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I'm not Superman (III)


31 agosto

8 giorni dal decesso


Da due giorni mi sveglio all'alba per vedere il sole sorgere. Mentre scendevamo dalla Scalinata del Re, Yuri mi ha raccontato la storia di quel suo amico, di come amasse guardare l'alba e cercasse sempre qualcuno che gli facesse compagnia. Non so dove vadano i morti. Nonostante gli anni di filosofia, devo ancora capire se finiscano sottoterra o se volino in cielo insieme agli angeli. Sedere sul tetto di casa, in attesa che il cielo si schiarisca, mi riempie però di soddisfazione. È come se anch'io, nel mio piccolo, stessi aiutando Yuri a ricordare quel ragazzo.

Quando il sole è ormai una palla sopra le montagne d'oriente, mangio e vado a correre. Mi occupo del mio corpo con dedizione, truccandomi, pettinando le ciocche come facevo da piccola con le bambole. E poi spolvero il mangiadischi e ascolto i cd masterizzati da Yuri, in attesa che venga a trovarmi, con o senza Biagio.

Non voglio che questi giorni restino vuoti. Lo devo fare per me stessa. Il cuore sanguina quando ripeto i pensieri dei primi giorni dal decesso. Davvero mi volevo così poco bene da accettare di diventare una mummia?

Che stupida! Non vedo l'ora che Yuri arrivi. E credo che stasera non dovremmo rimanere nel giardino di casa mia a guardare le stelle.

«Facciamo qualcosa di diverso!» gli dico, non appena passa a sondare la situazione. «Oppure cerchiamo una festa privata. È estate. Ci sarà qualcuno che ne dà una nei paraggi.»

Yuri mi squadra manco mi fossi vestita da Arlecchino e avessi iniziato a parlare in dialetto e a mangiare mosche. Assicuro al grande pubblico che non indosso pantaloni e casacca multicolore, ma i soliti shorts e una canotta nera. Allora perché Yuri è a secco di parole?

«Mi sembri troppo euforica, Adami.» Punta una bottiglietta d'acqua mezza vuota, sul comodino. La stappa e annusa stile cane antidroga. «Hai preso qualcosa?»

«Ma come ti viene in mente?»

«Beh, guardati!»

Yuri continua l'attività di perquisizione, oggetto di indagine un pacchetto di Tic Tac all'arancia. Ci manca solo che tiri fuori dallo zaino l'etilometro per fare tris.

«È così difficile pensare che voglia semplicemente stare bene?» gli domando.

Mi fissa come un ispettore di polizia, il sopracciglio alzato e una grinza di stupore che gli taglia a metà la fronte. La mia confessione non lo ha convinto nemmeno all'un percento. Recupero la bottiglietta d'acqua e gli tiro uno schizzo.

«Hai decisamente preso qualcosa!» insiste. E solleva i cuscini e guarda sotto il materasso e sotto le doghe del letto. Non è dal grande Yuri Conte andare in escandescenza.

«Yuri, sto bene. Non ho né fumato, né bevuto. Ho solo bisogno di uscire di casa e di fare qualcosa.»

Il merito è del tono determinato, o forse della parola "bene". Yuri risistema il materasso e, cellulare alla mano, controlla gli eventi di Viacampo sul blog del paese.

«Ma guarda te. Un Naziskin e la sua banda danno una festa alcolica ai magazzini dietro al porto.»

«Perfetto. Ci andiamo!»

E di nuovo il sopracciglio di Yuri si inarca e la ruga gli taglia la fronte in due rettangoli e le mani alzano il cuscino perché è meglio controllare anche nella federa che non ci sia qualche pasticca.

«Un Naziskin, Nina. Ti sembra che io esca con quella gente?»

«Coraggio, Yuri. Ci divertiamo! Io mi metto morta davanti al camioncino degli alcolici. Tu sgattaioli nel cassone e freghi tutte le casse di birra.»

