3. La scala per il paradiso
"Ore 21.30. Online". Il messaggio è ormai codificato e lo invio al gruppo WhatsApp degli amici con cui compongo un team affiatato nelle sessioni online di gioco in multiplayer. Sino a qualche mese fa andavo spesso a casa loro, ma il traffico quadruplicato per l'assenza di un pezzo di autostrada dopo il crollo del ponte Morandi ha avuto effetti sulle nostre abitudini.
"Ok" scrive Giorgio alias Alpha1988, "Ok" si aggiunge Roberto/VenomGe, "stasera non riesco" digita Alessandro, nickname Drazox; ormai difficilmente è dei nostri, gestendo un locale che chiude a notte fonda. Dopo qualche minuto arriva anche la risposta di Dario/karma♤: "Va bene".
Perfetto. Anche se ci vediamo molto meno ora, ci teniamo in contatto così.
Ordino una pizza da asporto per far prima e vado a sistemare console e joypad nella mia stanza segreta.
Dietro a I delitti della rue Morgue, nella libreria, è nascosto un piccolo interruttore. A prima vista potrebbe sembrare un inutile orpello, avanzo dell'inquilino precedente e sfuggito alla ristrutturazione, ma in realtà serve per far scendere la scala per il paradiso, come la chiamo abitualmente: si preme il pulsante e la mascherina fa spazio a una tastierina numerica di cui solo io conosco il codice. Dal soffitto, grazie a un meccanismo automatizzato, si apre una botola da cui esce una rampa di legno e ferro, che cala fino ad appoggiarsi a terra. Quando l'agente immobiliare mi mostrò la "stanza segreta" stavo per fare i salti dalla gioia, dandomi un contegno solo per cercare di strappare uno sconto sul prezzo di vendita.
Il solaio, mansardato, si è mostrato da subito come il rifugio perfetto per sessioni di gioco senza essere disturbata. Niente sesso qui sopra. Nessuno dei miei incontri occasionali conosce l'esistenza di questa stanza.
Travi in legno a vista sul tetto, parquet ricoperto di morbidi tappeti, schermo da sessantacinque pollici retroilluminato, un divano e due pouff, frigobar e tavolino basso per appoggiare le birre o allungare le gambe. Ecco il mio regno.
Apro l'armadietto dove tengo tutti i giochi e prendo le enormi cuffie con microfono per immergermi nel mondo parallelo che anch'io contribuisco a creare.
Sono una programmatrice di videogame, ma essere brava a giocare è un'altra cosa. Soprattutto nei picchiaduro e in quelli di guida sono una schiappa rispetto ai miei amici e stasera stiamo giocando a quello che sembra un mix tra rissa da strada e wrestling, ma l'opzione multiplayer livella le abilità. In questo caso, come accade in una Royal Rumble, non è facile difendersi da chi arriva alle spalle.
«Sì, sì, sì! Non ci posso credere!» esclamo trionfante alzandomi dal divano quando il mio personaggio resta l'unico in piedi. «Hai sicuramente trovato qualche trucchetto» commenta Alpha1988 nella nostra chat.
Ci salutiamo alle due di notte. La sveglia suonerà alle 6:30, ma non importa: sono stata bene e quel pensiero che mi ha perseguitata negli ultimi due giorni, come un cappio al collo che ti toglie il respiro, ha fatto meno stretta la sua morsa. L'adrenalina scatenata dal videogame non aiuta a prendere sonno. Resto sveglia a rigirarmi nel letto per almeno mezz'ora, poi crollo.
Il trillo del cellulare, impostato sull'ultimo orario utile per farmi arrivare puntuale al lavoro, mi penetra nelle orecchie e nel cervello infastidendomi come un effetto sonoro mal riuscito. Mentre allungo la mano per stopparlo, mi prometto di cambiare sveglia con qualcosa di più forte. Con un po' di fatica riesco a non ritardare in queste giornate complicate e ricche di lavoro.
A metà mattinata cedo alla tentazione di un caffè. Nonc'è attesa alla macchinetta: è già pronto grazie all'ordinazione via app cheabbiamo installato sul telefono. È il primo di una lunga serie in questa giornata che termina oltre le diciotto: solo quando vengo sorpresa dalla donna delle pulizie, mi accorgo di aver fatto tardi. Raccolgo velocemente le mie cose e mi catapulto verso la stazione. Il treno mi chiude la porta in faccia e lo maledico a voce alta.
Quello successivo, per fortuna, non si fa attendere troppo. Salgo le scale per andare al piano superiore e mi siedo nel primo posto libero. Mi guardo nel riflesso del finestrino, notando due occhiaie profonde. Dopo un istante mi blocco, fulminata.
L'uomo del treno è nuovamente di fronte a me.
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