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Capitolo 2

Il ragazzo corvino si mise in posizione all'estremità opposta del palco e mi invitò con un gesto della mano a farmi sotto.

Era sicuro di sé, troppo sicuro di sé, e la cosa inevitabilmente mi fece sorridere. Non avevo mai perso un incontro di lotta in vita mia e di certo non sarebbe stato un ragazzino del genere, per quanto potesse essere agile e veloce, il mio primo fallimento.

Con uno scatto fulmineo gli fui addosso e gli strappai con violenza la collana dalle dita per poi immobilizzarlo sotto di me, utilizzando come mezzi solamente il mio peso corporeo e la ferrea presa delle mie mani sui suoi polsi. Lo osservai dibattersi e ringhiarmi contro come fosse un'animale in gabbia ma la cosa non sortì alcun effetto: lo tenevo ancora ben saldamente inchiodato a terra mentre i miei occhi, scuri come la notte, lo scrutavano con freddezza.

Era stato troppo sicuro di sé. Io avevo i miei motivi per esserlo: ero sempre stato più forte di qualsiasi persona con la quale mi fossi confrontato. Ero persino troppo forte, anche se non ne avevo mai compreso il motivo. Non riuscivo a capire da dove venisse tutta quella forza e, ormai, avevo smesso di chiedermelo da tempo...

-Non sarà facile, dicevi? Bè, così complicato poi non è stato- dissi al ragazzo mentre ancora lo guardavo in quel modo, la sua collana stretta in una mano.

-È impossibile che tu riesca a farlo!-sibilò lui, continuando a dimenarsi nel vano tentativo di scappare. Sembrava che qualcosa lo spaventasse, il mio sguardo... o forse l'oggetto che stringevo tra le dita? Ansimò nel vano tentativo di liberarsi dalla morsa che lo imprigionava al che, istintivamente, rafforzai la presa.

Perché non vuole che gli metta la collana? E' stato lui a sfidarmi, in fin dei conti...

Di cosa ha paura? È solo una collana!

-Lasciami andare subito, razza di bastardo!-

La voce del ragazzo si fece spazio nei miei pensieri ma nel tornare con la mente e lo sguardo al suo volto impaurito la mia espressione dura non cambiò, la sua ribellione mi spinse soltanto a schiacciarlo di più sul pavimento col peso del mio corpo e a far passare la collana attorno al suo collo pallido.

Lui continuava a dimenarsi, gli occhi sbarrati a causa del panico di cui era andato preda, ma non appena chiusi il gancio della collana si immobilizzò e rimase lì steso sotto di me a guardarmi ad occhi sgranati.

Be'? La sfida era quella, perché mi guarda così?

Smisi di pormi altre domande e mi alzai dal suo corpo sotto lo sguardo attonito degli altri presenti. Ed allora mi fu evidente che molti di loro dovevano aver già provato ma nessuno ci era mai riuscito, tranne me.

-Non è possibile, nessuno poteva riuscirci! Nessuno ci è mai riuscito, li ho respinti...ma tu...- La sua voce sembrò essere incerta mentre si toccava, ancora scosso, il collare che io stesso gli avevo messo.

-Ma, come puoi vedere anche tu, ho vinto e non mi è sembrato così tanto complicato metterti quel gingillo al collo. Non capisco perché sei cosi scosso. Sei stato tu a provocarmi!- la voce mi uscì un tantino stizzita, alterata quasi, e il ragazzo sembrò essere ancora più intimidito.

Lo vidi indietreggiare e alzarsi per poi scendere dal palco e fuggire correndo fuori dal locale.

Scesi dal palco anche io e, con le mani nelle tasche dei pantaloni, mi diressi verso l'uscita. Ero stanco di quel posto. Le persone sembrarono quasi ritrarsi al mio passaggio, come per paura che avrei potuto far loro del male, creando una specie di corridoio che senza tante cerimonie mi affrettai a percorrere.

Uscii lasciandomi alle spalle quel posto, quella gente e anche quel ragazzo fuggito chissà dove. Non mi importava.