Yuri si trasforma in una statua di marmo, paralizzato in un'unica risposta: "no, no, no". Mantengo lo sguardo, le iridi verdi che brillano di "sì, sì, sì". Se si mette male, sgommeremo via su Pink. Nei film funziona sempre.

«Stai scherzando, vero?» mi chiede Yuri. Deve aver preso il piano del camioncino per una battuta comica. Dov'è finito il suo lato da anarchico fomentatore di ribellioni?

«Ho la faccia di chi scherza, Yuri?»

«No, hai ancora la faccia da pesce lesso!» Intercetta il cuscino che gli ho tirato e se lo stringe al petto. «E hai anche le idee da pesce lesso.»

Straluno gli occhi al cielo. Rivoglio il vecchio Yuri Conte, colui che sfida la legge e non teme il pericolo. Perché l'università lo ha trasformato in un manichino di buon senso e compostezza?

«Ti prometto che faremo qualcosa di diverso, stasera» mi dice. «Qualcosa di diverso, ma che non ci costerà una foto segnaletica alla prima stazione di polizia.»

Quando io e Yuri ci troviamo davanti al cancello dello Yeti, pronti a infilarci nel locale per una gara di birra, mi torna in mente un vecchio verso di Emily Dickinson: le promesse, vive e splendenti nel giorno in cui vengono concepite, si trasformano subito in polvere. E infatti Yuri ha appena ridotto in cenere l'idea di trascorrere una serata alternativa.

«Ho bisogno di fare qualcosa di estremo» protesto. Siamo seduti al solito tavolo, con la solita media e la solita gente. «Qualcosa che dia lo sparo, il segnale di inizio a una nuova vita. Che so? Un rito di passaggio, un'iniziazione per convincermi che sono pronta a farcela da sola.»

«A te non serve un rito d'iniziazione per liberarti di Mar-»

«Nessuno

La voce copre gli accordi del chitarrista.

«Va bene» mi concede Yuri. Sbuffa così forte che la schiuma della birra si alza, nuvolette che scoppiettano contro la punta del naso. «Per liberarti di Nessuno, non ti serve un rito di iniziazione. Basterebbe che qualcuno ti tirasse un mattone in testa per ammazzarti o farti perdere la memoria.»

«Spiritoso! Ti stai offrendo volontario?»

«Fossi matto! Per finire in galera?»

Trangugia la birra. Probabilmente è davvero questo l'unico motivo per cui Yuri non mi vuole prendere a sassate: evitare la gattabuia. Mi preferiva piangente e singhiozzante. La versione Nina iperattiva gli sta dando del filo da torcere e Yuri non possiede un paio di forbici per tagliare la matassa della pazzia e rimettermi la testa sulle spalle.

«Tranquilla, Nin. Anche se non ti ammazzo io, vedrai che c'è la fila. Ti sei bruciata più alleati tu negli ultimi giorni che Napoleone dopo la sconfitta di...»

«Bruciare hai detto?»

Yuri recita di nuovo il ruolo della statua. Occhi sgranati e bocca che per poco non si stringe nell'urlo di Munch, mi guarda salterellare al bancone e chiedere ad Alex delle bottiglie di plastica, vuote.

«Andiamocene» gli dico, quando torno al tavolino. Mi prega di no con uno sguardo. È stufo di correre dietro alle mie pazzie. Vuole solamente bere le sue birre medie in santa pace, passare una serata normale.

«Suvvia, Yuri. La normalità è sopravvalutata. E poi devo fare benzina.»

«Pink è a secco?»

«All'incirca.»

Non mi chiede a che servano le bottiglie vuote. Arrivati al distributore, potrei caricare direttamente il serbatoio della vespa. Invece premo la pompa nelle bottiglie di plastica, le riempio fino all'orlo, per poi chiuderle nella borsa a tracolla.

«Perché devi essere così su di giri? Che sta succedendo, Nin?»

«Niente che tu voglia sapere, monta in sella, dai.»

