Bianconigli sotto esame (II)
Yuri deve stare a Milano per due giorni. Ha un corso di aggiornamento, un'occasione per ingraziarsi il professore e iniziare la tesi con anni di anticipo. Tornerà a Viacampo appena finito il corso e ci aiuterà, perché senza di lui non saremmo che falene brancolanti nel buio, alla ricerca di un punto luce (parole sue).
«Non vi allarmate» ordina dal solito ritaglio Skype. «Le mie dritte funzionano anche da qui. Rimboccatevi le maniche ed evitate di restare soli.»
Ci sta dedicando del preziosissimo tempo in un "momento poco propizio", visto che oggi...
«Avrei di meglio da fare che risolvere le turbe di due individui ottusi e complessati quali i membri del binomio.»
Sullo sfondo intravedo un festone argentato, al centro in pennarello rosa la scritta "Trenta e Lode", una costellazione di cuoricini e segni di labbra stampate con il rossetto. Trenta e Lode è il voto conquistato da Yuri nell'ultimo esame, un successo talmente grandioso che...
«La mia trionfale uscita dalla facoltà è stata accompagnata da fanfara, cortei d'applausi, bottiglie di spumante stappate e a momenti fuochi d'artificio» ci tiene a precisare Yuri.
La scritta in rosa sullo striscione tradisce l'autografo di una donna, con ogni probabilità l'ultima fiamma del grande Yuri Conte.
«Almeno la poveretta lo sa di essere la scopata di una notte?» gli chiedo.
Yuri mi manda a tacere, ripetendo il suo ordine: «Evitate di restare da soli!»
Ma io e Marco siamo il binomio e nella vita abbiamo superato ostacoli alti quanto la torre Eiffel. Se non siamo stati schiacciati da meteoriti chiamati Biagio, Celeste e Stefano, come potremmo entrare in crisi per un esame?
«Come puoi avere così poca fiducia in noi?» gli chiedo.
«Vi conosco!» replica lui.
Nello sfondo fatto di cuscini rosa, striscioni e baci di donna, una mano smaltata di fucsia preme il tasto play del lettore cd. Everytime we touch di Cascada diventa la colonna musicale.
«Guarda che se ci mettiamo in testa di studiare, studiamo!» insiste Marco. Ma Yuri non lo ascolta. Una furia omicida gli anima il viso, pupille che scintillano odio, disprezzo, carneficina. Sigillo le labbra per trattenere una risata: Yuri Conte se la fa con una che ascolta Cascada e a breve la poveraccia verrà spennata come una gallina destinata al brodo.
«Comunque, Yuri, se tu sei in grado di tollerare Cascada, io e Marco possiamo studiare insieme. Non credi?»
«Vi conosco!» ribatte lui.
Impugna la statuetta di un pony viola e la lancia contro il registratore. Si chiude così la nostra conversazione in Skype, tra un "pietà!" e uno "spegni questo obbrobrio!".
Colpa dell'orgoglio, il binomio decide di ribellarsi al volere di Yuri. Io e Marco siamo invincibili, destinati a spazzar via le più insidiose minacce di Viacampo. Nella cantina di famiglia Zuccato inizia il progetto maturità, ma appena giriamo la copertina del libro...
«Nanà, andiamo al lago. Se con un solo sasso riesco a fare più di quattro balzi, ti offro un gelato.»
Ogni azione che non sia lo studio equivale a una perdita di minuti. Andare al lago meno dieci, tirare un sasso meno cinque, offrire un gelato e tornare a casa meno venti. È questione di mezz'ora, una pausa necessaria per rifocillare gli stomaci. Il sasso fa cinque balzi, gelato in arrivo.
Ma quando ci ritroviamo sulle panche in legno, nella cantina del nonno di Marco...
«Nanà, accendiamo la radio. Se becco al primo colpo una canzone anni 60, ci beviamo una birra allo Yeti.»
Accendere una radio costa due minuti. Che sarà mai? Radio accesa, un certo Bobby Solo che canta. Non so se sia anni 60, ma il sound è vecchio, la registrazione gracchiante, quindi... birra allo Yeti.
«Nanà! Alla Baia Azzurra fanno la gara di tuffi con le bici!»
