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⚜️ Rete segreta

Lysandros si fermò davanti alle porte che davano sulle stanze della futura regina, ma non entrò. La principessa Eve doveva essere ancora a cena, perché le chiacchiere della servitù provenienti dall'interno suonavano più spigliate. Forse stavano preparando il camino per scaldare l'acqua della vasca, a giudicare dai tintinnii metallici e dallo sciabordio delle onde.

Lysandros prese posto accanto all'ingresso, pronto a iniziare il turno di guardia per quella notte.

Poi, udì un tonfo e uno strillo.

«Maledizione, Zahra» berciò l'ancella numero uno. «Fa' attenzione! Oggi sei troppo maldestra.»

«Già, vedi di non farci finire nei guai» sibilò l'ancella numero due. «Ci hai già messe a rischio andandotene a spettegolare con la Signora. Vuoi farci licenziare tutte?»

«Mi dispiace» mormorò Zahra. «E comunque, la colpa non è mia. Il livido era troppo evidente e lei ha insistito.»

«Le dispiace!» riattaccò l'ancella numero uno. «Ma sentitela. Ricordati che siamo fortunate a lavorare qui. Mia sorella Mildres è stata spedita da un porcaio che cerca di metterle le mani sotto le gonne tutte le settimane, e dorme con i maiali. E la nostra Zahra che fa? Piagnucola con i potenti per uno scappellotto. Chi ti credi di essere?»

«Adesso basta» intervenne l'ancella numero tre. «Abbiamo del lavoro da sbrigare. Smettetela di comportarvi come un branco di oche pettegole.»

Lysandros sorrise sotto i baffi, specie quando i borbottii risentiti delle altre le diedero silenziosamente ragione.

Il campanile che si intravedeva attraverso le vetrate istoriate del corridoio, e che spuntava tra gli edifici amministrativi e la piazza del mercato, rintoccò per nove volte. La principessa sarebbe arrivata da un momento all'altro, per questo non fece una piega quando una successione di passi leggeri riecheggiò tra le pareti di pietra.

«Buonasera, Lysandros.»

Il cavaliere si voltò, ma quella voce di belladonna, tanto dolce quanto velenosa, non apparteneva alla futura regina. La principessa Penelope camminò verso di lui, le falde dell'abito che frusciavano come onde d'oro contro le sue sottili caviglie. Appena un passo dietro di lei, a sottolinearne visivamente l'inferiorità sociale, la sua dama da compagnia prediletta.

«Principessa Penelope. Sayyida Rasha.» Il cavaliere eseguì un leggero inchino.

«Sempre così posata, la nostra guardia.» La principessa nascose il risolino dietro le dita affusolate. «E dire che siamo cresciuti insieme.»

«Seguo solo il protocollo.»

Lysandros tornò in posizione eretta e scrutò le ragazze dall'alto. Rasha copiava il linguaggio del corpo della sua Signora come il brutto anatroccolo che tentava di imitare il cigno. E la principessa, il collo teso e le mani in grembo, sorrideva nel modo in cui avrebbe sorriso una strega prima di scagliare una maledizione.

Penelope aveva ragione, erano cresciuti insieme, ma questo non l'aveva resa una bambina meno odiosa. Il ricordo di quando gli aveva ordinato di rimanere fermo mentre lei e le sue amiche gli correvano attorno lanciandogli addosso pietre e bastoni, chiamandolo "piccolo straccione", era ancora vivido nella sua mente.

«Posso farvi una domanda, con il vostro permesso?»

«Ma certo, Lys, tutto quello che vuoi.»

«Avete visto la principessa Eve?»

Penelope cinguettò una risata. «Credevo fosse il tuo lavoro. Ad ogni modo no, non si è presentata a cena.» Lo sguardo della ragazza viaggiò verso l'altro capo del corridoio e sfarfallò le lunghe ciglia. «T'oh, parli del demone...»

Lysandros si girò. La principessa Eve camminava verso la sua stanza con indosso un lungo mantello scuro e un rotolo di carta fra le mani, ma non era sola. Di fianco a lei marciava Thyrsos, il volto sfatto coperto da un velo ispido di barba, l'occhio di vetro che si inclinava strabico verso l'esterno. Il cavaliere drizzò le spalle e cercò di ignorare il fatto che l'aria si stesse elettrificando.

«Credevo che fossi stato assegnato alla torre della posta» disse Lysandros.

«Cambio di programma.» L'altro cavaliere si piantò di fronte alla porta e dedicò una lunga occhiata alla principessa Eve, che – Lysandros notò la presa sul rotolo di carta farsi così forte da schiacciarlo tra le dita – entrò nelle sue stanze senza proferire parola. Le due guardie si osservarono, e Thyrsos annunciò: «Sei sollevato dall'incarico. D'ora in poi mi occuperò io della sicurezza della futura regina».