Sono al manubrio di Pink. Manca solo Yuri e poi si può partire. Ma Yuri resta impalato come un lampione della luce e mi fissa.

«Dovrei pretendere una spiegazione» borbotta.

«Dovresti, appunto. Condizionale. Ora sali che ti porto in un posto.»

Faccio tap tap sulla porzione di sedile libera per dirgli di sbrigarsi. Non ho tutta la sera. Voglio farlo subito. Senza esitazioni o pentimenti. Vinta dalla follia di due medie, dalla necessità di credermi invincibile.

Certo, starò bene solo un minuto, poi subentrerà di nuovo il dolore e la rabbia e la consapevolezza di aver fatto una stronzata, però...

«Yuri, o sali o ti pianto qui e ci vado da sola.»

Io per lui potrò anche essere uno scritto in aramaico, ma lui per me resta una semplicissima versione di latino che inizia con rosa pulchra est. Nessuno pianta in asso il grande Yuri Conte. Così, con le braccia di Yuri avvinghiate alla vita, giro la manopola dell'acceleratore.

Non passano cinque minuti prima che lui riprenda con le proteste.

«Il blog non segnava feste in Val d'Ora, Nin. Cosa vuoi? Violentarmi, uccidermi, gettarmi da un dirupo e darmi fuoco? Guarda che se vuoi del buon sesso, si può fare anche a casa mia. Comodi comodi, sul letto. Sono totalmente consenziente e desideroso di concedermi alla mia madamigella prediletta.»

«Ucciderti? Per finire in galera? Oltre a fare un torto al mio signore, nuocerei alla mia pura anima angelica.»

Do gas a Pink, mentre il vento accarezza le guance. I capelli sciolti volano all'indietro, imitano il mantello rosso di un supereroe. Yuri sputacchia, quando si ritrova le ciocche incollate alle labbra.

«Ho deciso che non ci capisco niente, Nin, mia dama o quel che ti pare. Non mi piacciono le sorprese. Soffro di una grave patologia per cui detesto non avere la situazione sotto controllo. Te l'ho mai detto?»

«No!»

«Sono troppo vecchio per certe cose.» Certe cose. Ma se non sa nemmeno dove stiamo andando!

«Sei il grande Yuri Conte! Tu puoi tutto.»

Prendo un tornante in terza e la ruota anteriore di Pink sbanda di un centimetro, costringendo Yuri ad aumentare la stretta attorno ai miei fianchi e a imprecare.

«Anche i supereroi hanno i loro talloni d'Achille» grida. «La kriptonite sta a Superman, come il raggio d'azione limitato sta a Yuri Conte. Funziono solo a Viacampo centro e a Milano!»

Una nuova sbandata di Pink. Una Panda, sulla carreggiata opposta, mi fa i fari. Deve esserci una volante della polizia, appostata dietro una curva, e io sto correndo troppo.

«Seconda kriptonite di Yuri Conte» continua. «I miei super poteri non funzionano, quando entri in modalità psicopatica. Che ci devi fare con la benzina?»

Le nemesi dei supereroi non possono rivelare i loro diabolici piani alla seconda battuta. Bisogna come minimo arrivare a metà fumetto. Giro la manopola dell'acceleratore, immagino le vampe azzurre mescolarsi all'incendio, quando un colpo d'aria darà ossigeno alle braci.

«Voglio andare in pensione» sospira Yuri. «Mandami in pensione, ti prego. Lavorare per te mi crea schizofrenia, bipolarismo, ipocondria e depressione. Almeno mi stai pagando i contributi?»

«Perché dovrei? Non ti ho mai assunto.»

Le labbra di Yuri liberano quel nome, non Nessuno. Colpa di Marco, stare dalla parte di Marco, uccidere Marco. Il vento si è mischiato alla voce, ha disperso il finale della frase. Tra tutte le parole che poteva cancellare, mi ha condannata a sentire Marco.

«Tieniti forte!»

