19.
Zayn controllò l'orologio, seccato. Odiava i ritardatari. Improvvisamente la porta del locale si aprì:
-È permesso?-
-Entra- fece lui, avvicinandosi. Un ragazzo mingherlino, poco più basso di lui e dall'aria adolescenziale gli sorrise e gli porse la mano:
-Salve, sono Tobias Robinson. Lei è il signor Malik, giusto?-
Zayn storse la bocca, stringendogli la mano:
-Sono Zayn, dammi del tu e sappi che sei in ritardo-
Il ragazzo spalancò gli occhi, arrossendo:
-Oh, mi scusi...volevo dire, scusami... l'autobus era in ritardo, mi spiace...-
Zayn alzò le mani, fermandolo.
-Ok. Sul tuo curriculum hai scritto di aver esperienza: dove hai lavorato?-
-Ehm, al caffè dei miei zii...-
-In un bar? Quindi sai stare al bancone?-
-Sì, so fare il caffè e servire al bancone- lo assicurò il ragazzino. Zayn lo scrutò: aveva il sospetto che il giovane avesse mentito sulla sua età, perché gli pareva impossibile che fosse maggiorenne.
-Hai con te un documento di identità?- Gli chiese. Il ragazzo aggrottò la fronte:
-Certo. Perchè?-
-Voglio verificare che tu non sia minorenne, o cose così-
-Beh, sappi che compio diciotto anni oggi- esclamò il ragazzo, mentre rovistava nel portafoglio e ne estraeva la carta di identità.
-Quindi hai mentito sul tuo curriculum- obiettò Zayn.
-Solo un pochino, ma ti assicuro che è l'unica cosa- rispose Tobias, guardandosi intorno.
-Studi? Lavori?-
-Studio, purtroppo, ma ne avrò ancora per poco. Mi diplomo a breve-
-Come mai cerchi lavoro adesso? Ora sei nel bel mezzo dello studio. Mi ricordo bene cosa vuol dire- disse Zayn, rivolgendo un pensiero malinconico al suo amico Louis, ed indirettamente anche a Liam, ancora a Los Angeles.
-Mi butteranno fuori col minimo, vogliono sbarazzarsi di me- commentò in tono sarcastico il ragazzo.
Zayn annuì, sovrappensiero. Tobias si sentì intimidito sotto quello sguardo scrutatore.
-Tobias, non offenderti, ma non credo che tu corrisponda a ciò che sto cercando. Io ho bisogno di una persona adulta, responsabile, affidabile, che sia automunita e che possa star fuori la notte senza problemi. Forse hai travisato l'annuncio...-
-Aspetta, frena. Mi stai silurando senza farmi fare la prova anche se è il giorno del mio compleanno?- Si offese lui, corrucciato.
-A quanto pare, sì- affermò Zayn, sperando che il ragazzino non se la prendesse a male.
-Non è giusto. Cosa mi manca? Abito da mia zia che sta a tre isolati da qui, soltanto che oggi mi son fermato a scuola e l'autobus era in ritardo, ma l'auto non mi serve, posso farla tranquillamente a piedi o in bici. I miei zii mi lasciano solo al bancone quando hanno bisogno, e se vuoi posso farmi dare delle referenze- Insistette Tobias, guardandosi con desiderio attorno. A Zayn dispiacque, così decise di concedergli una chance.
-Ok. Allora preparami un caffè- capitolò, sperando di accumulare maggiori prove del fatto che il ragazzo non fosse adatto al Black&White. Tobias si illuminò, sorridendo:
-Grazie! Faccio subito- e lasciando cadere su una sedia giacca e tracolla, si fiondò dietro al bancone, andando a lavarsi le mani. Un punto per lui. Cercò il necessario muovendosi con disinvoltura, e gli preparò un caffè decente. Zayn, seduto al bancone per una volta dalla parte del cliente, dovette ammettere che, età ed aspetto fanciullesco a parte, il ragazzo pareva sveglio.
