Capitolo 9
Tornai a casa verso sera, con una voglia matta di buttarmi sul letto e non alzarmi fino al mattino seguente ma, non appena varcato l'ingresso, ogni mio proposito andò velocemente a farsi benedire: Axel mi fissava, stando con le mani infilate nelle tasche di un paio di pantaloni neri in pelle attillatissimi, che gli fasciavano le gambe come un guanto, in piedi nel mezzo del soggiorno.
Lasciai vagare lo sguardo sulla sua figura e mi morsi le labbra, quella visione non mi aveva lasciato del tutto indifferente, finché non raggiunsi il suo volto. Lo scoprii intento a lanciarmi una lunga occhiata carica di sottintesi, così sospirai e tentai di riprendere lucidità -E' successo qualcosa?- gli chiesi.
Si avvicinò lentamente, usando un passo volutamente lento e sinuoso mentre sosteneva con il suo sguardo magnetico e ammaliante il mio alquanto perplesso.
Continuò a camminare fin quando non restarono che pochi centimetri a dividere i nostri corpi l'uno dall'altro e, a quel punto, allungò una mano verso il mio viso e mi assestò un leggero colpetto con le dita sulla mascella -Tesoro, in questo modo mi consumi- sussurrò sfacciato, le sue labbra si schiusero in un sorrisetto che lasciava trapelare l'esatto compromesso tra malizia e divertimento.
Sbattei le palpebre mentre lo guardavo, confuso -Che...stai facendo?-
In tutta risposta il corvino scrollò le spalle e sporse il braccio oltre la mia guancia, prendendo dall'appendiabiti dietro di me un giubbotto di pelle, che poi indossò con calma -Ora sono io a dover andare a lavoro. Fai il bravo mentre non ci sono, intesi?- disse con fare provocatorio, i suoi occhi che scintillavano come percorsi da piccole scariche elettriche, poi ridacchiò e nell'uscire di casa mi spinse leggermente all'indietro, sparendo successivamente dalla mia vista.
Okay... cosa è appena successo... ?
Sbuffai e mi richiusi la porta alle spalle per poi salire di sopra e raggiungere finalmente la mia camera, mi lasciai cadere sul letto a peso morto e chiusi gli occhi.
Axel è decisamente strano, non era la prima volta che lo pensavo però era la prima volta in cui pensavo che fosse strano in modo "normale", della serie strano come potrebbe esserlo un ragazzo che cerca di rimorchiare ad una festa.
Mi alzai a sedere di scatto e feci una smorfia, toccando poi sulla mascella il punto dove le sue dita erano entrate a contatto con la mia pelle. Il pensiero che avesse cercato di rimorchiarmi mi allettava e disgustava contemporaneamente; avevo detto solo qualche ora prima a Viktor che Axel mi piaceva ma credo che, dopotutto, una piccola parte di me si rifiutasse ancora di accettarlo.
Axel non si era mai comportato così con me e, soprattutto, era sempre stato ben attento a non sfiorarmi nemmeno per sbaglio e il fatto che, invece, in quel momento lo aveva fatto con tanta disinvoltura mi aveva lasciato spiazzato del tutto. Lo avevo guardato nella più completa incredulità, con una faccia da ebete sicuramente, mentre indossava la giacca e se ne andava.
Il mio sguardo si andò a posare sul panorama che si intravedeva oltre la finestra della mia stanza e mi persi nei pensieri; ebbi l'impressione che, quel ragazzo, sarebbe sempre stato dieci passi avanti rispetto a me su qualsiasi cosa. Era così misterioso, intrigante, folle e bello da far male. Teneva lui le redini del gioco, abile seduttore e scaltro calcolatore. Solamente un piccolo dettaglio gli era sfuggito: io. Non si aspettava di poter incrociare la sua strada con la mia, che, a detta sua, ero uno di quegli individui che gli avevano rovinato la vita e dei quali aveva una tremenda paura. Era rimasto totalmente spiazzato, scioccato al punto di volermi tenere a distanza ma non abbastanza determinato nel farlo.
Prima o poi me lo dirai cosa ti terrorizza...
Un'ombra si mosse rapida, fuori, e catturò il mio sguardo. Corrucciai la fronte e tentai di aguzzare la vista per controllare meglio, ma nella strada di fronte casa mia regnava sovrana l'immobilità della notte e il nero predominava assoluto su ogni altro colore. Non c'era anima viva in giro ma ciò, invece che rassicurarmi, contribuì a far lievitare nel mio animo un forte senso di inquietudine.
