41. confidenze
ACCADEMIA, SIYAH - 6 MAGGIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE
Erano quasi le nove di mattina e per la tabella di marcia di Vanessa era già tardissimo. Sebbene lei e Reniji si fossero sbrigati a tornare in Accademia secondo i limiti del permesso di libera uscita concesso da Ryukai, il traffico non era stato d'aiuto e avevano finito per raggiungerla dopo le prime lezioni del giorno. Il soldato le aveva promesso che la cosa non avrebbe pesato negativamente sul suo rendimento e che ci avrebbe pensato lui a giustificare la sua assenza, ma invece che sentirsi più tranquilla la Rayon si era agitata ancora di più. Odiava l'idea di fare la parte della raccomandata: se fosse fuggita con qualcuno di meno alto in grado, non avrebbe ricevuto un trattamento di favore in seguito a quella violazione delle regole.
Perciò aveva deciso di trovarsi una scusa migliore. Si era intrufolata di nascosto in mensa con l'intento di rubare del cibo avariato con cui farsi venire un'indigestione fulminante. L'idea all'inizio le era parsa geniale, tuttavia non aveva messo in conto il suo stomaco di ferro: qualsiasi cosa ingurgitasse non sembrava mai abbastanza da farla stare male. Dopo aver ripulito la dispensa degli alimenti più immangiabili - lavoro per cui forse avrebbero dovuto premiarla - Vanessa aveva suo malgrado dovuto rinunciare e ripiegare sul piano B: farsi dare un giustificativo ufficiale che almeno le permettesse di spiegare ai superiori la sua assenza.
Esagerando il suo inesistente dolore, si era trascinata mugugnando in infermeria pregando la dottoressa Azelhal di prescriverle qualcosa. Forse la donna non le aveva davvero creduto a giudicare dalla sua aria scettica, però le aveva comunque firmato il permesso e dato una scatola di pastiglie per lo stomaco.
Armata di quel foglio e decisa a portare avanti per tutta la giornata la sua sceneggiata, Vanessa si stava dirigendo verso l'aula di McFay. Il tenente era un uomo di mezza età che probabilmente non aveva mai imbracciato un fucile a giudicare dal suo fisico molle e poco allenato. Non la stupiva: era uno stratega, quindi il suo lavoro doveva essere prevalentemente nelle retrovie del Comando Centrale più che sul campo. Tra i vari ufficiali dell'Accademia lui era il più buono, motivo per cui la Rayon aveva fatto in modo di capitare proprio alla sua lezione con la giustificazione in mano da validare.
Attraversò il campus confondendosi con gli altri cadetti, finché Liam non la raggiunse alle spalle e la affiancò.
"Lo sai che io so che ieri non sei tornata, vero?" le sussurrò complice.
Vanessa evitò il suo sguardo malizioso girandosi dall'altra parte. L'amico era evidentemente curioso di sapere tutti i dettagli della sua sparizione: non poteva vedere il suo sorrisetto dietro al respiratore che gli scopriva solo la parte alta del viso, ma sapeva per certo che stava ghignando.
"E sei solo tu a saperlo, Iques?" indagò a bassa voce la Rayon.
"Per ora... Ma ho faticato a coprirti con Ava durante l'esercitazione del mattino."
"Cazzo. È troppo attenta quella ragazza."
"Già," replicò lui con occhi sognanti e voce morbida. Vanessa sbuffò divertita a quella vista: la sua cotta peggiorava di giorno in giorno.
"Che scusa hai usato?"
"L'unica che ha senso qui dentro," rivelò lui lanciandosi intorno occhiate guardinghe, "malattia."
La ragazza si sentì sollevata a quella notizia, felice che Liam le avesse retto il gioco. Non si erano organizzati prima in merito, eppure avevano entrambi agito in coordinazione.
"Ti adoro, cazzo!" esultò lei in un bisbiglio eccitato e sventolandogli sotto al naso il permesso firmato dalla Azelhal. "Ho appena ottenuto questo. Non hai idea di cosa ho dovuto fare per averlo..."
"Sono tutto orecchi, Rayon. Già che ci sei, inizia il tuo racconto da ieri sera..."
