I'm not Superman (II)
27 agosto
4 giorni dal decesso
A partire da questa data, lo rimuoverò completamente dalla mia vita. Ho lasciato che il dolore mi consumasse, ho pianto, mi sono odiata e resa ridicola davanti a Maria Ulivieri. Adesso basta. Altro che Binomio. Questa storia si chiamerà Nina Adami e non sono ammesse intromissioni dall'esterno.
Il primo a reclamare una parte nel nuovo libro è Yuri. Alle otto di mattina ho fatto colazione e sono andata a correre nel parco dietro casa. Di ritorno dalla seduta di jogging, l'ho trovato alla scrivania. Giocava a infilare cd rom nel lettore e ad azzeccare la canzone al primo accordo.
Ed eccoci qui. Lui a frugare tra i miei effetti personali, io ferma sulla soglia.
«Come hai fatto a entrare? Hai forse i superpoteri?»
«Tua madre.» Avrei dovuto immaginarlo. «Cos'è? Non ascolti più musica, Nina?»
Lo sportello dello stereo è coperto di polvere, da mesi non inserisco un cd rom nel mangiadischi. Un accordo dei Nirvana, Smells Like Teen Spirit, esce dall'altoparlante. Yuri butta la testa indietro, dieci secondi di musica, prima di mettere in pausa lo stereo.
«Devo ammettere che pensavo di trovarti peggio» mi dice. «Già mi ci vedevo a doverti agganciare al rimorchio e tirare fuori dal letto come una vecchia Panda da rottamare.»
Fa un giro di 360° sulla sedia da studio. Quando torna a fronteggiarmi, mi strizza l'occhiolino. Ha recitato la battuta con la voce languida per smorzare la tensione, ma vederlo parlare come niente fosse mi fa sprofondare.
«Hai sentito che ti ho detto, Nina?» Yuri mi ha raggiunta e ora sventola il palmo per farmi uscire dallo stato di trance. «Non dirmi che il gatto ti ha mangiato la lingua!»
Non posso farmi vedere così, non da Yuri, non dopo la sceneggiata alla Scalinata del Re.
«Sei il solito scemo, Yuri!»
Lui ghigna soddisfatto. Ributta il sedere sulla sedia e riprende a sfogliare i dischi.
«Mi hai sentito quando ho detto che dovevo agganciarti al rimorchio?» mi chiede, due custodie vuote gettate sopra il dizionario di greco. «Ho fatto una delle nostre battute squallide e tu non hai ribattuto. Agganciare al rimorchio. Rimorchiare. L'hai colto o non l'hai colto?»
L'ho colto eccome. Solo che non ce la faccio. Ho la voce incastrata in gola. Se penso ai miei battibecchi con Yuri, penso anche a... a Nessuno. Dio, se gli saliva il nervoso quando io e Yuri facevamo gli scemi!
«Nina, che hai?»
Patetica. Non ho pensato a quel nome. Ho pensato a Nessuno. Eppure, goccioline salate scivolano sulle guance. E corrono velocissime fino al mento, quasi stessero gareggiando ad arrivare per prime al traguardo.
«Niente» sorrido. «Non ho niente.»
«Va bene» mi concede Yuri.
«Più che un riferimento al rimorchio, ho colto il riferimento alla mia Panda.» Seduta sul letto, impugno le lenzuola rosa, pulite. «La mia povera Panda... è ancora in quel posto?»
Il filo di voce mi è uscito scherzoso. Però la domanda finale mi ha tradita. La voce ha tremato in un singhiozzo nel pronunciare "quel posto" e ho subito stretto le labbra per strozzare il pianto.
«No» sospira Yuri. «L'ho recuperata ieri pomeriggio e te l'ho parcheggiata nel piazzale.»
Dalla tasca dei jeans estrae le chiavi e le sventola. È il mazzo che mi ha sequestrato qualche notte fa, alla Scalinata del Re, per evitare che mi sfracellassi per un dirupo. Yuri lo butta sul letto.
