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La luce blu (XV-3)

Il tempo non torna indietro. L'immagine del vetro a terra era rimasta impressa nella mente di Sergey. Ciò che restava del bicchiere finì gettato via nella spazzatura. Le cose erano state cambiate ed era impossibile cancellare le ultime ore trascorse, per riparare il guasto, come se non fosse mai avvenuto. Ciascun oggetto rotto è una piccola ferita al cuore delle persone. Un segno, un divisorio tra il passato e il presente. Un capitolo che si chiude amaramente, ma che fa riflettere. I libri, secondo Sergey, erano preziosi. Permettevano di sigillare ogni momento, potendo riviverne le emozioni più e più volte. In ogni volume che aveva letto, era sempre tornato sui suoi passi, per riassaporare i passaggi più piacevoli e simpatici, nei cui personaggi era solito immedesimarsi. La stessa cosa accadeva con le pellicole. La casa dei sette fratelli era piena di videocassette in bianco e nero, nelle quali erano registrati diversi film comici. Non si guardavano spesso, ma quando capitava, veniva coinvolta tutta la famiglia. E, ogni tanto, ripescarne una vecchia, lasciava un che di nostalgia. Come se ci si rendesse conto che, al contrario di un film, si era costretti a morire, come quel bicchiere.

Ma il mondo era fatto così, e un motivo ci doveva pur essere.

Dopo aver mangiato la torta, tutti gli invitati erano tornati alle rispettive dimore, eccetto Rosalia, che si era trattenuta un po' più a lungo. A Kiki fu concesso di coricarsi sul letto alto, da solo. Anche quell'intensa giornata era trascorsa molto in fretta.

Sergey non riusciva a dormire. Dalle fessure delle persiane filtrava una luce bluastra, che lo disturbava. Quella luce si andava a riflettere sul metallo della rivoltella, appoggiata sul comodino. Sergey l'afferrò, rigirandola tra le mani come se fosse un oggetto nuovo, appena acquistato. L'arma gli aveva cambiato due volte la vita. Prima, con il suicidio della madre, poi con l'assassinio del figlio di Alister. «Dovrei farmene una colpa?» Pensava: «in parte. Se non avessi scatenato il finimondo, adesso non sarei qui a ragionare, e probabilmente sarei ancora preso in una discussione col vicinato». Pensò a Sheridan, istintivamente. Era un sacco che non si faceva più vedere, quel villano. Se ne stava nell'ombra, a giocare con le ombre, divenendo lui stesso un'ombra. Poteva esserci dietro qualsiasi cosa, ma a Sergey piaceva pensare che fosse soltanto la sua scontrosità a farlo agire in tal modo.

Tornò a pensare alla rivoltella che teneva in mano, sospirando. Non l'avrebbe più voluta usare. Aprì il cassetto del comodino e la mise a posto. Non avrebbe più dato dimostrazione di appoggiare il mercato delle armi, a causa del quale, a Fortuna, era iniziata ogni sorta di problemi. Il passato doveva restare sconosciuto, inducendo la gente a vivere nell'odio, nella paura e nell'eterna vendetta. Erano pochi, ad aver avuto la saggia idea di chiudersi in un mondo interiore pacifico, senza inguaiarsi il vicinato o le autorità. Ed erano altrettanto pochi, quelli che avevano capito da che parte girasse il mondo, come Gregoris. Gregoris era un amico profondamente stimato da Sergey. E, guarda caso, adesso si ritrovava con le mani legate. Lo stavano facendo poco a poco passare come un tipo dalle idee perverse, allo scopo di infangare il nome di una casata ormai non più nobile.

Le elezioni di due mesi prima non avevano ancora avuto nessun esito, lasciando che il popolo di Fortuna vivesse in un'anarchia temporanea. Ma le campagne si facevano sempre più aspre, più dure. MacKerry cercava di incastrare Radomir in giri loschissimi, e viceversa. Radomir? Era un amico di vecchia data, ma Sergey non era d'accordo con le sue politiche, così come con quelle del rivale.

Anche perché MacKerry, stando a quanto ne sapeva la gente, era il proprietario del mercato di armi.

E, sia che si fosse stati dalla sua parte, sia che si fosse decisi a scatenare risse violente contro il medesimo, questi avrebbe tratto profitto da entrambe le situazioni, gongolandosi della stupidità dei cittadini, illusi e abbagliati dalla paura che li aveva scossi durante gli ultimi disastri.

E se fosse stato tutto un piano? Un macabro piano per la riconquista della fiducia da parte dei fortuniani?

Era ancora da confermare.

Fuori scendevano fiocchi di neve, uno dopo l'altro, silenziosi come i pensieri di chi sa e non può dire.

Le domande di Sergey si intensificavano. E, accrescendo, gli percuotevano il cranio, come sassate, una dietro l'altra.

Sarebbe stato meglio dormire, e attendere.

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