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19. compromesso

HILEIM, HELIAS – 25 NOVEMBRE 4573 DEL CALENDARIO TERRESTRE


"Perché no!?" urlò Vanessa, scattando in piedi e battendo entrambe le mani sulla bella scrivania del padre. Quella scricchiolò in modo preoccupante ma non si ruppe e la cosa non sfuggì né a Reniji né a Christopher: un tempo avrebbe finito con lo spezzarla in due senza volerlo ma ora, dopo anni di addestramento che finalmente stavano dando i loro frutti, Vanessa era riuscita a contenere la sua forza esplosiva. Il militare non era riuscito a placare lo spirito irascibile della Rayon, però l'aveva resa più attenta alle sue capacità.

La bionda lanciò uno sguardo supplichevole al suo insegnante, seduto tranquillo sulla sedia accanto alla sua. "Digli qualcosa anche tu, Ren!"

Reniji sospirò: non gli piaceva affatto essere stato coinvolto in quel battibecco. L'argomento era ovviamente l'iscrizione di Vanessa all'Accademia di Siyah, desiderio che lei covava da diverso tempo e che gli aveva chiesto di aiutarla a rendere realtà. Come sospettava, però, l'impresa non era affatto facile.

"Chris, condivido le tue preoccupazioni," iniziò l'uomo dalla pelle color caffè sostenendo lo sguardo del governatore di Helias, cremisi e alieno come quello della figlia. "Ma se è davvero quello che desidera—"

"Non ha nemmeno idea di cos'è che desidera," lo interruppe Christopher con la voce che sembrava un rombo di tuono. "Andare in guerra, Vanessa!? Sai almeno cosa vuol dire!?"

"Piantala di trattarmi come una bambina, papà," sbottò lei incrociando le braccia al petto. Sembrava aver assunto quella posa per tenere il broncio, ma la verità era che così facendo si sarebbe trattenuta dallo spaccare qualcosa. "Secondo te dovrei aspettare che arrivi il mio turno di sposare un qualche belloccio influente, o mettermi a giocare all'allegra politica come Virgil? Hah, no, grazie."

Vanessa non amava la vita che le era toccata e non lo aveva mai nascosto, lamentando il suo fastidio a ogni occasione. I genitori sapevano che non era tagliata per fare la governatrice, motivo per cui avevano concentrato le loro speranze su Virgil. Purtroppo, i loro piani per il futuro del paese erano andati in fumo nel momento in cui avevano dovuto accettare il suo assurdo matrimonio con la primogenita Vogelweyde.

Christopher, persino più di Jocelyn, aveva paura. Il vero motivo per cui si ostinava a tal punto a opporsi all'idea di Vanessa era che temeva di perderla, fatta a pezzi da qualche robot spaventoso o uccisa dai proiettili nemici. Sapeva quanto fosse forte e riconosceva i suoi traguardi: grazie al Wakani, Vanessa era più disciplinata, più muscolosa, più letale. Eppure, lui proprio non sopportava il pensiero di metterla in pericolo.

Aveva già accettato di perdere un figlio; non avrebbe concesso tanto facilmente all'altra di allontanarsi da lui.

"Nemmeno io sono d'accordo," disse Jocelyn con espressione dura. Se ne stava in piedi alle spalle del marito, forse addirittura più irritata di lui: camminava avanti e indietro con le mani sui fianchi, incapace di rimanere ferma ad ascoltare l'assurdità della proposta della ragazza. "Non è un gioco, Vanessa. I soldati sul campo rischiano la vita e tu non sei una persona qualunque."

"Lo so benissimo," ruggì l'adolescente, "motivo per cui voglio andarci. Con le mie abilità potrei—"

"D'accordo, d'accordo, calmiamoci tutti quanti un attimo."

Reniji cercò di placare gli animi dei Rayon intervenendo come paciere. Si alzò in piedi con un movimento fluido, indicando alla Pirocineta la sedia e invitandola a sedersi al suo posto.

"L'Accademia è una scuola per ufficiali. Il che significa che, se completerà gli studi, Vanessa non sarà un semplice soldato di prima linea. È molto più sicuro così, se ci pensate."

"Una ufficiale? Mia figlia? Hah!" sbottò Christopher, divertito all'idea di vederla comandare delle truppe in un futuro non troppo lontano. "Col carattere che ha è già tanto se non la prenderanno di mira il primo giorno. Non è fatta per l'esercito."

"Senti chi parla," mormorò Jocelyn, "quella testa dura l'ha presa da te, cosa credi."

