Parte 4
La ragazza colse dietro di sé un movimento con la coda dell'occhio. Si girò rapida facendo perno su un piede per poi mettersi in posizione di battuta. La mazza da baseball caricata all'indietro stretta tra le dita, pronta ad abbattersi sull'avversario che le stava correndo incontro.
«Mio!» reclamò famelica quella preda al compagno, voltato nell'altra direzione a coprirle le spalle.
«Però non usare la mazza, Eve!»
«Cosa?» Ruppe la posa rimettendosi dritta, con l'arma a ciondoloni, e girò il capo verso di lui con sguardo seccato, «Perché?» Spalancò le braccia.
Vedendola distratta, il tipo allungò il passo e fece un ultimo scatto per raggiungerla e afferrarla, ma Eve lo schivò disinvolta spostandosi all'ultimo istante.
Le sfilò accanto sbilanciandosi in avanti, le braccia a stringersi sul nulla.
Lei accompagnò quel suo movimento sconnesso con un calcio sulla schiena che lo spinse via. Non si curò di verificare gli effetti di quel colpo, perché si fermò ritta di fronte a Daniel per scoccargli nuovamente quell'interrogativa espressione infastidita a braccia aperte.
«Perché rischi di spaccare la testa a qualcuno, Eve! È inutile che fai quella faccia, non siamo in missione. Metti via la mazza!»
Il giocatore di baseball recuperò subito l'equilibrio e tornò alla carica verso la ragazza, ancora distratta. Nemmeno pareva essersi accorta del suo nuovo assalto. Non avrebbe fallito.
Una presa al bicipite lo fece deviare dal proprio obiettivo. Si sentì trascinare di lato e un braccio gli si serrò sulla gola.
Rimase immobilizzato nella morsa sempre più soffocante e dolorosa di Daniel, che intanto riprese a parlare alla collega, fin troppo disinvolto: «Va bene la rissa, ma cerchiamo di non fare troppi danni, ok?»
Il prigioniero tentò di divincolarsi, affondando inutilmente le dita su quel braccio, ma ottenne solo un pugno sul fianco e un inasprimento della pena.
Eve emise lo stesso verso lamentoso di una bambina il cui capriccio non è stato ascoltato e sbuffando buttò la mazza sopra le giacche ammucchiate a terra. Incrociò le braccia e rimase un instante a fissare l'arma, sussurrando tra sé un: «Il solito moralista guastafeste.»
«Dai...» Fu richiamata dalla voce divertita del giovane, che le fece un cenno complice del capo verso il tipo che ancora teneva intrappolato.
La smorfia offesa di lei si tramutò all'istante in un ghigno e assestò un fulminea serie di pugni nello stomaco del prigioniero. Questo, già senza fiato per la stretta, si accasciò a terra tra colpi di tosse e lamenti.
Guardò il collega negli occhi, «Grazie.»
In risposta ottenne un largo sorriso, «A te.»
Gli altri tutt'intorno iniziarono a urlare insulti e minacce. Lo stupore aveva lasciato il posto a rabbia e sete di vendetta. Solo un biondino pareva essere rimasto preda della paura, eppure appena arrivato era tra i più chiassosi e volgari. Si era d'un tratto ammutolito e, nonostante gli incitamenti del branco, stava arretrando un tremante passetto alla volta.
Un idiota in meno con cui sporcarsi le mani.
Peccato.
I due al centro si misero schiena a schiena, senza mai perdere d'occhio nessuno degli avversari che li circondavano.
«Allora, Eve, tu quali vuoi?»
«Tutti!»
Un paio di quelli le andarono incontro, raggiungendola con una manciata di rapide falcate. Si abbassò per schivarne uno, che venne intercettato e trascinato via da Daniel.
«Non vale tutti tu, Eve! Senza il biondo cagasotto sono in sei... si fa tre a testa!»
La ragazza con una spazzata colpì le gambe del secondo, che riuscì a mantenere l'equilibrio afferrandole il braccio. Le bastò ruotare l'arto per liberarlo e sfruttò il medesimo slancio per assestargli un montante sinistro sul mento, per poi finirlo con un destro in pieno volto.
