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25 - Ricomincio da me

Patrick non riusciva a contenere la gioia nell'aver finalmente ritrovato la sua adorata Andrea. Erano passate settimane intere prima di riuscire a dare alla macchina le coordinate giuste, settimane lunghissime e lente, ma mai avrebbero potuto immaginare che Andrea avrebbe fatto il salto prendendo la parte di sé stessa... solo di quattordici anni più giovane. Sembrava una coincidenza troppo grande per essere vera, un paradosso mostruoso.

Avevano iniziato a osservarla emozionati dallo schermo gigante nel momento in cui era uscita dalla stalla di corsa, con fare arrabbiato, ed era montata in fretta e furia su un cavallo. Appena aveva iniziato a cavalcare furiosamente verso il recinto esterno del maneggio, Patrick non aveva voluto aspettare oltre ed era entrato nella stanza bianca, facendosi ologrammare immediatamente. Non riusciva a credere ai suoi occhi, era finalmente lei! Sapeva che era sempre stata bella, ma vederla dal vivo a quattordici anni fu una sorpresa indescrivibile.

Una volta ologrammato la ammirò a bocca aperta per diversi minuti. Si muoveva con ritmo delicato e fluido sulla sella del cavallo e il vento faceva svolazzare dietro alle spalle i suoi lunghi capelli biondi, riflettendo la luce del sole. Gli occhi erano identici all'azzurro del cielo, anche a distanza si potevano distinguere chiari e bellissimi. Nel momento in cui si era accorta di lui, si era spaventata e aveva tirato istintivamente le redini della cavalcatura, rischiando di cadere e di venire disarcionata, ma da cavallerizza sprecata, era riuscita a non far perdere l'equilibrio al cavallo e a non cadere di sella. Lo sguardo con cui l'aveva guardato era stato come una scarica di lampi di indignazione.

Patrick aveva avuto un tuffo al cuore... anche a quattordici anni era bellissima. Già si vedeva la bellezza che sarebbe sbocciata di lì a poco. Lo aveva preso un po' a male parole, ma chiamandola per nome la vide restare sbalordita a fissarlo. Forse aveva sbagliato, ma era talmente emozionato che non seppe trattenersi.

"Chi sei, un amico di mio padre?" Chiese dopo alcuni secondi, come per darsi un tono.

"No, Andrea, sono Patrick... ti ricordi di me?"

Anche in quella occasione lei rimase a fissarlo come inebetita, allora Patrick ebbe la certezza che la sua presenza non le era passata del tutto inosservata, per lei era qualcosa di più di un semplice turista.

Ma subito venne raggiunta da un'altra ragazza che, al galoppo di un cavallo bianco, la chiamava urlando il suo nome. Patrick credette si trattasse della sorella scomparsa e decise che era meglio andarsene. Sparì istantaneamente e si ritrovò di colpo nella stanza bianca. Sentiva il cuore battere a mille per l'incontro con la giovane Andrea. Le mancava così tanto! La speranza di poterla riabbracciare si riaccese di nuovo nel suo petto, come una luce resa ancora più brillante da una nuova energia più potente.

Uscì velocemente dalla stanza bianca, pronto a discutere con Adam sulla sua prossima visita alla giovane Andrea. Era convinto che questa sarebbe stata la volta buona per farla tornare nel suo esatto periodo. Ma appena guardò in direzione del grande schermo della macchina del tempo, trovò Adam e Regina abbracciati a osservare quello che lo schermo stava proiettando. Intimorito nel trovarsi in un momento così intimo e delicato tentò di farsi da parte per non interromperli. Era evidente che il loro amore non era affatto finito come volevano far credere.

"Com'era bella la nostra bambina," sentì sussurrare Regina.

A queste parole vide Adam stringerla ancora di più e Regina appoggiò la testa sul suo petto, come per cercare un sostegno emotivo.

Fu strano vederli in una scena simile, li aveva conosciuti che erano già separati e a vederli prima di adesso non avrebbe mai detto che un tempo si fossero amati davvero. Lui sembrava un uomo distrutto, che aveva lasciato che la sua vita ruotasse tutto attorno alla sua invenzione... creata per un motivo che per Patrick era ancora un mistero, mentre Regina dava l'idea di essere una donna molto piena di sé, addirittura vanesia e superficiale. Ma in questi ultimi giorni aveva imparato a conoscerli meglio entrambi e aveva compreso che condividevano un grande dolore e che, nonostante avessero deciso di separarsi, il loro era un amore vero e profondo, che sarebbe resistito nonostante tutto e che esisteva ancora oggi. Infatti nessuno dei due, in tutti quegli anni, era più riuscito a rifarsi una vita da solo.

