8 - Il passato si può cambiare
"...All'età di diciannove anni sposa il Conte di Devonshire, sir Alfred Elliot deMagnius, di trent'anni più grande di lei. Da lui ebbe un figlio, Gregory, che divenne un famoso scultore, ma che si tolse la vita a trentaquattro anni per motivi sconosciuti."
Patrick, ad alta voce, leggeva dal suo tablet ma alla notizia che il figlio di Annabelle si sarebbe suicidato rimase sconcertato, esattamente come lei, che lo fissò incredula.
"Come è possibile che non si sappia il motivo per il quale si suicidò?"
Lui strinse le labbra. "Forse questo aggeggio ha bisogno di qualcos'altro per fornire determinate informazioni più dettagliate."
Andrea fece una smorfia incredula. "Va avanti."
Patrick riprese a leggere: "Dopo la morte del figlio, Annabelle, ancora molto giovane, si chiuse in un convento finché non spirò all'età di settantasette anni per crepacuore... È davvero molto triste," sussurrò.
Andrea non ribatté, cercando di digerire quella notizia e pensava a come impedire che tutto questo non accadesse più.
"E di lui non sappiamo niente?"
Patrick digitò il nome del Conte DeMagnius.
"Dice che all'età di ventun anni si sposò per la prima volta con una certa Ivonne Rymes, che morì alcuni anni dopo in circostanze misteriose in seguito a una caduta fortuita dalle scale della loro villa alla periferia di Seattle." Si fermò nella lettura e alzò le sopracciglia. "Strana coincidenza. Questo tipo mi piace sempre meno."
"L'istinto della dolce Annabelle è molto sincero, lei lo odia."
"C'è scritto sul diario che hai letto?"
"Sì... ma lo sento, soprattutto."
"In che senso?" Patrick sembrò molto incuriosito da questa cosa.
"È difficile da spiegare." Andrea tentò di trovare le parole giuste per descrivere le sue sensazioni. "Da quando sono entrata nel corpo di Annabelle non ho ereditato soltanto i suoi ricordi, ma anche le sue emozioni e i suoi sentimenti. Fin dal primo istante ho sentito una sorta di disgusto nella persona del Conte di Devonshire, senza nemmeno averlo mai visto. Solo successivamente ho avuto la conferma che Annabelle lo odia leggendo il suo diario. È davvero qualcosa di misterioso, sconvolgente."
Patrick pensò che di conseguenza Andrea avesse ereditato anche una sorta di attrazione fisica verso il prestante Philippe Gavoir, ma pensò che fosse più prudente non esternare questi pensieri. Se Andrea stava riacquistando il suo carattere caustico e spigoloso non sarebbe stata contenta di una simile puntualizzazione da parte sua. Si chiese soltanto cosa sarebbe successo quando tutti i suoi ricordi si sarebbero messi nel loro giusto ordine e si fosse ricordata pienamente di quello che avevano vissuto insieme e del motivo della loro rottura. Era davvero combattuto. Andrea gli era mancata enormemente negli ultimi mesi. Nonostante il suo carattere forte e prepotente l'aveva amata profondamente, e sentiva ancora qualcosa per lei nonostante tutto. Ma da una parte, vederla con un carattere più mite e accomodante come lo era Annabelle Tavern, gli fece uno strano effetto rilassante. Avrebbe voluto che la vera Andrea possedesse almeno in parte il carattere della dolce Annabelle.
☣☣☣
La colazione quella mattina si stava svolgendo in un silenzio di tomba. Il couturier Philippe Gavoir era seduto nel grande tavolo di fronte ad Annabelle e, all'estremità più lontana, Frederick Tavern stava mangiando in solitudine. Tra un boccone e l'altro, il signor Tavern esordì con un'informazione che fece cadere Andrea in un profondo stato di angoscia.
"Il Conte di Devonshire ha accettato di venire ospitato qui a Heaventree, almeno non dovrà più fare su e giù dalla città ogni volta che deve venire a trovarti. Così potremo stabilire prima il giorno del matrimonio. Che ne dici?"
