Prima di dormire (V-4)
«Sergey,» lo chiamò Rosalia: «seguimi».
«Mi raccomando, voialtri, state attenti al piccolino,» disse lui: «vado e torno».
Rosalia lo prese per mano, portandolo dietro a un grosso cedro poco distante, che se ne stava a guardare la festa come un dio severo, ma felice. La luce della luna si rifletteva milioni di volte sui suoi piccoli aghi e sulle venature della corteccia, per poi in qualche modo ricadere sui tremanti occhi di Sergey e Rosalia. Sergey allungò una mano per accarezzare i biondi capelli della giovane, morbidi come la seta. Lei, di tutta risposta, gli tolse l'elastico di scatto, sciogliendogli il piccolo codino.
Ma la luce della luna, in contrasto con i rami bui, faceva male agli occhi, così furono costretti a chiuderli, approfittando dell'occasione per lasciar perdere la vista e amarsi con gli altri quattro sensi. Si buttarono a terra sull'erba fredda.
Ed ecco che raggiunsero di nuovo gli altri sei. Stavolta, Kiki non se n'era andato.
Sergey aveva tirato fuori l'ennesima sigaretta e se la stava gustando con una tremenda calma. Si sedette accanto a Boban, su una panchina.
«Ne daresti una anche a me, Ser?»
«Ma certo, tieni qua». E anziché porgergliela, gliela schiaffò in faccia.
«Grazie».
«Di nulla. Ma perché non le compri da solo, una buona volta?»
Boban tacque. Sergey se la rise, allungando un braccio sulle spalle del fratello e abbracciandolo come un orsacchiotto.
A un tratto si sentirono il fischio e il botto di un fuoco d'artificio.
«Che bello, che bello!» Esclamava il piccolo Kiki.
Sui tavoli non era rimasto più niente da mangiare, sul palco, i gruppetti avevano finito di esibirsi e si ringraziavano gli invitati per la partecipazione. Il cielo era rischiarato a giorno dai fuochi, che si facevano sempre più grandi, più colorati e più belli.
Ma tutte le cose devono finire, prima o poi, e i sette fratelli Hugos tornarono a casa, così come gli altri invitati.
«Che bella serata! E tu che non volevi andarci, Ser!» Esclamò Christen.
«Pensavo che riguardasse soltanto il nostro quartieraccio... per questo non vi ho detto niente a riguardo».
«Ma alla fine ti sei divertito!»
«Certo. E anche voi».
Risero. Erano stanchi, ma felici.
Era ora di andare a letto. Dopo una doccia calda, Sergey augurò a tutti una buonanotte. E gli risposero in coro: «Buonanotte!», «Buonanotte!». In cameretta, il piccolo Kiki lo aspettava da sveglio perché gli raccontasse una fiaba.
«Te l'ho raccontata quella di cappuccetto rosso?»
«Un milione di volte».
«Poco importa... te la racconto di nuovo».
Sergey si sedette, con un librone in mano, sul letto basso, accanto al fratellino. Spense il lampadario e accese la lucetta sul comò.
Aprì il libro alla pagina interessata e iniziò a raccontare come solo lui sapeva fare.
«E vissero tutti felici e contenti... fine».
Ripose il libro.
Kiki sorrise. Era molto stanco. Si alzò, per salire sul letto alto e dormire lassù.
«Aspetta!» Lo fermò Sergey.
«Che c'è?»
«Perché non dormiamo accanto?»
Kiki annuì incerto e tornò vicino al fratello, che stava scansando le coperte e lo invitava a coricarsi prima di lui, in modo che si ritrovasse tra il fratello e la parete della stanza. Sergey, una volta anche lui nel letto, spense la lucetta. Erano al buio.
Sergey allungò un braccio per abbracciare il fratellino, che gli voltava le spalle. Pensava che forse, dormendo insieme, l'incubo che lo assillava ogni notte potesse attenuarsi. Forse non si sarebbe sentito solo.
«Kiki, girati... »
Il piccolo Kiki si rotolò tra le lenzuola. Sergey poté dargli un bacetto sulle guance, avvicinandosi a lui il più possibile.
«Non sai quanto tu sia importante per me».
«Quanto?»
«Più di quanto immagini. Non te ne andare, ti prego». Strinse la presa con le braccia, mentre con una gamba gli bloccò qualsiasi movimento. «Mio... sei mio...»
Kiki non capiva.
Si addormentarono.
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