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28. accademia

ACCADEMIA, SIYAH - 10 GENNAIO 4574 DEL CALENDARIO TERRESTRE


"Benvenuti all'Accademia di Siyah."

Vanessa raddrizzò la schiena di colpo e si costrinse a trattenere il sorriso gigante che le avrebbe squarciato la faccia dalla gioia altrimenti. In quel genere di cose era più bravo Virgil, così abituato a indossare volti capaci di nascondere i suoi pensieri e le sue emozioni. Lei, per quanto stesse provando a imitarlo con tutte le sue forze, proprio non riusciva a smettere di tamburellare con le dita sulla coscia, sfogando così l'eccitazione che la dominava. Se l'avesse vista, Reniji l'avrebbe probabilmente ripresa con una delle sue solite ramanzine sull'importanza dell'autocontrollo.

"Il vostro percorso sarà lungo. Sarà difficile. Sarà pericoloso," continuò il generale Ryukai camminando lento davanti alla fila di reclute con un mezzo sorriso. "Ma alla fine, quando lo completerete, sarete degli ufficiali. Ufficiali dell'Alleanza di Celios."

Era la prima volta che la ragazza vedeva il fratello di Reniji dal vivo. Da quanto ricordava dai suoi racconti del suo ormai ex-insegnante, Ryukai era strano, uno che all'apparenza non era da prendere troppo sul serio. Aveva provato a immaginarselo diverse volte, cercando di prendere Reniji a esempio e aggiungendo qualche dettaglio stravagante. Eppure, non avrebbe mai pensato che l'uomo al governo di Siyah fosse così. Sebbene i due avessero lo stesso fisico allenato, quella era praticamente l'unica somiglianza. L'evento era formale, ma delle regole era evidente che il direttore dell'Accademia se ne infischiava. Ryukai era un puntino di colore in mezzo ai docenti alle sue spalle: loro erano imbalsamati nelle divise militari che sottolineavano i loro gradi, mentre lui indossava un paio di bermuda da spiaggia tempestati di ananas brillantinati, una camicia di lino abbottonata storta e un paio di anfibi sporchi di fango.

L'accozzaglia di stili era già un pugno in faccia di per sé, anche senza considerare l'enorme tatuaggio di un dragone che trionfava sul suo braccio sinistro. Era fatto con inchiostro bianco, che ben risaltava sulla sua pelle ambrata e muscolosa, e si arrotolava dal polso fino alla spalla come un serpente. Vanessa ne fu colpita, chiedendosi se fosse possibile scegliere un disegno più banale di quello. Soppresse una risatina, ricordando di averne intravisto uno uguale sul braccio destro di Reniji. La cosa più buffa dell'aspetto di Ryukai forse erano i capelli, che lui portava lunghi fino alle spalle, mossi e di color argento, rendendolo nel complesso davvero un personaggio assurdo. Vederlo accanto al fratello minore era ancora più comico: tutto al contrario di lui, Reniji se ne stava rigido e impettito assieme al resto del corpo docenti sul palco, serio come al solito e vestito con la tradizionale divisa dell'esercito.

Sebbene fosse strano, Vanessa si ritrovò a provare una punta di ammirazione per il generale Ryukai: secondo lei, incarnava lo spirito della libertà. Era evidente che il suo modo di essere violava un bel po' di regole, come le occhiatacce di alcuni docenti suggerivano, ma era altrettanto evidente che Ryukai se ne fregava, facendo leva sulla sua posizione di governatore.

La piattaforma sospesa troneggiava sul nutrito gruppo di reclute. Era fatta di vetro o cristallo, qualcosa di trasparente ma che non rifletteva in modo fastidioso i raggi solari da tutte le parti. Vanessa si era concentrata parecchio su quell'affare per capire come facesse a svolazzare così: che ci fosse un meccanismo nascosto, magari ad aria, che lei non vedeva? O era opera di un Übermensch?

