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Capitolo XV

Prendo il corridoio alla mia destra, che porta all'atrio di ingresso dell'orfanotrofio.

Esco dall'edificio, aprendo la pesante porta in ferro battuto, e cammino per l'ampio giardino. La fresca brezza mattutina mi sfiora delicatamente la pelle e mi arriccia i capelli.

Comincio a correre. Non so bene il perché... Comincio a correre quasi per liberarmi dalle terribili cose apprese.

Dopo aver corso per un bel po', mi accuccio vicino all'edificio, sotto un finestrone lasciato aperto.

Comincio a piangere. Comincio a piangere davvero. Vere lacrime che mi scorrono sulle guance.

Mi sento male.

Troppo costernata e affranta, troppo indifesa e fuori luogo.

Cado in un sonno profondo.


Mi sveglio. 

Mi alzo in piedi. 

Mi guardo in torno. 

Per quanto tempo avrò dormito? 

Il caldo sole pomeridiano illumina il giardino. Mi sento libera. 

Comincio a piroettare su me stessa, mentre il paesaggio che mi circondava si sfalda. Piano piano, i pezzi del paesaggio precedente si uniscono a formare un nuovo luogo: un campo di grano circondato  da un bosco di querce. 

Molto familiare... Ah, sì! È il campo del sogno... Adesso però non c'è nessuno ad occuparlo. 

Noto che, al centro del campo di grano, vi è un laghetto dall'acqua cristallina che sembra brillare di luce propria. Nel sogno non c'era... Ma questa, in fondo, è la realtà; non è un sogno...

Mi avvicino e poggio il piede sulla superficie dell'acqua leggermente increspata. Non sprofonda nel fondale fangoso. Appoggio pure l'altro piede sulla superficie di quel "liquido solido". 

Improvvisamente, accade una cosa fantastica: il mio corpo comincia a ruotare sull'asse dei piedi e la mia faccia si avvicina sempre di più alla superficie. Quando la mia faccia sta per impattare con il liquido, prendo una boccata d'aria. Sento il mio corpo che tocca l'acqua; che, stranamente, non si bagna. Continuo a ruotare. Cosa? Sotto il lago c'è dell'aria? Continuo a ruotare fino a trovarmi in posizione eretta. 

Dell'acqua non c'è più traccia. 

Mi trovo su un ponte di legno che sovrasta uno strato di nuvole. 

Tutto intorno a me: cielo. 

Il ponte è lunghissimo e non se ne vede la fine. Sembra sospeso nel vuoto. 

Mi giro dall'altra parte e vedo la fine del ponte, ad un centinaio di metri da me. 

Sulla soglia del ponte vi è una figura di spalle, incappucciata. Mi dirigo verso di lei con passo malfermo. 

Non riesco ad avvicinarmi. Non importa quanto cammini o corra, rimango sempre nello stesso punto. Com'è possibile? 

Mi fermo, sconsolata e guardo la figura che, lentamente, comincia a voltarsi. Ora mi fronteggia. Il cappuccio che indossa non mi permette di identificarla.

<<Togliti il cappuccio, così potrò riconoscerti!>> dico alla figura.

Ella si toglie il cappuccio ed io riesco finalmente ad identificarla.

È il bambino del sogno.

Il capo degli ibridi.

<<Cosa vuoi da me?>> chiedo, inquietata dalla sua presenza.

<<Cosa vuoi tu da me...>> replica con voce calma ed un sorriso smagliante che gli imbratta la faccia.

<<Sei tu che mi sei venuta a cercare...>> continua.

<<No, non è vero! Io non ti voglio vedere!>>

<<La tua mente dice di sì!>>

<<Come fai a leggere nella mia mente? Non lo si può fare tra gli ibridi!>>

<<Io non sono come te... I sono più di te!>>

<<Allora... Cos'è che avrei voluto chiederti?>>

<<Prova a guardare... A guardare in te stessa...>>

Cerco di capire cosa avrei potuto volere da colui che mi comanda, da colui che mi ha dato il dono.

Da colui che mi ha rovinato la vita...

<<Io non voglio più essere un ibrido!>> sentenzio, risoluta.

<<Sicura di ciò che dici?>> chiede serafico, sempre con quel sorriso disturbante.

<<Certamente!>>

<<E sia!>> esclama.

Alza le mani al cielo ed io comincio a levitare, avvolta da fasci di luce nera.

Guardo il cielo.

In alto riesco a scorgere una macchiolina nera che si avvicina sempre di più, scindendosi in tanti altri punti.

Quando si sono avvicinati abbastanza, riesco a capire cosa sono: pipistrelli.

Essi mi accerchiano e si avvicinano sempre di più al mio corpo irrigidito.

Cominciano a pizzicarmi gli occhi con le loro bocche allungate e munite di denti aguzzi.

A turno, si avvicinano alle mie orbite, strappandomene un pezzo.

Il dolore è lancinante. Scariche elettriche attraversano il mio corpo in preda agli spasmi più violenti.

Non riesco a perdere i sensi: sarebbe la cosa più bella, non sentire dolore.

Dalle mie orbite scarnificate fuoriescono fiotti di sangue che vanno ad imbrattare il mio corpo martoriato.

Invoco la Morte, chiedendole con tutte le mie forze di portarmi con lei. Ma niente accade.

Sento quei maledetti mostri che raschiano l'interno delle mie orbite ormai quasi completamente vuote, in cerca di altri brandelli di cibo.

Quando i miei occhi sono spariti del tutto, i pipistrelli demoniaci cominciano ad allontanarsi da me.

Cado a terra, completamente cieca. Mi ritrovo in una pozza che penso sia il mio sangue.

Comincio a sprofondare nel legno del ponte sospeso e poi mi sento cadere nel vuoto.

Dopo un po' non sento più niente.


Mi risveglio, madida di sudore, nel giardino antistante all'orfanotrofio.

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