«Prima di venire qui, pensavo di fare un salto da Mar-»
«Nessuno!»
Yuri trasalisce, la sedia cigola e anche io salto sul posto. Ho spiegazzato le lenzuola stirate, le ho strattonate, al punto che le chiavi della macchina sono scivolate sul parquet.
«Da Nessuno» ripeto. «Tu hai pensato di fare un salto da Nessuno.»
Yuri mi fissa spaventato: «Non possiamo evitare di parlarne in eterno, Nin».
È troppo, troppo, troppo presto. E non voglio essere maleducata o egoista o ingrata, perché devo tantissimo a Yuri, probabilmente gli devo la mia stessa vita. È solo che non può fiondarsi qui e con poche parole vanificare gli sforzi di un giorno intero.
«Biagio è preoccupato, Nina. Ieri gli ho raccontato tutto e ti ha bombardata di telefonate. Non gli hai risposto, nemmeno una volta.»
Non avrei potuto. Alzo il mento in direzione del battiscopa sotto la finestra. Yuri libera un ah, studia i pezzi metallici e di plastica addossati alla parete. Ci ho messo tutta la rabbia che conosco in quel lancio e il cellulare non è sopravvissuto all'impatto.
«Ho pensato fosse il caso di venire di persona, a sondare la situazione, prima di portarti Biagio» mi dice. «In più ti ho fatto una specie di sorpresa.»
Spinge le rotelle di lato per farmi vedere la scrivania. Eccola lì, la sorpresa. Tra le penne gettate alla rinfusa sul tavolo e le foto che ho strappato e i calzini e i diari che in un raptus d'ira ho usato per bombardare la parete.
«E quella cos'è?»
Una scatola, di cartone, con il disegno di una banana sul lato lungo, vicino al marchio Chiquita. La domanda giusta doveva essere: perché Yuri mi ha portato una scatola rubata all'ortofrutta? Nel percepire il mio smarrimento, si gratta la tempia.
«Te la ricordi la mia bionda?» mi chiede. «Non fare la battuta sulla birra! Per bionda intendo la ragazza, quella di quel posto, con quel fantastico culo a mandolino e la quarta di reggiseno.»
Lo smarrimento aumenta. Siamo partiti da una scatola per passare a una ragazza. Non è da Yuri saltare i collegamenti logici. Lui in genere è diretto. E invece continua a grattarsi la tempia, senza sapere che pesci pigliare.
«Niente, lei mi ha detto che in questi casi per voi donne ci sono due rimedi: un taglio di capelli e una scatola.»
Oh, adesso è chiaro. In questi casi, ossia nelle situazioni in cui bisogna guarire da un cuore spezzato. Peccato che la cura dei capelli sia stata esclusa e la scatola... mi sollevo sulle punte e raggiungo quel quadrato di cartone.
Yuri ha già iniziato a fare piazza pulita. Sul fondo riconosco i dischi dei Pink Floyd e il diario dell'Irlanda e le poche foto che non ho strappato e le All Star a scacchi e il fermaglio con la farfalla. Lo stomaco si chiude in un groppo.
C'è Nessuno in quella scatola. Con i ricordi felici, quelli che prima hanno reso la mia esistenza speciale e che poi lui, senza troppi ripensamenti, mi ha bruciato in faccia. Quali altri oggetti meritano di essere cestinati? La testa gira, mentre passo in rassegna le mensole sopra il letto.
«Ma qui è tutto di Nessuno» strillo. «Lui ha toccato tutto. Come faccio a chiudere una stanza intera in una scatola?» Non una stanza intera, cinque anni interi, il fiore della mia esistenza, i momenti che mi hanno resa quella che sono. «Come posso, se non faccio che sperare che compaia e che...»