Lysandros ebbe bisogno di qualche secondo per assorbire l'informazione. Fronteggiò l'altro, imperturbabile. «Impossibile. Il principe Kytos mi ha ufficialmente chiesto di...»

«Il principe Kytos non è qui. Queste sono disposizione del reggente Vasilis.»

Con la coda dell'occhio, Lysandros notò che Penelope stava reprimendo un ghigno soddisfatto. Si congedò con un inchino e si allontanò assieme alla sua dama da compagnia.

Thyrsos si sistemò di fianco alla porta, sull'attenti, e poggiò il guanto d'arme sul pomolo della bastarda.

«Inoltre, considerata la profezia degli aruspici sul traditore dell'Espen, si raccomanda la massima attenzione. Da adesso ogni missiva che vorrà essere inviata tramite gufo, assieme con i messaggi interni alla città o al castello, dovrà essere controllata da un corpo scelto.»

«Scelto da chi?»

«Dal principe Vasilis, naturalmente.»

Naturalmente. «Posso almeno sapere chi ne fa parte?»

«Non tu.»

Lysandros ebbe l'impressione che nel sottolineare quel dettaglio il suo collega avesse provato un particolare, sadico piacere. Inspirò, cercando mantenere la calma. «Ma tu sì, immagino.»

«Esatto. Adesso va', sei stato destinato alle stalle.»

Con il sangue che ribolliva e i nervi saldi, il cavaliere gli diede le spalle e si allontanò.

⚜️

L'acre puzzo di fieno umido ed escrementi saturava l'aria di quella notte. I respiri e gli sbuffi dei cavalli addormentati alle sue spalle non sortirono l'effetto calmante che gli procuravano di solito.

Mentre le ceneri si sollevavano dai caldani in turbini di pepite luminose che assomigliavano a lucciole nei campi di maggio, e i pochi altri soldati destinati al presidio delle stalle reali sbadigliavano uno dopo l'altro, Lysandros non poté fare a meno di pensare che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.

Vasilis si stava facendo più spregiudicato, ora. Se le impressioni di Eve erano state soltanto, appunto, impressioni, in che modo poteva spiegarsi quello che era accaduto?

Kytos gli aveva affidato la protezione della moglie per un motivo: gli avrebbe messo in mano la sua stessa vita, e questo il principe Vasilis lo sapeva. Allontanarlo dalla futura regina, piazzando a guardia delle sue stanze un individuo del calibro di Thyrsos, doveva avere un senso. Non era una novità, tra le reclute, che soffrisse i comportamenti del principe Kytos, il modo in cui spesso si facesse umiliare nei duelli pubblici perché non aveva possibilità di arrecargli reali danni, o il fatto che, negli anni, aveva accumulato una buona dose di frustrazioni professionali.

Il giorno in cui Kytos aveva spinto Alpyos a scegliere Lysandros come successore ufficiale del capo della guardia, una volta che l'attuale comandante si fosse ritirato a vita privata, era stato sicuro di aver udito qualcosa spezzarsi dentro Thyrsos: la fiducia che nutriva verso il suo futuro re.

Per questo era plausibile che si fosse lasciato trascinare da Vasilis, magari con qualche promessa sussurrata con quella voce da serpente incantatore. Ora che ci rifletteva, se non vi fosse stata una ragione concreta per rimanere a corte – come, appunto, il volere di Vasilis –, Thyrsos si sarebbe unito alle legioni di Gardros per marciare verso il Dorso dei Giganti.

Ma Thyrsos era rimasto al castello.

Continuò ad arrovellarsi sulla missiva che Eve aveva stretto tra le mani. Forse aveva avuto intenzione di scrivere a qualcuno, e forse Thyrsos, a guardia della torre di posta, le aveva rivelato che qualunque comunicazione dovesse essere controllata da lui o da altri, prima di essere spedita. Così, Eve aveva desistito ed era tornata nelle proprie stanze.

Uno scricchiolio di passi contro il brecciolino che copriva il sentiero di fronte all'ingresso delle stalle attirò la sua attenzione. Una figura sottile, vestita di lino grezzo e con una fascia nera stretta in vita, superò il pozzo di pietre chiare.

Riconobbe immediatamente quella fulgida chioma rossa alla luce delle fiamme, la carnagione di bronzo che splendeva sotto le stelle.
Zahra si fermò di fronte a lui e gli porse un rotolo di pergamena. Il sigillo era spezzato, segno che qualcuno – probabilmente uno del corpo scelto di Vasilis – doveva aver controllato la missiva, giudicandola innocua e degna di essere consegnata.

