13 - Il problema è ricordare
Il biondino l'accompagnò a casa a bordo di una Ford grigio metallizzata. Andrea osservò quella che doveva essere la sua casa attraverso il finestrino, ma non accennò a scendere dall'auto. Era sfinita, confusa e priva di forze, continuava ad avere flash della sua vita precedente da miss Tavern, e anche se non riusciva a dare a tutti quei ricordi un ordine preciso e un filo logico, sentiva che ben presto tutto si sarebbe sistemato nella sua testa. Vagamente sapeva di chiamarsi Andrea McLeap, e che quella non era la sua vita, ma era come se si trovasse lì per un motivo ben preciso. Doveva solo scoprire quale fosse.
Vedendola immobile senza dar cenno di volersene andare, il ragazzo ne approfittò per avvicinarsi a lei e avvolgere un braccio attorno alla sua vita.
"Ehi, che ti prende?" le sussurrò vicino a un orecchio.
Andrea si voltò sorpresa per guardarlo negli occhi, era molto vicino, troppo vicino. Il cuore le balzò per un attimo in gola, l'attrazione per quel ragazzo si fece risentire una seconda volta, colorandole le guance.
"Scusa... sono solo un po' stanca." Farfugliò.
Lui le osservò le guance coperte da un lieve rossore delizioso e allungò una mano per accarezzargliene una.
"È stato un bello spavento per te, vero?"
Per Andrea spavento era un eufemismo. Non aveva mai compreso cosa spingesse certe persone ad avvicinarsi al paranormale. Anche se non aveva mai creduto nei fantasmi erano troppe le testimonianze di persone che avevano visto qualcosa o che erano state avvicinate da esseri sovrannaturali. Quella ragazza, apparsa all'improvviso in cima a quelle scale, aveva risvegliato in lei paure profonde e sconosciute.
"Ma... chi era quella ragazza, un fantasma?"
Lui incastrò i suoi occhi in quelli di lei, osservandola da vicino. "Molto probabilmente si trattava di madame DeMagnius, la Contessa uccisa dal marito nel 1800 e qualcosa in quella casa."
A quelle parole Andrea rimase a bocca aperta. DeMagnius non era affatto un nome nuovo per lei, aveva conosciuto un tal DeMagnius, ma in quel momento non riusciva a ricordare né dove né quando. Si riprese dalle sue elucubrazioni e si accorse che il biondino le si stava avvicinando lentamente, con l'evidente intenzione di baciarla. Presa alla sprovvista, rimase immobile, subendo quel bacio in modo passivo. Il ragazzo la strinse a sé avvolgendo le braccia attorno alla sua esile figura e il bacio divenne più appassionato del previsto. Andrea si ritrovò a rispondere in egual misura a quelle labbra morbide, senza chiedersi cosa le fosse preso.
Si staccarono lasciandola profondamente confusa e il ragazzo le sorrise.
"Buonanotte." Le sussurrò.
Andrea gli sorrise e, senza pensarci due volte, scese dalla macchina scappando verso la casa che si ritrovò davanti. Arrivò davanti alla porta d'entrata e si voltò a controllare cosa stesse facendo quel ragazzo. Quel bacio la stava ancora scombussolando e, tremando, si accorse che lui era rimasto a guardarla, in attesa che entrasse in casa. Presa dal panico si rovistò addosso, ma non aveva tasche dove nascondere delle chiavi. Non aveva nemmeno una borsa con sé, niente. Sempre più preoccupata, tornò a guardarsi le spalle, il biondino si affacciò al finestrino, allungandosi.
"Cristie, dentro il vaso di gerani!" le sussurrò cercando di farsi sentire solo da lei.
Andrea si guardò attorno cercando il vaso incriminato, appena lo trovò tastò nel terriccio, trovando subito una chiave appena sotterrata. La provò con gesti nervosi e questa aprì la porta senza il minimo sforzo. Si voltò nuovamente con un sorriso di sollievo sulle labbra, il ragazzo alzò un braccio per salutarla. Appena varcò quella porta, Andrea lo sentì mettere in moto e partire.
Il buio dominava il suo ingresso in quella casa, non permettendole di vedere un gran ché di ciò che la circondava. Attese che i suoi occhi si abituassero all'oscurità e a poco a poco le sagome di un divano e di un mobiletto con un televisore con tubo catodico presero forma poco distanti da lei. Avanzò con cautela verso di loro, tentando di non urtare nessun oggetto e a non fare nessun rumore. Non sapeva chi altri vivesse in quella casa, immaginava che, essendo nei panni di un'adolescente, in quella casa vivessero i genitori di Cristie.