Incuriosito, si avvicino in silenzio per osservare cosa stessero guardando e ne rimase intenerito quando nello schermo apparve un fermo immagine sulla loro figlia perduta. Anche Annabelle era una vera bellezza. I capelli erano biondissimi come quelli della sorella, stessa bocca sottile ed elegante, stesso naso impertinente e stesso ovale del viso, solo il colore degli occhi cambiava, quelli di Annabelle erano grigi e profondi. Patrick non conosceva nei minimi dettagli quello che successe quando morì la ragazza, ma immaginava il dolore che dovevano aver sopportato entrambi.

☣☣☣

Andrea si voltò in direzione della sorella, che stava cavalcando verso di lei chiamandola a gran voce. La osservò avvicinarsi e fermarsi a poca distanza.

"Che ti è preso? Perché sei scappata a quel modo?"

"Che te frega? Tu hai da fare col tuo Kevin, perché vuoi sapere di me?"

Annabelle sospirò. "Ok, hai ragione, scusa. Ma è possibile che mi devi seguire come un'ombra? E poi cosa ci sei venuta a fare fin qui?"

"Ma io veramente avevo intenzione di galoppare per un po' e poi tornare indietro, ma quando lui..." Dicendo questo indicò il ragazzo che era in piedi davanti a lei ma si bloccò, all'improvviso era sparito.

"Lui chi?" Annabelle seguì direzione che la sorella indicò.

Andrea si guardò attorno per vedere dove fosse andato lo sconosciuto, ma pareva volatilizzato.

"C'era un uomo qui..." Balbettò confusa.

Com'era possibile che fosse svanito nel nulla?

Annabelle voltò il cavallo da dove era venuta, sospirando sonoramente. "Va bene, dai. Ti prometto che non ti lascerò più sola d'ora in poi. Ma adesso andiamo, se no papà si arrabbia se stiamo via troppo a lungo senza dirgli niente."

"Non mi credi, vero?"

"Andrea, non mi interessa sapere quello che hai visto, o credi di aver visto, tra poco andremo via e stiamo abusando fin troppo di questi cavalli, dai andiamo."

Fece alcuni passi ma vedendo che la sorella non la seguiva si fermò di nuovo e si voltò verso di lei.

"Allora, ti muovi?"

Andrea sbattè le palpebre, si riprese dal suo momento di perplessità e seguì docilmente la sorella.

Eppure era strano, chi era quell'uomo? E come aveva fatto a volatilizzarsi in così breve tempo? Non c'era niente lì dove avrebbe potuto nascondersi. E poi il modo in cui l'aveva guardata, il tono in cui ha pronunciato il suo nome... Un brivido le percorse la schiena, conosceva quell'uomo, eppure era la prima volta che lo vedeva.

☣☣☣

Si trovava di fronte all'enorme ospedale di Seattle, fondato nel 1901 e considerato uno dei più prestigiosi del paese soprattutto per la cura dei disturbi cardiaci e polmonari. Guardò dal basso in alto l'altissima facciata, sentendosi piccola piccola.

"Dottoressa McLeap, complimenti vivissimi!" Un signore le passò accanto posandosi una mano sul cappello in un gesto di saluto.

Lei sorrise e lo ringraziò per i complimenti ricevuti, senza chiedersi a cosa si stesse riferendo. Con un sospiro di incoraggiamento si decise a entrare nell'edificio. Gente che andava e veniva rendeva l'enorme atrio un fitto brulicare di persone. Salì i primi gradini in pietra e svoltò a destra, senza minimamente guardare il cartello davanti agli scalini che indicava le direzioni per i vari reparti. Sorpassò l'entrata secondaria del pronto soccorso e percorse il lungo corridoio con passo deciso, mentre moltissime altre persone si prodigavano a salutarla con reverenza e a farle i complimenti. Chissà poi perché.

Camminò risoluta fino al reparto di cardiochirurgia ed entrò nella stanza dedicata al primario e subito qualcuno le piombò addosso avvolgendola in un abbraccio deciso.

"Ed eccola la mia piccola primaria!" Affermò l'uomo che la stritolò con affetto.

Andrea sorrise. "Grazie Patrick!"

L'uomo si scostò leggermente e la travolse in un bacio meraviglioso e intenso.

La giovane Andrea si svegliò di scatto con un grosso sospiro... stava solo sognando! Si guardò attorno nella stanza buia e dalla povera luce che filtrava dalle tapparelle abbassate riuscì a scorgere la sagoma della sorella che dormiva placidamente nel letto accanto al suo. Aveva sognato lo sconosciuto... e per giunta l'aveva chiamato per nome... Ricordò che lui glielo aveva detto, ma in quel momento nemmeno ci fece caso e subito dopo se l'era già dimenticato. Com'era possibile che fosse riuscita addirittura a sognarlo? Si accucciò di nuovo sotto le coperte e chiuse gli occhi, ben presto si riaddormentò, senza più sogni strani, ma la sensazione avvertita durante il sogno non la abbandonò così facilmente.