Questo è uno dei miei sogni proibiti. Si prendono le bici da rottamare, si sgomma sul pontile e poi splash, in acqua, con il veicolo che affonda e si deposita sul fondo del lago.
«Che vi avevo detto?» domanda Yuri. «Voi due da soli non sapete studiare. Vi serve un appoggio esterno, qualcuno che vi controlli. E mi raccomando. Qualcuno con cui il pivello non faccia a pugni.»
Yuri crede di essere il Vangelo. Per il suo ego smisurato, dopo la morte, verrà condannato da Minosse all'Ultimo Girone infernale, costretto a diventare l'animaletto da compagnia di Lucifero.
«Stai dicendo che io e Stefano non sappiamo stare nella stessa stanza?» domanda Marco.
Ci troviamo di nuovo nella cantina del nonno, mentre Yuri ha cambiato postazione, un negozio d'antiquariato che vende dischi in vinile: AC/DC, Deep Purple, Talking Heads.
«Invece che sputare sentenze su di noi» insiste Marco. «Che fine ha fatto Little Pony?»
Mi servono cinque ticchettii di secondi per comprendere che Little Pony è la fan di Cascada, colei che venerava la statuetta di un pony viola.
«Vi conosco!» si limita a dire Yuri.
E intanto strilla femminili gli chiedono quale disco voglia come regalo per festeggiare il suo "Trenta e Lode". La voce della nuova fiamma non appartiene all'amante di Cascada, ha un briciolo di dignità in più. Pur non comparendo nel riquadro Skype, supplica Yuri di spegnere il pc: è tutto il pomeriggio che gira per Milano con il portatile. Di questo passo verrà scambiato per un segaiolo che si trastulla con il suo joystick personale, davanti a provocanti porno di cinquantenni.
«Tania, piantala di rompere il cazzo con le tue stronz-»
«Io e Stefano siamo capacissimi di restare nella stessa stanza senza scannarci!» insiste Marco. «Siamo grandi, maturi e vaccinati.»
«Vi conosco!» profetizza Yuri, prima di chiudere il portatile.
Quel pomeriggio ci ritroviamo al casale da Stefano per studiare storia. In men di un secondo scoppia una riproduzione della Prima guerra mondiale, Marco che strilla di voler rappresentare la Germania – a detta sua invincibile – Stefano che lo accusa di essere un ignorante.
Ci riconnettiamo con Yuri due ore dopo. Troviamo il nostro Don Giovanni nella sua stanza, in compagnia di un tè freddo e di una copia dell'Ars Amandi di Ovidio.
«Dove hai lasciato le tue fiamme?» gli chiedo.
«Già Little Pony e Scurril Vinile!» domanda Marco, dilettandosi in nuovi soprannomi. «E soprattutto perché non bevi alcol?»
Yuri ci tranquillizza: il tè è corretto.
«Non berrei mai acqua che sa di erba. E comunque. Lo avete o non lo avete capito che dovete rispettare i miei ordini?»
Io e Marco veniamo bacchettati dal rimprovero. Siamo nell'angolo del castigo, con il cappello dell'asino in testa e lunghe orecchie da somaro piegate per la vergogna.
«Allora domani mattina dovrete mettervi al lavoro di buona ora» ordina Yuri. Un sorso di tè, la tazza appoggiata sull'Ars Amandi. «Procuratevi tre uova, 300 gr. di zucchero e 300 di mandorle tostate.»
Dopo essersi adagiato nei panni della pantofolaia e della maestra con la bacchetta, si trasforma nel conduttore di programmi culinari.
«Perché dovremmo comprare uova, zucchero e mandorle?» gli domando.
«Biscotti portafortuna del liceale disperato» dice Yuri. «Per una causa persa è l'ultima spiaggia. Più tardi vi mando la ricetta via mail.»
Il giorno seguente, meno ventiquattro ore al tema d'italiano, io e Marco marciamo verso la cantina del nonno, zona cucina, con fruste e stampi per biscotti. Una perdita di tempo? Decisamente. La mia fortuna, però, è Nicola che mi tartassa via SMS delle domande più disparate.