Il governatore ignorò il commento della moglie facendole un cenno con la mano e Reniji sospettò che i due battibeccassero spesso circa l'indole dei propri figli. Effettivamente i gemelli Rayon erano due bei grattacapi, ognuno a modo suo: Vanessa era la selvaggia indomabile mentre Virgil, all'apparenza tranquillo, era calcolatore e stratega. Rispecchiavano alla perfezione i caratteri dei genitori, ma il siyahno si guardò bene dal farlo notare.

"Questo lo pensi tu," replicò Vanessa incatenando il padre in una gara di sguardi assassini. "Non mi conosci affatto, cosa ne sai di come mi comporterei in Accademia?"

"Mi spieghi perché ti sei fissata su questa cosa?" domandò Jocelyn girandosi verso di lei e cercando di addolcirla con parole e modi più morbidi. "Non ci hai mai parlato di questo tuo desiderio e ora..."

La giovane rimase in silenzio, concentrata sulla punta delle proprie scarpe mentre cercava le parole, o forse il coraggio, di rispondere a quella domanda. Reniji la squadrò attentamente, leggendo i suoi pensieri grazie al mutare delle sue espressioni. Vanessa per lui era come un libro aperto e si sorprese a provare una piccola stretta al cuore al pensiero di mandarla in Accademia. I loro addestramenti giornalieri sarebbero cessati lì e anche lui, scappato dai suoi doveri, sarebbe dovuto tornare a occuparsi di Siyah assieme al fratello. Quella vita gli sarebbe mancata e, soprattutto, non era certo di riuscire a sopportare l'idea che la Rayon diventasse una militare.

"Mamma, io voglio... trovare il mio percorso. Virgil ha sempre saputo qual era il suo, ma io no. Perché non volete nemmeno farmi provare?"

Vanessa si era allenata per anni. All'inizio si era trattato di un modo divertente di conoscere se stessa e i propri poteri senza rischiare troppo, ma poi aveva cominciato a diventare la sua passione. Amava allenarsi con Reniji anche se perdeva sempre, amava sfidare il proprio corpo a superare i suoi limiti e amava persino la sensazione di completo sfinimento che la faceva crollare sul letto tutte le sere, sudata e dolorante.

Aveva sempre saputo di non essere come il gemello e, sebbene il pensiero di essergli inferiore la tormentasse, al contempo non desiderava somigliargli. Virgil era perfetto in tutto ciò che faceva, ma combattere era una cosa solo sua e non intendeva cederla a nessuno.

La giovane strinse le mani a pugno, realizzando che forse si stava comportando da incosciente a insistere così tanto sulla questione. In fondo, era vero che non conosceva l'oscurità della guerra e, d'altronde, come poteva? Lei viveva a Hileim prigioniera dell'eccessiva apprensione dei genitori, non aveva mai visto i campi di battaglia a cui tanto aspirava.

Se c'era una cosa di cui Vanessa era certa, però, era proprio la sua ignoranza e questo la faceva imbestialire. Voleva rimediare, rendersi utile e soprattutto fuggire dal proprio destino legato alla regalità del suo cognome. Ma quest'ultima cosa non aveva alcuna intenzione di rivelarla ai genitori.

"A questo proposito, vorrei ricordarvi che non è automatico superare l'addestramento. Solo i migliori riescono a diplomarsi," annunciò Reniji guardando Christopher. Il siyahno era l'unico in piedi, dietro alle due donne a braccia conserte come se ne fosse la guardia del corpo. Anche se viveva a Hileim da anni, Reniji non aveva affatto dimenticato la vita militare che aveva condotto fino a quel momento, come si poteva notare dalla sua postura controllata e dall'abbigliamento spartano ma efficace. "Quindi, chissà, potrebbe anche non farcela e rinunciare," concluse, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Vanessa.

"Non mi interessa," replicò Christopher lanciando una singola occhiata verso di lui prima di tornare sulla figlia, inamovibile. "Il discorso è chiuso, non andrai in Accademia."

Il volto della bionda divenne di marmo, rigido e vuoto per un istante prima di trasformarsi in una maschera di rabbia. "Sei un—"

Il soldato percepì il pericolo pur senza vedere la sua espressione. Posò una mano su una spalla della sua allieva, bloccando sul nascere qualsiasi azione violenta le stesse venendo in mente di fare e interrompendola. Il contatto funzionò: la tensione di lei diminuì gradualmente e il suo respiro tornò regolare, nonostante avesse ancora le mani serrate.