All'improvviso un tuono mi fece sobbalzare sul posto e, mentre un fulgido ramo di luce saettava nell'oscurità, squarciando il cielo buio, davanti alla finestra comparve una figura incappucciata; niente di lei si intravedeva dallo spesso tessuto scuro all'infuori degli occhi verdi e privi di emozioni, minacciosi, e delle labbra, che si piegarono subito in un sorrisetto obliquo poco rassicurante. Abbassò lo sguardo e, nel seguirne la traiettoria, sgranai gli occhi per poi scattare all'indietro di qualche passo: tra le dita brandiva un coltellaccio lungo e affilato, con l'impugnatura, lavorata, in oro.
Ci fu un altro tuono, seguito da un paio di lampi, e la figura scomparve davanti ai miei occhi, silenziosa come era venuta, disfacendosi in cenere poi trasportata lontano dal vento. Rimasi completamente immobile, i muscoli del corpo impietriti dal terrore che aveva trovato una crepa nella mia armatura e vi si era insinuato svelto, subdolo e tenace, raggiungendo in poco tempo ogni fibra del mio essere.
Dopo un paio di minuti, durante i quali mi sembrò di aver perso qualsiasi facoltà mentale e motoria, mi riscossi e mi precipitai verso la finestra, assicurandomi di chiudere bene sia essa che le imposte. Altrettanto toccò a tutte le altre finestre presenti in casa e feci scattare la serratura della porta d'ingresso per ben quattro volte ma, comunque, mi sentivo lo stesso esposto, vulnerabile ed in balìa di un potenziale serial killer.
Mi passai più volte le mani tra i capelli mentre camminavo nervoso, facendo avanti e indietro, per il soggiorno.
Grandioso, Sam! Ci mancava solo uno psicopatico, stalker, che vuole prenderti e spolparti vivo!
-Che cazzo! Mai che me ne vada bene una in questa fottuta vita di merda!- gridai per poi iniziare a ridere istericamente, lacrime di pura frustrazione si affacciarono ai miei occhi, premendo per uscire, ma prontamente le ricacciai indietro. Avevo giurato a me stesso che mai più nella vita mi sarei concesso il lusso di essere debole e piangere, e avevo tutta l'intenzione di mantenere fede a quel giuramento nonostante la crisi di nervi più che imminente.
-Okay, Sam- sospirai, passandomi una mano sulla faccia, per poi serrare le palpebre -Fa un respiro profondo... Ce la puoi fare- devo ammettere che, forse, come tecnica non era eccezionale però lentamente stava funzionando per cui non me ne lamento.
Riaprii gli occhi, più calmo, e andai a prepararmi una bella tazza fumante di cioccolata calda poi tornai in soggiorno e accesi la televisione. Mi sedetti sul divano, coprendomi con un plaid, e sorseggiai piano la bevanda dolce mentre i miei occhi erano incollati allo schermo.
Ci volle qualche minuto ma riuscii a riprendermi quasi del tutto dallo shock; ecco, quella...potrei decisamente definirla come il tipo di serata che, a quei tempi, consideravo ideale. Cioccolata calda, coperta e televisione. Senza niente e nessuno ad infastidirmi o a stravolgere totalmente la mia vita, la mia quotidianità...la mia sanità mentale...
Non so dire con precisione per quanto tempo ero rimasto lì ma, nel pensare ad Axel e alle imprese di seduzione che aveva intrapreso nei miei confronti qualche ora prima, un campanello d'allarme si attivò nella mia testa. Lui era a lavoro e quel tizio inquietante a piede libero. Un'incontrollabile ondata di preoccupazione mi investì con la stessa rapidità di un treno ad alta velocità, spingendomi ad alzarmi dal divano e dirigermi verso la porta con l'intenzione di uscire e andare a prenderlo. Lo avrei riportato a casa, al sicuro, anche a costo di trascinarlo ma non ce ne fu bisogno perché si materializzò inaspettatamente davanti a me, sbucando, letteralmente, fuori da una fitta oscurità comparsa fulminea dal nulla.
-Ma cosa...?- farfugliai.
È un sogno?
L'unico problema era che non rammentavo affatto di essermi addormentato.
O forse sono impazzito? Si, deve essere così...
Mi si avvicinò e afferrò con decisione il mio braccio -Devi venire con me- era stato così serio nel parlare che per un momento mi ero spaventato.
Come fa a sembrare tanto innocente e sensuale al tempo stesso? Pensai mentre lo guardavo.
Era impressionante quanto, in soli due giorni, la situazione stesse cambiando tra noi; che si fidasse o meno, però, continuavo ad avere comunque la sensazione che combattesse costantemente contro l'istinto di uccidermi.
-Cosa? Perché? Non ho la minima intenzione di muovermi da questa casa dopo ciò che ho visto lì fuori!-
-Sam, non capisci? È proprio per questo che dobbiamo andarcene!- esclamò, tirandomi verso quella cosa nera dalla quale era spuntato. Ebbi il netto presentimento che lui sapesse a cosa mi riferivo e che, ancora una volta, ne sapesse molto più di me al riguardo.
-Dove vuoi portarmi?-
-Ad Ifrinn-
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