«Si può sapere chi ti continua a scrivere, Nanà?» mi chiede Marco. Mani nei capelli si dispera. L'albume si è smontato, le meringhe afflosciate come un soufflé sgonfiato per un errore di cottura.
«Valentina» mento.
Il campanello suona quando sono le dieci di mattina e i miei perfetti Brutti ma Buoni tempestano il tavolo della cantina. Non serve uno spioncino per azzeccare l'identità del nostro ospite. La Golf nera ha iniziato a ruggire allo stop, i Metallica a violentare l'aria a distanza chilometrica: Yuri Conte.
«Zucchero» commenta, mentre assaggia un Brutto ma Buono. «Avete sbagliato lo zucchero. Questo è di canna, non bianco come precisato nella ricetta di mia madre.»
La ricetta di sua madre? Ma non erano i famosissimi biscotti della fortuna per liceali disperati e cause perse?
«Me li faceva sempre la mia mamma quando ero a Viacampo» dice Yuri. «Non li mangiavo da un secolo, va bene? E poi in qualche modo dovete ripagarmi per le attenzioni che vi dedico. Adesso, fannulloni, si inizia!»
Yuri Conte è un diavolo nel cui corpo si sono reincarnati la Signorina Rottermeier e il sergente Hartman di Full Metal Jacket. Monta la guardia con il cestino delle mollette da stendere tra le mani, un biscotto in bocca e i piedi buttati sul tavolo. Non è ammesso staccare naso dal libro, chiedere un evidenziatore, andare in bagno per fare pipì, starnutire o emettere un sospiro di noia. Al primo sgarro, Yuri ci bombarda con lanci di mollette, al secondo costringe a correre attorno alla casa, al terzo innaffia con secchi di acqua gelida.
«Ho fame!» brontola Marco. «E freddo!» aggiunge battendo i denti. «Yuri, i biscotti li stai mangiando tutti tu!»
«E a me si stanno chiudendo gli occhi» concordo. «Ho bisogno di un caffè!»
«L'unico caffè consentito è quello dello studente e sarò io a insegnarvi come si fa» concede il sergente Conte, una marcia a rango serrato verso il cucinino.
«Tutto pur di godere di un secondo di pausa» gli dico. «Ancora un verbo greco e dovrebbe intervenire il WWF per salvarci dalle tue grinfie.»
Yuri assorbe il colpo senza lamentele. Carica la moka del caffè e accende il gas. Con le narici dilatate capto la sottile scia amara che esce dal becco della macchinetta. E poi il fantastico borbottare dell'acqua scaldata, il divino liquido nero che risale dalle canule nella scodella d'acciaio.
«Prima a me, prima a me!» grido, portando la tazza in avanti.
«Prima a te, col cavolo! Credi che sia questo il caffè dello studente?» mi rimprovera Yuri. Guanti di silicone per non ustionarsi, smonta la moka e la pulisce. Quando meno me lo aspetto, getta il caffè ancora bollente nella caldaia della macchinetta, applica di nuovo l'imbuto e una piramide di cucchiaini di caffè.
«Doppio caffè, doppia fortuna!» ride.
Il caffè è più denso dell'acqua e impiega cinque minuti buoni a risalire nel bricco. E quando lo bevo...
«È troppo amaro e sa di bruciato. Sembra pane tostato e annerito» protesto. Da ottima sommelier di Espressi e Cappuccini storco il naso in smorfie di delusione. «E non mi sveglia. Non mi sveglia per niente!»
Una secchiata di ghiaccio, la maglietta bianca che si incolla al petto e rivela un imbarazzante reggiseno con coniglietti bianchi. La secchiata mi sveglia, altro che caffè!
«E adesso si studia e il primo che sgarra...»
Uno Yuri imbufalito ci punta con le corna e il fumo che esce dalle froge da toro. Altro che sbattuto nell'Ultimo Girone Infernale! È lui il giudice Minosse, l'essere diabolico che inventa nuove punizioni per costringerci a studiare. Solo quando è sera, il grande Yuri Conte si trasforma da belva inferocita in un docile agnellino pasquale.
«Potete smettere» ci dice. Ho la scatola cranica che scricchiola, i capillari degli occhi arrossati, il callo dello scrittore che sembra una pallina da biliardo. «E per premiarvi.»
