Rose rosse per te (II)
Quando commetti un torto nei confronti di un amico, puoi solo immaginare il male fatto, ma per quanto ti sforzi non risulterà mai pari all'intensità provata dalla vittima. Per anni Valentina è stata la mia migliore amica, la spalla su cui piangere nei momenti di bisogno, colei che tenevo all'oscuro delle mie storie sentimentali, per poi vomitargliele contro quando toccavo il fondo. Spesso ho agito alle sue spalle, sapendo che non avrebbe approvato alcune scelte e temendo che un suo "no" mi avrebbe ostacolata. Adesso che i ruoli si sono invertiti, un peso di fastidio mi ingroppa lo stomaco.
«Tania, che vuole dire che non sai niente?» ringhio nel telefono. «Lo so che siete entrambe a Nomi, quindi poche balle!» Lei annaspa, colta col gatto nel sacco, chiede come faccio a saperlo. «Con il localizzatore dei vostri cellulari e Gmail. Sì, Tania, so le password. Dovrei essere il genio delle Suore, ricordi?»
Biiiip.
«Tania? Non mi avrai mica riattaccato il cellulare in faccia, vero?»
Inutile dire che non conosco le password di Tania e Valentina, né che nel 2009 Gmail non ha il potere di rintracciare i cellulari smarriti. Sono a conoscenza della posizione di Valentina solo grazie all'intervento di Saul. E ora scalpito d'ansia, senza alleati che si schierino dalla mia parte. Tania è Giuda; Saul se ne frega e Chiara e Marina potrebbero essere fuggite alla Hawaii con un carico illegale di rum, da quanto non le sento.
Potrei prendere tempo, aspettare che per una volta sia lo stabile pilastro a muoversi, ma un pilastro è o non è per natura una colonna cementata e piantata a terra più di un mulo? Valentina non schioderà un solo passo per informarmi della sua storia, non quando l'ho tenuta all'oscuro di troppi segreti. E io devo sapere, anche a costo di giocarmi l'ultimo buono concessione.
«Non me ne frega niente se Valentina scopa o no.»
Con questa frase Marco accoglie la mia richiesta di soccorso.
«Neanche se hai l'occasione di trascorrere un bellissimo pomeriggio a Nomi con la sottoscritta?»
Marco sta opponendo resistenza, si vendica per quella notte al Merlot&Lambrusco.
«Per colpa tua, Nanà, non ho più un briciolo di forza nelle braccia. Ma sai quanto acido lattico si forma a spingere una Golf con dentro due ciccioni alcolizzati come voi?»
«Io sono magra, stupido cervello obnubilato dai joint!» Marco si perde ad obnubilato, forse, come farebbe Stefano, si incanta di fronte all'idea di fumarselo, un joint.
«Beh, poco importa. Io sono offeso e dolorante e ho male ovunque per colpa tua. Quindi come minimo mi devi un massaggio Shiatsu di tre ore, se io ti aiuto.»
Mi ruba il foglietto giallo, per impedirmi di stracciarlo, rifiuta il buono concessione, perché è un'altra la sua richiesta. E del resto nessun regolamento dice che i cartoncini gialli vadano spesi prima di quelli rossi, che Nina Adami non debba giocarsi il suo primo pago penitenza. Mi rode il fegato al pensiero di darla vinta a quella faccia da schiaffi, però...
«D'accordo.» Foglietto rosso strappato. «Puoi scegliere una punizione, contento? Ora però mi aiuti a trovare Valentina?»
Nina – 1 buono concessione, 2 pago penitenza;
Marco – 0 buoni concessione, 1 pago penitenza
Improvvisamente sembra che la Mitsubishi parcheggiata sotto il vecchio tiglio sia una macchina del tempo e infatti Marco si trasforma nel ragazzino scalmanato di quarta ginnasio.
«Ma certo, Nanà! Come potrei dirti di no?»
Allarga le braccia per stritolarmi, ma non ho voglia di restare intrappolata nella sua presa, perché ogni contatto rischierà di rovinare il nostro equilibrio precario.
«Ci dovevo andare anch'io a Nomi comunque» mi rivela Marco al volante della Mitsubishi. A Nomi? A Nomi dove c'è Zeno? Vuoi che sia arrivato così in avanti nelle indagini?
«Yuri» si risponde in fretta. «Yuri è a Nomi da ieri e non mi risponde al cellulare. Sì, perché sai, devo vendicarmi anche con lui per quella storia della macchina da spingere e il mal di braccia e...»