La ragazza si perse il resto del discorso del direttore, che stava blaterando ancora qualcosa su come le lezioni sarebbero state difficili e su come le reclute presenti erano state selezionate con un esame d'ingresso piuttosto rigoroso. Invece di ascoltarlo, Vanessa era concentrata sulle persone che gli stavano alle spalle e che suppose essere lo staff dell'Accademia. Aveva sempre ritenuto Reniji una persona dall'aspetto impressionante, ma l'uomo accanto a lui lo superava. La sua pelle chiara e leggermente abbronzata era piena di cicatrici bianche, che si intravedevano sul collo e sulle mani. Per quanto la cosa le sembrasse impossibile, era addirittura più massiccio e imponente del siyahno. Vanessa se ne sentì automaticamente intimidita, anche se il docente, che lei ipotizzò essere sulla quarantina a giudicare dai capelli sale e pepe, aveva il viso coperto da un pesante mascherone antigas.

Accanto a lui c'era una giovane donna bionda, che fissava in cagnesco il generale con aria davvero arrabbiata. È una Übermensch, pensò la Rayon, notando come non indossasse alcuna maschera al contrario del resto degli ufficiali presenti. Come lei, solamente i fratelli Wakani avevano il viso scoperto, dettaglio che la incuriosì. Erano così pochi i superumani in Accademia? In effetti, come osservò guardandosi rapidamente intorno, la maggior parte delle reclute portava protezioni di qualche tipo, pesanti o leggere che fossero. Solo un paio di persone, oltre a lei, erano riconoscibili a colpo d'occhio come mezzi alieni.

Non significa nulla, si disse, aggrottando le sopracciglia e tornando a guardare la docente. Anche gli Übermensch le indossano, a volte.

Anche lei era stata spesso costretta a farne uso, anche se solo per nascondere la sua identità. In cuor suo, però, sapeva che un giorno o l'altro avrebbe dovuto metterla per proteggersi dalla Sindrome tanto quanto gli umani. WireNet era piena di zeppa di teorie del genere, basate sulla paura della malattia e sui fatti di cronaca, che riportavano sempre più casi di Aeromanti sensibili al veleno che respiravano.

Emise un piccolo sospiro, tornando a concentrarsi sulla donna per scacciare quei pensieri. Osservandola, il suo modo di vestire le sembrò più raffinato rispetto a quello degli altri, sebbene indossasse la loro stessa divisa. Gli anfibi erano lucidi, i capelli erano morbidamente acconciati in uno chignon e il trucco che le impreziosiva occhi e labbra era delicato ma efficace, visibile nonostante gli occhiali dalla montatura scura che accentuavano la sua espressione da felino. Non sembrava muscolosa, ma lo stesso si poteva dire di Vanessa che, ossuta e allampanata tanto da sembrare denutrita, celava alla perfezione le sue capacità di Fortificata e il profilo dei suoi muscoli sotto ai vestiti. Se anche lei era una Übermensch, come la Rayon sospettava, era impossibile dedurre le sue reali capacità solo dal suo aspetto.

Al capo opposto della fila di docenti c'era un'altra giovane dai capelli rosso brillante, raccolti disordinatamente in cima alla testa con quelle che sembravano delle penne. Naso e bocca erano coperti da un respiratore nero con due grosse protuberanze laterali bucherellate dove erano alloggiati i filtri, mentre gli occhi erano protetti da un paio di occhiali squadrati dalla montatura spessa. A un certo punto ebbe un guizzo e si concentrò proprio su Vanessa, come se avesse percepito il suo sguardo su di sé. Lei, colta sul fatto, si sentì per un istante in imbarazzo e si costrinse a non guardare altrove. Si domandò come mai la stesse fissando in mezzo alla massa anonima di reclute: l'aveva forse riconosciuta?

Non fa niente, si disse. È normale che sappiano chi sono. Ma qui non conta nulla.

Era uno dei motivi per cui l'Accademia le piaceva. Lì non importava essere un Übermensch o un umano, un nobile o un poveraccio dei quartieri più malfamati di Hileim: erano tutti soldati. La sua famiglia aveva cercato in ogni modo di metterla in guardia e farla desistere all'idea di intraprendere quella carriera ma, ora che si trovava lì, Vanessa era sempre più convinta che quello fosse proprio il suo posto. Tra i militari poteva smettere di essere l'erede dei Rayon: era la sua migliore opportunità per costruirsi un nome che fosse solo suo.

