Rosso sangue.
"I can't believe I gave into the pressure
when they said a love like this would never last,
so I cut you off 'cause I didn't know no better,
now I realize..."
Louis Tomlinson.
Ben ebbe la prontezza di fermare Deva prima che riuscisse ad andare via, chiudendo la porta alle sue spalle.
«Voglio sapere che ti succede» le disse avvicinandola a sé, ma la ragazza continuava a ritirarsi e cercava di aprire la porta. «Siamo bloccati, dovrai parlarmi per forza» aggiunse in fretta. Bugia: questa volta Ben aveva addosso la carta elettronica per aprire la porta, ma non poteva lasciare che finisse tutto così.
Ma cosa sarebbe dovuto finire, di preciso? Qualcosa che non era nemmeno iniziato ancora. E pensare che fino a pochi minuti prima non vedeva l'ora di tornare a casa per poter vedere la ragazza! Iniziò a sentirsi così stupido per essersi fidato...
«Senti, non è facile» rispose Deva, cercando di trattenere le lacrime. Ben non capiva il perché di quel suo comportamento, cosa era successo nei pochi giorni in cui lui era stato fuori città?
«Non mi piacciono le cose facili, dovresti saperlo» ribatté lui, le braccia incrociate e lo sguardo duro fisso sulla ragazza che si torturava le mani ansiosa. Ben era preparato alla guerra: se Deva avesse avuto intenzione di ferirlo, non lo avrebbe trovato impreparato, se l'era promesso.
Deva prese un bel respiro e quando parlò sembrò una persona diversa, improvvisamente fredda e con un velo di amarezza negli occhi.
«Ci sono cose di me che non sai, Ben. Veniamo da due mondi diversi».
«Come se nell'ultima settimana i nostri mondi non fossero andati perfettamente d'accordo, vero Deva?» replicò Ben quasi sprezzante. Non capiva dove voleva andare a parare con quel discorso, ma soprattutto non capiva perché avesse cambiato idea da un giorno all'altro, mentre l'unica cosa cui riusciva a pensare Ben mentre era a Nizza era lei.
«Meglio fermarci ora prima di farci troppo male».
«Ti ricordi l'ultima volta su questo tetto? Ricordi cosa mi hai detto?» le chiese, ma Deva gli voltò le spalle e si avvicinò al parapetto nascondendo il suo viso. Ben la seguì e la costrinse a voltarsi. «Guardami negli occhi. Tu mi hai detto "o mi lasci entrare, oppure me ne vado". E l'ho fatto Deva, ti ho fatto entrare nella mia testa, è questo il tuo modo di ricambiare?».
Era evidente che Deva stesse combattendo una battaglia contro sé stessa in quel momento. Gli occhi lucidi e le guance rigate da qualche lacrima che non riuscì a controllare trasmettevano un messaggio ben diverso dalle sue parole: lei voleva stare con lui.
«So che c'è qualcosa sotto, Deva. Si tratta di Nesbitt, per caso? Sa che ci vediamo e ha minacciato di licenziarti? Quel coglione, gli ho pure permesso un'altra data per l'evento» sbottò Ben, ma la ragazza invece di confermare la sua ipotesi scoppiò a ridere.
Ben sentì per un attimo svanire il pavimento sotto i piedi. Non l'aveva fatta parlare ancora, ma almeno l'aveva fatta ridere. Quanto gli era mancato quel sorriso...
«Sei così buono, Ben Barnes» disse lei, asciugandosi le lacrime e carezzando il viso di Ben. Lui non capiva cosa ci fosse di buono nel dare del coglione al suo capo, ma il contatto della mano di Deva sul suo viso lo fece rabbrividire. «Per questo non possiamo stare insieme» sentenziò lei infine, allontanandosi un'altra volta, ma Ben non la fermò.
Gli restò impresso il suo sguardo glaciale mentre pronunciava quell'ultima frase, in contrasto con la mano calda che gli accarezzava la guancia. Un'altra volta, il corpo di Deva comunicava una cosa e lei ne diceva un'altra. Senza aggiungere nulla, Ben si avvicinò alla porta blindata e la aprì, ed entrambi ne uscirono in silenzio senza rivolgersi nemmeno un ultimo sguardo.
Sapeva a cosa andava in contro aprendosi con una sconosciuta. Quando ritornò nelle sue stanze, era deluso, furioso, ma soprattutto ferito nell'orgoglio. Quello era il punto debole di Ben: da quel momento in poi, il suo meccanismo di difesa sarebbe stato la vendetta.
