Col piede sinistro (I)
Non rispondo al messaggio di Zeno. In compenso quello stesso pomeriggio sono felice di ritrovare Tania e Valentina al solito tavolo da Tiffany, in compagnia di due Martini con oliva e di grandi progetti di vendetta.
«Io dico che prima gli rasiamo i capelli a zero e poi li intrecciamo in una bambolina voodoo da gettare nel fuoco» suggerisce Valentina.
«Io di legarlo a una sedia con le corde della chitarra, e di costringerlo a guardarci mentre polverizziamo la sua collezione di vinili a suon di tacco dodici» rilancia Tania.
«Una cosa alla Arancia Meccanica?» ipotizza Valentina. E da quando se ne intende di Kubrick?
«Una cosa che farebbe raggelare Arancia Meccanica!»
Tania ghigna malvagia e sento il sangue nelle vene congelarsi, il contrario del cubetto di ghiaccio ormai sciolto nei loro drink.
«Yuri se ne è andato, ragazze» le informo. «Potete avere tutte le ragioni del mondo, ma casa è ridotta a un colabrodo. Sembra di stare sul set di Apocalipse Now.»
Il pensiero dell'appartamento dipinge nei loro occhi il ritratto della scena: il fon nel microonde, i cuscini disfatti, i vasi frantumati, ma soprattutto...
«Il quadro di Saul!» esclamano all'unisono. Già, il quadro di Saul, ucciso dalla stilettata di un tacco dodici. «Ora sarà Saul a distruggere noi!»
La volontà divina ha stabilito che questo giorno non si concluderà con un vero omicidio e due tombe al posto dei letti in stanza. Perché Saul ritiene quel quadro migliore dell'abbozzo iniziale, visto che le donne, future dominatrici del mondo, gli hanno donato un tocco di classe che lui ignorava.
«Dimenticando il dipinto» gli dico, in un pomeriggio come un altro. «Conosci un certo Zeno Dante London?»
Ammetto di avere pensato al caso sociale, ma solo perché devo assolutamente farmi uccidere da del sano gossip per dimenticarmi di Marco.
«Mai sentito nominare» confessa Saul, mentre lo inseguo per Nomi con pennelli e tavolozze. «Ma si chiama davvero così?»
Suppongo.
«Si definisce aspirante pittore e frequenta l'Ateneo di Lettere» noto, rischiando di inciampare nel marciapiede e di cospargere i sampietrini di chine rosse. «Come puoi non conoscerlo?»
«Quel tizio ha un nome più artistico del mio» sbotta Saul. «Io mi chiamo come una tragedia di Alfieri, lui non si accontenta di Dante. Ci aggiunge pure lo Zeno di Svevo e un cognome da Richiamo della Foresta.»
Pessima idea parlare a Saul di Zeno. Per il restante pomeriggio degustiamo cioccolate calde di diverse tonalità, con la scusa di voler conoscere ogni sfumatura di colore, dal marrone fondente al bianco latte. E a ogni sorso Saul non fa che lamentarsi perché il nome del "rivale" è più altisonante del suo.
Quanto a me, i monologhi di Saul innescano la ruota dei pensieri ed è un carro che corre talmente in fretta da portarmi subito da Marco. Mi schianto con mille domande da porgli: che stai facendo? Ti manco? L'università?
Quello stesso pomeriggio compro una Moleskine su cui svuotare i miei pensieri. Ho bisogno di trasformare in inchiostro quegli stormi di frasi che mi starnazzano in testa, come se solo scrivere il nome di Marco, da qui all'infinito, potesse limare la distanza che mi impedisce di vederlo.
Sto per scriverti tutto quello che vorrei dire e non posso, per colpa di una sfida che io stessa ho lanciato. Stefano mi ha detto che imporre un divieto aumenta il desiderio e come sempre ha dimostrato di essere più saggio di Nonna Salice in Pocahontas.
Ti piace il modello? È una Moleskine Limited Edition, stampata in onore dei quarant'anni di Woodstock. Il cuore azzurro sulla copertina nera è troppo femminile per i tuoi gusti, ma so che il solo nome di Woodstock ti manderebbe in fibrillazione.
Un giorno consegnerò a Marco questa Moleskine. E non ci scriverò fatti – ci siamo promessi di non parlare di nient'altro all'infuori di noi –, ma solo quelle sensazioni brucianti che smanio di condividere con lui.
Ho deciso di prendere questo notebook perché più di una volta tu e Yuri mi avete detto che scambiereste volentieri tutti i vostri domani per un solo ieri su quel palco. Lo diceva Janis Joplin: I'd trade all my tomorrows for a single yesterday. E così mi chiedo cosa faresti pensando a noi, se invece che per Woodstock, varrebbe la pena scambiare tutti i tuoi domani per un solo nostro ieri. Suonerebbe come una pazzia agli occhi di un estraneo. Ma mentre scrivo, sento il cuore ruggire la risposta, un semplice monosillabo che mi fa tremare di paura. Rinuncerei davvero al mio futuro, pur di rivivere un solo giorno passato con te?
«Tu pensi che sia da pazzi scambiare tutti i nostri domani per un solo ieri?»
Non lo chiedo a Marco. Non voglio che risponda a quella domanda, perché ho paura della risposta. E non so se sia più saggio temere un no – che delusione! – o un sì – che pazzia!
«Non vedo perché dovrei rinunciare al mio futuro per un giorno passato che, per quanto bello, potrà essere sostituito da un domani ancora migliore.»
Questa è la risposta di Nicola. Già, perché proprio a lui ho confessato i miei dubbi.