Sentì le guance dolerle e si accorse che stava sorridendo. Si affrettò a tirare di nuovo le labbra in una espressione composta, concentrandosi invece sul resto dei docenti. Un uomo basso e grassottello stava accanto alla ragazza rossa, scambiando di tanto in tanto qualche commento con l'altra donna al suo fianco, più alta ma probabilmente di mezza età come lui. Sembravano in buoni rapporti, a giudicare da come chiacchieravano a bassa voce tra di loro, piegandosi appena l'uno verso l'altra e soffocando delle risatine. Erano entrambi castani di capelli, anche se l'uomo sembrava sulla via per la calvizie stando alla stempiatura avanzata che gli scopriva la fronte. Infine, al centro esatto della fila di ufficiali che sarebbero stati i loro professori, c'era un uomo dall'aria anonima che sembrava dell'età di Reniji e che, come lui, teneva le braccia incrociate. Era magrolino ma dall'aria scattante, in netto contrasto col fisico imponente dei fratelli Wakani e dell'uomo pieno di cicatrici.

"Quindi, benvenute, reclute!" esclamò allegro il generale, attirando l'attenzione di Vanessa. "I vostri tre anni di addestramento cominciano da ora!"

Ryukai batté le mani una volta sola, segnale che il suo sermone era appena finito. Il disco volante che gli faceva da palco atterrò dolcemente un momento dopo, mentre le file ordinate di studenti si impegnavano a rispondere con versi entusiasti e goffi saluti militari. Chi aveva la mano alla tempia, chi sul cuore, chi se n'era del tutto dimenticato e aveva rotto le righe prima di ricevere il segnale. Da una cosa così semplice si vedeva chiaramente quanto quel branco di ragazzi appena maggiorenni fosse inesperto.

Il generale, però, a quella vista sorrise divertito. Avrebbero imparato col tempo a essere soldati perfetti: per il momento, potevano permettersi di essere solo dei giovani volenterosi.

"E da qui si accede ai bagni comuni. Mi raccomando, niente scherzi o stupidaggini, ok?"

Fralena Hicks si aggiustò gli occhiali sul naso con l'indice, lanciando un'occhiata di ghiaccio al branco di reclute davanti a lei. "Le mie telecamere sono ovunque, vi avverto. Se farete qualcosa di strano... vi vedrò."

A quell'ultimo commento gli studenti tacquero, intimiditi forse più dal suo sguardo che dalle sue parole. La donna bionda però sorrise, allontanandosi con passo regolare dall'ingresso dei bagni. La gonna a tubo della divisa evidenziava le sue forme a ogni passo e i raggi solari le facevano brillare lo chignon d'oro. D'improvviso, la pesante porta dell'edificio che si era lasciata alle spalle si richiuse rumorosamente da sola. Il mormorio che l'evento generò tra le reclute fu come musica per le sue orecchie: adorava mettere in mostra i suoi poteri per spaventarli.

Li aveva portati in giro per l'Accademia come da programma, mostrando loro le aule e le sale allenamento. Il campus era grande e allo stesso tempo piuttosto semplice, cosa che Fralena trovava in qualche modo rassicurante. Era composto da tre lunghi edifici rettangolari messi a forma di 'U' a delimitarne il perimetro e che, per comodità, erano stati divisi in blocchi identificati da insegne grigie. Oltre ai bagni comuni che terminavano l'ala ovest, quel lato ospitava le camere private dello staff e la sala riunioni. Da lì si estendeva l'ala nord, dove si trovavano il poligono di tiro e la palestra. L'ala est sbucava subito dopo, parallela a quella ovest, nella quale c'erano il laboratorio di chimica e l'aula di strategia militare. La costruzione terminava di netto diversi metri prima rispetto alla gemella dirimpettaia, lasciando spazio a una grande tromba di scale che portava al garage sotterraneo. Lì sotto, invisibili agli occhi delle reclute, erano stipati i mezzi d'assalto e le unità pesanti usati dai cadetti del secondo e terzo anno per i loro addestramenti.

"E con questo, abbiamo finito il nostro giro."

"E-ehm... scusi, ma... d-dove dormiremo?"

A quella domanda, Fralena incrociò le braccia e fece un largo sorriso che non prometteva niente di buono. "Voltatevi per scoprirlo."