Oltrepassò indenne il divano e si ritrovò di fronte a due porte, ma non fu difficile riconoscere quale fosse la stanza da letto della giovane Cristie. Sicuramente era quella con un cartello che riportava a grandi lettere la scritta "Girare al largo". Anche al buio si riusciva a vedere bene. Senza esitazione, abbassò la maniglia e aprì quella porta. Si ritrovò a fissare la schiena di una donna bionda, illuminata dalla fioca luce di un abat-jour e avvolta in una veste da camera rosa. Subito questa si voltò e, con un'espressione arrabbiata, la fulminò con gli occhi:
"Ti sembra questa l'ora di tornare a casa, ragazzina?"
Andrea rimase sconvolta a fissare quella donna, anche se non la conosceva poteva immaginare che fosse la madre di Cristie, e che di conseguenza sarebbe stata punita per quel ritardo.
Il fastidioso suono della sveglia svegliò Andrea nel lettino di quella camera da letto. Massaggiandosi un occhio, si alzò e, senza pensarci, si diresse in bagno in modo autonomo, senza rendersi conto del tragitto che fece. Fu un gesto del tutto spontaneo. Si portò di fronte al lavandino e alzò gli occhi per guardarsi allo specchio. Ci mancò poco che non le venne un colpo nel vedere il suo aspetto. Una ragazzina di circa diciassette anni la stava osservando scioccata e sorpresa dal riflesso nello specchio. I capelli biondi, fini e liscissimi, erano scompigliati dal sonno in un ammasso poco uniforme di fili arruffati. La sua pelle era diafana e un po' spenta, forse dovuta al poco sonno, e gli occhi castani, ancora assonnati, erano contornati da uno strato di matita nera. Non si era struccata prima di dormire? Il corpo esile e longilineo mostrava un seno poco sviluppato, ma ben definito. Si avvicinò allo specchio per guardarsi meglio, scostandosi i capelli dal viso. Ora ricordava! Era saltata nel corpo e nella vita di una certa Cristie, ma il suo vero nome in realtà era...
Un prepotente bussare alla porta del bagno la fece spaventare e sobbalzare sul posto.
"Cristie, sei in bagno?"
Domandò una voce femminile e un po' irritata. Era la voce della madre, ne era sicura.
"Ehm, sì..."
"Mmm, ok! Ma non starci troppo, per favore." Rispose con tono più cortese.
Andrea si affrettò a lavarsi il viso e a fare le sue incombenze per uscire il prima possibile. Timidamente, si rifugiò nella stanza in cui aveva dormito e poté osservarla alla luce del sole. Le sembrava di aver già visto quella stanza da qualche parte. Il letto composto da un poggiatesta in legno chiaro aveva qualcosa di estremamente familiare. Così come l'armadio, dello stesso legno chiaro con venature scure. Notò una mensola piena di dischi in vinile di gruppi musicali che non aveva mai visto, solo qualche album più famoso tipo i Beatles, ma nient'altro. Chissà chi erano tutti quei cantanti, e dov'era il giradischi? Continuò a guardarsi intorno e a familiarizzare con tutti gli oggetti e, di colpo, la madre di Cristie piombò nella sua stanza con un asciugamano a coprirle il corpo.
"Cristie, sei ancora in pigiama? Muoviti, la signora Clarence ti aspetta per le nove e mezza, o te ne sei dimenticata?"
Andrea si voltò spaesata verso di lei. "La signora Clarence?"
"Cristie, oggi non hai scuola e devi darmi una mano. Sbrigati, fai colazione e poi va' dalla signora Clarence. Mentre badi al piccolo Jean, ti ricordi di stendere i panni e spolverare in soggiorno? Se dovessi aver bisogno di me sai dove trovarmi."
Velocemente sparì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Sempre più confusa, Andrea si guardò intorno cercando di comprendere quello che quella donna le aveva appena detto. E adesso cosa avrebbe dovuto fare? Si avvicinò all'armadio e sbirciò i vestiti di Cristie. Aveva un'interminabile sfilza di minigonne a pieghe, camicette striminzite e magliette aderenti. Niente pantaloni, niente gonne lunghe o vestiti normali. Ma che razza di ragazza era questa Cristie? Di colpo la madre si riaffacciò alla porta facendola sobbalzare dallo spavento. Indossava un casto vestito al ginocchio a quadretti bianchi e rossi col colletto bianco, classico e sobrio.
"Sei ancora così? Guarda che sono quasi le nove, sbrigati! Ma che hai stamani?"
Qualcuno suonò alla porta e la donna sbuffò spazientita. "Oh, e adesso chi sarà mai?"
