3 - Annabelle Tavern
Andrea stava ancora cercando di capire cosa stesse succedendo, era completamente sconvolta e confusa. Se quello era uno scherzo non si stava divertendo affatto! Anche se, con il senno di poi, più ci pensava e più non riusciva a credere che suo padre potesse organizzare uno scherzo così complicato... no, doveva esserci un'altra spiegazione. E poi come era possibile che lo specchio non restituiva la sua immagine ma quella di una donna completamente sconosciuta? Stava cominciando ad impazzire, odiava sentirsi all'oscuro di quello che le stava succedendo.
Si mise le mani nei capelli, scompigliando quell'acconciatura complicata senza nemmeno badarci. Doveva uscire da lì. Puntò la porta di quella stanza, completamente intagliata e lavorata in modo magistrale, ma non era il momento di poter ammirare un lavoro di tale splendore, altrimenti si sarebbe soffermata ad osservare gli intagli intorno alle colonne del letto a baldacchino che dominava quella stanza elegante, oppure la raffinatezza del mobile da toeletta, che finora ne aveva visti di simili soltanto nei musei di storia antica. Provò ad abbassare la maniglia, ma la porta non si aprì. Sconcertata, ci riprovò con più foga, ma capì subito di essere chiusa dentro. Il senso di panico si impadronì di lei.
Cosa avrebbe fatto, adesso, se nemmeno poteva uscire da quella prigione dorata?
Di colpo un lieve bussare, come di nocche contro il vetro, la fece sobbalzare sul posto, presa alla sprovvista. Si guardò intorno col cuore in gola, incapace di comprendere subito da dove provenisse quel rumore. Ad un tratto il rumore si ripeté, più forte di prima, facendo accelerare ulteriormente il ritmo del suo cuore già fortemente messo alla prova. Controllando con lo sguardo ogni punto di quella stanza, intuì che probabilmente il rumore proveniva dalla finestra. Qualcosa o qualcuno stava bussando contro il vetro, forse per richiamare la sua attenzione.
Avanzò titubante verso le tende che le impedivano di vedere la finestra. Solo allora si accorse della grande varietà di candele accese appese al soffitto in un intricato candelabro. Tremando di paura, si avvicinò palpitante al punto in cui il rumore proveniva e, con mani incerte, scostò il tessuto impalpabile che copriva la finestra.
Al di là del vetro un giovane di bell'aspetto, con dei folti capelli biondi e grandi occhi castani, le sorrise appena la vide, facendole cenno di aprirle la finestra. Imbarazzata, Andrea ruotò la maniglia, aprendo quella barriera che li separava. Solo in quel momento poté accorgersi che l'uomo era aggrappato in modo precario al cornicione e si appendeva al davanzale come meglio poteva per non cadere. D'istinto lo afferrò per il bavero della giacca e lo aiutò a scavalcare il davanzale, dando una sbirciata furtiva all'altezza della finestra.
"Oh, mia adorata, grazie per il vostro aiuto, se non fosse stato per voi sicuramente sarei caduto." Cantilenò, mettendo piede all'interno della stanza.
Scioccata, Andrea lo fissò ad occhi spalancati e a bocca aperta, non riuscendo a formulare nessun pensiero coerente. Il nuovo arrivato era di una bellezza straordinaria. Ampie spalle possenti erano trattenute in una redingote di squisita fattura, andando poi a stringersi all'altezza dei fianchi, almeno da quello che lei poteva constatare data la sua scarsa conoscenza in materia di vesti antiche. Delle braghe attillate mettevano in mostra i muscoli tonici delle cosce, come a voler rendere noto a tutti le lunghe ore passate ad allenare quel fisico statuario. Andrea si sentì le guance prendere fuoco di fronte a un tale individuo. Questi la osservò stupito e la prese per mano.
"Non parlate. Siete stanca, è evidente. Vi prego, stendetevi sul vostro letto, la vostra bellezza è esaltata quando risplende di vitalità e freschezza."
Ma come diavolo parlava? Sembrava avesse ingoiato un dizionario. Deglutì a vuoto mentre si sedeva sul letto, si rese conto di dover pur dire qualcosa, altrimenti avrebbe potuto far insospettire questo strano individuo.
