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40. notte

TIRVAJ, SIYAH - 5 MAGGIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE


La premette con irruenza contro la porta della camera, baciandola con foga. Le sue mani grandi e scure le scivolarono addosso, in febbrile esplorazione del suo corpo. Si soffermarono prepotentemente su quel culo che Reniji si sognava la notte e glielo strinsero. Il soldato emise un ruggito soddisfatto e sentì il sorriso di Vanessa contro le labbra un attimo prima che lei si dedicasse di nuovo a morderlo, stavolta non così forte da attivare la sua corazza.

A malincuore, staccò una mano da lei per tastare la porta alla ricerca della serratura. La sua impronta digitale era stata collegata a quella camera di un albergo a ore. Gli sarebbe bastato toccare il dispositivo elettronico che la teneva chiusa per sbloccarla, ma più tastava la porta meno sembrava trovarlo.

Grugnì il suo fastidio, ma non accennò a separarsi da lei per cercare quell'aggeggio con gli occhi. Fu Vanessa a intervenire, prendendogli la mano e guidandogliela sul display con fare esasperato. Quando udirono il tanto atteso tlack della serratura sospirarono entrambi uno contro l'altra, indietreggiando al passo con la porta per entrare finalmente nella stanza da letto. Reniji se la chiuse alle spalle con un piede, quasi con rabbia, agguantando di nuovo la ragazza per il sedere solo per tirarsela in braccio senza sforzo.

Affondò la faccia sulla sua clavicola, riempiendola di baci mentre lei ridacchiava sommessamente a causa di quel contatto che le solleticava la pelle. Con rapide falcate l'uomo raggiunse il letto sul quale la buttò come un sacco di patate. Vederla rimbalzare su di esso con quell'espressione confusa e divertita insieme fece fiorire un ghigno sadico sul suo viso color cappuccino. Posò un ginocchio sul materasso proprio in mezzo alle gambe di lei e gliene afferrò una, sfilandole l'anfibio d'ordinanza che si gettò alle spalle subito dopo.

"Le scarpe, Reniji? Sul serio?"

Lei lo provocò ma lo lasciò fare e, quando anche il secondo stivale venne buttato sul pavimento, il siyahno le rivolse un sorrisetto diabolico. Con le mani risalì le sue cosce lentamente fino alla zip dei jeans, che slacciò al volo nell'avvicinare il viso al suo per rubarle un altro bacio.

"Come te li tolgo, questi, sennò?"

La spogliò in fretta, impaziente di sentire la sua pelle candida e calda contro la propria. Le baciò le labbra e poi il collo, scivolandole sul corpo diretto inequivocabilmente verso la linea nera delle mutande. Le sollevò appena la maglietta, disegnando una linea discendente di baci sui suoi addominali scolpiti mentre con le mani si dedicava a sfilarle quel semplice indumento dalle gambe.

Vanessa trattenne il respiro, improvvisamente agitata per ciò che stava per succedere. Forse Reniji se ne accorse da come i suoi sospiri si erano ammutoliti o da come aveva stretto i muscoli dell'addome, ma non glielo diede a vedere. Si staccò da lei solo per raddrizzare la schiena e tuffarsi invece nella morbidezza delle sue gambe sode, mordendo e baciando la carne dell'interno coscia. Le risalì lento dal ginocchio in su, solleticandole con i capelli e col respiro caldo, una tortura piacevole alla quale Vanessa si lasciò sottoporre volentieri. Ogni centimetro in più che lui raggiungeva la agitava ed eccitava allo stesso tempo e, quando finalmente Reniji raggiunse il suo inguine, la ragazza si lasciò scappare un gemito di sorpresa.

Si abbandonò al piacere della lingua di lui con inaspettata semplicità. Era evidente la differenza di esperienza che li separava, ma quella consapevolezza la mise subito a suo agio invece di spaventarla. Reniji era affidabile, la persona della quale si fidava di più al mondo anche in quel momento così intimo.

Percepire le sue dita dentro di sé fu una sensazione completamente nuova e strana, ancora diversa da ciò che le aveva appena fatto provare. Vanessa si rese conto di aver inarcato la schiena e di aver del tutto perso il controllo della sua stessa voce che le suonava distante, come se non fosse lei a produrre quei suoni di evidente piacere al ritmo che era lui a decidere.

Si chiese cosa avrebbe dovuto fare in quella situazione. Dove doveva mettere le mani? Doveva toccarlo, accarezzandogli la testa come fosse un bravo cagnolino, o era meglio lasciarle abbandonate da qualche parte? Alla fine, optò per la seconda opzione: le gettò all'indietro, sopra la testa, nascondendo per metà il viso contro un braccio e concentrandosi invece sulle sensazioni che Reniji le stava provocando.