Vanessa arrossì leggermente ed evitò di nuovo il suo sguardo, affrettandosi invece verso l'aula di strategia. "D-dopo. Promesso."
L'impazienza di Liam era palpabile, eppure il giovane era riuscito a non farsi scappare battutine o commenti sulla questione per tutto il giorno. Quando lanciava un'occhiata a Vanessa per intimarla a vuotare il sacco lei faceva finta di nulla ma, se quel giochetto poteva funzionare durante le lezioni e persino in pausa pranzo, lo stesso non poteva dirsi dell'ora di libertà concessa a tutti i cadetti prima di cena.
Appena furono sollevati dai loro incarichi, la Übermensch tentò di filarsela. Lui fu più rapido: la tallonò in silenzio senza farsi beccare, rinunciando persino a stare in compagnia di Ava pur di farsi raccontare i dettagli della fuga dell'amica. Quando la vide infilarsi furtiva in un passaggio sotterraneo a loro vietato, Liam la fermò prendendola per un braccio e facendola sussultare per lo spavento.
"Porca puttana, Iques...!"
"Che diavolo fai qui, tu? I cadetti non—"
"Tranquillo, non ci vedrà nessuno," lo rassicurò lei tirandoselo dietro e scendendo le scale.
L'aveva condotto al parcheggio dove era stata il giorno prima con Reniji. Era venuta lì nella speranza di trovare il suo garage ancora ricolmo della sua roba: sapeva che sarebbe partito quella sera, ma non l'ora precisa. Ripercorse il tragitto che ricordava in silenzio, seguita a ruota da Liam che si guardava attorno eccitato. Anche lui, proprio come lei a sua volta, era affascinato dal gran numero di mezzi stipati lì sotto in bella vista. Quelli privati erano protetti dalle saracinesche dei loro proprietari, mentre quelli militari erano troppo ingombranti per essere messi sotto chiave.
"Ora capisco perché Aiji vuole diventare un pilota..." borbottò sottovoce.
"Sono fighissimi, vero? Non vedo l'ora di salirci sopra."
Un rumore improvviso fece spaventare i due ragazzi, che si affrettarono a lanciarsi dietro uno di quei carri armati. Si schiacciarono contro la parete, nascosti nella penombra e in totale silenzio, le orecchie tese.
"Mi aspettavo il tuo aggiornamento una settimana fa," disse una voce maschile sconosciuta. "Spero almeno che i preparativi siano andati a buon fine."
Non udirono la risposta. Doveva essere una conversazione telefonica, supposero, a giudicare dal rumore di passi di una sola persona. Qualcuno era venuto lì sotto per tenere una conversazione segreta. Vanessa e Liam si scambiarono un'occhiata preoccupata e si fecero ancora più piccoli dietro al carro armato, pregando di non essere beccati.
"Molto bene. Avviserò io l'altra squadra, per ora concentrati solo a raggiungere il punto d'uscita che abbiamo concordato."
Capire chi fosse a parlare era impossibile. Non era lì vicino e l'eco distorceva il suo tono, già basso e cospiratorio, senza contare l'effetto della maschera antigas che lo rendeva ancora più incomprensibile.
"L'altra cosa è già sistemata," disse ancora l'uomo come per zittire il suo interlocutore. Pareva seccato. "Non dobbiamo preoccuparci, non arriveranno a voi... Fidati. Hanno fatto in modo di fargli trovare un regalino."
I due cadetti si guardarono preoccupati. La conversazione era abbastanza ambigua da lasciargli il dubbio: stavano ascoltando le parole di un alleato, sebbene top-secret, o di un nemico? Il pensiero di Vanessa corse a Reniji e alla sua missione, chiedendosi se quel regalino di cui parlava il tizio fosse per lui. Era in pericolo? Doveva avvisare qualcuno?
Sfiorò con le dita la spalla di Liam, richiamando la sua attenzione e intimandogli con un cenno del capo di muoversi. Per fortuna avevano imparato la comunicazione non verbale usata dai militari, riuscendo a scambiarsi rapide direttive su come uscire di lì non visti.