*
Lunedì: il giorno tanto atteso era arrivato e Ben non poteva esserne meno entusiasta. Si svegliò presto e di malumore, e quando scese nella hall dell'albergo fu investito da una marea di persone impegnate nei preparativi dell'ultimo minuto. L'evento sarebbe iniziato nel tardo pomeriggio, ma già fuori dal Bittersweet si era creata una piccola folla di amanti della moda che pregavano il signor Nesbitt di farsi una foto con loro.
Quando le porte d'ingresso si aprirono e la sicurezza spuntava i nomi delle persone che si presentavano dalla lista o allontanava chi era senza biglietto, sia lo staff di Ben ché il team di Nesbitt erano un fascio di nervi. Prima di dare inizio, una rassegna stampa aspettava tutto il personale nella hall dell'albergo, così Ben si sistemò un'ultima volta e si avvicinò ai giornalisti seduti nella piccola platea improvvisata.
«Grazie a tutti di essere qui» iniziò, rivolgendo un grande sorriso ai giornalisti e alle telecamere, «è un vero piacere per noi del Bittersweet Hotel ospitare questo evento molto importante a casa nostra. Siamo pronti ad accogliere tutti gli ospiti, ma prima un ringraziamento speciale va al signor Nesbitt e alla signorina Thompson, senza i quali questo progetto non sarebbe riuscito».
Non ebbe bisogno di costringersi a pronunciare quel nome, fingere gli veniva così bene. Fece accomodare i due accanto a lui, strinse loro le mani e restò ad ascoltare le loro interviste fingendosi interessato ed emozionato. Nonostante avesse riconosciuto un iniziale segno di disagio nell'espressione di Deva, il bello non era ancora venuto: Ben aveva appena iniziato a divertirsi.
Dalla porta d'ingresso entrò una donna bionda e slanciata, avvolta in un lungo abito bianco e portando con sé il suo marchio distintivo: labbra dipinte di rosso fuoco. Ben ghignò soddisfatto e fece segno alla donna di sedersi nella sedia vuota al suo lato. Lei eseguì gli ordini raggiante, tenendo stressa una borsa Chanel vintage.
«Signori, permettetemi di presentarvi la mia accompagnatrice, la signorina Storm» quando pronunciò queste parole, il ragazzo si sentì percorrere da un brivido d'eccitazione lungo la schiena. Voleva vedere quanto Deva potesse resistere alla gelosia e non dovette aspettare a lungo, perché poco dopo quest'ultima si alzò dalla seduta e sparì tra la folla lungo il corridoio della sala conferenze.
Quando le interviste terminarono e la hall fu portata al suo stato originario, di Deva si erano perse le tracce. L'unico motivo per cui aveva invitato Crudelia era per fare impazzire Deva di gelosia, ma senza farsi vedere risultava un po' difficile. Decise di approfittare di un momento di distrazione della sua accompagnatrice per infiltrarsi finalmente nella sala conferenze, e quando fu dentro rimase inizialmente disorientato.
La stanza era quasi completamente buia, illuminata solo da piccole lampadine vicino le pareti, che scendevano dal tetto fino a dare luce alle fotografie e ai ritratti appesi. Al centro della stanza avevano costruito un corridoio luminoso, le cui pareti erano dei teli bianchi appesi come tende ai tubolari metallici e che occupava tutta la lunghezza della sala. All'ingresso di questo corridoio, Daniel sostava immobile per impedire l'ingresso. Quando Ben provò a chiedere spiegazioni, lui gli indicò il pavimento: le luci natalizie formavano un percorso con delle indicazioni da seguire prima di arrivare dentro le tende bianche.
Ben iniziò a seguire il percorso e si trovò davanti il primo poster che ritraeva una bellissima modella, sorridente, ben truccata e pettinata. Nella seconda fotografia, la ragazza non rideva più. Nella terza, un grosso livido spuntava sul suo collo. Man mano che avanzava, il volto della ragazza diventava sempre più spaventato, triste e tumefatto. Solo in quel momento Ben si accorse di non aver capito niente dell'evento che stava ospitando nel suo stesso albergo: si aspettava passerelle, borsette, e invece si trovò davanti una vera e propria denuncia sociale.
Più avanzava, più sentiva una forte nausea. Le foto della modella terminarono con la sua lapide. Al posto del suo viso, sui poster comparirono scritte. Il primo diceva gelosia. Il secondo, manipolazione. Il terzo, possessione. Gli altri recitavano insulti, minacce, e quando Ben si ritrovò davanti l'ingresso del corridoio capeggiato da Daniel, sentiva la testa girare e non vedeva l'ora di uscire da quella stanza.
«Tieniti forte» gli disse il collega, mentre si spostava per lasciarlo passare.
Si fece spazio tra le tende completamente bianche all'esterno, ma all'interno erano ricoperte dalla scritta vendetta in rosso acceso. Si sentì mancare l'aria quando si accorse che alla fine del corridoio, seduta su una sedia, una ragazza dal viso mascherato lo stava attendendo immobile.