Bla, bla, bla... inserire il solito discorso sull'acido lattico, la stessa solfa di prima, una tiritera che non intendo trascrivere, perché il mio cervello da Sherlock ha colto un indizio più importante. Yuri a Nomi? Con Valentina? Vuoi vedere che dopo essersi rivisti allo Yeti... Un'improvvisa paura divora l'angoscia causata dal ricordo di Zeno: sono sempre stata imparziale nel triangolo amoroso tra Valentina, Tania e Yuri; ma se Yuri dovesse avere scelto Valentina, l'amicizia che stava germogliando nel nostro appartamento appassirebbe.
«Forse non voglio sapere» sussurro a Marco. Siamo schiacciati contro la porta d'ingresso, sul pianerottolo della mia casa universitaria, sopra lo zerbino vicino al quale si trovano le scarpe di Yuri.
«Io mi sento male» aggiungo. Tra Tania e Valentina sarà la fine della tregua, la terza guerra mondiale.
«Calma, Nanà. Vedrai che non succede niente. Non è nemmeno detto che le scarpe siano di Yuri, sai quante Adidas bianche numero 42 esistono su questo pianeta?»
E sai quante hanno i lacci con il logo degli AC/DC? Ho la bocca aperta per controbattere, ma Marco mi stringe nel suo famoso abbraccio, quello che volevo evitare a ogni costo, perché quando le nostre pelli si sfiorano la mente corre all'impazzata nei ricordi del passato, in quello che eravamo.
Marco mi stritola al punto che il mio cuore si rincontra con il suo, il respiro tarpato dalla camicia bianca, il profumo del dopobarba di pino che mi ubriaca il cervello.
Poi la voce di Yuri rompe l'incantesimo. «Se finalmente mi dai modo di parlare ti posso spiegare.» Già, questa è decisamente la voce di Yuri. E adesso non basta l'abbraccio di Marco, il battito tranquillo del suo cuore a far rallentare il mio.
«Tu fai sempre così» sento dire oltre la porta di legno. Tania. «Tu dici sempre la cosa giusta e agisci in coerenza con quello che prometti. E me lo avevi detto che ci saremmo divertiti e basta, e lo sapevo che eri uno stronzo. Quello che non sapevo era di essere tanto stupida da pensare di poterti cambiare.»
La maniglia della porta si abbassa, ma dall'interno, segno che qualcuno sta per uscire. E io e Marco verremo trovati nella posa stupida di due koala abbracciati, le orecchie pelose dilatate per origliare ogni pettegolezzo.
«Lavanderia, lavanderia, veloce!» dice e mi trascina per mano verso il ripostiglio colmo di vestiti sporchi che ospita l'amica lavatrice. Porta socchiusa a spiraglio, intravediamo la sagoma di Yuri approdare sul pianerottolo.
«Mi dispiace, Tania. Non volevo illuderti, né farti del male e so che quei giorni dopo l'incidente potevano essere equivocati...»
«Lo so, lo so. Scema io che pensavo lo facessi per amore e non per senso di dovere.»
Tania lo ha raggiunto sul pianerottolo. Di fronte alla maestosità di Yuri sembra un pulcino caduto in una tinozza di colore fucsia, con gli occhietti arrossati da uno shampoo troppo aggressivo.
«È per vendicarti che hai deciso di vivere con Nina?» le chiede Yuri. «È per quello che le hai presentato quello straccione da quattro soldi? Anche se ci ho bevuto qualche birra al Picasso, non mi fido e non mi piace.»
Una scarica di ghiaccio congela la lavanderia, il respiro di Marco si blocca nel petto, i suoi addominali premono sulla schiena, irrigiditi in una paralisi di stupore. E perfino io fatico a capire come siamo passati dall'argomento Tania all'argomento me, citando poi quello "straccione da quattro soldi" che è sicuramente Zeno.
«Non sapevo che conoscessi Nina» si giustifica Tania, arricciando le labbra senza rossetto fiammeggiante. «Non sapevo nemmeno che fosse tua amica. Non sapevo nemmeno che sarebbe venuta a vivere qui, quindi adesso perché mi accusi...» Un singhiozzo le muore sulle labbra e per un secondo Yuri esita, l'istinto di concederle un ultimo abbraccio di consolazione.
«E quello non gliel'ho presentato io» continua Tania. «L'avrò visto a qualche festa e niente di più. È Nina che fa malanni di testa sua!»