Ma lui non era d'accordo. Scosse la testa rifiutando il piano di Vanessa, muovendosi invece silenzioso come un felino tra i carri armati stipati uno accanto all'altro. Voleva avvicinarsi alla fonte per udire anche gli ultimi dettagli, nonostante il pericolo che sapeva di correre così facendo. Lei imprecò nella sua testa e lo osservò con apprensione, rimanendo nascosta al suo posto: non era agile come lui, perciò se avesse provato a seguirlo avrebbe rischiato di farli scoprire.
"Avete due settimane per raggiungere Sentoru. Non rovinate tutto."
I passi dell'uomo si fecero più spediti e Vanessa sentì il cuore rimbombarle nel cervello. Stava venendo verso di loro. Era certa che anche Liam lo sapesse, ma gli fece comunque cenno di nascondersi. La sua posizione era più esposta e, se il sospettato avesse girato l'angolo sbagliato, avrebbe potuto persino intravedere l'orlo della sua divisa. Non avevano idea di chi potesse essere né se fossero in grado di affrontarlo nel caso in cui li avesse scoperti. Suo malgrado, la bionda dovette ingoiare il suo spirito combattivo e accettare di non fare nulla. Tra i corsi dell'Accademia a cui aveva partecipato fino a quel momento, purtroppo mancava quello per imparare ad affrontare la paura.
Rimasero nell'ombra finché il silenzio non piombò di nuovo nel parcheggio sotterraneo e, anche quando furono certi che il sospettato se n'era andato, attesero ancora una decina di minuti prima di mettere timidamente un piede fuori dai loro nascondigli. Si lanciarono uno sguardo d'intesa ed entrambi lessero lo sgomento negli occhi dell'altro.
"D-dobbiamo dirlo a qualcuno," sussurrò timidamente Liam. Vanessa non poteva vedere la smorfia che gli piegava le labbra, ma dedusse il suo spavento dagli occhi, non coperti dal respiratore.
"Sono d'accordo. E se Reniji fosse in pericolo?"
"Non stava andando ad Agiir?"
Lei scosse la testa e ridusse la voce a un sussurro concitato: "Era una bugia. Ha una missione al fronte, ma non so quale."
Uscirono rapidi da lì sotto, trovando il cielo ormai scuro. Era passato molto più tempo di quanto si aspettavano e il coprifuoco sarebbe scattato di lì a poco. Il gorgogliare dei loro stomaci li accompagnò per tutto il tragitto, ma nessuno dei due pensò al cibo: la tensione era troppa per rimpiangere la cena.
"Dovremmo andare dal direttore," disse infine Vanessa fermandosi e obbligando l'amico a fare altrettanto. Si erano presi per mano nel tentativo di darsi supporto l'un l'altra, sudaticci e spaventati.
"Ci ascolterà, a quest'ora?"
Lei sospirò e si disse che, a costo di buttare giù la porta del suo ufficio e beccarsi una nota di demerito per essere stati in un luogo vietato, gli avrebbe fatto rapporto su ciò che avevano sentito.
"Deve."
Il coprifuoco era appena scattato e le ronde di studenti dell'ultimo anno avevano iniziato a perlustrare il campus. Liam e Vanessa si diressero di corsa verso uno di loro e si presentarono mostrando le matricole appese al collo. Dissero di avere un appuntamento urgente col direttore e, di fronte allo scetticismo della giovane guardia, le intimarono di farsi accompagnare per sicurezza.
Bussarono timidamente, come se avessero paura di fare eccessivo rumore. Vanessa aveva mani e piedi sudati per la tensione, preoccupata che chiunque attorno a loro potesse essere un nemico. Visti gli sviluppi, pensava fosse meglio tenere un basso profilo ed evitare di lasciarsi scappare informazioni delicate di fronte a chi non conoscevano.
Attesero una decina di minuti, ma il governatore Wakani non gli aprì mai. "Forse è nella sua camera," tentò la cadetta che li aveva scortati lì, facendo loro cenno con il mento di imboccare il corridoio per l'ala ovest. "Andate, io devo proseguire il mio giro. Tanto, da quella parte ci sono le telecamere della tenente Hicks."