La maglietta di Yuri soffoca le parole. Le braccia si avvinghiano alla schiena e poi premono la testa, la infossano nel suo petto. E tiene schiacciato, per tapparmi la bocca e impedirmi di piangere o impazzire.
«Scusa» sussurra. Yuri il Grande non chiede scusa ad anima viva. «Dimentica la stronzata della scatola. D'altronde con quella bionda ci sono uscito per il culo, non per il quoziente intellettivo.»
Ride e riderei anch'io, se non mi facesse male lo stomaco. Yuri mi stringe più forte, le dita incastrate sotto la nuca. Quando mi libera, non lascia un secondo di silenzio. Né io né lui siamo tipi da smancerie, ci imbarazzano. Allora Yuri si finge un gentiluomo e mi porge il braccio.
«Posso avere l'onore di portarla a fare due passi?»
Adesso riesco a sorridergli davvero. Altro che scatola. Voglio solo fuggire via da qui.
*
28 agosto
5 giorni dal decesso
Sono passate ventiquattro ore da quell'abbraccio. Yuri ha smesso di camminare sul mio cuore con la delicatezza di un elefante e si è trasformato in una piuma. È rimasto tutto il tempo a farmi compagnia e a cercare di sollevarmi il morale.
Quando arriva sera, ci troviamo nel giardino di casa, seduti sui gradini di pietra. Dopo aver riportato la Panda nel piazzale ed essersi trasformato nella mia ombra, Yuri ha fatto breccia nel cuore di mamma Paola e ora i suoi occhi non vedono che lui, il numero 1, Yuri Conte l'eroe.
C'è un'unica pecca nella fiaba inventata da mia madre: Yuri Conte non è un eroe. È un anarchico, egocentrico, megalomane, getta zizzania, ubriacone, incapace di ficcarsi per una buona volta la lingua tra i denti. Quando il cielo diventa un tappeto stellato e la notte oscura il mio viso coperto di lacrime, si sente abbastanza sicuro da recuperare l'argomento Nessuno.
«Lo so che non vuoi parlarne» dice. «Però io penso che fare finta di niente non ti faccia bene e che dovresti imparare a guarire dalla sindrome del cuore spezzato.»
Guarire. È esattamente quello che mi sto sforzando di fare. Ma con i miei tempi e seguendo la mia tabella di marcia.
«Che ne vuoi sapere?» gli chiedo. Mi accontento di tirargli un pugno sul braccio. Le candele alla citronella, disposte attorno ai vasi dei limoni, illuminano il suo volto stupito. «Tu non puoi venire qui e parlarmi di cuori spezzati. Non lo hai mai avuto il cuore spezzato!»
«Certo che ho avuto il cuore spezzato!»
Le fiamme sugli stoppini oscillano, il gatto del vicino ripara sotto la siepe. Se non fugge lontano chilometri, è perché la notizia lo ha sconvolto: Yuri Conte innamorato? Lui incrocia le braccia al petto, per nascondersi dietro la sua aria da duro anarchico.
«Lo confesso» ammette. «Con estremo imbarazzo, ma mi è capitato.»
Si ammutolisce da solo. Non penserà di poter cambiare discorso, ora che ha lanciato un bocconcino così succulento!
«Dettagli, Conte, esigo immediatamente i dettagli.»
Lui borbotta. Se avesse una macchina del tempo, farebbe un balzo nel passato e ficcherebbe la lingua nella tagliola dei denti, pur di evitare l'argomento. Peccato che il libro Nina Adami non sia un fantasy, ma un romanzo realistico.
«Non si scappa, eh?» mugugna.
Niente macchina del tempo per Yuri Conte! Lui fa vibrare le labbra in una pernacchia scocciata, poi si tira una manata sul ginocchio per prendere coraggio:
«Avevo tredici anni. E lei era una dea, la mia Musa».
