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Prologo [✓]

Le ombre avvolgevano Londra, ove, nel buio, mostri dalla candida pelle si nutrivano dello scarlatto nettare. Una donna dalla divina bellezza camminava tra le vie della città con schiena dritta e sguardo fiero, mentre gli alti tacchi neri ticchettavano ritmati sull'asfalto. Si lisciò l'abito accesso, le unghie laccate di uno smalto scuro, e osservò l'edificio che si ergeva davanti a lei, le piante arrampicanti che strozzavano prepotenti le sue vecchie pareti. Il Central Saint Martins era cambiato molto con il tempo; se anni orsono aveva la fama di prestigiosa scuola d'arte, ormai non fungeva che da magazzino. La donna si fermò per qualche istante, scorgendo silenziosi movimenti e guardandosi intorno scocciata, predatori dalla fame logorante in posizione d'attacco.

«Prendete, bestie»

Lanciò una sacca di sangue per terra e nell'immediato tre figure uscirono dal loro nascondiglio, contendendosi quel regalo inaspettato. Candide zanne fecero capolino dalle bocche assetate, rosse iridi si illuminarono d'ingordigia. Li superò con stizza, borbottando tra sé e sé, ed entrò nell'edificio, lasciandosi alle spalle quella scena pietosa.

«Lady Illary» l'accolse un Aes all'ingresso, inchinandosi.

«Anche a Londra allora esistono gentiluomini» si lamentò, spostandosi un ricciolo biondo dal viso.

«Mi scuso per i miei compagni, sono giorni che non si cibano perché puniti dal mio signore» non ricevendo risposta, continuò «Monseur Lavòn la sta aspettando al piano superiore»

Lady Illary arricciò le labbra, rimanendo in silenzio, e seguì l'Aes verso le scale. Sorpassò scaffali pieni di scatole di sacche ancora piene, cuori privati del proprio palpitare conservati in cubi di vetro che costeggiavano il corridoio. Si limitò a lanciare un'occhiata verso le scorte di cibo, soffocando la tentazione di giudicare l'altrui operato. Il piano superiore era tutto sommato ben allestito, i gusti dell'Aurum erano pressoché impeccabili, di una modernità andata perduta ma conservata nel tempo dalla loro razza. L'Aes l'accompagnò fino a una stanza forse più curata, dove un lampadario a sospensione penzolava dal soffitto alto e bianco. Una libreria color mogano occupava un'intera parete: pochi erano i libri che la riempivano. Le sembrò di scorgere tra i titoli qualche grande classico, ma passò oltre ancora una volta, fissando l'uomo impegnato a leggere una lettera, di cui riconobbe il timbro reale e la raffinata scrittura di Re Nicolaj. Si aspettava che l'Aurum fosse diverso, forse più giovane; era comunque di bell'aspetto, con una chioma brizzolata e un viso spigoloso, una barbetta ben curata che lo puntellava fino alle basette. Doveva essere morto intorno ai quarant'anni.

Come ad aver perpecito la sua presenza, Monseur Lavòn ripiegò la lettera e alzò lo sguardo. Gli occhi rossi si stesero in un formale sorriso, ma le labbra non fecero lo stesso.

«Lady Illary, spero abbiate trovato la mia Londra accogliente» proferì con gentilezza, alzandosi dalla poltrona. Le si avvicinò con fare elegante, prendendole prima la mano e depositando poi un soffice bacio sul dorso.

«Per ora non sembra tanto diversa da Parigi. Uggiosa e triste. Queste città non hanno più il fascino di un tempo»

«Non posso che trovarmi d'accordo»

La donna sospirò e si sedette compostamente sul divanetto di pelle nera, le bianche gambe accavallate e la postura impeccabile.

«Lo avete trovato?»

«Lo abbiamo avvistato»

Sospirò di nuovo, scocciata.

«Siete certi fosse lui?»

L'uomo annuì.

«Fiale di sangue spariscono da depositi secondari, se non è lui a rubarle, significa che qualcuno agisce per suo conto»

«Non potrebbe trattarsi di uno dei tuoi Aes? Dire che sono affamati sarebbe riduttivo»

Monseur Lavòn scosse la testa, la punta delle labbra incurvata verso l'alto.

«La punizione per il furto è la fame. Imparino a cacciare senza essere uccisi, non posso lavorare per tutti»

La risata cristallina di Rose risuonò nella stanza, una nota di crudeltà che rimbalzò tra le note alte e decise.

«Oh, caro Lavòn, girava voce che il Blood Bullet londinese fosse di scarsa potenza!»

«Sono in netta minoranza, ma non deboli. Non mi stupirò il giorno in cui si spingeranno sino al Saint Martins»

Lady Ilary sorrise, nascondendo il proprio disaccordo. Fu in quell'istante che un piano diabolico prese forma nella sua mente: se lei avesse gestito quella fazione gli umani non sarebbero mai arrivati ai magazzini. Li avrebbe uccisi prima, tutti, sterminati uno a uno e prosciugati come nulla. La loro vita d'altronde era inutile, altro non erano che una razza inferiore, aggrappata ancora al sogno di tornare ai lontani anni di libertà, luce e gloria. L'era dell'essere umano era però terminata, eclissata da una più buia e violenta: dopo secoli era giunto il momento che tutti capissero.

E che lo capisse soprattutto lui, la vera ragione per cui si trovava a Londra.

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