"Voi... voi sapete chi sono?" Balbettò.
L'uomo la fissò a bocca aperta, sorrise. "Vi burlate di me, non è così? O forse la stanchezza vi sta giocando brutti scherzi?" la guardò addolcendo la sua espressione, ad Andrea sembrò di sentire il cuore palpitare più velocemente di fronte alla bellezza di quello sguardo. "Mi rammarico che mi abbiate dovuto attendere fino ad un'ora così tarda. Purtroppo, vostro padre mi ha trattenuto a conversare con lui nel salone, impedendomi di fatto di raggiungervi prima. Perdonatemi, vi prego."
Andrea cercò di capire la situazione nella quale si trovava, anche se le sembrava sempre più di essere all'interno di un sogno. Aveva sentito molte volte storie di quell'epoca, in cui si diceva che le giovani donne altolocate venivano promesse in sposa a uomini scelti dal proprio padre, in modo da poter assicurare un futuro più adeguato e un migliore stile di vita possibile, spesso a discapito dei sentimenti. Si chiese se non fosse finita in uno di quei casi.
Decise di fare delle domande in modo da capire meglio la situazione, ma doveva stare attenta per non insospettire il suo ospite.
"Mi chiedo perché mai mio padre ti ha... ehm, vi ha dovuto trattenere a parlare con lui."
Lui le sorrise, magnanimo: "Vostro padre è un grand'uomo, ma non è uno stolto. Sono sicuro che sospetta di noi, è per questo che non vi permette di uscire dalle vostre stanze dopo una certa ora. Credetemi, se potessi vi porterei via seduta stante, il solo sapere che presto apparterrete a quel... quel... ah!" Arricciò il naso senza concludere la frase. La prese per mano e le baciò le nocche. "Ma vi prego, amor mio, non vi angustiate. Sono sicuro che se sapremo giocare le carte in nostro possesso, potremo anche far cambiare idea a vostro padre, me lo sento."
Il gran parlare di quest'uomo non aiutava Andrea a capire molto sulla condizione nella quale si trovava. Era ancora sconvolta per ciò che le stava succedendo, non poteva anche raccapezzarsi per comprendere quello che questo uomo, per quanto attraente potesse essere, cercava di dirle.
"Perdonami, vorrei sapere se tu conosci l'uomo al quale sarei destinata."
Lui le sorrise, come lusingato. "Mi dai del tu, adesso? Presumo che mi stai dando la possibilità di fare anche altro?"
Andrea non seppe cosa rispondere ma lo sguardo di lui la fece sentire come nuda. Sentì le guance riscaldarsi sotto quegli occhi profondi e intensi, sembrava proprio il classico principe azzurro. Come era possibile che si sentisse attratta da lui se non conosceva nemmeno il suo nome? Quegli occhi la inchiodarono, fermi e risoluti. Senza che se ne accorgesse, l'uomo si avvicinò e la coinvolse in un bacio da farle perdere il controllo. Con le sue forti braccia la strinse a sé, le sembrò di essere una bambola di pezza tra le sue mani. Si sentì pervadere da un forte calore e istintivamente rispose al bacio, che si prolungò fino quasi a lasciarla senza respiro. Quando finalmente l'uomo si staccò, rimase abbracciato a lei, restando con la bocca a pochi centimetri dalla sua. Andrea avvertì il suo fiato caldo sulle sue labbra.
"Dite che mi amate, Annabelle! Dite che mi amate, e anche se non riusciremo mai a coronare il nostro amore, porterò sempre con me il suono della vostra voce nel mio cuore."
A quelle parole, Andrea sgranò gli occhi, sconcertata. Come l'aveva chiamata?