Con un paio di passi raggiunse il compagno e sferrò un calcio sul retro delle ginocchia del giovane di cui si stava occupando lui, facendolo rovinare a terra.
Daniel la trafisse con sguardo colmo di rancore, «Ehi, era mio!»
Eve lo fronteggiò con le mani puntate sui fianchi, sfidandolo con gli occhi e un ghigno di superbia, «Quattro e due!»
«Non credo proprio, siamo una squadra! Si fa a metà!» Il giovane percepì una presa alla caviglia. Il tipo a terra gli si stava appendendo alla gamba. Si chinò un istante ad afferrarlo per il bavero e assestargli una manata sulla guancia che lo fece definitivamente stramazzare stordito.
«Col cazzo, Ray! È il mio compleanno e-»
Si rimise dritto guardandola con superiorità ed espressione autoritaria, «Non puoi usarlo come scusa per ogni cos-»
La ragazza mosse un lieve cenno del capo verso l'alto.
Entrambi fecero un passo indietro, allontanandosi giusto in tempo perché un altro avversario sfilasse tra loro.
Danny si limitò a stendere il braccio in avanti per intercettarlo all'altezza della gola e sfruttare il suo stesso slancio, proprio mentre Eve lo centrava nel basso schiena con un calcio. Quel doppio colpo lo fece ruotare all'indietro e schiantare a terra.
L'italiano si abbassò verso di lui con espressione preoccupata e una mano tra i capelli, «Cazzo, che botta! Ehi, stai bene?»
«Starà meglio domani mattina! Tu lascialo lì tranquillo a riprendere conoscenza e concentrati sugli altri, intanto, eh.»
La ragazza diede un colpetto sul braccio del collega per invitarlo a spostarsi un paio di passi più in là, lontano dagli uomini che si contorcevano a terra, poi puntò il suo migliore sguardo truce sul biondo che stava arretrando spaventato. Quella vista lo convinse una volta per tutte a voltarsi e correre verso una galleria il più veloce possibile.
«Sfigato» sussurrò con una smorfia, concentrandosi sugli ultimi rimasti.
Quattro.
Un paio stavano aiutando i compagni doloranti a trascinarsi in disparte. Gli altri due invece discutevano fra loro, forse elaboravano un piano d'azione.
Li vide iniziare a spintonarsi e prendersi a male parole.
No, decisamente nessun piano. Stavano solo cercando di scegliere chi per primo avrebbe dovuto andare al macello.
Prese un respiro a pieni polmoni per poi lasciarsi sfuggire un mugolio di soddisfazione.
Leggere la paura nei volti delle sue prede era quasi più eccitante che prenderle a calci.
Che magnifica serata, di gran lunga il miglior compleanno da moltissimo tempo...
«Aspetta...» sussurrò quasi più a se stessa che non per richiamare l'attenzione del giovane alle sue spalle.
«Ray, non ci credo che questa è una coincidenza. Dai, una splendida rissa del genere potrebbe succedere solo in un film. Scommetto che li hai ingaggiati tu per farmi un regalo!»
Lui voltò a scatti il capo, fino a guardarla con aria sconvolta e gli occhi sgranati. Rimase stranamente senza parole per quell'affermazione, ma soprattutto per l'espressione radiosa che le illuminava il volto.
«Guarda caso, appena tu ti allontani un attimo quello stronzo torna nel locale perché aveva dimenticato non so cosa, e mi tocca il culo. Poi ci ha pure aspettati fuori con i suoi amichetti per un pestaggio in vero stile Hollywood!»
I due giocatori di baseball che stavano discutendo, vedendoli distratti a parlare, presero coraggio, optando per una manovra a tenaglia. Il primo si scagliò sulla ragazza, che respinse il suo pugno con il braccio e gli immobilizzò l'altro arto prima che potesse usarglielo contro.
Nel mentre, Daniel le stava ancora rivolgendo quello sguardo sconvolto. Immobile, consapevole che non avrebbe avuto bisogno di intervenire in quello scontro.