Vanessa si rese conto di avere gli occhi chiusi solo quando lui si sfilò da dentro di lei, obbligandola a spalancarli.

"Co-cosa... che cavolo fa-fai?" ansimò riemergendo suo malgrado dall'apnea in cui l'aveva gettata, contrariata per quella brusca interruzione. Lui però non rispose, di nuovo addosso a lei intento a risalirle i fianchi con le mani, cercando frettolosamente di toglierle anche l'ultimo indumento che le era rimasto: la maglietta.

Vanessa assecondò quel movimento, sentendosi avvampare quando lo sguardo nero di lui si puntò sul suo petto. Era consapevole della sua incredibile piattezza tanto quanto lo era dei propri capezzoli turgidi, cosa che la fece desiderare di nascondersi alla sua vista.

"N-non mi fissare."

"Perché no?"

Le venne subito in mente Ava: con un corpo come il suo non avrebbe mai dovuto vergognarsi di nulla, così sensuale e femminile. Cosa avrebbe pensato Reniji se davanti a lui ci fosse stata una come lei, prosperosa e morbida? E cosa stava pensando ora, di fronte a quella vista desolante?

"Pe-perché... non è un bello spettacolo."

Lui sbuffò divertito, intuendo subito a cosa si riferisse e leggendo il suo imbarazzo. Però non disse nulla, abbassandosi per baciarla di nuovo stavolta in modo dolce, lento e deciso come una delle sue ramanzine. Sfuggì alle sue labbra solo per passare al mento prima e al collo poi, in una fila disordinata che lasciò dietro di sé una scia di saliva calda. Quando arrivò al suo seno non si fermò, dandole un ultimo bacio umido proprio sullo sterno prima di sollevare il viso. Le lanciò uno sguardo sadico e ghignò.

"Hai ragione, tu sei decisamente uno spettacolo migliore. Mi hai fatto un bel concerto, complimenti!"

Vanessa rimase senza parole, fissandolo con occhi sgranati e la bocca spalancata. Di norma gli avrebbe risposto per le rime, ma in quella situazione davvero non le veniva in mente niente di abbastanza pungente da rispondergli. Divenne invece ancora più rossa in viso, un po' per l'imbarazzo e un po' per il nervoso, con l'unico risultato di far scoppiare Reniji a ridere di gusto alla sua reazione.

"Brutto... la metti così, eh?"

Lo spinse per le spalle, obbligandolo con la sua forza soverchiante a seguire il movimento che gli stava imponendo di fare. Anche se colto di sorpresa, Reniji non si fece pregare, assecondandola e lasciandola ribaltare le loro posizioni. Se la ritrovò a cavalcioni su di sé e quel contatto, anche se smorzato dal tessuto dei jeans, inevitabilmente lo eccitò.

"Lo sai, da qui ho una visione anche migliore delle tue te—"

"La vuoi piantare!?"

Lui rise di nuovo e schivò il suo pugno inclinando la testa all'ultimo momento, scatenando un nuovo moto di rabbia nella povera ragazza.

"Permalosa..."

"Oh, taci."

Vanessa gli strappò la maglietta di dosso sfilandogliela in malo modo, impaziente di tornare a distrarlo con i suoi baci. Lui fu felice di abbandonarsi di nuovo a quel passatempo, beandosi del sapore della sua lingua sulla propria e del modo un po' goffo in cui lei gli passava le mani sulle spalle nude, seguendo il profilo dei muscoli e delle cicatrici che lo ricoprivano. Non resistette, prendendole il viso tra le mani per scostarle i capelli e avvicinarla ancora di più, facendola mugolare di disappunto e piacere insieme.

Quando le dita magre di lei arrivarono al tatuaggio sul suo braccio sinistro, Reniji si scoprì concentratissimo sulla sensazione di quel tocco leggero. Il drago che gli si arrotolava sul braccio era un disegno che condivideva con Ryukai, un simbolo che si erano fatti insieme alla morte del padre. In parte raccontava dei loro poteri e del loro casato, ma anche della loro promessa di esserci l'uno per l'altro.

"Ti piace?" le chiese a fior di labbra.

"È un po' banale," ammise lei senza smettere di tracciarne il profilo con le dita, "però lo stile è bello. Si vede che te l'ha fatto uno bravo."

"Ryukai ne ha uno uguale... più pacchiano, forse, ma a lui piaceva così." Ridacchiarono entrambi a quel commento: quello del direttore era stato disegnato con inchiostro bianco, che saltava ancora di più all'occhio. "In realtà, è il simbolo dei Wakani... anche se non so bene cosa significhi il drago. Forse è per richiamare i poteri tipici dei Geomanti della nostra famiglia, ma non ne sono sicuro."

"Se è per questo, nemmeno io so cosa c'entrino le rose con i Rayon. Insomma, non mi pare che richiamino gli Elettrocineti."