Pink sgomma sull'asfalto. Poche gocce d'acqua cadono dal cielo, una lieve pioggerellina d'estate che rende scivolosa la striscia continua, quando costringo il copertone ad attraversarla per svoltare. Yuri si rassegna. Dallo specchietto lo vedo svoltolare gli occhi al cielo e inoltrare un testamento mentale a Dio.

«Violentarmi, uccidermi, gettarmi in un dirupo e darmi fuoco. Dove cazzo stiamo andando, Nin?»

Abbiamo lasciato lo stradone principale, per immetterci in una stradina sterrata, grandi buche, fili d'erba anneriti dalla notte.

«Arrivati. Visto? Sei ancora sano e salvo.»

Lascio i fari di Pink accesi. Hanno il merito di squarciare il buio della notte e illuminare ogni dettaglio di un luogo che conoscerei a occhi chiusi: la stradina sterrata dove io e Nessuno ci rincorrevamo, la staccionata che mi aiutava a scavalcare, lo spiazzo d'erba che ha conosciuto i nostri scherzi, il fienile con quel giaciglio d'erba secca su cui abbiamo fatto l'am-

«Basta» ordino a me stessa.

Troppe immagini si proiettano in testa, troppi ricordi che fanno male. E più penso, più Nessuno si infila sottopelle e si trasforma in una spina che naviga nelle vene fino a trafiggere il cuore. Se agire vorrà dire smettere di pensare almeno per un istante, allora lo farò.

Cospargo fiotti di benzina sulla staccionata, grandi spruzzi su quell'erba che mi ha tradito, sul fienile che mi ha illusa, sui per sempre e i voglio te e i baci che erano menzogne. Sbagliavo quando dicevo di voler bruciare il vecchio. Sono qui per incenerire le bugie che non ho saputo riconoscere, le favole belle che mi hanno raggirata.

L'odore della benzina ha coperto il profumo del bosco. Schizzi di bagnato colano dalla porta del fienile, fuggono tra le crepe dei mattoni. Ultima bottiglia. La faccio volare sul giaciglio di fieno, quel letto che conserva ancora gli stampi dei nostri corpi tra i fili di pagliericcio. Manca solo il fuoco e il più grande simbolo di un amore falso diventerà cenere.

«Non ho l'accendino» sussurro, le mani calate nelle tasche degli shorts.

«Ma per fortuna non lo hai!»

Yuri. L'ho lasciato alla staccionata, escluso da una decisione che dovevo prendere da sola. Ma lui non ha accettato di venire messo da parte. Ha sgomitato tra gli steli d'erba e mi ha raggiunta in cima alla collina.

«Io non lo so, io non capisco» boccheggia. Mi blocca i polsi. Li tiene talmente fissi che sento la pelle bruciare sotto l'intensità della sua stretta. «Io non capisco. La Nina che conosco io...» Si interrompe. C'è delusione nelle sue parole. «Chi cazzo sei tu?»

«Yuri...» L'odore di benzina confonde i pensieri.

«No, Yuri un bel cazzo di niente. Che altro devo fare per te?»

Portarmi via da qui. Ma Yuri lo sta già facendo. Mi gira verso il fondo collina e mi spintona lungo il pendio, quasi fossi un sacco di farina da maltrattare e sul quale sfogare la propria ira.

«Ho fatto tutto quello che potevo» strilla. Un'altra spinta. Punto i piedi tra le zolle per evitare di rotolare fino alla staccionata. «Ti ho retto il gioco, ti sono stato vicino, mi sono improvvisato perfino giullare di corte, pur di tirarti su il morale, e adesso mi costringi ad assistere a questo, a questo...»

Non sa come chiamare la sceneggiata che ho appena improvvisato. In realtà non lo so nemmeno io.

«Sai che ti dico, Nina? Fa' come ti pare!» Mi costringe a passare sotto la staccionata per tornare da Pink. «Se credi che bruciare mezza Viacampo ti farà stare meglio, prego. Ti cerco l'accendino.»

