragazzo, Sanjir annuì. "Accordato."
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