Capitolo 8
Quella mattina il sole splendeva alto in un cielo azzurro limpido, la calma regnava sovrana nella mia casa ed io, ancora steso nel mio letto morbido, avvertivo una sensazione di quiete che da tempo era scomparsa e che non avevo fatto altro che agognare.
Mi sentivo meravigliosamente calmo quella mattina, in pace con me stesso e con il mondo, ma seppi, come folgorato all'improvviso da quella consapevolezza, che tutto ciò non sarebbe durato a lungo; infatti, a sole poche porte di distanza dalla mia riposava il ragazzo che mi aveva stravolto repentinamente la vita.
Facevo fatica a credere a tutto ciò che mi aveva rivelato in quei giorni, soprattutto la sera scorsa, e non riuscivo a capacitarmi del fatto che lui in realtà fosse un demone mentre io, a sentir lui, un angelo nero. Dovevo ancora metabolizzare la cosa e comprendere pienamente di che tipo di creatura si trattasse.
Certo, Axel me lo aveva spiegato ma c'era sempre qualcosa che mi sfuggiva, qualche piccolo ma decisivo dettaglio che mi portava a dubitare sia della vita che avevo condotto fino a quel momento che della veridicità delle sue parole e dunque della reale esistenza di una sorta di mondo parallelo in cui tutti quegli esseri vivevano imprigionati da secoli.
Se io sono un angelo nero, anche i miei genitori lo erano? Perchè me lo hanno tenuto nascosto? Cosa temevano?
Avevo pensato, infatti, che doveva esserci una ragione valida a spiegare il loro non volere che io ne venissi a conoscenza anche se, a dire il vero, nel profondo continuavo a sperare che niente di tutto ciò fosse reale...ma lo era! Dovevo fare i conti con quella scoperta, dopotutto io stesso avevo sempre avuto il presentimento di non appartenere a questo mondo.
Non appena avevo appreso che sul serio era così avevo avuto paura, la stessa paura che in quel momento mi stava tenendo incollato su quel letto, in balìa di un vortice confuso di pensieri e dubbi che pian piano si espandeva sempre più impedendomi di razionalizzare nient'altro che quella paura paralizzante.
Tutta la mia vita ruotava attorno ad una grande, mastodontica, incognita. La mia vita stessa era diventata un'incognita!
Mi alzai a sedere sul letto e sospirai, mettendo a tacere con decisione tutto quel flusso di pensieri corrosivi, che non sapevano far altro che creare confusione nella mia testa e lasciarmi privo di energie già dal primo mattino, e scesi dal letto indossando vestiti puliti.
Uscii dalla mia camera e mi recai di sotto, in cucina, dove mi sorpresi nel trovare Axel intento a preparare la colazione ai fornelli. Sbattei le palpebre un paio di volte e poi scossi la testa, andando a prendere il necessario per apparecchiare la tavola per due.
-Buongiorno!- sentii dire alle mie spalle, voltai appena il capo e lo vidi sforzarsi di sorridermi leggermente.
-Buongiorno- farfugliai in risposta -Ehm, dormito bene?-
-Si. Ti vanno bene i pancakes?-
-Oh? Si... si, certo- accennai un sorriso e presi posto a tavola mentre lui serviva i pancakes su un piatto.
Quella scena apparve molto surreale ai miei occhi ma al contempo possedeva un certo non so che di familiare e rassicurante, il che era assurdo e senza una logica; quel ragazzo lo conoscevo appena e l'unica motivazione che mi aveva spinto ad offrirgli di venire a vivere con me era stata la speranza di poter ricavare qualche informazione in più da parte sua, una volta convinto a fidarsi.
Ma chi vuoi prendere in giro Sam?!
Mi rimproverai mentalmente mentre cercavo di mantenere lo sguardo fisso sui pancakes, che stavo mangiando lentamente, e di non posarlo invece su di lui, che divorava i suoi con gusto.
Avevo creduto sul serio a quella bugia che mi ero raccontato, prima che cominciasse ad arrivare tutto quello; momenti di pura, semplice, normalità che stavano riuscendo con poco e fin troppo facilmente a smontare quel precario castello di carte che mi ero costruito attorno.
-Che hai?- la sua voce mi riportò al presente.