"Aspettami in palestra," le bisbigliò all'orecchio chinandosi verso di lei e solleticandole la guancia con i capelli scuri. "E cerca di non spaccare nulla. Arrivo subito."

La giovane si alzò con stizza e trattenne le urla contrariate che minacciavano di sfuggirle. Uscì rapidamente dallo studio a passi pesanti, senza degnare i genitori di uno sguardo. Reniji la sentì accelerare per le scale, immaginandola di corsa pur di raggiungere il seminterrato dove erano soliti allenarsi.

Sebbene fosse d'accordo con la decisione del marito, Jocelyn si sentì in colpa. La reazione di Vanessa era stata forte di fronte a quel categorico rifiuto, segno di quanto tenesse all'iscrizione in Accademia. La ragazza era stata onesta e gli aveva rivelato cosa provasse, ma loro avevano deciso di ignorarla comunque.

Forse avevano sbagliato.

"Chris, tesoro..." iniziò la donna allungandosi verso il marito. Lui aveva affondato il viso tra le mani con un sospiro esausto e ora si massaggiava le tempie, sul viso un'espressione preoccupata che cozzava con quella inflessibile e dura di un momento prima. "Non possiamo tenerla qui per sempre."

"Lo so, ma... hai visto com'è? È testarda, irascibile e..."

"Ed è migliorata," concluse Reniji al posto suo e sedendosi sulla sedia lasciata libera da Vanessa. "Due anni fa non avrebbe avuto una reazione così controllata, Chris... anzi, ti avrebbe tirato un pugno."

Il governatore emise un altro sospiro stanco a quel pensiero e annuì, consapevole del pericolo che aveva corso.

"Anche io sono spaventata," intervenne Jocelyn prendendo una mano del marito e costringendolo a guardarla negli occhi. "Se provo a immaginarmela sul campo di battaglia, io... oh, mi si stringe il cuore dalla paura," concluse in un soffio. Christopher ricambiò la stretta della moglie ma, prima che potesse aprire bocca, lei riprese: "Però Reniji ha ragione, non è nostra prigioniera. Dovremmo... dovremmo darle un'opportunità."

"Per la cronaca, neanche a me piace l'idea che Vanessa diventi una militare," disse il siyahno con una nota di preoccupazione nella voce. Si era affezionato più del previsto alla sua allieva e ora si ritrovava a sperare per lei un futuro diverso dal proprio, un futuro che non comprendeva sudore, sangue e polvere da sparo. Si sentì colpevole: la ragazza l'aveva preso a esempio più di quanto volesse ammettere e, forse, il suo desiderio di combattere nasceva anche dall'ammirazione che provava per lui. "Ma l'Accademia è pensata per formare gli ufficiali migliori di Celios. Se siamo riusciti a tener testa alle macchine assassine di Melnyk fino a ora è stato solo grazie alla nostra abilità bellica, non certo per la tecnologia superiore."

"Sii onesto. Quante probabilità ha di morire sul campo?" domandò l'helisiano a bruciapelo. Reniji si ritrovò a pensare che quegli occhi innaturali, gli stessi dei suoi figli, erano affascinanti tanto quanto spaventosi.

A quella domanda, il siyahno valutò attentamente le capacità della sua allieva. Vanessa era coriacea ed esplosiva e, sebbene l'avesse allenata per anni, sapeva essere impulsiva quanto determinata. Non ce la vedeva a seguire degli ordini senza mai lamentarsi, ma allo stesso tempo non ce la vedeva nemmeno a impartirli. La Rayon era uno spirito libero e questo l'avrebbe messa senza dubbio sempre in pericolo di fronte alla spietata organizzazione artificiale dell'esercito zekiano.

"Parecchie," ammise infine Reniji grattandosi la nuca e sforzandosi di ignorare l'espressione triste di Jocelyn a quella rivelazione. "Ma se le impedirete di andare in Accademia finirà per arruolarsi tra i volontari e sarà peggio. In un istituto almeno verrà istruita e addestrata alle battaglie che l'aspettano."

Christopher serrò gli occhi e si chiuse nel silenzio. Il siyahno aveva ragione: conoscendo sua figlia, continuare a bloccarla a Hileim avrebbe solo contribuito a farla finire in guai peggiori. Doveva cedere, almeno stavolta, per assicurarsi la sua sicurezza in futuro. A quel pensiero, il biondo realizzò che dalla sua aveva un'arma a cui non aveva ancora pensato. Si illuminò, guardando speranzoso Reniji: l'aveva dimenticato, ma il moro era il secondo governatore di Siyah e un generale di alto rango.

"Accetterò solamente a una condizione." 

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