«Birra! Birra! Birra!» grida Marco, appena adocchia un'intera cassa di Forst tra i libri.
Passa così la nostra serata prima dell'esame d'italiano. Tra troppe birre e ossa congelate da secchiate di ghiaccio.
«Mi sento di ammettere un segreto» sospira Yuri. È acciambellato sull'unica poltrona della cantina, mentre io e Marco ci accontentiamo di due scomodissimi sgabelli in pino. «A Milano non ci sono dei pazzi come voi. Non mi divertivo così da una vita.»
Marco si issa all'asse del tavolo per evitare di cadere dallo sgabello, e io mastico sillabe che non formano un discorso sensato. Non starà forse dicendo che...
«No!» sbotta Yuri. «Non vi voglio bene. Non vi sopporto! E in anarchia non sono leciti i sentimenti. Ti incasinano sempre la vita.»
Un sorriso complice con Marco, mentre ci cerchiamo con lo sguardo. L'anarchico Yuri Conte ci vuole bene, e gli sono bastate due lattine di birra per dichiaralo. Forse però non ci ama poi così tanto, perché quando l'orologio a cucù batte le nove si adombra di un sorriso satanico.
«Binomio, domani c'è la prima prova e voi lo sapete come si fa un saggio breve?»
Che domande, Yuri...
«È un normalissimo tema!»
Gli bastano due parole per smorzare l'entusiasmo e spegnere la fiaccola della speranza: tesi e antitesi. A Yuri resta la vendetta per le nostre prese in giro, al binomio il baratro della disperazione.
*
Per la durata degli scritti, Battisti si aggira tra i banchi. Ruba i pezzettini di cioccolato che teniamo vicino alla penna di scorta, sghignazza quando intravede un errore nel testo. O forse non lo vede l'errore, ma ci lascia credere che esista.
Quando terminano le prime tre prove, ci concediamo una boccata di relax prima di un nuovo tuffo nello studio per l'orale. Il giorno in cui escono i risultati in Quarantacinquesimi, fissiamo appuntamento al bar dietro la scuola.
«44/45! Nanà, ti rendi conto? Sei una specie di genio. E per fortuna che non avevamo studiato abbastanza! Lo stesso punteggio di quel secchione di Ulivieri! E più di mia cugina!» ride Marco, davanti a uno spritz.
Ho passato la maturità. Mi basta sommare il punteggio degli scritti con i crediti del triennio e supero il 60. Ho ufficialmente passato la maturità.
«Dio, ce la vedo quella stronzetta di mia cugina a mordersi le unghie per il nervoso» continua a ridere lui. «Anzi, altro che mordersi le unghie! Quella sarà a casa che si mangia perfino l'osso del cane dalla rabbia!»
Lui se l'è cavata con 38/45, un risultato definito da Massimo "adeguato". "Se solo voi due e il vostro binomio vi foste impegnati prima, però..."
Secchiata d'acqua ghiacciata, dritta sulla testa di Marco.
«Yuri!»
«Ti ho forse detto che puoi metterti a riposo, pivello?»
Che il nuovo round abbia inizio! Flessioni e addominali, vetri e parquet della cantina tirati a lucido, muscoli delle gambe allenati in giri di corsa, caffè degli studenti bevuti, intere confezioni di mollette da stendere tirate contro le nostre teste. E poi la prova vestito e di corsa all'orale.
Sorteggiata la lettera, una neutra T, inizia il giro di orale. Giorno 3 luglio, il turno mio e di Marco. Prima lui, Z, subito dopo io, A. Battisti si mescola all'uditorio per non perdersi "la magnifica performance del binomio". Marco è seduto al banco degli indagati e i sei giurati lo squadrano alla ricerca di ogni traccia di debolezza.
La prima parola gli esce di bocca come un balbettio. Marco arranca tra le traduzioni di greco e i dibattiti filosofici di Sinistri e io ho il cuore che tamburella nel petto dall'ansia.
«Te la ricordi quella volta che abbiamo scommesso sul pivello?» mi chiede Yuri. Ci ha pedinati fino all'Aula Magna dove si svolge l'esame, uno stanzone con cento posti per il pubblico e un piccolo palco dove siede la commissione.
«Quale delle tante?» ribatto.