-Mh, cosa?-
-Va tutto bene? Hai una faccia strana- mi scrutò con attenzione, poi soffermò il suo sguardo apprensivo nei miei occhi.
-Si tranquillo, perdonami non volevo farti preoccupare- gli sorrisi debolmente.
-Guarda che non ero affatto preoccupato per te, è solo che non capivo perché avessi quell'espressione da pesce lesso! -
Sbuffai una risata ed alzai gli occhi al cielo, divertito. Era evidente che quel ragazzo, orgoglioso come era, non avrebbe mai ammesso di essere apprensivo nei miei confronti nemmeno se sottoposto alla più crudele delle torture. Probabilmente era spaventato e confuso da tutto ciò, esattamente come lo ero io.
-Finiamo di mangiare, dopo devo andare a lavoro- dissi, dopodiché ripresi a mangiare velocemente.
-Che lavoro fai?-
-Il barista, perché? - lo guardai, mentre terminavo la mia colazione. Axel, invece, doveva già aver finito da un pezzo senza che me ne accorgessi: aveva incrociato le braccia sul tavolo e mi osservava, curioso.
Scrollò le spalle -Per nessun motivo in particolare, era solo curiosità la mia-
-Okay- dissi per poi alzarmi -Io vado- lo salutai con un cenno del capo ed uscii di casa, dirigendomi verso il bar in cui lavoravo.
Superata l'ora di punta, durante la quale il bar si riempiva di ogni tipo di cliente, finalmente ebbi qualche minuto tranquillo in cui potermi riposare. Quella era in genere la parte più movimentata e stressante della giornata, quella che mi faceva tornare a casa stanchissimo, perciò avevo tutte le intenzioni di godermi quel momento invece più pacifico.
All'improvviso, però, il campanellino della porta d'ingresso si mise a trillare, facendomi sospirare rassegnato. Spostai lo sguardo verso l'ingresso e solo allora mi resi conto che ad entrare era stato Viktor. Gli sorrisi -Hey, che ci fai qua?-
Lui mi raggiunse al bancone e ci si appoggiò con le braccia -Non posso venirti a trovare a lavoro?- mi chiese, ridacchiando.
-Certo che puoi, idiota! - ridacchiai a mia volta per poi dargli una pacca sul braccio.
-Ah, ecco!- sorrise -Allora? Come vanno le cose? Da quella volta poi sei sparito e praticamente non so più nulla di te.
Potevi farti vivo ogni tanto, brutto idiota!- esclamò, rivolgendomi una piccola occhiata di rimprovero.
Sospirai sonoramente, passandomi una mano tra i capelli mentre lo guardavo e mi mordicchiavo le labbra -Lo so. Hai ragione, Vik. Ti chiedo scusa. Sono stato davvero un amico di merda. Il fatto è che, in questo ultimo periodo, sono stato completamente assorbito da tutta una serie di cose che tutt'ora fatico a realizzare completamente-
Viktor mi osservava attentamente mentre parlavo, studiando la mia espressione -Che genere di cose? Sei tornato di nuovo in quel posto e sei finito nei guai?-
Scossi la testa -No, non sono nei guai. Non preoccuparti-
-E allora di cosa si tratta? Dai Sam, parla, non tenermi sulle spine!-
-Va bene, okay, ma calmati- ridacchiai appena, poi mi presi qualche secondo di tempo per riflettere e cercare il modo giusto per spiegargli tutto quanto. Ma esisteva davvero un modo più giusto rispetto ad un altro per rivelare quel genere di cose? Io stesso mi stavo mettendo d'impegno per non considerarmi e considerare Axel un folle, quante possibilità c'erano di non far pensare al mio migliore amico che lo fossi davvero?
-Allora? Devo tirarti fuori le cose con le pinze?-
-Dammi un attimo, okay? - sbuffai, divertito dalla sua impazienza -Dunque, da dove comincio...- borbottai.
-Se non lo sai tu...- ribatté lui, beccandosi un'occhiataccia da parte mia che lo fece ridacchiare -Dai su, parla una buona volta!-
-Ti giuro che mi vendicherò, prima o poi!- lo minacciai.
-Certo, ovviamente- rise.
