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Il vecchio Rad (II-3)

Christen e Selena si erano già messi le nere uniformi dell'orchestra,

fecero colazione in quattro e quattr'otto, per poi montare di corsa in bicicletta. Partendo così presto, avrebbero avuto il tempo di scambiare due parole con i compagni prima delle lezioni, cosa che raramente capitava, data la vigliaccheria di Christen. E per lo stesso motivo, spesso Selena partiva senza di lui, lasciando che si accollasse tutti i rimproveri di Sergey e del professor Winkler.

I tre figli di Vinicio erano nati un anno dopo l'altro. Vale a dire che Christen aveva ventun anni, Selena venti e Moreno diciannove.

Boban, poi, ne aveva sedici, Marika tredici... e Kiki, il piccolo Kiki, ne aveva solo sette.

Anche gli altri erano pronti per uscire, adesso. Salirono tutti su un'automobile a sette posti piuttosto malandata e i piani di Sergey cominciarono a realizzarsi.

«Stamattina, dopo aver accompagnato Boban, Marika e Kiki a scuola, devo passare dagli Andersen per sistemare un guasto al generatore... dopodiché dovrò andare nello studio, dove Moreno mi darà il cambio... nel frattempo, se non arriverà troppa gente, scriverò una lettera a Radomir per spiegargli i discorsi di ieri».

Perfetto. Tutto andava a meraviglia, non c'era neanche troppa gente, come aveva sperato. Prese carta e penna e buttò giù qualche riga. Nella casa dell'amico, arroccata tra i ripidi saliscendi del quartiere nord-est, il telefono non prendeva e i due erano costretti a sentirsi per corrispondenza cartacea.

«Caro Radomir...» Incominciò.

«Come ben saprai, noi del quartiere sud-est ci incontriamo in segreto ogni settimana, a causa del mio patrigno, Oskar. Pensiamo che tu ci possa aiutare...» E proseguì, elencandogli i dettagli del piano e invitandolo a partecipare al raduno successivo. Il vecchio Rad era come un mentore per Sergey. Lo aveva conosciuto quando era bambino e l'aveva subito amato nei modi di fare. Radomir, il grande Radomir, conosceva Nikol e gli aveva sempre raccontato molte cose su di lui.

Non abitando nello stesso quartiere, però, non si vedevano molto spesso e Sergey, ogni giorno, marciva dalla voglia di incontrarlo ancora e ancora e ancora, che man mano cresceva.

Sospirava.

«Moreno tornerà per il turno pomeridiano, io andrò a spedire la lettera e recupererò gli altri all'uscita da scuola...»

Detto fatto, una volta che Moreno fece il suo ingresso nello studio, Sergey si precipitò prima alle poste per spedire la lettera, poi alle rispettive scuole dei fratellini.

L'unica cosa che doveva accadere, era che Oskar se ne andasse. Nient'altro.

Non doveva cambiare nient'altro.

...

«Carissimo Sergey,

Temo di dover rifiutare il tuo invito, per il momento. In questo periodo ho davvero un sacco di cose da fare e domani dovrò partire per concordare alcune questioni con la gente della città confinante. È un bel piano, senza dubbio, ma penso che non sia necessario. Le cose si sistemeranno da sole, a breve. Capirai presto.

Oh, giusto, per qualsiasi cosa puoi chiedere a mio padre. In questi giorni mi sostituirà e penso proprio che al raduno faccia capolino lui.

Con riconoscenza,

Radomir»

«Meglio di niente. Grazie, Rad». Sorrise Sergey.

«Chissà cosa voleva dire con quella frase, "le cose si sistemeranno da sole, a breve..." mi inquieta». Ammise Boban.

«Non temere... ho già capito dove vuole andare a parare e ha tutto il mio appoggio».

«Non sto capendo».

«Non voglio rovinarti la sorpresa, allora».

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