Si perde con lo sguardo nelle stelle, come se la volta celeste avesse assistito a questa storia d'amore. Con un colpo di tosse lo invito a sputare il rospo intero, non solo una zampetta squamosa. Voglio arrivare al culmine dell'azione.
«Sapessi, Nina. Mi bastava sfiorarla, per sentirmi felice. E quando cantava, la saliva si faceva calda. E quando la vedevo, il cuore pulsava come un matto.»
Scuote la testa, vinto dalla nostalgia. Yuri Conte si è innamorato sul serio. A tredici anni, quando ancora non lo conoscevo. Eppure non si è mai lasciato sfuggire un indizio durante le nostre sbronze allo Yeti.
«Se litigavo con mio padre, mi bastava vederla per rilassarmi. E quando avevo un blocco musicale... a volte credevo fosse perfino più importante della mia musica.»
Il mento si abbassa al punto che la mandibola rischia di staccarsi dalla mascella. Fisso anch'io il cielo, alla ricerca di un maiale con le ali che mangiucchi le stelle al posto della biada.
«Yuri, tu... perché non me ne hai mai parlato?»
Per l'antico diritto di farmi i cazzi tuoi, quando tu devi ignorare i miei. Non lo dice. Smette però di perdersi nelle stelle, appoggia il dito sotto il mento e mi invita a chiudere la bocca.
«Nina?»
«Dimmi!»
«Aveva sei corde e una cassa armonica.»
Il dito gratta sotto al mento, quasi fossi un gatto bisognoso di coccole. Necessito di un secondo per connettere. Una donna con sei corde e una cassa armonica?
«Una chitarra, Yuri? Mi stai davvero dicendo che il tuo primo amore è stato una chitarra?»
Le guance bruciano di vergogna. Nemmeno la notte potrebbe coprire il mio imbarazzo. Sono rimasta intrappolata dall'inganno di quell'anarchico doppiogiochista. L'avevo o non l'avevo detto che Yuri Conte è tutto fuorché un eroe?
«Avresti dovuto vedere che faccia avevi, Nin!» Si chiude sulla pancia in una risata e inizia a stringerla come colpito da un attacco di gastrite. «Un pesce lesso! Sembravi un pesce lesso!»
Ha due piccole lacrime incastrate nelle code degli occhi. Se la ride alla grande, senza darsi mezze misure o cercare di limitarsi. Non è da Yuri lasciarsi trascinare dai sentimenti.
«Me la paghi, Yuri! Avevi detto di essere aggiornato sui "cuori spezzati" e invece sei un grandissimo bugiardo!»
Gli salto addosso e gli tiro piccoli scappellotti sulla nuca. Scompiglio le ciocche di capelli, sfregandole tra le dita e trasformandole in una ragnatela elettrica.
«Oh, Nina. Ma guarda che è stato davvero il mio primo e unico amore!»
«Ma la smetti di prendermi in giro? E pensare che ti ho persino chiesto i dettagli!»
Lo strattono per i capelli. E lui è talmente preso a ridere da non riuscire a opporre resistenza. Se fosse una bambola vudù, si farebbe persino conficcare gli spilli nel cuore, e ancora non smetterebbe di ridere. Forse assorbo per osmosi il suo divertimento, fatto sta che anch'io mi trovo legata al carro delle risate.
«Torna serio!» lo supplico, un singhiozzo che risale dalla gola. «Non posso ridere adesso.»
È la stagione del dolore e ridere vuol dire essere felici, un sentimento che ho costretto all'esilio.
«Yuri, la vuoi smettere?»
È una risata stupida, immotivata, a un certo punto isterica. Rido a crepapelle, con il viso schiacciato sulla schiena di Yuri. Nel mio cuore c'è ancora la stagione del dolore, ma questa risata è per me un segnale chiarissimo. Dopo giorni di gelo, è finalmente arrivato l'equinozio di marzo. Domani mi sveglierò e sarà primavera, la stagione perfetta per ricominciare a vivere.
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