Devo dire, però, che quel luogo non mi lasciò del tutto indifferente, non pensai affatto di ritornarci ma seppi di essermene andato via con la voglia di saperne di più che, subdola, mi strisciava sotto la pelle.

Giunsi finalmente al luogo dell'appuntamento con Viktor e nel notare che lui, come del resto era prevedibile, fosse già lì lasciai perdere tutti quei pensieri sciocchi e controproducenti avvicinandomi a lui.

-Heylà straniero, ce l'hai fatta a trovare la strada!- mi sfottè subito non appena mi vide raggiungerlo.

Io semplicemente scrollai le spalle e mi lasciai cadere a peso morto sulla panchina rotta affianco a noi -Non cominciare, ho solo fatto una piccola deviazione prima di venire qui. Non esisti solo tu!- gli risposi divertito e gli mollai un calcio giocoso su una gamba.

Lui mi guardò male e si massaggiò la gamba che avevo colpito per poi mettersi seduto sulla panchina e sospirare -Cosa c'era di così importante da attirare la tua attenzione più di me, sentiamo? Una ragazza? Una vecchietta coi capelli tinti di rosa? Un incidente? Oppure hai visto due tizi azzuffarsi e hai partecipato, eh?- disse sghignazzando appena, con il risultato di beccarsi un altro calcio alla gamba da parte mia.

-No, idiota! Sinceramente è stato qualcosa di molto più assurdo di una vecchietta con i capelli tinti di rosa e adesso vorrei solo divertirmi e dimenticare. Le persone sono pazze! - mi appoggiai alla panchina con tutto il corpo, rilassandomi contro di essa.

Viktor se ne stette in silenzio per un paio di minuti ma sapevo perfettamente che stava pensando a mille domande da fare contemporaneamente e infatti, subito dopo, se le fece uscire tutte quante a raffica -Che cosa ti ha sconvolto così tanto? Hai avuto un incontro ravvicinato con un ufo?-

Sbuffai -Falla finita Viktor! Sono serio, dai... Ho visto un locale particolare mentre venivo qui e sono entrato. Sembrava di essere in uno strano strip club per vampiri, sai?-

Lo vidi farsi più attento -Conosco quel locale ma non ci sono mai entrato e si, dicono sia molto strano. Nessuna persona normale ci metterebbe mai piede e tu, amico mio, sei pazzo- rise, giusto per irritarmi un po'.

Alzai gli occhi al cielo. Si, aveva ragione, ero stato pazzo ad entrare lì dentro ma non riuscivo ad evitare di continuare a pensarci. In particolare non riuscivo a smettere di pensare a quel ragazzo strano a cui avevo messo la collana. I suoi occhi mi erano rimasti impressi, così come la sua paura.

Perché aveva così paura?

-Lo so, sono stato... pazzo. Ma quegli occhi... - Nemmeno mi accorsi di averlo detto a voce alta. Solo quando sentii Viktor ridere mi venne il dubbio,inarcai un sopracciglio e mi girai verso di lui.

-Perché ridi?-

-Qualcuno ti ha conquistato, o sbaglio?- disse rivolgendomi un piccolo occhiolino.

Conquistato? Quel tipo lì?

-Non mi ha conquistato nessuno Viktor, ti sbagli. Ho soltanto vinto una sfida con un moccioso impertinente e basta!- risposi atono e mi alzai dalla panchina.

Viktor roteò gli occhi e li alzò al cielo, poi sbuffò - Ah certo, come dici tu. Però, se posso darti un consiglio, in quel posto non metterci più piede. Ci va solo gente strana e tu non vuoi incontrarla, fidati-

-Sai bene che "strano" è il mio secondo nome Vik, quindi non dirmi queste cose o sta pur certo che andarci di nuovo sarà la prima cosa che farò-

-"Strano" sarà anche il tuo secondo nome, Sam, ma comunque vorrei evitarti dei guai. Non sai com'è la gente che frequenta quel posto e in più nessuno ci va...e se nessuno ci va ci sarà un motivo, no? Le persone non stanno lontane da un luogo se non hanno un motivo valido. -

Il discorso non faceva una piega ma comunque non riuscì a placare né le mia curiosità né tutte le mie domande.