Andrea rimase di stucco. Si chiese per quale motivo le chiedesse il parere quando non avrebbe accettato una negazione da parte sua.
Perfino Philippe a quelle parole era rimasto inebetito con il cucchiaio a mezz'aria. Andrea sentiva i suoi occhi su di sé, come aspettando che affermasse il suo dissenso a quella proposta. Andrea lo guardò chiedendogli perdono con lo sguardo.
"Credo che abbiate avuto un'ottima idea, padre." Era conscia che anche il signor Tavern la stava fissando, in attesa di quelle esatte parole.
Compiaciuto, quest'ultimo si forbì la bocca con il tovagliolo e si alzò.
"Vedo che ricominci a ragionare, finalmente. Ora perdonatemi, ma gli affari reclamano la mia presenza," fece un gesto di commiato in direzione di Philippe. "Se volete scusarmi."
Ricevette un cenno di assenso dal suo ospite e si congedò.
Appena il signor Tavern si fu chiuso la porta alle spalle, il giovane imprenditore fece sentire il suo dissenso sbattendo il cucchiaio contro il piatto.
"Pensate che sia un'ottima idea? Davvero?!"
Il tono adirato della sua voce spinse Andrea a rivolgergli uno sguardo truce.
"Non dimenticate che voi siete sempre un ospite, signore, moderate il linguaggio. Non vorrei che la servitù si spaventasse."
Philippe sospirò spazientito. "Avete ragione, perdonatemi. Ma non posso sopportare che quell'individuo stia sotto il vostro stesso tetto fregiandosi del titolo di vostro fidanzato, mentre io devo rimanere nell'ombra e accontentarmi delle briciole che mi tirate."
Un sentimento di compassione investì il petto di Andrea, quell'uomo le stava a cuore in un modo che non sapeva spiegarsi.
"Non dovete temere alcunché, mio adorato, può darsi che la situazione volga a nostro favore." Bisbigliò.
Lui la guardò confuso. "Che cosa avete in mente?"
"Pazientate e la vostra curiosità sarà premiata," rispose con un sorrisetto subdolo.
In realtà Andrea non aveva nessun piano, ma l'arte della guerra prevedeva di conoscere bene il proprio nemico prima di avere la possibilità di poterlo battere. Doveva sapere i suoi punti deboli e quelli forti, in modo da sfruttare i primi e aggirare i secondi, e quale modo migliore se non poterlo studiare da vicino? Era sicura che avrebbe trovato un modo per ottenere quello che desiderava. Di colpo, per un breve momento, desiderò che suo padre non trovasse il modo di farla tornare a casa prima che quella storia non fosse conclusa e non avesse ottenuto l'annullamento di quel matrimonio.
☣☣☣
L'arrivo del Conte di Devonshire a Heaventree si fece sentire chiaro e forte. Vennero preparate per lui le stanze migliori disponibili nell'area sud del maniero, quelle più calde e soleggiate, nonché più confortevoli. Andrea era contenta soltanto del fatto che l'ala sud si trovasse abbastanza lontana dalle sue stanze, situate nell'ala est; non sapeva che tipo fosse questo Conte e non avrebbe mai desiderato ritrovarselo tra i piedi mentre usciva dalle sue stanze per fare colazione.
Dapprima arrivarono uno stuolo di servi che iniziarono a camminare su e giù attraverso le stanze riservate al Conte per prepararle al suo arrivo. Andrea li osservava dalla soglia curiosa e stupita. Questo Conte doveva essere assolutamente un borioso arrogante riccone con la punta sotto il naso. Non riuscì a darsi altre spiegazioni per tutto quel fermento.