☣☣☣
Il professor McLeap tentò di non farsi prendere dal panico e avviò la macchina da lui inventata, cercando di sintonizzarla... sul niente! Soltanto un gran colpo di fortuna avrebbe potuto sintonizzare la macchina con la posizione esatta in cui si trovava sua figlia. Era proprio questo il motivo per cui l'aveva chiamata. Una volta accesa la sua invenzione, funzionava egregiamente, ma prima di poterla provare su qualcuno aveva bisogno di sapere esattamente dove la macchina lo avrebbe mandato, ma prima aveva bisogno di un campione di DNA da inserire nella macchina stessa per rintracciare il viaggiatore di turno e sintonizzarlo precisamente sulla sua persona e poterlo poi aiutare sia durante la missione che al momento del ritorno. Come avrebbe fatto a ritrovare sua figlia e a riportarla a casa? Anche se fosse riuscito a trovare l'era precisa verso la quale sua figlia aveva viaggiato, come avrebbe potuto farla tornare? in quel momento non riusciva a pensare lucidamente per trovare un modo di riportarla al presente senza un campione del suo DNA.
Iniziò a maledire sé stesso e la sua voglia di strafare; per la necessità di salvarne una stava correndo il rischio di perderle entrambe, e questo non avrebbe mai potuto perdonarselo.
Si mise le mani nei capelli, incapace di pensare lucidamente. "Pensa, Adam, pensa! Come potresti ritrovare tua figlia?" Si chiese ad alta voce, forse credendo che così sarebbe riuscito a calmarsi.
L'ultima cosa che gli serviva era farsi prendere dal panico, ma mantenere la calma con la vita di sua figlia in pericolo era davvero un'impresa. Ad un certo punto gli venne in mente di inserire il proprio DNA all'interno della macchina, in fondo era sua figlia, non una sconosciuta. Ma, riflettendoci, si rese conto che era un'idea folle. Solo in parte il suo DNA era uguale a quello di sua figlia.
Gli passarono davanti agli occhi mille immagini di Andrea, mentre rideva, mentre piangeva, quando era più piccola... gli sembrava di vivere un inferno, e se l'era costruito da solo. Come aveva potuto permettere che sua figlia si infilasse in un guaio simile? Era solo colpa sua! Andrea avrebbe potuto non tornare più a casa...
Si impose di restare calmo e abbandonò per un attimo la sua invenzione, cercando un metodo per aiutarla. Girò per il suo studio tra tutte le sue scartoffie.
"Avanti, pensa! Di solito sei un uomo intelligente."
Vagò con lo sguardo tra tutti i suoi studi scritti, i suoi libri, i mille appunti, cercando qualcosa che potesse aiutarlo, ma era come vagare nel nulla. Nella sua mente c'era il vuoto assoluto. Si costrinse a pensare ad Andrea, cosa avrebbe fatto lei nella sua situazione? Aveva una stima molto profonda per sua figlia, aveva sempre avuto un'intelligenza superiore alla media e non si era mai tirata indietro di fronte alle sfide, aveva bisogno di un aiuto, qualcuno che avesse le conoscenze giuste.
Poi dal nulla gli venne in mente Patrick. Di colpo fu come se le nuvole, che avevano tenuto coperto il cielo sopra di lui, si fossero diradate, esponendolo ai raggi del sole. Patrick era forse l'unico di cui fidarsi. Certo, erano passati forse alcuni mesi dall'ultima volta che quest'ultimo aveva avuto rapporti con sua figlia, da quanto ne sapeva, ma avrebbe giurato che di lui poteva fidarsi. E poi non aveva altra scelta.
Arrivò all'ospedale dopo appena un quarto d'ora. Era stato veramente faticoso tornare a guidare la sua auto dopo tutti quegli anni in cui ne aveva fatto a meno. Preso com'era dalla sua invenzione era diventato una sorta di asociale, da risultare per molti versi un eremita. Stava cominciando a impazzire guidando tra tutte quelle auto, purtroppo la città in cui viveva era una di quelle che non dormiva mai, anche di notte brulicava di vita, specialmente nel quartiere in cui sorgeva l'ospedale dove lavorava Andrea. Dopo aver parcheggiato entrò trafelato dalle porte scorrevoli, confuso su dove rivolgersi. Si guardò intorno ed inquadrò l'accettazione del pronto soccorso.
