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⚜️ Veleno nell'aria

«Scacco matto, principessa.»

Eve alzò gli occhi al soffitto e si lasciò andare contro lo schienale dello scranno. Dall'altra parte della scacchiera, Lysandros imbastì un sorriso così educato da innervosirla.

«Abbiamo giocato mille partite nell'arco di tre giorni. A breve i pezzi si rivolteranno contro di noi.»

«Ne abbiamo giocate quattro, in realtà.»

«Fa lo stesso.» Sbuffò via una ciocca nivea che le era colata davanti al viso e indirizzò lo sguardo oltre le finestre spalancate. Ora che l'inverno ribaltato si era concluso, nella frizzante aria del mattino i tetti di Gardros si susseguivano tra le colonne di fumo in una distesa di tegole color mattone. «Mi piacerebbe uscire, oggi. Dovrebbe essere giorno di mercato, vero?»

«Vi scorterò senz'altro.»

In quegli ultimi mesi le ostilità dei gardrosiani non si erano certo affievolite, ma l'abitudine aveva fatto sì che diventassero più tolleranti.

Il sorriso di Eve si affievolì. «Davvero, Lysandros, mi sento in colpa ad avervi qui quando so perfettamente che vorreste trovarvi altrove. Fare da balia a una principessina viziata non deve essere il massimo dell'aspirazione.»

Il cavaliere scosse il capo. «Mia Signora...»

«So che Kytos vi ha incaricato di sorvegliarmi e che si fida di voi, ma ci tengo a farvi sapere che potete sentirvi libero di dire ciò che pensate senza badare ai formalismi.» Eve afferrò la regina di giada e se la rigirò tra le dita, scrutando l'altro attraverso le folte ciglia bianche. «Nonostante il nostro inizio... burrascoso, si può dire, nutro rispetto e fiducia verso la vostra persona. Mi piacerebbe che per voi fosse altrettanto.»

Lysandros tacque per qualche istante, massaggiandosi il mento, il pollice contro la linea netta della mandibola ricoperta dal velo di barba bionda. «Voi non dimenticate alcun affronto, o sbaglio?»

«Prego?»

«Mi riferisco al giorno in cui vi abbiamo prelevata dalla carrozza.»

«Diciamo piuttosto rapita.» Eve appoggiò la regina sul tavolo e si lasciò sfuggire una risata, sgranando gli occhi subito dopo. «Per gli dèi, se solo avessi saputo che un giorno avrei trovato divertente questo episodio mi sarei ben guardata dallo slogarmi una caviglia.»

Il cavaliere si portò il pugno alle labbra in un patetico tentativo di dissimulare il divertimento. Eve si sforzò di ricacciarlo indietro, mentre una ruga sottile le si formava sulla fronte.

«Vi sentite bene, mia Signora?»

«Non è nulla.»

Ridere, giocare a scacchi e rivangare il passato... le suonava tutto così fuori luogo, con suo marito sul Dorso dei Giganti e il puzzo miasmatico degli intrighi che stavano prendendo corpo nell'aria. I sospetti di entrambi non avevano avuto occasione di consolidarsi, nei giorni successivi al loro incontro nei giardini. Vasilis svolgeva i suoi compiti con impeccabile meticolosità, si occupava delle carte e degli abitanti di Gardros così come avrebbe fatto un politicante esperto e, tolte le sue manie eccentriche e la lingua tagliente, non esistevano prove che stesse effettivamente architettando qualcosa. In quanto membro della guardia reale, Lysandros si sarebbe cacciato in un mare di guai se fosse risultato coinvolto in una denuncia ai danni di un principe, per di più senza elementi ad avvalorare la sua tesi.

Eve avrebbe voluto parlarne, ma qualcuno bussò. Rivolse un'occhiata all'ingresso e si schiarì la voce: «Avanti».

Oltre l'anticamera che precedeva le stanze di Kytos, dov'erano esposte armi e armature da collezione, i cardini cigolarono. La figura di Zahra si materializzò sulla soglia. Indossava una veste di lino semplice e teneva il capo chino, in modo tale che i capelli rosso scuro le schermassero gli occhi. Eseguì un veloce inchino e con il vassoio tra le mani raggiunse il tavolino. Lysandros si affrettò a spostare la scacchiera in cima al cassettone.