Finalmente, il conte Alfred Elliot DeMagnius di Devonshire si palesò a Heaventree e Andrea fu colpita di come la descrizione di Annabelle fatta sul suo diario fosse molto precisa alla realtà. Il famoso Conte altri non era che un omuncolo calvo e rinsecchito. Era alquanto basso, forse più di lei, con un gran naso che sbucava in mezzo a due occhi tondi e sporgenti. L'espressione perennemente acquosa lo facevano sembrare costantemente malato, ma nonostante il suo misero aspetto, si comportava come il padrone di tutto ciò che vedeva e toccava. Appena mise i suoi occhi su Annabelle, infatti, il fuoco della cupidigia divampò nelle sue iridi, chiamandola a sé come se fosse già di sua esclusiva proprietà.
"Annabelle, mia cara, venite a salutare il vostro promesso sposo." Furono le sue prime parole appena mise piede a terra scendendo dalla sua carrozza.
Andrea, che era rimasta ad attenderlo davanti all'enorme entrata del maniero, era pietrificata. Un forte senso di disgusto la attraversò da capo a piedi e non riuscì a muovere un solo passo nella sua direzione.
Il padre di Annabelle, che era corso ad accogliere il suo ospite, subito si spazientì per la reticenza della figlia.
"Andiamo, figlia mia, le gambe ce le hai, niente ti impedisce di salutare il tuo promesso sposo come si deve."
Alle sue parole, Andrea tirò un grosso sospiro per farsi forza e si avvicinò con passo pesante. Era forte il desiderio di allontanarsi da quell'individuo, e il fatto che se non faceva qualcosa per cambiare le cose poteva diventare il marito di Annabelle, e forse il suo, le diede il voltastomaco.
Alfred le afferrò la mano e, con le sue labbra umidicce, le baciò le nocche, causandole un forte senso di nausea. Lo sguardo dell'uomo non la abbandonava un solo istante. Se fosse stata nel suo mondo, nella sua era, Andrea non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione per inchiodarlo come pedofilo della più bassa lega.
"Siete sempre più bella ogni giorno che passa, mia cara. Sono sicuro che vi farò estremamente felice una volta che sarete diventata mia moglie."
Andrea si sforzò per non manifestare una smorfia di disgusto sul suo viso, la consapevolezza di quello a cui il Conte si stava riferendo la fece stare male. Dovette fare un enorme sforzo per fingersi una ragazza innocente e ingenua circa le cose a cui il Conte si riferiva. Ma perché suo padre non fa una piega a questo palese riferimento? Si chiese stizzita guardando il padrone di Haventree di sottecchi. Non poteva credere che un padre che amava la figlia potesse lasciarla ad un uomo simile.
Negli occhi del Conte c'era una scintilla che Andrea non seppe decifrare, ma che le diede un cattivo presentimento.
"Sono molto stanco, oggi il viaggio fino a qui dalla città mi ha spossato. Gradirei ritirarmi nelle mie stanze per riposarmi in vista della cena."
Si rivolse al padrone di Heaventree senza più degnarla di uno sguardo. Era pure maleducato.
"Ma certo!" Il padre di Annabelle si animò. "Annabelle, accompagna il tuo futuro sposo alle stanze a lui destinate."
Andrea non seppe come rifiutare, ingoiando un groppo amaro fece un gesto gentile verso il loro ospite e si incamminò verso l'ala del maniero a lui destinata.
"Se volete seguirmi," bofonchiò voltandosi, senza nemmeno aspettarlo.
L'uomo faticò un poco a starle dietro, ma Andrea non se ne curò, camminava in modo spedito di proposito, come per evidenziare la differenza di età che c'era tra i due. Attraversando l'atrio del maniero incrociò per un attimo lo sguardo di Philippe, appoggiato a una delle colonne portanti, intento a fumare un sigaro e a osservare la scena con un forte senso di impotenza e di odio verso il nuovo arrivato. Andrea, cercando di non dare nell'occhio, gli lanciò uno sguardo addolorato. Per risposta, Philippe la fissò in silenzio, riempiendosi gli occhi della sua figura aggraziata e dei suoi modi femminili e armoniosi.
Li osservò imboccare le scale, finché il famoso Conte non si voltò a guardarlo negli occhi con uno sguardo carico di millantata superiorità. La mandibola del buon Philippe si tese in segno di nervosismo, ma seppe controllarsi e si voltò per tornare da dove era venuto, verso il porticato attraverso le porte della sala da pranzo. Se avesse continuato con quel gioco di sguardi non avrebbe più risposto delle sue azioni.