"Sto cercando il dottor Guardian, sa dove posso trovarlo?" Chiese concitato, sperando con tutto se stesso che non fosse già andato a casa.
L'infermiera dall'altra parte del vetro in plexiglass non alzò neanche lo sguardo, continuò a scrivere sul suo taccuino con aria scocciata. "Chi lo desidera?"
"Sono Adam McLeap."
A quel nome, l'infermiera lo guardò sorpresa. "È parente della dottoressa McLeap?"
Adam era sempre più irritato da questa perdita di tempo inutile. "Sì... sono suo padre."
"Mi permetta di dirle che sua figlia ha la mia più profonda stima. Oggi ha salvato la vita ad una donna che..."
"Mi dispiace interromperla, signora, ma sono di fretta. Le sarei grato se mi dicesse dove posso trovare il dottor Guardian."
"Ah, sì... mi scusi," l'infermiera si sentì mortificata. Controllò attraverso il suo computer. "Allora, il dottor Guardian in questo momento dovrebbe trovarlo nel reparto di pediatria, lei dovrebbe prendere l'ascensore..." alzo lo sguardo, ma del signor McLeap non c'era più alcuna traccia. Si guardò intorno senza scorgerlo da nessuna parte, si strinse nelle spalle e tornò al suo lavoro.
Lo scienziato sapeva esattamente dove si trovava il dottor Guardian. Nonostante il tempo trascorso dall'ultima volta che lo aveva visto, non appena sentì che si trovava lì corse a prendere l'ascensore e salire fino al terzo piano dell'ospedale, senza ringraziare minimamente l'infermiera all'accettazione. Mentre saliva pregò dentro di sé che l'ex fidanzato di sua figlia potesse seguirlo immediatamente e, soprattutto, che avrebbe creduto alle sue parole. Ancora non sapeva come lo avrebbe convinto, ma avrebbe dovuto riuscirci per forza, era la sua ultima ancora di salvezza. A chi altri avrebbe potuto chiedere aiuto?
Lo trovò alla sua scrivania, intento a scrivere qualcosa in una grande agenda. Appena lo vide tirò un sospiro di sollievo ed entrò nel suo ufficio senza palesare la sua presenza. All'improvviso ebbe timore che Patrick Guardian non avesse alcuna intenzione di aiutarlo... Sapeva che tra lui e sua figlia era finita ma non conosceva né perché né da quanto tempo. Lo fissò in silenzio per alcuni istanti, cercando le parole da usare, finché Patrick non alzò lo sguardo attratto da un lieve movimento.
☣☣☣
Il dottor Guardian si bloccò a guardarlo, era più che mai sorpreso di trovare il professor McLeap nel suo studio. Tra tutte le persone che poteva immaginarsi che potessero venire a fargli visita, il padre di Andrea era esattamente l'ultima. Lo osservò allibito per alcuni istanti, notando il cambiamento che era avvenuto in lui. I capelli un tempo corti e curati, adesso erano lunghi e raccolti frettolosamente in una coda sulla nuca. La barba che portava sempre ben rasata, adesso era lunga e incolta, donando al suo ospite un aspetto trasandato e sciatto. Anche i vestiti stropicciati che indossava contribuivano all'immagine un po' sciatta che emanava. Si alzò in piedi di scatto.
"Professor McLeap... è successo qualcosa?"
Il fatto che lui si trovasse nel suo ufficio per Patrick poteva significare solo qualcosa di importante. Anche se i rapporti con la figlia si erano congelati da alcuni anni, sapeva che il padre di Andrea non era più sé stesso da diverso tempo. Le chiacchiere correvano veloci in un ambiente come quello ospedaliero, e lui sapeva che gli sforzi di Andrea per tenere nascosta la sua vita privata dall'ospedale non avevano impedito ai pettegolezzi di diffondersi. Anche se tutto ciò non aveva impedito alla stessa Andrea di fare carriera, sfruttando la sua intelligenza e la sua grande preparazione medica, erano pur sempre voci scomode.
Adam McLeap fece alcuni passi verso di lui con lo sguardo stravolto dalla preoccupazione. "Si tratta di Andrea..."
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