«Oh, fantastico! Morivo di fame. Potete favorire entrambi, Hilda ha il vizio di mandare su porzioni che sfamerebbero un esercito di cinghiali, è davvero...» Eve ammutolì e osservò l'ancella dritta in volto. Lei, invece, fissò il pavimento. Un ematoma violaceo le occupava il lato destro del viso, e la macchia si estendeva dallo zigomo fino all'occhio. Aveva la palpebra gonfia e socchiusa, le labbra pallide.

«Zahra, per l'amore degli dèi! Cosa vi è successo? Vi prego, sedetevi.»

Eve scattò in piedi, le prese le mani e le cedette lo scranno. La ragazza eseguì l'ordine con movimenti meccanici, ma quando fu il momento di flettere le ginocchia si lasciò crollare sulla seduta.

«State tremando. Lysandros, per favore, sul comodino nella stanza accanto c'è un unguento in una boccetta di cristallo. Il contenuto è di colore verde.»

«Vado subito», e il cavaliere scomparve oltre la soglia.

Eve si inginocchiò davanti all'ancella. «Siete pallida, dovreste mangiare qualcosa.»

«Non ho molta fame.»

«Almeno lasciate che vi medichi.»

Lysandros fece ritorno con ciò che gli era stato chiesto. Zahra aprì la bocca con l'aria di qualcuno che fosse sul punto di vuotare il sacco, ma dai suoi occhi sgorgò un fiotto di lacrime. Si nascose il volto fra le mani e singhiozzò, le spalle che scattavano a ogni singulto, ed Eve si scambiò un lungo sguardo con il cavaliere. Le si accucciò di fianco, cingendola delicatamente con un braccio, e la lasciò sfogare fin quando non si fu calmata.

«Adesso permettetemi di aiutarvi. Poi parleremo, d'accordo?».

Zahra annuì, ma quando Eve allungò la mano verso il cavaliere fu quest'ultimo a inginocchiarsi di fronte all'ancella. La ragazza strinse le labbra e il colorito delle sue guance rosse di pianto si intensificò.

«Lasciate fare a me» spiegò Lysandros. «Ho avuto a che fare con lesioni simili troppe volte, nella mia vita.» Svitò la boccetta e ne annusò il contenuto. «Come immaginavo. Brucerà un po', va bene?»

Zahra annuì ancora e, ignorando qualunque ordine sociale, intrecciò le dita con quelle della sua Signora, che ricambiò la stretta. Quando i polpastrelli del cavaliere entrarono in contatto con la pelle martoriata della ragazza questa sibilò di dolore, ma non si oppose. Eve scrutò Lysandros di sottecchi: le sopracciglia corrugate, l'aria concentrata, i movimenti precisi. Si chiese quante volte lui e Kytos si fossero ritrovati coinvolti in qualche rissa da taverna che li aveva risputati conciati così male.

«Non dovete temere: tra qualche tempo non rimarrà traccia di tutto questo» la rassicurò lui.

La voce di Zahra fuoriuscì in un tremito: «Lo spero. Non riesco nemmeno a... guardarmi allo specchio. È rivoltante... sono rivoltante».

Lysandros rallentò i movimenti e l'occhiata che le dedicò, sinceramente confusa, strappò a Eve un sorrisetto. «Quante sciocchezze. Non siete affatto rivoltante. Siete una bellissima ragazza, e chiunque vi abbia fatto questo – no, non provate a rifilare la scusa di essere caduta dalle scale – è soltanto un lurido animale.»

La principessa diede il gomito all'ancella. «Fa sempre così. Dispensa complimenti in giro e rimpinza l'ego di noi povere ragazze. Credo si senta in colpa.»

Lysandros la fissò, le sopracciglia inarcate. «In colpa per cosa?»

«Per avermi rapita. Ma è un ottimo modo per espiare i vostri peccati.»