-Ok. Sai preparare cocktail? Sai prendere gli ordini ai tavoli?-
-No, ma ho molta memoria ed imparo presto- lo assicurò Tobias, speranzoso.
-Senti un po'. Come mai vuoi lavorare qui? Come mai hai inviato il curriculum?- Volle sapere Zayn, e la risposta fu come un pugno in faccia.
-Perché il mio fratellastro si è sparato nel retro di questo locale, e tu eri il suo migliore amico-
Zayn si alzò di scatto.
-Sei il fratellastro di Ryan-
-Sì-
-Ma che... Cosa vuoi da me? Mi dispiace per tuo fratello, ma non vedo motivi validi perché tu lavori qui, Tobias- affermò, serio.
-Se anche non mi assumerai, non importa. Troverò qualcos'altro- disse il ragazzo, scrollando le spalle.
-Aspetta. Praticamente non ti conosco, Ryan non mi parlava della famiglia di sua madre, ma se c'è una cosa che ho capito, era che si sentiva escluso perché lei si era ricreata una vita perfetta e felice con dei figli perfetti e felici. Ora tu capiti qui così. Scusami, ma la cosa mi puzza-
-Ok. Fai finta che non te l'abbia detto. Io sono Tobias, e basta-
-Ma cosa ci fai a casa di tua zia? Perché non abiti con i tuoi?- Insistette Zayn.
-I miei non vivono più insieme. Mia madre se ne è andata, ed a mio padre non gliene frega niente di noi. Son venuto qui, dalla sorella di mio padre. Visto che odio la scuola voglio trovarmi un lavoretto. Mi pareva un buon compromesso, questo- confessò il ragazzo.
Zayn era combattuto. Da un lato, avrebbe voluto liberarsi di lui, perché cercava qualcuno che lo sostituisse mentre andava a Los Angeles, ma dall'altro c'era qualcosa che lo faceva tentennare. Non era il fatto che fosse il fratellastro di Ryan; era la sua espressione mentre gli diceva che a suo padre non gliene fregava niente di loro.
-Alle otto in punto qui, e sappi che non tollererò un minuto di ritardo. Marley ti spiegherà qualche cocktail semplice. È solo una prova. Buon compleanno- disse Zayn, e l'espressione felice che ricevette in cambio gli fece nascondere un sorriso.
Più tardi, era al telefono con Liam.
-Tornerò dopodomani. Come va lì?-
-Bene. Stasera un ragazzino viene a fare una prova- rispose Zayn, accendendosi una sigaretta.
-Un ragazzino?-
-È maggiorenne, anche se non sembra. E se ti dico chi è, non mi crederesti-
-E chi è?-
-Il fratellastro di Ryan. Abita coi suoi zii, a tre isolati da qui. I suoi non sono più insieme-
Il silenzio interdetto di Liam fu eloquente.
-Non preoccuparti, Liam. Non è per questo che gli lascio fare una prova. So quello che faccio-
-Ma certo, amore. Lo so. Il mio silenzio era soltanto di sorpresa. Spero non ti porti a galla brutti ricordi- lo rassicurò Liam.
-Mi manchi- confessò Zayn, e la conversazione finì su altri binari.
La serata di prova andò bene. Tobias era sveglio ed imparava in fretta, e soprattutto aveva un bel modo di rapportarsi con la gente. Liam lo conobbe qualche sera dopo, ed in qualche modo capì perché Zayn fosse rimasto colpito dal ragazzo: gli ricordava tantissimo il sé stesso di qualche anno prima.
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-Sei mesi dopo-
Nel mondo di Harry, qualcosa stava gradualmente cambiando.