I ragazzi si girarono quasi all'unisono, confusi e al contempo eccitati. Davanti a loro, però, si ergevano tre enormi tendoni verdi che sembravano container, rettangoli di tessuto mimetico resi rigidi da uno scheletro metallico interno. Erano anonimi a una prima occhiata, ma Fralena sapeva che una volta dentro i ragazzi si sarebbero stupiti: il materiale di cui erano fatti era simile a quello usato per i filtri delle maschere e, grazie alla presenza del telaio interno, più strati di tessuto erano sovrapposti per comporre la struttura. Così facendo, era possibile sia proteggere i cadetti dalla brezza marina di Siyah, sia permettergli di respirare aria pulita.

L'intera Accademia sembrava quasi abbracciare quei tendoni con fare protettivo, ma nessuno di loro aveva immaginato che quell'enorme accampamento fosse di fatto il dormitorio degli studenti.

"A voi del primo anno spetta quello più a sinistra."

"M-ma non ci sono stanze s-separate...?"

Fralena squadrò la ragazzina con aria minacciosa prima di rispondere. "Pensi che al fronte avrete tempo di vergognarvi a farvi vedere mezze nude dai compagni?"

La poveretta si zittì, imbarazzatissima, mentre la maggior parte dei ragazzi attorno a lei ridacchiava lanciandosi qualche gomitata allegra. Vennero subito richiamati all'ordine dallo sguardo gelido di Fralena, che li fissò a uno a uno finché non smisero di fiatare.

"Vale anche per voi che fate tanto i leoni, sapete? Vivere in un accampamento del genere vi permetterà di diventare un gruppo unito, una famiglia. È a questo che serve. Non per guardare il culo alle ragazze." Uno scappellotto invisibile colpì la nuca di tutti i giovani che avevano esultato all'idea, suscitando le risatine sommesse degli altri. "Adesso sbrigatevi e andate a prendervi un letto, reclute!"

Vanessa sospirò divertita e incrociò le braccia, scuotendo appena la testa mentre i suoi nuovi compagni si muovevano verso l'ingresso del loro tendone. In quell'istante, si accorse che il ragazzo accanto a lei aveva fatto esattamente la stessa cosa, i loro sbuffi un coro sincronizzato. Si lanciarono un'occhiata di sbieco, stupiti, e la bionda si accorse del suo stupore nel vederla senza maschera.

"T-tu sei... la figlia del governatore Rayon?"

"Uh..." rispose lei, aggrottando le sopracciglia per la sorpresa. Pensava che sarebbe stata la sua razza a fare scalpore, non il suo cognome. "Come fai a saperlo?"

Non che fosse un segreto, ma non immaginava che sarebbe stata subito riconosciuta dal suo aspetto. Molto di rado frequentava la città e, quando succedeva, lo faceva sempre con una maschera addosso, metodo molto conveniente per nascondere la sua identità ai paparazzi.

Il ragazzo scrollò le spalle quasi con allegria a quella domanda. Anche se non poteva vedere la sua espressione a causa della protezione che gli copriva la faccia, Vanessa immaginò stesse sorridendo.

"Oh, vengo da Hileim. È impossibile non sapere chi sei, lì! Tu e tuo fratello siete sulla bocca di tutti, in città," ammise lui.

La bionda si chiese come fosse possibile: non avevano partecipato a molti eventi pubblici e ancor meno nell'ultimo periodo, a parte quella cosa ridicola a Demir per il fidanzamento ufficiale di Virgil.

"Dai, sul serio non lo sai?" insistette lui. "Siete la 'Forza della Natura' e il 'Maledetto di Helias'!"

Quei nomi le suonavano nuovi. Da quando la gente li chiamava così? Era forse a causa dei loro poteri, o per qualche altro motivo? Frenò l'impulso di mettere mano al cellulare per scandagliare WireNet alla ricerca di informazioni a riguardo. Non aveva mai pensato che un giorno avrebbe dovuto cercare se stessa in rete.

"Wow, che soprannome di merda mi hanno dato," si lasciò scappare, senza preoccuparsi di moderare il linguaggio. "Insomma, 'Maledetto di Helias' suona cento volte più figo..."

Il ragazzo sghignazzò. Nonostante fosse invadente non sembrava cattivo e la sua risata era persino contagiosa, tanto che le strappò un sorrisetto.