Marco sembra aver dimenticato addirittura come respirare, tiene un colpo di pisola incastrato nella canna del fucile, indeciso se spararlo con un botto o fare cilecca.
«Va bene» concede Yuri. «Allora scusa ancora, per averti fatta stare male.»
Si gira verso le scale che lo porteranno fuori dall'appartamento delle Suore, dopo una conversazione che ha appesantito troppe coscienze: quella di Yuri che spezza i cuori, quella di Marco che si sente tradito, quella della sottoscritta che è una bugiarda.
«Aspetta, Yuri!» La voce squittente di Tania rompe il silenzio. «Hai proprio deciso? Stai andando da lei?»
Yuri fa di sì con la testa, Tania affonda lo sguardo a terra. Resta immobile finché il portone all'ingresso non sbatte con un tonfo sonoro, il rumore del calpestio di Yuri un'eco lontana. Solo allora Tania retrocede nell'appartamento, la porta chiusa a bloccarmi la visuale. La immagino piangere con il viso premuto nel cuscino a forma di papera, perché sarebbe degradante far sentire a Saul il suono dei suoi singhiozzi.
Una parte di me si sente in dovere di consolarla, ma tutte le restanti hanno un'altra preoccupazione: Marco. Si è scostato dalla mia schiena e si è messo seduto sulla lavatrice, tra i collant smagliati che Tania ha disseminato per il locale.
Vorrei spiegarti, vorrei raccontarti di Zeno e che tu lo accettassi, ma quella notte alla Scalinata del Re mi ha fortificata e per quanto sappia di averti ferito, resto convinta di non doverti delle scuse. Tu non ti sei giustificato quando hai ripreso a uscire con Celeste, perché dovrei farlo io?
«Yuri parlava di una lei» sussurro. L'aria è tanto tesa cha si potrebbe squarciare con un coltello. «È a Nomi con qualcuno e di Valentina non se ne vede traccia. Credi che sia con lei? Che davvero Valentina abbia deciso di fare questo torto a Tania?»
Marco alza una spalla. Le parole di Yuri gli hanno messo dei tappi di cera nelle orecchie.
«Io lo seguo.» Dovrei consolarlo, ma non ci riesco. «Tu fa' come ti pare!»
Esco dalla lavanderia e mi precipito giù dalle scale, perché Yuri potrebbe essere già lontano e se lo perdessi di vista, non lo ritroverei. Intravedo un brandello di tracolla in cuoio, la spilla degli AC/DC. Pensava Valentina di liberarsi di me! Pensava che non venissi a sapere della sua tresca! E invece ho scoperto tutto e so benissimo che accadrà, quando girerò l'angolo e supererò l'angolo del Golden Point. Quello che non so è se sarò felice o mi ripugnerà l'idea di vederli insieme, per Tania, ma anche per me e per Marco, perché... quanto è strano che due amici si mettano insieme?
Eccoci, al momento della verità! Angolo svoltato e... Yuri se la bacia con la solita grinta, le tiene una mano sul sedere e con l'altra le alza il collo perché raggiunga la perfetta angolazione per catturarle la bocca. Solo che l'innocente farfallina caduta nella rete del ragno non è Valentina.
«Ma quella non è la dottoranda di ingegneria?» mi chiede Marco. Si è deciso a seguirmi, anche se le guance sono incredibilmente pallide, quasi il segreto spifferato gli avesse provocato un attacco di mal di mare.
«Sembrerebbe di sì» confermo. «È proprio la tizia che Yuri ha investito con il cassonetto alla laurea di Picasso!»
Riconosco i capelli tagliati a caschetto, una tinta dai riflessi color prugna, la camicetta elegante da adulta.
«Il solito puttaniere» sbotto. Ma intanto il macigno nel centro dello stomaco si sbriciola: l'amicizia Nina, Tania e Vale è sana e salva. «Quello se non si scopa tutte quelle che incontra non è nemmeno lui!»
Marco si mette un dito davanti alle labbra e mi fa segno di tacere. La via è affollata da una miriade di persone, ma se urlerò ancora un po' sarà impossibile non notarci. Effettivamente sto starnazzando più del gabbiano della Sirenetta quando improvvisa canzoni d'amore. E continuo a lamentarmi anche dopo che Yuri se ne è andato, e io e Marco mangiamo un gelato all'esagono.
«Ma quanto aveva ragione Anatolia a detestarlo?»
«Anatolia e ragione non sono parole che posso stare insieme, Nanà!»