«Sapete che stavo semplicemente eseguendo gli ordini.»

Quella frase non replicò il tono leggero di Eve. Era chiaro che certe volte "eseguire solo gli ordini" gli costasse più del necessario.

Zahra non parve nemmeno ascoltarli. Da rosso, il suo volto traslò verso il viola, e dal viola al pallido. Emozioni contrastanti si scontrarono nei suoi occhi, dalla lusinga alla paura. Infine, mormorò: «Come fate a...?».

«So riconoscere il trauma di un pugno da quello di qualcuno che dice di essere caduto dalle scale. Immagino non abbiate altri lividi sul corpo, e comunque non sarebbe una novità: siete un'ancella e vi trovate al castello. Posso immaginare che non sia neanche la prima volta.»

Zahra chinò il capo, immergendosi in un silenzio assenso.

Eve s'infervorò: «Ditemi chi è stato. Lo farò buttare fuori immediatamente, e che sia di monito per tutti».

«Il principe Vasilis.»

La gola di Eve si seccò. Poi, la rabbia iniziò a montarle dentro.

«Avevo il compito di rassettare la sua stanza. L'ho sentito parlare con qualcuno, da fuori, ma quando sono entrata l'interlocutore si era dileguato. Il principe si è arrabbiato, credeva che stessi origliando e... il resto lo sapete.»

Eve e Lysandros si guardarono. «Avete sentito qualcosa?»

«Io non... non lo so! Ero solo nel posto sbagliato al momento sbagliato, dovete credermi!»

«Vi credo, Zahra.» La principessa strinse le mani tra le sue. «Ma sforzatevi. Cercate di ricordare. Perché Vasilis dovrebbe avere dei segreti?»

L'altra si abbracciò il ventre. «Non lo so.» Rimase in silenzio per qualche secondo, riflettendo. «Come ho detto, non ho sentito molto. Solo il nome di vostro marito, mia Signora, ma nulla di più.»

«Capisco. E avete detto che stava parlando con qualcuno, ma quando siete entrata questa persona non era più presente nelle stanze del principe, giusto?»

Zahra si sfiorò le tempie con le dita e chiuse gli occhi, come se si stesse sforzando di ricordare qualcosa. «La... finestra era aperta, se non sbaglio.»

«Credete che l'ospite misterioso sia fuggito?»

«Non saprei dirlo.»

«Avete visto altro?»

«Quegli strani libri che il principe tiene sempre da conto e a cui nessuno della servitù può avvicinarsi... erano sulla sua scrivania, chiusi e circondati da candele spente. Non so se li avesse consultati prima o dovesse ancora farlo, ma ho avuto una strana sensazione. Sapete, quelle situazioni in cui avete l'impressione che non stia per accadere nulla di buono.»

Eve annuì e, con la coda dell'occhio, studiò la sua guardia del corpo. Le parve di percepire il lavorio della mente di Lysandros, nel silenzio che era piombato nella stanza. Nemmeno la testimonianza dell'ancella avrebbero potuto far molto. Di fronte agli Uomini Grigi, Zahra rimaneva una servetta impicciona che aveva messo il naso negli affari privati del principe. Esporla in tribunale senza ulteriori prove sarebbe stato un rischio troppo grande. Un presentimento non era sufficiente incastrare qualcuno, men che meno se si trovava in una posizione di potere.

«Vi ringrazio.» Eve le rivolse un sorriso di incoraggiamento. «Potete prendervi il resto della giornata libera per riposare e sgombrare la mente, se volete. Lysandros, potreste accompagnarla nei suoi alloggi?» chiese, fingendo di non cogliere il connubio di occhiate fra i due.

«Certo» rispose il cavaliere, con un po' troppo ritardo.

«Bene.»

«Leggo pessime intenzioni, nella vostra espressione. Sarei uno sciocco se non intuissi cosa state per fare.»

Eve sollevò il mento puntuto e intrecciò le mani in grembo, per impedirsi di stringere i pugni. «Già. Credo proprio che andrò a scambiare quattro chiacchiere con il principe Vasilis.»

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