"Beh, non hai torto! In effetti, tuo fratello ha parecchie fan in giro per la città. Persino alle mie sorelle piace..."

Vanessa alzò gli occhi al cielo e si incamminò verso il tendone. Ci mancava solo quello: parlare di Virgil durante il suo primo giorno in Accademia. Come mai era sempre lui il favorito? E come mai la cosa non la stupiva affatto?

"È vero che sei stata addestrata dal governatore Wakani in persona?" continuò il ragazzo, seguendola di corsa verso l'ingresso del dormitorio. Per evitare che troppo inquinamento entrasse all'interno bisognava accedere pochi alla volta, passando attraverso una sorta di anticamera che sembrava staccata del resto della struttura, come se fosse stata aggiunta dopo. Una volta dentro, l'aria veniva ventilata e filtrata dai veleni il più possibile grazie a dei rumorosi macchinari piazzati in bella vista in un angolo. Solo dopo questo passaggio era possibile accedere al dormitorio vero e proprio, permettendo così agli studenti di respirare senza maschere pur rimanendo protetti dagli effetti della Sindrome.

"Chi, capelli d'argento? Non l'ho mai visto prima..."

L'helisiano continuò a tallonare Vanessa senza grosse difficoltà. "No, l'altro governatore," rispose, "quello normale."

A quella battuta ridacchiarono insieme. Reniji era stato il suo insegnante per così tanto che si era dimenticata del suo status: come sarebbe toccato in futuro anche lei, aveva ereditato la posizione dai genitori e gestiva Siyah assieme al fratello maggiore.

Essendosi attardati a chiacchierare, i due si erano persi la lotta per accaparrarsi i posti migliori nel dormitorio, cosa che li costrinse a proseguire quasi fino in fondo per raggiungere gli ultimi letti a castello vuoti.

"Sì, mi ha addestrata Ren— cioè, il governatore Wakani," si corresse subito lei. "Ho persino dovuto affrontarlo come esame d'ingresso..."

"Che!?" esclamò lui, posando il suo borsone sul letto di sopra mentre lei faceva lo stesso con quello di sotto. "L'hai battuto!?"

"Beh, battuto è una parola grossa... diciamo che ho passato il test," ammise lei, quasi arrossendo a quel ricordo. Conservava nel cuore quella piccola vittoria come un tesoro, nonostante sospettasse che Reniji fosse stato troppo morbido.

"Per me è comunque pazzesco," continuò il biondo con entusiasmo. "Sei così forte? Cavolo, che invidia."

"Pensavo lo sapessi già, non hai detto che sono famosa a Hileim?" gli rispose lei con un sorrisetto furbo, scatenando di nuovo la sua risata.

"Beh, sapevo che sei una Fortificata... ma non pensavo fossi così in gamba da spuntarla contro di lui. Dicono che chi lo ha fronteggiato all'esame d'ingresso ha sempre fallito, per questo ha smesso di partecipare alle ammissioni..."

Vanessa fece spallucce. "Se ti consola, da quando è diventato il mio insegnante ho vinto solo quella volta," disse, buttandosi finalmente sul letto con le braccia dietro alla nuca. "E ho ancora il dubbio che l'abbia fatto apposta."

Il ragazzo non rispose, immerso nei suoi pensieri. Non era salito sul letto, intento piuttosto a guardarsi intorno per familiarizzare con la sua nuova 'casa'. Dopo qualche attimo sospirò: le sue mani agili slacciarono la cinghia della maschera che indossava, sollevandola sul capo per scoprirgli il volto e rivelando un paio di grandi occhi nocciola. Non erano parenti, eppure i due avevano parecchie somiglianze: alti, biondi, secchi e allampanati, incarnavano con pochi semplici tratti le caratteristiche tipiche degli helisiani.

Si appoggiò con un braccio allo stipite del letto superiore, affacciandosi così a quello di Vanessa per porgerle la mano con un largo sorriso. "Beh, piacere di conoscerti, 'Forza della Natura'," le disse, prendendola in giro di proposito. "Io sono Liam Iques."

Lei sbuffò divertita, sporgendosi con un colpo di addominali per ricambiare la stretta. "Chiamami ancora una volta così e ti spacco la faccia, Liam."

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