«Saggio di chitarra. Io dicevo che avrebbe sbagliato il primo accordo, tu che ci sarebbe riuscito. Scommettiamo che prima della fine del colloquio ci piazza una figura di merda?»
Essere senza cuore. Ricordo perfettamente l'attimo della scommessa, il triste inverno in cui volevo confessare il mio amore a Marco. Ma arrivare a scommettere sulla maturità...
«È una cosa meschina!»
Intanto Marco parla. La voce tentennante si barcamena in risposte campate in aria: perderò. Ma proprio come era accaduto per il saggio di chitarra, potrei mai scommettere contro di lui?
«Chi vince paga da bere alla Corsa Matta» accetto.
Yuri si illumina, al punto da oscurare le ondate di malignità che Battisti, seduto davanti a noi, emana dal corpo.
«Sbronza garantita?»
«Sbronza garantita.»
Quando vedo l'esterno di scienze annuire in direzione della Lorenzi, capisco che l'esame è passato e inizio a sentire il portafoglio nella tracolla cantare una marcia di gloria: non verrà svuotato di banconote per pagare una sbronza al grande Yuri Conte.
«E lei che cosa vorrebbe fare dopo il liceo?» chiede il presidente della commissione.
È un ometto con la chierica e un paio di occhialetti che scivolano di continuo sulla punta del naso. Dà del "lei" a ogni studente, dicendo che ormai siamo maturi e non per niente stiamo facendo la maturità. La voce di Marco si gonfia di superbia:
«Medicina».
È da cinque anni che lo pianifica, ma il presidente non sembra convinto: «Una scelta interessante, soprattutto a vedere il profilo studentesco non eccellente. Deve esserci dietro un motivo...»
Serio?
«Beh, sì, mio padre è il primario di neurochirurgia.»
Questo è un motivo che suona come raccomandazione o incapacità di staccarsi dall'orma paterna.
«Volevo dire che medicina è una scelta quasi da missionari» dice il presidente. Mortificato per avere smontato l'allievo, nasconde l'imbarazzo che brilla nelle iridi, sistemando gli occhiali fino alla cima del naso.
«Ah no! I missionari no!» ride Marco. «I missionari sono religiosi e io non credo in Dio. Credo nella scienza. Mi piace salvare vite e farle nascere...»
Mi spremo una mano sulla faccia, mentre l'imbarazzo minaccia di uccidermi con un colpo di sciabola, e Yuri sghignazza, saltella sul posto per la gioia, perché di questo passo otterrà una sbronza gratis.
«Ad esempio, una volta mi è capitato di inseminare una vacca.»
Silenzio di gelo, gli occhiali dell'ometto che scivolano sul libro di italiano, la Lorenzi che nasconde la testa ricciuta dietro la spalla di Sinistri, Sinistri che serra il viso nelle mani, sperando di sparire con un puff. E Yuri ride, senza trattenersi, accompagnato da Battisti:
«Perle! Eccole a te, Sinistri, le perle dell'Istituto!»
E Marco non realizza che da come si è espresso pare abbia rimorchiato una vacca. Spetta a Yuri illuminarlo, quando l'interrogato si volta verso la platea e il grande Conte mima l'incontro sessuale, disegnando con la mano sinistra un cerchio e con l'indice destro l'atto della penetrazione.
«Cosa? Ma io, no!» strilla, rosso peperone. «Nel senso che mio padre è un neurochirurgo, ma questo l'ho già detto, e ha un amico veterinario e una volta ho assistito... ho assistito a un esperimento, lo giuro, niente di più. E c'era una vacca e l'abbiamo inseminata artificialmente, non con il mio... Io volevo dire che...»
«Credo abbia parlato abbastanza» lo interrompe il presidente della commissione, un colpo di tosse per riprendersi. «Avanti il prossimo.»
Io e Marco ci diamo il cambio. Quanto amo gli esami orali! Sciabordare in magniloquenti paroloni nozioni che io stessa credevo di ignorare mi fa sentire importante. E i sorrisi di soddisfazione di Sinistri, della Lorenzi, di Nicola che è venuto a sentirmi, del presidente della commissione... Credo che potrei ubriacarmi della stima per me stessa.