Il commento accese una lucina nella testa dei due studenti: forse le riprese avrebbero potuto svelare l'identità dell'uomo misterioso! Si affrettarono a raggiungere la stanza di Ryukai e stavolta non si fecero riguardi, battendo più volte sulla porta.
"Direttore, dobbiamo parlarle. Per favore!"
Ryukai li accolse mezzo nudo. Indossava solo le mutande e una vestaglia che si era allacciato addosso di fretta, i capelli argentati arruffati come se si fosse appena alzato dal letto. Quando riconobbe Vanessa la sua espressione si ammorbidì, lasciando il posto a una più divertita e al contempo sorpresa.
"Guarda un po' chi si vede... Rayon, credo tu abbia sbagliato stanza, però."
Per tutta risposta lei sbuffò ignorando la frecciatina e si fece avanti di un passo, cercando di convincerlo a farli entrare. "Affatto. Cercavamo lei... è urgente."
Riuscì a sbirciare oltre la porta e realizzò il motivo per cui il direttore sembrava così restio a invitarli dentro: c'era qualcun altro lì, seminascosto tra le lenzuola. Vanessa sperò che non fosse davvero una studentessa come dicevano le voci, realizzando che forse un fondo di verità dietro quei pettegolezzi c'era davvero. Lanciò un'occhiata eloquente al siyahno, facendogli capire cosa aveva visto.
"Aah, va bene, va bene... datemi un istante," sbuffò lui. Li fece attendere fuori per qualche minuto e nel frattempo i due cadetti udirono del trambusto, qualche bisbiglio, il rumore di mobili spostati e il frusciare di abiti ad accompagnare quella che probabilmente era la fuga dell'amante segreta di Ryukai. Quando riaprì era ancora più arruffato di prima e Liam scorse persino la traccia leggera di un morso sulle sue labbra arrossate. L'aveva salutata o ci aveva combattuto?
"Prego."
I ragazzi entrarono nella stanza e Vanessa si premurò di girare la serratura e controllare che non ci fosse nessun'altro oltre a loro lì dentro. "Siamo soli?" chiese, ottenendo uno sguardo curioso in risposta.
"Cos'è, siete venuti a uccidermi?"
"Direttore, crediamo di aver udito una conversazione che potrebbe mettere in pericolo le nostre truppe," intervenne Liam prima che Vanessa perdesse le staffe posandole una mano sul braccio. "So che non può rivelarci nulla di confidenziale, ma potrebbe almeno dirci se in Accademia c'è qualcuno che si sta occupando di un'operazione in cui è coinvolta la città di Sentoru?"
Ryukai li fissò a bocca semi-aperta per un istante. Vanessa riuscì a leggere i suoi pensieri trasfigurargli l'espressione: sorpresa, curiosità e poi sgomento. Il direttore aggrottò le sopracciglia e si rabbuiò.
"Che io sappia, no."
Vanessa e Liam si scambiarono uno sguardo. "A-allora credo sia meglio mobilitare qualcuno alla sua difesa."
L'helisiano raccontò ciò che avevano udito nel garage con dovizia di particolari. Non rinunciò nemmeno ad ammettere che si trovavano in un luogo vietato, piegando il capo in attesa di ricevere la punizione che gli spettava. Punizione che non arrivò mai: Ryukai aveva incrociato le braccia al petto davanti a quella rivelazione, iniziando a camminare furiosamente per la camera. In quello somigliava al fratello, notò Vanessa: quando doveva ragionare diventava irrequieto, incapace di stare fermo. Il disordine della stanza e l'aspetto poco professionale del Wakani rendevano la scena quasi comica, se non fosse stato per la gravità della situazione.
"Avviserò immediatamente il Comando," disse infine fermandosi e guardando con aria solenne i due ragazzi. Per una volta sembrava davvero un generale. "A Ren manderò una soffiata, ma l'informazione non mi stupisce. Ci aspettavamo una cosa del genere."
Vanessa si morse il labbro inferiore, incrociando gli occhi scuri del Wakani. Sapeva che l'improvvisa mobilitazione di Reniji per il fronte non era un caso e quell'ultima frase confermava le sue paure.
"Piuttosto, voi due dovreste stare attenti," riprese il direttore, "a quanto pare, c'è una spia tra le nostre fila."
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