Quando si scosse, si puntò l'indice sul petto, «Eve, stai forse insinuando che ho ingaggiato sul Dark Web un branco di attaccabrighe, solo per farti divertire il giorno del tuo compleanno?»
Lei intrecciò una gamba su quella dell'avversario e fece forza, riuscendo a farlo cadere schiena a terra sotto di sé. Gli sferrò un pugno sul volto, scolpito in un'espressione sconcertata. Nemmeno doveva essersi reso conto di come era arrivato in quella posizione. Incassò il colpo restando con la testa piegata di lato, mentre prendeva sconnessi respiri dalla bocca spalancata.
Non contenta, gli sferrò una ginocchiata sul diaframma, subito prima di rimettersi in piedi con un'elegante mossa.
Fissò il collega con un radioso sorriso, «Quindi l'hai fatto davvero?!»
Alla vista di quel suo lucente sguardo carico di gioia e riconoscenza, quasi fosse una bimba che varca i cancelli di Disneyland, Danny non poté fare altro che scoppiare a ridere.
«Ehi, Ray, cosa significa? Sì o no? Perché sarebbe il miglior regalo che potresti farmi, sai?»
«Addirittura!» Continuò a ridere senza riuscire a smettere, finché un poderoso colpo alla schiena lo spinse in avanti, fin quasi a scontrarsi con Eve, che d'istinto gli puntò una mano sul petto per sostenerlo.
«Ahia, ma che caz-»
Il braccio del tipo che gli si era lanciato contro imprimendo tutto il suo peso in quella spallata, gli si avvolse alla vita e un pugno lo raggiunse al fianco.
«Ti serve una mano, Ray?»
«No!» le rispose in un ringhio, e con un paio di gomitate si scrollò l'avversario di dosso, ma non gli permise di allontanarsi. Gli afferrò le braccia prima che quello potesse recuperare l'equilibrio e gliele torse dietro la schiena. «Ma guarda che modi! Non hai visto che stavo parlando con la signorina?»
La collega ridacchiò, ma si sentì stringere la caviglia e abbassò di scatto lo sguardo. Il tipo a terra era riuscito a riprendersi quanto bastava per strisciare verso di lei e afferrarla.
«Non mi toccare!»
Caricò la gamba libera per sferrargli un calcio.
«Eve, a destra!»
Sollevò il capo appena in tempo per vedere l'ennesimo atleta andarle addosso. Fece per scansarsi, ma la presa alla caviglia le fece perdere l'equilibrio. Cadde carponi direttamente sull'uomo a terra, avendo almeno cura di fargli più male possibile.
Quello che stava correndo non riuscì a fermarsi in tempo e le sbatté le gambe sul fianco, inciampando e ribaltandosi di faccia sulla pietra grigia della pavimentazione.
Daniel si distrasse a osservare la scena, lasciando all'avversario l'opportunità di infliggergli una goffa gomitata sul viso.
Imprecò e si voltò di scatto verso di lui. Prima che riuscisse a colpirlo di nuovo gli agganciò il braccio e lo tirò a sé, sbattendolo schiena a terra.
Quando tornò a guardare la ragazza si era già rimessa in piedi, con una mano a stringersi il fianco dolorante, e stava raggiungendo a passo fiero il tipo che era caduto dopo averla colpita. Gli afferrò i capelli, mentre quello, carponi, si stava rialzando. Li tirò fino a fargli sollevare il viso. La fronte era solcata da un'ampia abrasione che arrivava fino al naso, da cui aveva preso a colare un rivolo di sangue a causa dell'impatto col pavimento. Gli piegò il collo all'indietro per costringerlo a fissarla negli occhi colmi di follia, godendo del terrore che lesse nelle sue iridi scure.
Digrignò i denti in un ringhio e gli sibilò in faccia: «Bel tentativo, stron-»
Il suono acuto di una sirena riecheggiò al di là dei palazzi.
L'ultimo giocatore di baseball ancora illeso si guardò attorno spaventato, poi eruppe in un grido a pieni polmoni: «La Polizia!»
Si caricò in spalla il braccio del compagno ferito più vicino e si incamminò a passo svelto verso una galleria, trascinandoselo dietro.