Scivoliamo tra gli scaffali della biblioteca in cerca dei libri per i prossimi esami.
«Vedi, Nina, forse mi piacerebbe anche vivere un certo ieri all'infinito, ma rimarrei con il dubbio di avere sacrificato una giornata più bella.»
«E se non sarò capace di costruire dei giorni strepitosi come quelli del passato?» gli chiedo allora.
La mano di Nicola sfiora il dorso di un tomo di giurisprudenza, si ferma titubante.
«Non starai parlando ancora del binomio, vero?»
Tana per Nina.
«Parlo in astratto. La storia del giorno, la diceva Janis Joplin.»
Nicola si fa pensieroso. Alla fine prende il libro e lo butta nella tracolla, ancor prima di registrarlo al casello dei prestiti.
«Janis Joplin diceva anche altro: che quando si trattiene non sta bene e che a volte preferisce stare bene, piuttosto che trattenersi tutto il tempo» mi ricorda. Anni ed anni a imbrattare Moleskine ed è diventato un'enciclopedia di citazioni. «Poi però, a furia di non trattenersi, l'hanno trovata morta per overdose, quindi non so. Non credo che una persona possa crescere, se non si trattiene.»
Vorrei che mi dicesse a cuore aperto: "Hai fatto bene, Nina, a prenderti del tempo. Tu credi di stare male adesso, ma se solo assumerai un'altra dose, corri il rischio che sia fatale".
Per fortuna arriva un nuovo giorno ad allontanare i pensieri, un'aurora dalle dita di rosa che porta con sé una terribile notizia. Di che cosa sto parlando? Della mail del professor Vivi, ovviamente!
Si comunica agli studenti del Secondo Anno che la prima lezione del corso sulle tragedie di Eschilo è stata anticipata a questo mercoledì, ore 9.00, aula 007, causa motivi personali. Il docente si scusa per il disagio.
Mercoledì, alla stessa ora proposta da Zeno per il nostro appuntamento, quello che volevo assolutamente evitare.
"È scritto nel destino!" riderebbe Yuri, se fosse qui.
Rapida lo correggerei con bianchetto e indelebile:
è scritto nella sfiga di Nina Adami.
*
Fa che non mi veda, fa che non mi veda! Avanzo a piccoli passi verso l'atrio di Lettere, come una suora in ritardo per le omelie del quinto rintocco. Avanzo improvvisando segni della croce e baci a un immaginario rosario. Nascondo il viso dietro il velo dei capelli perché la badessa non si accorga del mio arrivo.
Peccato che la badessa in questione non sia una vecchia monaca con cataratte e astigmatismo! Zeno Dante London, in arte Pablo Pulcinella, ha la vista di un'aquila con lenti potenziate. Appostato alla macchinetta del caffè dà una sgommata sulle suole e inchioda a meno di un metro dalla povera vittima. Tanto per la cronaca, la povera vittima sarei io.
«Sapevo che ti saresti presentata all'appuntamento!» esclama.
Lo fa con un volume da megafono, un ghigno da Stregatto dispettoso e lo sguardo spiegazzato da una brutta alzata dopo una notte di festa. Assomiglia incredibilmente a Marco, un motivo in più per non cedere.
«Caffè senza zucchero?» mi propone.
Non sorridere, Nina. Potrà avere azzeccato l'assenza di dolcificante, ma lui è la brutta copia di un certo tizio che ti ha stracciato il cuore e tu potrai ancora ritenerlo il centro del tuo universo, però... In questo caso il detto two è meglio che one è una grandissima stronzata, e al diavolo la pubblicità del Maxibon.
«Non accetto da bere dagli sconosciuti» gli dico. «E poi non c'è nessun appuntamento. Semplicemente per colpa della lezione di greco devo passare da qui.»
Pulcinella è svelto a tagliarmi la strada. E per quanto il libro di Eschilo sia spesso, rimane una barriera troppo sottile, quando Zeno mi sfiora con il petto.
«Sono felice sai?» Non capisco. «Che non sia un appuntamento! Altrimenti mi sarei appena bruciato la possibilità di organizzare una prima uscita alla tua altezza.»
Un sorriso involontario mi attraversa il viso e non sono abbastanza svelta a spegnerlo: Zeno lo indica come se con le sue battute avesse appena creato un miracolo.
«Sei dannatamente sfacciato!» lo rimprovero, ma il tono severo cede sotto i colpi di una risata divertita. No, Nina, niente arte della civetteria con "Zuccone 2 la Vendetta". «E sei fin troppo sicuro di te.»
Lo supero, dopo aver puntato l'aula, un tentativo di smarcarlo, sennonché Zeno è un perfetto giocatore: mi tallona stretto.
«E sono fantastico anche a sferrare i pugni contro gli ubriachi molesti, non trovi?» mi chiede. Già, come contro quel Rastaman al Queen Carneval.
«Meno a consolare le fanciulle in lacrime» lo punzecchio.
«Che vuoi farci? Sono bravo a farle ridere, le donne.» Come Marco, anche se lui ha vinto l'Oscar perfino per le lacrime più dolorose. «Di lacrime non ci capisco niente. Comunque ti devo ancora la strabiliante storia della mia nascita.»
Zeno si scompiglia la ciocca di capelli tinti di bianco, un gesto che mi porta a girare la testa di novanta gradi: il professor Vivi è già in aula, asserragliato dietro al banco per recitare i drammi dei suoi poeti.
«Scusa, ho lezione» concludo per liberarmi di Zeno.
L'ho già detto che è un osso duro? Mi tira un ultimo ghigno, prima di lasciarmi entrare in aula: «E io tutto il tempo del mondo».
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