«Che importa! Adesso dobbiamo trovare Valentina. Provo a richiamarla!»
Ma il cellulare è staccato e un'ora di peregrinazioni per l'intera Nomi non ci permettono di trovarla. Torniamo nell'appartamento delle Suore timorosi di incontrare Tania, arrabbiati per il fallimento dell'impresa e con ancora addosso l'aria pesante di domande non chieste e parole taciute.
Sul divano dell'appartamento, Marco si tiene distante e mi squadra, come se fossi un ordigno a rischio esplosione, consapevole che una sola parola ci potrebbe disintegrare.
«Per quanto riguarda la tua penitenza» azzarda, quando il cielo si sta scurendo e l'ora di rimpatriare si avvicina.
«Andiamo, Marco. Non puoi rinviare a domani? Sono troppo stanca per quel massaggio! Ti prometto che manterrò la promessa, ok?»
«Ma no, non è quello.»
È veloce a smontare le mie convinzioni: perché io davo per scontato che la penitenza consistesse nel massaggio, ma in effetti Marco non ha mai esplicitato la domanda.
Si sistema sul divano e uccide quei cinquanta centimetri che ci dividono. Di fianco, con il gomito poggiato allo schienale, mi studia, gli occhi che luccicano di doppi sensi, ricordi e paure. E la stanza sembra diventare un cerchio infuocato, una prigione di fiamme che brucia l'ossigeno in anidride carbonica, fa scoppiare i polmoni. Devo dire qualcosa, andarmene, prima che Marco si avvicini di più, prima che le sue labbra pronuncino qualcosa di sbagliato.
«Oggi, mentre Yuri parlava ho ripensato a noi» mi confessa.
Ecco, qualcosa di sbagliato. Ma l'anidride è troppa, ha soffocato l'ossigeno, mi impedisce di scappare.
«So che non ne ho il diritto» dice con lo sguardo basso. «So che non si dovrebbe fare, so che è la penitenza più scorretta che ti possa chiedere, però...»
Se è scorretto, non farlo. Per una volta pensa a noi, al binomio che stiamo ricostruendo, alla mia richiesta di imparare a crescere lontani. E pensa a me, al male che mi fai quando cambi idea e mi agiti come se fossi una girandola mossa dal vento. Dovresti capire che le scosse d'aria mi fanno perdere la testa e crollare al suolo. Dovresti smetterla di scombinare quel piano di azione che avevamo accordato. Non più amore, solo binomio. Non più baci, solo qualche veloce e rapidissimo sfioramento di pelle, la distanza di sicurezza necessaria per non commettere i soliti errori.
«È che ti ho pensata con questo lui. Questo di cui non parli, ma che tutti hanno visto a Viacampo» mi dice. «E ho immaginato di cancellarlo e di rimettermi al tuo fianco.»
C'eri tu un tempo a occupare quel posto, ma per una tua scelta l'hai lasciato vacante, hai dato a un altro uomo la possibilità di pretenderlo.
«E ho pensato di fare come un tempo, quando ti scostavo i capelli troppo lunghi dal viso e li mettevo dietro le orecchie.»
La tua mano si accosta alla mia guancia e la sfiora in una carezza. E sente che tremo, scossa da un brivido di gelo, nonostante i trentotto gradi fervidi di questo Ferragosto. Perché non è freddo questo tremore, ma la paura di ricapitare in quell'errore commesso nella stanza di Marco, quando sul letto a castello facevamo l'amore e ci buttavamo nel tentativo suicida di diventare qualcosa di diverso.
Marco, da sempre, è un grandissimo egoista e allora non ascolta le mie paure, ma con prepotenza prende la guida e mi mette davvero i capelli dietro le orecchie, come faceva un tempo. E con il dito mi accarezza le labbra, mi costringe a socchiuderle, a riassaporare il gusto della sua pelle, prima solo le impronte digitali del polpastrello, ma poi...
«È che io non mi ricordo più come fosse baciarti, Nanà.»
Ecco la mia penitenza, una punizione dolceamara che le mie labbra sono indecise se cogliere o rifiutare: questo veloce incontro rimetterà in gioco tutto, getterà una frana sul sentiero sicuro che stavamo costruendo e ci farà crollare nel precipizio di una nuova rovina.
«Va bene» sussurro.
E non so se la mia voce diventi davvero un suono o si riduca a un singhiozzo. Le sue labbra sono veloci ad appoggiarsi sulle mie e, senza violenza e fretta, a frantumare ogni piccola certezza.
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