Le sue note, che lo avvolgevano come coperte calde durante un gelido pomeriggio invernale, erano solide, a trama fitta. Ultimamente, però, Harry aveva notato che alcune di loro ogni tanto si sfilacciavano leggermente, assumevano un aspetto più sottile, come se in trasparenza potesse vederci attraverso. E al di là delle note vedeva dei volti. Quello di sua madre, che credeva fosse una illusione, perché i ricordi legati a lei erano ricordi di bambino, nebulosi come sogni.
Quello di Louis, che era importante, il quale però viveva al di là delle note. Quello di Liam, Zayn, Niall, di sua sorella, ed anche altri, quelli di persone che si occupavano di lui, in quel luogo sconosciuto, e che erano come ombre nei retroscena delle sue note, quasi invisibili.
Tutti quei volti erano rimasti sepolti nella sua memoria, ed ora le note iniziavano a lasciarli trasparire di nuovo. Non se li era mai scordati completamente, ma avevano la stessa consistenza dei sogni, erano lontani, li vedeva come attraverso un vetro spesso e contorto.
Le note, invece, erano reali. C'era stato un tempo in cui lui le aveva esternate. Lui... le sapeva suonare. Sì! Il piano. Lui possedeva un pianoforte a coda, bianco. Spirali di note verso l'alto... o forse, fumo. Sì! Fumo di incensi che lui amava accendere in una stanza tutta bianca. C'era un divano bianco, e c'era un bauletto che conteneva qualcosa di importante. Qualcosa che lo lasciava senza parole.
Harry era agitato. Il personale della clinica se ne era accorto sin dal mattino, ma la cosa era stata graduale, negli ultimi giorni.
Harry si sentiva impazzire. Non riusciva più a capire cosa fosse reale, e cosa non lo fosse. Sentiva il cuore in gola, sentiva di essere sull'orlo di un precipizio, in cima ad una vetta, al di là di un velo sulla realtà. Le note erano trasparenti come le pashmine di seta che aveva portato a casa dall'India qualche anno prima per sua madre e sua sorella. E la consapevolezza di una realtà che credeva fosse un sogno iniziò a farsi strada in lui, e con essa un senso di colpa dilagante.
Quando Louis gli prese le mani e si inginocchiò davanti a lui, che era seduto su una poltrona, Harry prese a singhiozzare. Louis gli accarezzò il volto, confortandolo, mentre Harry veniva investito in pieno dal senso di colpa.
-Louis, mi dispiace-
-Amore mio, non hai fatto niente di male. Sono qui. Sono così felice...-
Harry guardò con stupore il viso radioso del suo compagno, del suo amore, della sua musa ispiratrice, ed all'improvviso tutto il tumulto che aveva nel cuore si placò. Il suo bellissimo viso nitido, reale. Con le mani che tremavano gli scostò dei fili verdi di note dalla fronte.
-Sei qui- si stupì.
-Non me ne sono mai andato- confermò il giovane, commosso.
-Io... mi sento confuso- rivelò Harry, aggrottando le sopracciglia e portandosi le mani al viso. Il tremore era intenso, e Louis gliele afferrò, come sempre, per placare il movimento.
-Non importa, non preoccuparti. C'è tutto il tempo- lo blandì Louis, mentre lacrime di sollievo gli rigavano le guance.
09/05/2017 spazio autrice: ci ho messo molto a scrivere questo capitolo, che contiene due grandi tematiche.
La prima, un cerchio che si chiude sul passato di Zayn, permettendogli di dare speranza a qualcuno, come Eddie ha fatto con lui.
E poi, la ripresa di Harry. Ricreare su carta (o schermo) qualcosa di così personale e soggettivo come un risveglio, un riprendere coscienza di sé, rischiava di essere poco credibile e banale. Poi mi sono detta che avrei scritto, semplicemente, quello che mi ero immaginata passasse per la testa di Harry. E chi se ne frega se risulta strano: nulla nei Larry di queste due storie è convenzionale😜
Siamo quasi alla fine della storia. Grazie a tutti voi, che leggete, votate e commentate ❤❤❤
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