☣☣☣

"Quando andremo a fare una gita a cavallo tutti insieme, papà?" Chiese Annabelle per l'ennesima volta mentre si stavano recando in macchina al maneggio.

"Vedremo, Annabelle, vedremo..." Adam annuì, compiacendola.

Se avesse dovuto essere sincero, non era un grande amante dei cavalli. Cavalcare era uno sport che non aveva mai considerato, neanche come passatempo. Lui era più un uomo di scienza, abituato ai suoi studi e alle sue formule, amava insegnare la sua materia e vedere i ragazzi apprendere ciò che per lui era vita. Sudare sulla groppa di un animale che puzzava e ti riempiva di peli non lo aveva mai entusiasmato.

Arrivarono al maneggio e come di consueto Andrea e Annabelle si recarono ai rispettivi cavalli, dove iniziarono a prepararli per sellarli. Avevano imparato anche a controllare la situazione dei ferri e che non stessero per staccarsi. Prima di tutto perché se il cavallo perdeva un ferro lungo una strada impervia avrebbe potuto farsi male, e poi perché prima di rimetterlo si deve aspettare che gli ricresca l'unghia, dato che molto spesso, con la perdita del ferro, l'unghia viene danneggiata e un nuovo ferro non ha materiale su cui far presa ed essere inchiodato.

Stava giusto tirando la zampa del suo cavallo per impedire che la fascia sottopancia della sella gli desse fastidio. Fece il giro del cavallo e nella stalla con Andrea apparve nuovamente l'ologramma di Patrick.

Apparve alle sue spalle e la osservò per alcuni secondi senza aprir bocca e disturbarla. La Andrea che aveva davanti a sé aveva solo quattordici anni ma l'emozione che provò nel poterla avere così vicina fu davvero intensa. Ripensò per un attimo a quando si lasciarono e al motivo che la spinse ad allontanarsi da lui. A vederla ora non si sarebbe mai detto che sarebbe diventata una donna dedita solo al lavoro e a crescere nella carriera tanto da rinunciare a un bambino per inseguire questo sogno personale. Ripensando a quei giorni, Patrick avvertì un forte magone... cos'era cambiato rispetto a quei tempi? Niente, se Andrea fosse riuscita a tornare nel suo presente non sarebbe tornata con lui. Stava per diventare primario, una donna primario del reparto di cardiochirurgia a soli trent'anni! Di certo avere una famiglia non era stato uno dei suoi pensieri nei tempi antecedenti al primo salto nel tempo. Ma non importava, avrebbe lo stesso fatto di tutto per salvarla e aiutarla. Il suo obiettivo era che Andrea fosse felice, anche se non avesse avuto più alcuna chance con lei.

"Andrea." La chiamò di colpo.

Lei si tirò in piedi di colpo col cuore in gola e lentamente si voltò. Appena lo vide sgranò gli occhi e assunse un'espressione terrorizzata.

"No..." Sospirò.

Patrick le si avvicinò alzando le mani per cercare di calmarla. "Ti prego, calmati, non voglio farti del male..."

Ma Andrea era già in preda al panico e aderì con le spalle al cavallo, nel vano tentativo di allontanarsi da lui. "Chi sei... perché mi perseguiti?"

Vederla in quello stato per Patrick sembrò avere un coltello conficcato nel cuore.

"Per favore, calmati, sono qui perché devo dirti la verità su te stessa... Tu non sei più Andrea la quattordicenne... tu sei..."

"No, ti prego! Vattene!" urlò impaurita.

Perfino la cavalla si agitò, iniziando a scartare e a sbattere gli zoccoli per terra.

Ma Patrick non seppe darsi per vinto. "Shhh, calmati Andrea... io sono Patrick... io so che tu sai chi sono, te lo leggo negli occhi..."

"No!" Piagnucolò stringendosi nelle braccia, come per difendersi. "Non è vero, non ti conosco!"

Vedendola piangere in quel modo Patrick non ebbe cuore per continuare ad insistere. In fondo era normale che credesse di avere di nuovo quattordici anni. Tutto quello che aveva subìto nei panni di Cristie doveva averla sconvolta profondamente. Sarebbe stato strano se quell'esperienza non le avesse lasciato strascichi, e in qualche modo, ritrovarsi nuovamente nella sua età più spensierata fu una sorta di benedizione per la sua psiche. Decise così di togliere il disturbo. Aveva appena perso una battaglia, ma non la guerra. Checchè gli avesse detto suo padre, sarebbe tornato molto presto. Il ferro va battuto finché è caldo.    

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