Spalancai le braccia, guardandolo senza scompormi più di tanto -Ho di nuovo dimostrato di avere una forza fuori dal normale. Ho sentito qualcosa quando ero lì, ne sono sicuro. Era un istinto strano Viktor...- feci una piccola pausa ma poi continuai a parlare -Un ragazzo mi ha sfidato a mettergli una collana, una collana dalla quale sembrava essere terrorizzato quando poi sono riuscito a bloccarlo sotto di me. Si dimenava e il suo sguardo era sempre così spaventato... e più lui era spaventato più io percepivo quella forza crescere dentro di me. Come quando da una piccola fiamma poi divampa l'incendio, capisci?-

Quando alzai di nuovo lo sguardo su Viktor lui non sorrideva più, tutto ad un tratto sembrava essere diventato serio, forse anche un po' scioccato.

-Che c'è?- chiesi incerto.

-La tua forza? Cioè, hai... si insomma, un ragazzo ti ha sfidato a mettergli una collana e tu l'hai steso subito? Già altre volte mi hai parlato di questa forza ma... perché questa volta ti è sembrato strano?-

Non capiva, era serio ma non capiva.

-Cazzo! Nessuno è riuscito a mettergliela, solo io! È assurdo! La mia forza è assurda, la sua paura era assurda! - quasi urlai per la frustrazione.

Mi passai le mani tra i capelli sotto lo sguardo indagatore di Viktor. Lui sapeva praticamente tutto di me però quella volta non riuscì a capirmi, non lo incolpavo di certo per quello. Nemmeno io riuscivo a capirmi.

-Forse dovresti andare a casa a riposare, Sam- disse alzandosi e si avvicinò a me, stringendomi una spalla - Magari hai bisogno soltanto di tempo per metabolizzare tutto quanto. Spero per te che quel ragazzo non fosse il figlio di qualche boss o che altro. Dov'è ora?-

-Non lo so. È corso via dopo che gli ho messo quella specie di collare al collo e non penso fosse il figlio di qualche persona importante. Non ho mai visto persone con gli occhi rossi...-

-Magari è una cosa genetica-disse alzando le spalle.

-Vik, erano troppo strani. Non può essere.-

Si lo so, era un pensiero assurdo il mio ma Viktor non fece ulteriori commenti, sospirò e annuì, decidendo di lasciar correre la cosa. Ma io non riuscivo a lasciar correre proprio nulla perché, semplicemente, la mia mente tornava sempre alla stessa identica scena: quegli occhi e quel ragazzo, era come se qualcosa mi sospingesse verso di lui.

-E poi, penso che la tua forza sia normale. Ci sono persone che la forza ce l'hanno senza nemmeno fare esercizi o chissà che- mi disse come se la cosa potesse in qualche modo tranquillizzarmi.

-Non è una forza normale Vik, ne sono sicuro, e se ci penso mi friggo il cervello!-

-Allora non pensarci, semplice. Sai cosa ti dico? Devi distrarti, Sam. Non lo so...fa qualcosa che ti piace o conosci qualcuno, insomma vedi di non pensarci troppo.- Mi guardò sorridendo, poi prese il telefono per inviare distrattamente un messaggio.

E forse, in fondo, mi dissi che aveva ragione lui. Avrei dovuto smetterla di pensarci ma non ci riuscivo. Quel ragazzo, i suoi occhi scarlatti e la sua espressione spaventata mentre mi osservava stringere quella collana tra le dita si erano come stampati indelebilmente nella mia testa.

Desiderai che tutto ciò all'improvviso acquisisse un senso, in qualche modo, ma più ci pensavo e mi facevo domande meno trovavo risposte che mi avrebbero potuto dare una spiegazione ragionevole.

A volte, chissà, forse era meglio lasciare che certe cose rimanessero un mistero.

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