Lui sorrise e accarezzò lentamente la schiena nuda di Vanessa, ancora seduta sopra di lui. Lei rabbrividì e la cosa lo fece segretamente gongolare. "Tu te lo faresti, un tatuaggio?"

"Forse," rispose dopo un attimo di pausa. "Ma non grande come il tuo... e sceglierei di sicuro un soggetto migliore!"

"Mmh. Tipo?"

"Non ci ho mai pensato seriamente. Penso... un fiammifero, forse."

"E poi è il mio quello banale..."

Le mani di Reniji terminarono il loro viaggio ancora una volta sul suo culo sodo e Vanessa sobbalzò. Lui fece per alzarsi con il busto con l'intento di buttarla di nuovo di schiena, ma lei lo forzò di nuovo giù con decisione, quasi come fosse arrabbiata. La cosa non gli dispiacque affatto, soprattutto quando lei mise mano alla sua cintura. Ci litigò per un po' ma si stufò presto, impaziente come suo solito. Reniji ghignò e si mise le mani dietro alla nuca, godendosi lo spettacolo.

"Te l'ho già detto, studia il tuo nemico..."

"Beh, il mio nemico è questa stupida cosa che non vuole saperne di fare come dico io!"

Mentre lui la derideva, Vanessa schioccò la lingua e decise di farla finita. Tirò la cintura con una mano verso di sé e con l'altra nel verso opposto, spezzandola perfettamente a metà. Il sorrisetto di Reniji svanì immediatamente.

"Cosa... me l'hai rotta!?"

"Già," replicò lei con diabolica soddisfazione, "era fin troppo vecchia, sai. Prendilo come uno spunto per rinnovare un po' il tuo guardaroba."

L'espressione della ragazza si ammorbidì e gli rivolse uno sguardo malizioso. Non smise di fissarlo quando gli abbassò la zip dei jeans e nemmeno quando glieli tirò giù scivolando all'indietro con loro. Quella catena invisibile con cui lo teneva al guinzaglio mise Reniji quasi a disagio, impossibilitato a nascondere quanto gli piaceva vederla nuda su di sé o quanto il suo tocco sul proprio corpo lo eccitava. Dovette sforzarsi per non sussultare quando lei gli tolse i boxer grigi con inaspettata lentezza. A fatica, si concentrò sulla sua espressione invece che sulla piacevolissima sensazione delle sue mani sul proprio sesso.

Si chiese cosa pensava, se era agitata, se sapeva cosa fare. A giudicare dai suoi movimenti non sapeva dire con certezza se stava solo improvvisando molto bene o se aveva avuto già qualche esperienza pregressa. In fondo, da quando era in Accademia era sempre circondata da ragazzi della sua età e non tutti erano malaccio. Una lieve punta di gelosia lo morse all'idea, strappandogli un grugnito sommesso che la bionda attribuì a ciò che gli stava facendo con le mani, prendendolo come un invito.

"Anche il tuo concerto non è male."

Reniji fece appena in tempo a sorriderle giocoso di rimando che lei si piegò su di lui, stavolta rubandogli un sospiro di piacere per davvero. Sentire la sua bocca bollente attorno a sé fu così improvviso da zittirlo per un istante. La percepì giocare con la lingua e stringere le labbra, intenta a muoversi ritmicamente avanti e indietro.

Vanessa si stava davvero impegnando per appagarlo, anche se in realtà non aveva la minima idea di cosa stava facendo. Per fortuna esiste WireNet, si disse, pensando a tutte le ricerche proibite che aveva fatto in materia per documentarsi tempo prima, quando la curiosità adolescenziale aveva avuto la meglio. Si ricordò solo dopo un po' che avrebbe dovuto succhiare e, quando iniziò a farlo senza soffermarsi troppo sulla sensazione a tratti fastidiosa di avere un intruso in gola, Reniji si lasciò scappare un gemito sommesso.

Onestamente, quel genere di servizio gliel'avevano fatto molto meglio in passato. Ma ora era lei a farlo e questo cambiava tutto. Vederla così impegnata a dargli piacere glielo faceva venire solo più duro e quando faceva quella cosa strana con la lingua si ritrovava suo malgrado a sospirare un po' più forte. Si era costretto a non toccarla per non rischiare di forzarle i movimenti, però quella piacevole tortura lo stava davvero mettendo alla prova. Per fortuna Vanessa era inesperta, altrimenti sarebbe durato più o meno due secondi. Gli sembrava di essere finito in uno dei suoi sogni proibiti, uno di quelli che animava le sue notti torride a Hileim e che al risveglio lo faceva sempre sentire un verme.

