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Un litigio ricorrente (I-2)

Gli incontri si svolgevano normalmente alle cinque del pomeriggio, quando Oskar se ne andava per il suo solito giro nella città confinante; quel giorno si sarebbe svolto a casa di Sophia, la sarta, nonché loro cugina di secondo grado: una donna grassoccia, sulla trentina, dal carattere particolarmente allegro. Lei e Marika erano molto amiche. Si vedevano spesso a prendere un caffè, scambiandosi libri da leggere e spettegolando su ogni cosa. Ma quello non era un incontro per fare due chiacchiere felici. C'era un problema da risolvere e tutti dovevano essere d'accordo.

Sergey raccomandò ai fratelli di scendere al pianterreno, portandosi una pila. Piano piano, facendo silenzio, scesero in ordine Boban, Marika, Moreno e il piccolo Kiki.

«Dove sono Chris e Selena?»

«Lo sai che frequentano il conservatorio... escono tardi». Rispose Boban.

«Oh, giusto... che idiota, che sono». E si rimproverò del fatto di non essersi ricordato una cosa così facile.

I cinque si riunirono intorno al tappeto del soggiorno, sotto il quale si nascondeva una botola larga soltanto quanto una persona, che Sergey aprì con molta cautela, scoprendo così una vecchia scalinata che conduceva da qualche parte nel sottosuolo. Tempo addietro quel luogo veniva visitato nelle emergenze e ora dei cunicoli sotterranei congiungevano tutte le abitazioni del quartiere sud-est. Oskar non ne sapeva niente, per fortuna. Uno alla volta, i fratelli scesero nel vecchio, stretto condotto. Boban, che era l'ultimo, chiuse la botola, mentre Sergey, in testa, accese la pila, avvertendo gli altri di fare attenzione a non scivolare.

«Certo, Ser, questo postaccio ha bisogno di una sistemata». Brontolò Moreno ritrovandosi un piede sprofondato nel fango.

«Non è la cosa più importante, adesso».

«Va bene, va bene».

«Girate a sinistra!» Gridò Sergey, illuminando un cartello che riportava le indicazioni.

«Lo sappiamo, lo sappiamo!»

Pian pianino arrivarono a un'altra scalinata, che percorsero fino ad arrivare a bussare a un'altra botola. «Eccoli» sentirono dire da fuori. Sophia aprì. Aspettò che uscissero tutti, poi richiuse prontamente.

«Siete in ritardo, oggi, Ser! Siamo già tutti qua!» Ridacchiò la voce pungente di Sheridan, un ometto di quarantadue anni magro magro, che portava dei capelli brunastri rasati da entrambi i lati, lasciando così un ciuffo, in cima, né troppo corto né troppo lungo, che gli ricopriva parte della fronte; e una barbetta disordinata, e un paio d'occhi color ambra sporca, sotto i quali erano ben visibili due profonde occhiaie scure. Quel tipo non era mai andato a genio a Sergey, e ogni volta i due si trovavano a discutere per delle futilità.

«Avrò avuto i miei impegni: cose che non ti riguardano!»

«Allora smettila di insultarmi quando arrivo io in ritardo! Ho anche io i miei impegni!»

«Ma quali impegni? Non fai nulla dalla mattina alla sera! Non hai una famiglia grande come la mia, da mantenere!»

«Perché io non ho una madre puttana!»

«Dillo ancora una volta e ti pesto di santa ragione!»

«Voi due! Ora basta!» Intervenne Sophia.

Sergey, d'istinto, cercò un posto lontano da Sheridan, ma trovando tutto lo spazio occupato, fu costretto a sedersi accanto a lui.

Non era una novità che Sergey e Sheridan si mettessero a litigare, e quella volta era pure andata a meraviglia, dato che non erano passati alle mani. Tra i due c'era un profondo astio, fomentato da loro stessi, che non facevano altro che punzecchiarsi a vicenda.

«Kiki, siediti qui». Disse Sergey dandosi delle pacche sulle cosce. Kiki, senza dire nulla, obbedì.

Sheridan avvicinò il suo viso a quello del piccolo, che lo guardava intimorito, ma curioso.

«Devo dirti una cosa».

«Che cosa?»

Sheridan e Kiki si fissarono per minuti senza dire nulla. Poi Sheridan sorrise e disse sottovoce: «Sai che sono io, il tuo papà?»

«Io non ci credo». Sentenziò Sergey, che aveva sentito tutto. «Non è possibile, vero, Kiki? Io penso invece che tu sia figlio di Nikol... sai? Prima scompare misteriosamente e poi la mamma incontra a distanza di anni un tale misterioso. È Nikol, deve essere Nikol!»

«Piantala, con queste storie campate in aria!»

«Piantala tu, di prenderti gioco della mia famiglia!»

«Lo sai che sono suo padre, perciò andrà a vivere con me!»

«Ma sentilo! Neanche per idea!»

«Proviamo a chiederlo a lui!»

«Kiki, tu preferiresti stare con Sheridan...»

«...o con Sergey?»

Kiki restò basito, senza rispondere.

«In ogni caso, nostra madre mi raccomandò di restare uniti, per cui né Kiki né nessun altro se ne andranno di casa!»

«Ma è possibile che con voi due non si riesca a parlare di cose importanti!?» Esclamò Boban, risentito.

«Già! E poi dici a me, Ser!» Concordò Moreno.

«E se io stessi con Sophia, per non sorbirmi tutti i tuoi brontolii?» Propose Marika.

«Ovvio che non starai con Sophia! Vi ripeto che dobbiamo essere insieme! Insieme, ho detto!»

«La mamma voleva la nostra felicità! Non di certo la costrizione a vivere nella stessa casa!»

«Mi ha detto di proteggervi! E per proteggervi ho bisogno che mi stiate vicino!»

«Basta, basta, basta!» Intervenne Raoule, proprietaria di un negozietto di frutta e verdura: «mi state facendo scoppiare! Parliamo di quel dannato di Oskar, è a causa sua che siamo qua!»

Sophia inspirò ed espirò profondamente, chiudendo gli occhi come per liberarsi da un peso, e venne seguita a catena da tutti gli altri.

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