Vendetta. Era quello che voleva fare, quando aveva chiamato Crudelia, voleva vendicarsi con Deva per averlo allontanato senza spiegazioni. Ma camminando piano lungo quel corridoio luminoso e bianco non poteva che sentirsi male e in colpa. Quando le fu abbastanza vicino, si inginocchiò per guardarla meglio negli occhi.
«Anche la vendetta, la manipolazione passiva, è violenza» disse lei gelida come non l'aveva mai sentita.
«Tu mi hai ferito» rispose Ben quasi balbettando, non riuscendo a trovare le parole adatte per scusarsi.
«Sì, anche tu. La differenza è che io l'ho fatto per proteggerti, tu perché ci trovi gusto».
Era colpevole e mortificato, e non sapeva cosa dire. Voleva che sapesse che lui non era così, non godeva nel vedere le persone soffrire, ma come giustificarsi? Era proprio quello che aveva fatto.
«Ti racconterò la verità, Ben».
Erano nella camera di Deva, entrambi seduti sul letto, e la ragazza lottava per non piangere e raccontare tutto per bene affinché Ben potesse capire.
«Avevo diciotto atti, ai miei non è mai fregato molto di me, vivevo già da sola ma ero molto diversa da ora. Sai, con gli amici, le feste, l'alcol, la droga» parlava senza guardarlo, teneva lo sguardo fisso davanti a sé come se stesse guardando un film e descrivendolo in ogni dettaglio, «avevo bisogno di soldi, Ben. Una sera andammo in un pub e uno del mio gruppo mi diede delle pasticche. Decisi di venderle».
Ben ascoltava con attenzione e cercava di non mostrare la sua sorpresa, non ora che la ragazza aveva finalmente deciso di fidarsi di lui.
«Le vendetti a una ragazza mai vista prima. Lei le prese, e dopo un'ora la trovammo accasciata al centro della pista in una pozza di sangue. Si era lanciata giù da una balconata della discoteca».
Ben non riusciva a credere alle sue orecchie. Tutti quei problemi erano sempre stati lontani dal suo mondo, lui non aveva mai avuto il bisogno di fare soldi in quel modo...
«L'ho praticamente uccisa io, Ben» continuò Deva, adesso guardandolo dritto negli occhi. «La polizia scoprì una lettera d'addio nella sua stanza, quella notte. Aveva già tutto programmato».
«Sarebbe successo anche se non gliele avessi vendute tu, allora» la interruppe. Ben non sapeva ancora come sentirsi al riguardo, non era una vicenda facile da metabolizzare.
«Forse. O forse no».
«E chi pensi potrebbe ricattarti a distanza di anni per questo? E perché a causa mia?».
«Non lo so. Ho solo questo biglietto».
La ragazza gli porse il biglietto da visita decorato che non lasciava andare da giorni, e Ben sentì perdere un battito quando lo vide: conosceva bene quel disegno.
«Questo è interessante» sussurrò, rigirandosi tra le dita il cartoncino e riconoscendo immediatamente quel piccolo asterisco al posto della i.
«Lo conosci?».
«La conosciamo».
L'ascensore era occupato e loro non avevano tempo da perdere. Scesero di corsa le scale, tenendosi per mano, come l'ultima volta. Ben era ancora sconvolto per quello che aveva sentito da Deva, ma non aveva intenzione di farsi ricattare da quella strega spregevole. Sperava forse che, se Deva si fosse allontanata, allora lui sarebbe corso da lei? Beh, in effetti la prima cosa che aveva fatto era stata invitarla all'evento come accompagnatrice. Ma nel gioco di Ben bisognava stare alle sue regole, e quella storia doveva finire.
Tutto il desiderio di controllo di Ben si sgretolò non appena, nella hall dell'albergo, Crudelia vide arrivare i due ragazzi che si tenevano per mano.
«O con me, o con nessuno» strillò rabbiosa, prima di afferrare la sua borsetta e cercare affannosa qualcosa al suo interno.
Poi avvenne tutto come in un sogno: Ben vide la donna estrarre al rallentatore una pistola dalla sua borsa e puntargliela contro, poi gli uomini della sicurezza fermarla dalle spalle, ma era già troppo tardi. La signorina Storm aveva premuto il grilletto.
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Aiuto. Che parto che è stato questo capitolo AAAAA! Ebbene sì, è successo, anche se ancora la dinamica non è chiara. Adesso la storia si complica e non sarà facile per nessuno, d'ora in poi. Beh, che ne pensate? Mi volete bene ancora? Fatemi sapere! Spero di non deludervi mai.
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