Pensò con una punta di rammarico di essere proprio uguale a suo fratello, sebbene avesse fatto di tutto per convincersi del contrario. Dargliela vinta a Ryukai sull'argomento sarebbe stato tremendo e già immaginava le battutine che gli avrebbe riservato da lì in avanti. Però, in fondo non gli dispiaceva così tanto, visto che gli aveva permesso di indulgere in quelle piacevoli attività con Vanessa. Ora che erano lì, intimi come mai erano stati, il peso che gli opprimeva il petto quando incrociava il suo sguardo era stato sostituito da una avvolgente sensazione di calore e benessere. Capiva perché le persone producevano in continuazione materiale d'intrattenimento sull'amore: in quel momento stava così bene che persino lui si sarebbe messo volentieri a cantare.

L'idea che forse non l'avrebbe più rivista, o perlomeno non tanto presto, lo colpì come un cazzotto.

"N-Ness." Richiamò la sua attenzione senza riuscire a evitare di balbettare e le sfiorò la testa con i polpastrelli. "Vieni q-qui."

Per poco non gli venne un infarto alla vista di lei che si staccava da lui, eccitato dalla sua saliva calda su di sé. Mugugnò impaziente tirandola su prima di soffocarla con un bacio rabbioso, l'unico modo che aveva per togliersi quell'immagine da davanti al naso. Rotolò di lato, finendole sopra tra un sospiro e l'altro solo per appoggiare il proprio sesso umido contro quello altrettanto bagnato di lei, strofinandovisi sopra per provocarla.

"Che dici, la chiudiamo in parità?"

"Sei matto? Dobbiamo giocarci ancora il prossimo round!"

Reniji ridacchiò contro il suo collo sudato, distraendosi un attimo per cercare a tentoni il portafoglio. Ricordava di averlo lanciato sul letto e, quando finalmente le sue dita ruvide ne incontrarono il profilo, emise un piccolo ruggito di soddisfazione. Cercò febbrile la plastica del preservativo che estrasse subito dopo, aprendolo in pochi secondi con i denti.

"Ah, era ora," lo prese in giro la Rayon osservandolo con una risatina mentre se lo infilava. "Per un attimo ho temuto fossi uno tutto preliminari e niente sostanza."

"Non mi pare la cosa ti sia dispiaciuta troppo... o devo farti il verso?"

"Potrei fartelo anch'io—"

La battuta maliziosa della ragazza venne bruscamente interrotta dalla penetrazione decisa con la quale Reniji decise di punirla, cogliendola di sorpresa e mozzandole il respiro. Il dolore che la investì diffuse una serie di punte d'ago ovunque nel suo corpo, tanto che Vanessa dovette stringere i denti per i primi minuti.

Si domandò se lui si fosse accorto che per lei era la prima volta, o se aveva deciso di procedere in quel modo di proposito. In realtà preferiva così: via il dente e via il dolore. Quando riuscì a sentire qualcosa di piacevole oltre al resto, si rilassò e si lasciò avvolgere da quelle sensazioni nuove e strane. Inaspettatamente, si ritrovò a pensare che quel mix di dolore e piacere la eccitava forse più del modo in cui Reniji la baciava frenetico o da come le ansimava contro il collo.

Da quel momento in poi, si fece tutto confuso. I suoi respiri erano quelli di lui, la voce le usciva senza che potesse controllarla e le dita si erano conficcate così spesso nella schiena del siyahno che aveva smesso di badare a tutte le volte che la sua corazza si attivava.

E poi, c'erano i baci. Quando il ritmo si faceva più serrato Reniji la soffocava così, senza darle tempo di realizzare nulla. Ogni volta che le permetteva di riprendere aria, ecco che rallentava di nuovo in favore di colpi decisi che la facevano godere di ogni centimetro che la penetrava con quella lentezza esasperante.

Vanessa non ne aveva idea, ma il soldato faceva quel giochetto per necessità: era così preso dal momento e dalle sensazioni che provava che, se avesse continuato con lo stesso ritmo, non sarebbe riuscito a trattenere il proprio piacere. Più di una volta era stato sul punto di raggiungere il culmine e l'unica manovra efficace che conosceva per evitarlo era fermarsi completamente a riprendere fiato per calmarsi. Certo, la ragazza non era granché d'aiuto: quei suoi gemiti nell'orecchio erano così eccitanti che se si fosse perso ad ascoltarli sarebbe venuto subito. E quelle gambe, così strette attorno a sé per tenerlo ben ancorato dentro di lei, lo facevano impazzire ogni volta che ci faceva caso.

Era l'inferno o il paradiso? Il paradiso, per come si sentiva bene? O l'inferno, perché sapeva che l'avrebbe lasciata presto per la sua missione?

Ma Reniji non voleva pensarci. In quel frangente contavano solo Vanessa e la notte ancora troppo giovane per finire.

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