Un veloce, nervoso sguardo agli altri soldati, e la ragazza mormorò: «La principessa Eve raccomanda che leggiate le sue parole con molta attenzione e in solitudine, in modo che possiate concentrarvi».

«Concentrarmi?»

L'ancella annuì, ma non aggiunse altro che potesse chiarire le sue parole. «Vi ringrazio ancora per la gentilezza che mi avete dimostrato» disse. «Spero di poter ricambiare, un giorno.»

Lysandros corrugò le sopracciglia. «Il tempo in cui le persone dovranno ringraziare per della semplice gentilezza, sarà senza dubbio un problema.»

Non ne fu sicuro, data l'oscurità, ma ebbe l'impressione che la ragazza stesse arrossendo. «Mi...» si bloccò. «Mi rende triste il fatto che vi abbiano confinato qui.»

«Perché? Thyrsos è un valido soldato. Sono sicuro che svolgerà il suo compito al meglio.»

«Sì, non lo metto in dubbio. È solo che...»

«Cosa?»

«Mi spiace il fatto che passeremo meno tempo insieme.»

Lysandros tacque. Facendo scivolare lo sguardo di sbieco, notò che la guardia alla sua sinistra si stava mordendo le labbra, come per trattenere il sorriso canzonatorio. Il cavaliere si accigliò.

«Ad ogni modo» si affrettò ad aggiungere l'ancella, eseguendo una riverenza di commiato. «Vi auguro una buona notte.»

Prima che potesse anche solo provare a elaborare una replica, Zahra era scomparsa tra le ombre. Lysandros lanciò un'occhiata al suo collega. «Qualche problema?»

Quello tossicchiò. «No, assolutamente.»

Stizzito, il cavaliere inserì la missiva nella scarsella che pendeva dalla cintola.

⚜️

Ad alba inoltrata ci fu il cambio della guardia e Lysandros si avviò verso la caserma. L'edificio risultava inglobato nelle mura del castello, costruito con le medesime pietre scure e squadrate. Gli stendardi di Gardros scendevano dalle garitte e tra le merlature che incoronavano la cinta muraria, e molti uomini si trovavano già in fila allo spaccio esterno, ancora in abiti civili.

Lysandros superò l'arcata d'ingresso, attraversò la piazza d'armi e raggiunse gli alloggi. Nonostante l'amicizia con Kytos, non aveva mai preteso più di quanto fosse concesso a tutti coloro che si arruolavano nella guardia reale. Il rispetto che aveva guadagnato nel corso degli anni se lo era sudato sui campi di battaglia, mai attraverso vie più semplici. Questo, fortunatamente, gli era stato riconosciuto dai compagni che ora lo salutavano per i corridoi.

Il cavaliere entrò nella sua stanza, situata al piano terra e non troppo lontana dall'ingresso. Si trattava di una celletta di quattro pareti scure, munita di rastrelliera, un manichino, un guardaroba economico e una branda. Negli anni si era limitato a far portare uno scrittoio e diversi libri di storia, geografia e tattiche militari. Non aveva mai avuto bisogno di molto altro.

Una volta spogliatosi delle armi e dell'armatura, indossò una casacca color panna e un paio di braghe, e prese posto sulla sedia. La candela si stava esaurendo, presto sarebbe dovuto passare allo spaccio a comprarne un'altra. Per ora, la luce che scivolava dalla stretta finestrella gli bastò.

Srotolò la lettera sulla superficie dello scrittoio e si ritrovò davanti un fiotto di parole eleganti e sottili: tre fogli riempiti da un fitto muro di testo che avrebbe scoraggiato una persona meno paziente di lui.

Lesse tutto, da cima a fondo, ma arrivato al termine della missiva si sentì più confuso di prima.

Eve raccontava di quanto le mancasse il marito, delle sue passeggiate nei giardini, di quanto le sarebbe piaciuto se Lysandros le avesse insegnato a giocare a scacchi per vincere la noia, informazioni sul pane e cioccolato che Hilda le aveva preparato quella mattina o sui vestiti che aveva indossato nei giorni passati. Niente di interessante.

«Concentrarsi...» sussurrò.

Studiò la calligrafia della principessa. Ora che prestava maggiore attenzione, gli saltò all'occhio il fatto che alcune lettere risultavano un po' più grandi e gonfiate di altre. Non lo notò subito, gli ci vollero almeno tre letture integrali per rendersene conto.

Un messaggio cifrato.

Lysandros aprì il cassetto dello scrittoio, estrasse un rotolo di carta vuoto e un carboncino spuntato, e segnò tutte le lettere che spiccavano tra le altre.

Alla fine, ciò che aveva annotato recitava:

Vasilis trama qualcosa.   
Ha confessato.   
Avvertire Kytos. Raggiungerlo.
Partiamo stanotte.   
Alla mezza, alle stalle.

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