Non ha nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia. Rompe ogni contatto tra i nostri corpi e sale in groppa alla vespa. Indica il fienile e le bottiglie di benzina che ho gettato tra le graminacee.

Prima mi blocca, poi mi dà il via libera.

«Fa' quel che ti pare» ripete. Si sistema il casco e allaccia il cinturino. «Io però non mi chiamo né Stefano Nisi, né Biagio Iachemet, né tanto meno Marco Zuccato.» L'ha detto davvero? «Quindi non pensare che me ne resterò qui fermo a guardarti fare l'ennesima cazzata, solo perché credi di averne il diritto.»

La mente non registra la nuova catena di rimproveri. Si concentra sul corpo, sulle reazioni che il nome ha innescato. E mi trovo a tremare e a stringermi nelle braccia, come se avessi freddo e invece è ancora estate.

«Merda» sbotta Yuri. «Non ho la chiave.»

Salta giù dal sellino, quasi il cuoio nero fosse infuocato. Tira un calcio alla carrozzeria, un rumore metallico che mi fa trasalire. E si allontana, dieci metri, per poi fermarsi, in disparte, e appoggiare la schiena su un palo della staccionata.

Ora Yuri non grida più e a riempire il silenzio resta solo il mio senso di colpa. A fianco di Pink, mi convinco a mantenere la distanza di sicurezza. E lui si massaggia la fronte, nello spazio compreso tra le sopracciglia, prende grandi respiri per calmarsi.

Quando passano cinque minuti, mi avvicino. Non so con che parola riaprire la conversazione. Scusa è la classica pezza che si incolla per rimediare a un danno, con pessimi risultati. Gli resto accanto, in attesa che sia Yuri a darmi il permesso di parlare.

«Dopo quello che ti ho detto alla Scalinata del Re» sospira. «Dopo averti pregata di non fare del male a te, a me, a nessuno, sembra che ti impegni a prendere sempre la decisione sbagliata.»

Conficco le unghie nei palmi e tagliuzzo la linea del destino. La vita mi ha insegnato a non scherzare con la morte, Yuri mi ha chiesto di farci attenzione. E io sono capitombolata nel vortice degli stessi errori.

«Una parte di me non voleva farlo» ammetto. Nascosto tra i pensieri c'era un piccolo grillo che mi suggeriva di scappare, ma il suo richiamo era troppo sottile per essere ascoltato. «Sarei potuta venire da sola, Yuri, e invece ti ho costretto a seguirmi.»

Quale piromane determinato ad andare fino in fondo, si porterebbe dietro un potenziale ostacolo?

Yuri fa schioccare la lingua. «E così mi avresti rapito per convincermi a farti il culo a suon di strigliate?» Stacca la schiena dalla staccionata, scettico. Mi arrampico sugli specchi, chilometri di vetrate, per riparare al malanno. «Bastava dirlo che con te ci volevano le maniere forti. Potevo mandarti a fanculo anche a Viacampo, sai?»

Yuri non è Nessuno. Belle parole e un sorriso non risolvono uno sbaglio. E chiedergli di dimenticare sarebbe una preghiera inutile.

«Volevo che mi fermassi» gli dico.

Yuri fa la faccia da sbirro, dilata le narici in cerca di una menzogna. Alla fine, raggiunge Pink e torna in sella. Ora spetta a lui fare tap tap sulla porzione di sellino libero, per dirmi di sbrigarmi.

«Va bene» concede. Mi infilo tra il suo petto e il manubrio, pronta a guidare e a riportarci a Viacampo. «Ma fammi assistere a un'altra scenata del genere e con me hai chiuso.»

Non lo farò più, promesso.

Nonè necessario dirlo ad alta voce. Dopo Valentina e Nessuno, non voglioperdere anche lui. Man mano che ci avviciniamo al centro di Viacampo, miimpongo di farcela. A partire da questo secondo smetterò di essere una minavagante che potrebbe esplodere e ridurre i suoi cari in nebulosa. A partire daquesto secondo terrò alto il nome di Nina Adami.

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