Chiuse la porta sparendo dalla vista di Andrea. Adesso sì che si sentiva nei guai.
Trovò un vestitino in tinta unita abbastanza lungo per i suoi gusti e decise di indossare quello. Si dedicò ai capelli, non sapendo minimamente in che modo acconciarsi, ma trovata una spazzola in un cassetto, iniziò a spazzolarli con energia finché qualcuno non bussò alla porta della sua stanza.
"Avanti."
La ragazza della sera prima fece capolino, osservandola timidamente. "Ciao, posso entrare?"
Andrea rimase di stucco a vederla lì. Non aveva avuto l'impressione che fossero molto amiche la sera prima, o almeno non tanto da giustificare quella visita.
"No... vieni, entra." La invitò gentilmente.
La nuova arrivata fece alcuni passi all'interno della stanza con aria mite e cauta. "Scusa se ti disturbo, ma..."
Di colpo la porta si aprì per l'ennesima volta. "Scusa Mary. Cristie, mi raccomando, sono le nove e dieci e devi ancora fare colazione." Si fermò con aria trafelata cercando di mettersi un orecchino di perla.
"Tranquilla mamma... mi aiuterà Mary... con... il bimbo." Balbettò Andrea.
Non si ricordava più il nome del bambino che avrebbe dovuto accudire, ma grazie a quella donna seppe il nome della ragazza.
La donna le lasciò un'ultima occhiata ammonitrice e si decise ad andarsene.
"Ok, mi raccomando. Ciao Mary, buona giornata."
Sorrise all'amica della figlia, che le sorrise di risposta, e finalmente uscì definitivamente. Arrivò un ennesimo "ciao" provenire dal soggiorno e la porta d'ingresso si chiuse con un tonfo. Mary guardò Andrea sgranando gli occhi.
"Ma è sempre così rompicoglioni?"
Andrea rimase un attimo sorpresa dal termine usato, ma cercò di non darlo a vedere e si riprese subito.
"Ehm... anche peggio a volte." Sorrise tiratamente.
Mary si gettò sul letto e afferrò una bambola di pezza per giocarci. "Quindi devi badare al solito moccioso, oggi?"
"Sì... devo andare da lui alle nove e mezzo."
"Fortuna che abita qui davanti. Ti è già andata male per il bambino in sé, figurati se avessi dovuto attraversare la città solo per badargli. Si chiama Jean, vero?"
Andrea fece un grande sospiro di sollievo, si era già dimenticata del nome che le aveva detto la madre di Cristie, e adesso sapeva anche dove avrebbe dovuto andare.
"Sì, proprio lui. Perché?"
Mary fece una faccia nauseata. "La signora Clarence è una donnetta insulsa e superficiale con la voce stridula. Dovrebbe smetterla di lavorare per quel dottore giù all'angolo e badare personalmente a quel bambino piagnucolone. Forse così anche il marito smetterebbe di farle le corna."
Andrea la guardò sgranando gli occhi. "Come fai a sapere una cosa del genere?"
L'altra sbuffò divertita. "Credo che l'unica che non sappia che il marito le fa le corna sia proprio la signora Clarence, ma a quanto vedo nemmeno tu lo sapevi."
La guardia con uno sguardo che ad Andrea diede i brividi. Tornò ad acconciarsi i capelli, cercando di legarsi un nastro intorno al capo a mo' di cerchietto. Notò che la sua ospite la stava osservando con aria un po' schifata ma fece finta di niente. D'altronde nemmeno lei era vestita decentemente. La gonna che indossava era davvero sconcia, specialmente per gli anni in cui vivevano, e la camicia legata in vita le lasciava scoperto l'ombelico. Aveva intenzionalmente lasciato sbottonati i primi bottoni, lo si capiva subito ma decise di non commentare.
Di colpo Mary balzò in piedi e si avvicinò a lei con aria grave. "Cristie, non sono venuta perché ci lega una bella amicizia, è inutile che fai finta che ti stia simpatica."
Incredula e un po' irritata, Andrea la guardò a bocca aperta. "E allora perché sei qui?"
Mary la guardò fissa negli occhi e le si avvicinò con un'espressione estremamente seria. "Devi aiutarmi a recuperare la mia tavoletta Oujia, l'ho dimenticata alla villa, ieri sera."
Andrea la fissò e un brivido la percorse attraverso la spina dorsale. Le era sembrata una cosa stupida entrare in quella casa una prima volta, non aveva nessuna intenzione di ripetere l'esperienza per una stupida tavoletta. Ma qualcosa le disse che Mary non avrebbe mai ricevuto un no come risposta.
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