A quell'allarme tutti si immobilizzarono, per poi iniziare a rialzarsi più o meno sbilenchi e correre via. I più lucidi, almeno.
Eve lasciò andare la sua preda, che si trascinò carponi un paio di metri più in là, per poi alzarsi barcollando e darsi alla fuga.
Le sirene si facevano sempre più intense, finché dei bagliori intermittenti blu e rossi iniziarono a trapelare della galleria di destra.
«Beh, Ray, che tu li abbia ingaggiati o meno, devo ammettere che è stato un piacevolissimo dopocena, grazie! Ora però prendi la tua giacca e scappiamo, prima che arrivino gli sbirri!» La ragazza raccolse al volo il mucchio delle sue cose e corse verso il passaggio che si apriva tra i palazzi di sinistra, quello che all'inizio Daniel aveva indicato come corretto.
«Ehi, Cenerentola!» Il richiamo divertito del collega la fece fermare, «Hai perso una scarpetta!»
Si girò verso di lui, contornato dagli intermittenti fasci di luce che filtravano con sempre più intensità dal varco alle sue spalle, tingendo l'intera corte di blu e rosso. Con un gran sorriso si stava faceva ciondolare la décolleté dal dito.
Lei gli rispose con un ironico regale inchino e quasi urlò per sovrastare le sirene: «Ma grazie, signor Principe azzurro, tienila pure tu! Tanto scalza corro meglio.» Sghignazzò, «Però ora dovresti proprio darti una mossa!»
Attese di vederlo iniziare a muoversi, prima di voltarsi di nuovo verso la galleria e scattarvi incontro.
Il loro SUV nero era davvero lì, parcheggiato lungo la strada a pochi metri dall'uscita del passaggio.
Daniel estrasse in corsa la chiave dalla tasca dei pantaloni e sbloccò le portiere.
La ragazza arrivò alla vettura per prima e appena vide lo sfarfallio dei fari si infilò al posto di guida. L'altro la raggiunse sbattendo le mani sulla carrozzeria e spalancò con violenza la portiera che lei aveva appena chiuso, «Eve, levati! Guido io!»
«Col cazzo! Ormai sono qui e guido io! Piuttosto... passami le chiavi!»
«Non puoi guidare, sei scalza!»
«Ho lì le scarpe!»
«Col tacco! Quindi comunque non puoi! E poi perderesti un mese solo per metterle.»
«Dai, Ray, non rompere e sbrigati, che stanno arrivando gli sbirri!»
«Appunto!» Lanciò seccato giacca e décolleté sul sedile del passeggero e si infilò in auto, quasi sedendosi su di lei.
Eve emise un gridolino, «No, coglione! Che fai? Non mi toccare!»
«Se non vuoi essere toccata, allora spostati!» La spinse al limitare del sedile, con mezzo sedere sul freno a mano, e richiuse la portiera contro la propria coscia.
Infilò al volo la chiave e mise in moto.
Lei cercò di protestare e fare resistenza, ma non aveva alcuna speranza di riuscire a smuoverlo da lì. «Ma guarda che stron-» Trasalì, sentendosi spingere delicatamente la spalla in avanti.
«Scusa, abbassati un attimo che non riesco a vedere mentre faccio manovra.» Il giovane la spinse in giù e la sovrastò per guardare oltre i sedili posteriori, fermandosi pochi centimetri sopra di lei.
«Va bene, va bene! Me ne vado sul sedile del passeggero!» proferì offesa, e con non poche difficoltà tecniche iniziò a scavalcare il cambio per prendere posto dall'altro lato. Quasi sbatté il fondoschiena strizzato nel vestito aderente in faccia al compagno durante l'ardua operazione, tutt'altro che facilitata da lui, che vedendola in quella posizione diede un rapido colpo di acceleratore e freno, proprio per fare in modo che quello splendido culo rimbalzasse ancora un po' nell'abitacolo.
«Ehi, ma come cazzo guidi, coglione?»
Riuscì a distogliere il viso paonazzo da lei fingendo di aggiustare lo specchietto retrovisore, solo un'istante prima di venire trafitto dal suo sguardo iracondo.