Annabelle continuò a camminare spedita verso l'ala sud del maniero, e nonostante non si curasse minimamente di controllare che il suo ospite riuscisse a starle dietro, vide che, se pur con fatica, non la distanziava più di tanto. Si fermò davanti alla sua stanza e si voltò per aspettarlo. Il Conte fece quei pochi passi che li separavano e si fermò di fronte a lei.
"Siete svelta, Annabelle. Forse avreste dovuto aspettarmi, è mancanza di rispetto da parte vostra."
Andrea si finse sorpresa. "Oh, chiedo perdono, non mi ero accorta che facevate fatica a seguirmi, potevate avvisarmi." Cinguettò con finta ingenuità.
L'uomo la guardò riducendo gli occhi a due fessure, avvicinandosi per fronteggiarla, nonostante la sua esigua statura non le permettesse di arrivarle alla stessa altezza degli occhi.
"Non mi fregate, Annabelle. Io vi conosco bene, so riconoscere quando mentite." Tornò a una distanza accettabile e proseguì. "Ma per questa volta posso anche lasciar correre: siete giovane e avete ancora molto da imparare."
Andrea rimase in silenzio osservandolo aprire la porta ed entrare nelle sue stanze. Sì, era davvero odioso e prepotente, ma non si poteva dire che fosse uno stolto.
"Cosa vi fa credere che io voglia diventare vostra moglie?"
L'uomo si guardò intorno in quella stanza che sarebbe stata sua da quel momento, contemplando l'arredamento e le comodità che vi erano a disposizione. Sembrava non aver neppure udito la domanda della ragazza. Lei stava per ripeterla quando questi si decise a rispondere.
"Non sottovalutatemi, mia cara, so benissimo che non siete felice di questa unione. Ma purtroppo per voi non avete voce in capitolo, le decisioni sono già state prese a loro tempo e non si può tornare indietro."
Si avvicinò a lei come un lupo con la sua preda, senza distogliere il contatto visivo. Andrea ebbe un moto di disgusto allo sguardo di cupidigia che le rivolse. Le si piazzò di fronte e alzò una mano per accarezzarle una gota, indugiando su quella pelle di seta. Lei rimase immobile, non volendo sollevare le ire di quell'uomo borioso e arrogante.
"Imparerete a stare al vostro posto, e se non saprete mai amarmi, mi accontenterò che sappiate rispettarmi. So bene come forgiare un carattere forte come il vostro."
Andrea scansò il viso in un gesto nervoso, non avrebbe potuto rimanere ancora a farsi accarezzare da quell'essere spregevole. Senza aggiungere altro fece un passo indietro e si voltò per allontanarsi, senza prendersi la briga di congedarsi con rispetto. Voleva dimostrargli che non lo temeva e che mai avrebbe ottenuto il suo rispetto con la forza.
☣☣☣
DeMagnius rimase a guardarla allontanarsi con un sentimento di concupiscenza crescente verso quella giovane donna. Il fatto che avesse un carattere fiero e che non fosse facile da domare non avrebbe mai potuto impedirgli di raggiungere i suoi scopi anzi, quel carattere forte e indomabile rendeva il tutto ancora più stuzzicante. Inoltre, Annabelle possedeva una bellezza fuori dal comune, una bellezza che lo aveva colpito sin dal primo istante in cui i suoi occhi si erano posati su di lei e si disse che, finalmente, da lei avrebbe avuto una stirpe a cui far ereditare tutti i suoi beni e le sue terre. Con lei non solo i suoi figli sarebbero stati forti e con un carattere fiero come la madre, ma anche belli e sani. Le donne che l'avevano preceduta non si erano rivelate all'altezza delle sue aspettative.
Pregustò già il sapore della vittoria, come un dolce frutto che aspettava di essere colto... il bello doveva ancora arrivare.
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