«Avete davvero tirato su una ragazza in gamba» si complimenta il presidente con la Lorenzi e Sinistri. Scintille! Ho fatto scintille! «E lei che cosa vorrebbe studiare l'anno prossimo, signorina?»
«Lettere classiche» dico con la voce tronfia di orgoglio. «Per poi restare nel ramo filologico e sperare di poter fare ricerca.»
Ammirevole, temerario, sprecato. Questi i pareri del corpo docenti. Ma c'è una reazione che non avevo previsto, un applauso che giunge alle mie spalle, dalle file di sedie in legno dove giacciono gli spettatori: Battisti.
«Ottima scelta, responsabile, tosta, di una con le palle, se mi passate il termine!»
Mento sopra la spalla e sguardo all'indietro, lo vedo procedere verso il palco. Le pupille seguono il lento avanzare, finché il professore si siede senza riguardo sul tavolo della commissione. Che Battisti si stia davvero complimentando con me?
«Lo sai, Nina, che filologia ha le sue eccellenze a Nomi?» mi chiede.
«Certo che lo so!» Grazie Santo Cavaliere Ivan Dieci e Lode per avere illuminato la via del futuro.
«E che offre una grandissima possibilità di vincere borse di studio?» continua a indagare Battisti.
«L'ho sentito dire.» Ma dove vuole andare a parare?
«Quindi hai già scelto Nomi?» Proprio non capisco.
«Mi sembra la soluzione più logica» balbetto. No, non posso balbettare davanti alla commissione. «Sì,» esclamo con maggior convinzione, «ho scelto Nomi.»
E ancora un dettaglio che mi sfugge, perché Battisti sorride vittorioso, con quel ghigno da Joker che si allarga sulle guance rasate e rischia di mangiargli la faccia. Una nota stona nella marcia trionfale che segna il mio successo, e né io, né la Lorenzi, né Sinistri riusciamo a comprendere se sia un Do, un Re, un Mi o un Si Bemolle.
«La vuoi sapere un'altra cosa, Nanà?» mi domanda.
Io per Battisti sono sempre stata Adami. Ora sono diventa Nina e Nanà. Che cosa nasconde? Nonostante sia luglio e l'aria condizionata resti disattivata, un'aria di gelo taglia la pelle.
La voce di Battisti è un sussurro: «A Nomi non c'è medicina».
Un tonfo alle spalle. I libri che Marco cullava sono caduti a terra, le sue braccia sorprese, incapaci di reggere il peso, mentre Battisti applaude e prolunga la recita:
«Signore e Signori, la commedia è finita! Nonostante le mille disavventure superate, il binomio si spezza!»
E mi dico che non è giusto. Un grande lampione illuminava la mia vita, proiettava una luce di certezze. Avevo appena concluso una scelta che mi rendeva sicura. Un secondo prima potevo stringere ogni desiderio nel pugno di una mano: Marco, il binomio, Nomi. È bastato il guasto di una lampadina – un'informazione sbagliata, una leggerezza – a condannare il mio futuro all'oscurità. Dietro di me, i passi di Marco rimbombano per le scalinate mentre esce dall'aula, senza aspettarmi. Adesso, in quella mano chiusa a pugno, stringo il niente.
Buongiorno a tutti,
ebbene sì, chi non muore si rivede! Ormai i miei propositi di aggiornare Binomio in tempi decenti sono naufragati, cercherò di migliorarmi... anche perché devo solo fare copia e incolla da word. Ringrazio sin da subito le anime buone che si sono elette cacciatrici di refusi. Non so come farei senza di voi!
E poi che dire: sì, la parte di storia che non sopporto è arrivata, dal prossimo capitolo in poi. Nervi, nervi a fior di pelle, ma ormai l'ho scritta e quindi non mi tiro indietro. Siete pronti a insultare con me tutti i personaggi di Binomio?
Per il resto è un periodo bello intenso. "Come vento" sta muovendo piccoli passi (tendono all'invisibile ma io sono felice comunque), anche perché stanno arrivando le prime recensioni su Amazon. E niente, dopo questa veloce comparsa, torno a lavoricchiare.
Grazie a chi è ancora qui, nonostante la mia assenza. Siete degli eroi! <3
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