Attese che un'auto sfrecciasse loro accanto per poi immettersi in strada.
Eve prese finalmente posto sul sedile e rimase a testa bassa a lisciarsi il vestito sulle cosce, mentre mugugnava offesa, «Ringrazia che John non ci ha dato una Mustang... quella non te l'avrei lasciat-»
Gli occhi incrociarono qualcosa sul tappetino ai suoi piedi. Il broncio si dissolse all'istante, lasciando posto a un sorrisetto. Si chinò in avanti per raccogliere l'oggetto, imprecando ogni volta che il blocco della cintura di sicurezza le ostacolava i movimenti.
Appena riuscì nell'impresa, si girò verso Daniel, che intanto aveva impostato il navigatore ed era concentrato a seguirne le indicazioni.
«Ray.»
Lui rispose con un versetto interrogativo, senza nemmeno guardarla, impegnato a imboccare una svolta.
«Grazie. Splendida serata!»
Appena udì quelle parole, il giovane si voltò con un gran sorriso e incrociò quello di lei, che in un attimo si tramutò in un ghigno furbo, «Guarda, abbiamo anche un piccolo souvenir!»
La ragazza esibì la mazza da baseball come un trofeo, per poi scoppiare a ridere, subito imitata dal compagno.
«Quella la appendiamo in camera!»
Il navigatore li costrinse a fare il giro dell'isolato, portandoli a passare proprio accanto alle due auto della Polizia parcheggiate davanti all'ingresso della corte, con ancora i lampeggianti accesi.
Mentre sfrecciavano loro accanto, Eve guardò gli agenti con un ghigno sadico, celato dal finestrino oscurato, «Fanculo, stronzi!»
«Ehi, come ti permetti?» la ammonì il compagno sghignazzando.
Si voltò a guardarlo, «Fanculo, Ray, non sei più uno di loro. Ora puoi insultarli senza remore!»
«Hai ragione! Dannati poliziotti guastafeste... ci mancava ancora uno di quegli idioti da mettere K.O.!»
Scoppiarono a ridere e si fermarono a un semaforo alla fine dell'isolato. Le finestre attorno a loro ancora riverberavano gli intermittenti riflessi colorati provenienti dalle volanti alle loro spalle.
Tornò serio e la guardò un istante, per poi puntare gli occhi sulla luce rossa davanti a sé. «Dici che c'erano telecamere lì fuori?»
«Molto probabile, Ray. E di sicuro anche una che ha ripreso la nostra auto.»
«Merda...» Fece una smorfia e si portò nervoso una mano a torturare i capelli sulla nuca, proprio quando il semaforo diventava verde.
«Ma è quello il bello!»
Riprese la marcia e le scoccò un'occhiataccia, «Cosa? Che siamo fottuti?»
«No! Che se qualcuno di quegli sfigati sporgerà denuncia, cosa di cui dubito, dopo giorni di indagini a scandagliare ore e ore di video della sorveglianza, la Polizia si accorgerà che la nostra targa è collegata alla CIA... e saranno costretti a buttare tutto nel cesso!» Eve scoppiò in una malefica risata, «Quindi non sono cazzi nostri!»
«E se dovessero contattare John?»
Tornò seria, battendosi un paio di volte l'indice sul mento con aria pensierosa. «Oh... beh... Hai insistito tu per portarmi fuori... quindi in questo caso sono cazzi tuoi!»
«Oh, grazie del sostegno, eh!» Daniel sbuffò, non solo per quelle parole, ma soprattutto a causa dell'ennesimo semaforo rosso.
La ragazza ricominciò a ridere.
Si girò ad ammirarla. Non esisteva niente di meglio al mondo della sua risata spontanea.
Lei se ne accorse e lo fissò incuriosita, «Che c'è?»
«Niente.» Scosse il capo imbarazzato, mentre arrossiva e un enorme sorriso gli si dipingeva sul volto, «Comunque... buon compleanno, Eve.»
Grazie a tutti per essere passati a festeggiare il compleanno di questa psicopatica! Spero sia stato divertente leggerlo quanto lo è stato per me scriverlo.
Appuntamento alla prossima avventura!
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