Accennai un sorriso e scossi il capo -Idiota... Comunque, ti ricordi quando mi hai fatto, molto delicatamente, notare che forse qualcuno poteva avermi conquistato lì al locale?-
Lui mi guardò negli occhi e annuì all'istante -Ci avevo azzeccato, giusto?-
Annuii in silenzio mentre un piccolo sospiro sfuggì alle mie labbra nel pensare che, proprio in quel momento, quel qualcuno si trovava in casa mia -Si chiama Axel e lavora in quel posto, anche se non so esattamente quale possa essere il suo compito. Diciamo che credo sia, ehm, una sottospecie di intrattenitore per la gente che frequenta il locale-
Viktor inarcò un sopracciglio -Okay, non credo di voler sapere altro. Dimmi solo se lui ti ricambia-
Sospirai -Non lo so Vik, è tutto complicato...-
-Cosa, esattamente, è complicato? Ha già un altro? È sposato con figli?-
-No! Diavolo, Vik!- sbottai, un po' infastidito da quelle insinuazioni. Anche solamente il pensiero che quella sua idea potesse essere reale mi stava mandando fuori di testa e un'insolita ondata di rabbia e fastidio stava invadendo tutto il mio corpo senza che ne capissi la motivazione...o meglio, in verità ne ero pienamente consapevole... L'istinto aveva parlato forte e chiaro: lui doveva essere solo mio!
Lo vidi alzare le mani ai lati del suo volto, in segno di resa, e ridacchiare perplesso -Hey, hey! Calmati Sam, stavo scherzando-
Mi passai una mano sulla faccia, socchiudendo gli occhi ed imponendomi la calma -Scusa- farfugliai.
-Ti piace proprio tanto, eh?- osservò lui con voce comprensiva, tornando ad appoggiarsi con i gomiti sul bancone.
Feci per replicare ma la risposta morì là dove stava per nascere, in gola; non appena avevo spostato lo sguardo sulla vetrina alle sue spalle non ero più riuscito a far connettere il cervello con la bocca, così ciò che avevo avuto intenzione di rispondere era rimasto bloccato nel mezzo. Fuori, c'era un ragazzo quasi completamente incappucciato che, con i suoi occhi verde smeraldo, mi fissava attraverso la vetrata; uno sguardo gelido che sembrava promettere dolore, atroci sofferenze, morte persino. Uno sguardo che fu capace, in quei pochi secondi in cui aveva incrociato il mio, di farmi accapponare la pelle.
-Sam?- una mano comparve all'improvviso davanti alla mia faccia, interrompendo il contatto visivo tra me e quel ragazzo -Sam! Mi stai ascoltando almeno?!-
Tornai a prestare attenzione a Viktor e gli sorrisi -Scusa, potresti ripetere?-
Lui sbuffò, scocciato, e picchiò leggermente la mano sulla mia fronte -Sei senza speranze... Ti stavo chiedendo se, quando avrai le idee più chiare, me lo presenterai questo fantomatico ragazzo che ti ha rubato il cuore?-
-Non mi ha affatto rubato il cuore, Vik!- Mi guardò negli occhi e subito dopo iniziò a sghignazzare, facendomi irritare abbastanza -Che hai da ridere?-
-Sam, mio caro Sam, hai detto così anche l'altra volta eppure oggi invece mi hai confermato che avevo ragione io- sulle sue labbra affiorò un ghigno.
-Si si, come ti pare!- borbottai. Spostai nuovamente lo sguardo verso l'esterno e mi sorpresi nel constatare che quel ragazzo era ancora lì, esattamente nello stesso punto, e non sembrava aver mosso un muscolo, poi un paio di ragazze gli passarono davanti e solamente dopo, mentre loro continuavano a camminare ignare, mi accorsi che il tizio era sparito. Non c'era più alcuna traccia di lui, pareva essersi volatilizzato, come se il paesaggio stesso lo avesse inghiottito.
Mi strofinai gli occhi con forza ma, quando tornai a guardare, il ragazzo non era riapparso.
Forse, pensai, non era mai stato lì. Forse la stanchezza mi sta giocando qualche brutto scherzo..
E con ciò iniziai a dubitare seriamente della mia sanità mentale.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro