⚜️ Maia la Valorosa [CAPITOLO EXTRA]
NdA: questo è il secondo dei due capitoli inediti (cioè nuovi, mai pubblicati su Wattpad) che ho scritto durante la revisione di BCIG. Spero vi piaccia!
Buona lettura,
Trix
«Siamo arrivati» annunciò Lysandros.
Era il crepuscolo quando il manipolo di soldati fermò i cavalli di fronte ai cancelli del cimitero civile. Tra loro c'era anche Thyrsos, che non aveva parlato per tutto il tragitto, limitandosi a gettare in giro sguardi ora truci, ora annoiati. Eve non osò lamentarsi. Era stata troppo occupata a sopportare lo scenario di una Gardros che si era pigramente ripresa dalla festa in suo onore.
Convincere il cavaliere a organizzare una scorta non era stato affatto semplice. A suo dire, non era sicuro per una principessa di Fearann Sìthe vagare per le strade della città, soprattutto dopo quello che era accaduto con la Panenka.
Lysandros aveva certamente le sue ragioni, ma Eve era convinta che se fosse rimasta chiusa nel castello un minuto di più sarebbe impazzita. Doveva imparare ad affrontare l'ostilità della città. E aveva bisogno di un momento per se stessa.
Smontò dalla cavalcatura e porse le redini al cavaliere. «Attendete qui.»
«Temo proprio di non potervi accontentare.»
«Farò in fretta. E poi questo è l'unico ingresso, giusto?»
Nessuno sarebbe potuto entrare senza passare dai controlli della scorta. Né, tantomeno, uscire.
Lysandros esitò.
«Cinque minuti. Se non torno entro cinque minuti potrete... fare quello che fate voi cavalieri con le principesse in difficoltà.»
Thyrsos si mosse sulla sella, guardando altrove. Probabilmente se non avesse avuto il terrore delle ripercussioni, che Eve fosse uscita viva o meno da lì non avrebbe fatto la minima differenza, per lui.
Alla fine, Lysandros acconsentì con un sospiro. «Cinque minuti.»
«Grazie.»
Eve superò la cancellata e si mosse lungo il viale innevato che collegava l'ingresso al Mausoleo dei Re. Il tempio sovrastava la foresta di lapidi, sormontato dalle gigantesche statue dei sovrani. Aveva struttura di torre ed era sormontato da una corona di troni, alcuni dei quali ancora vuoti, su cui sedevano i regnanti. Eve riconobbe Alpyos nell'uomo che guardava verso est.
Ma non era certo lì per ammirare il monumento funebre più importante del regno. Deviò dal viale per immettersi in una stradina secondaria, una che i guardiani del cimitero non avevano ancora spalato. Gli stivali affondarono nella neve fresca.
Arrivò ai piedi di un piccolo santuario. Dietro la grata di ferro, su un vecchio cuscino, c'era il frammento di un ossicino imprigionato in un cristallo di rocca appartenuto alla Martire Armilla, protettrice dei defunti lontani.
Eve sfilò un bastoncino di incenso da sotto il mantello e lo incendiò sul piccolo braciere che ardeva di fianco al santuario. Purificare l'aria era il primo passo per aprire le vie di comunicazione. Il profumo pungente le solleticò il naso.
Chiuse gli occhi. «Cosa devo fare, mamma?»
Fu il frustrante sospiro del vento a risponderle. Eve rimase con le mani giunte e il capo chino, mentre il fuoco consumava la bacchetta d'incenso.
«So che non è stato l'amore a condurti a Fearann Sìthe. E nonostante tutto sei sopravvissuta alla corte e... a mio padre» deglutì. Lei e i suoi fratelli avevano sempre sospettato che non ci fosse mai stato amore, tra i loro genitori. Mai un gesto tenero o uno sguardo complice, mai una parola di troppo. Ma dirlo ad alta voce era un'altra cosa. «Vorrei che tu fossi qui. Vorrei che mi insegnassi a sopravvivere.»
Una folata improvvisa le mandò il fumo negli occhi. Eve distolse lo sguardo, spostandolo involontariamente su un piccolo edificio non troppo distante. Ne fu subito incuriosita: era bianco, nuovo, e un cumulo di fiori freschi adornava la tomba. Di fronte all'ingresso del mausoleo, ai piedi della statua di una donna dai lunghi capelli e con un'armatura indosso, era stata piantata una spada.
Eve gettò l'incenso nel braciere e si baciò le dita in segno di rispetto, poi sollevò le gonne e si diresse verso quella curiosa sepoltura. Si fermò di fronte alla statua ed esaminò l'arma: due spessi zaffiri erano incastonati nel pomolo lucidato di recente. Un'arma preziosa, troppo per una donna del popolo, e alla mercé di ladri di passaggio. Com'era possibile che fosse ancora lì?
Dallo stato della spada e dei fiori, era evidente che qualcuno si recasse su quella tomba con una certa frequenza.
Eve studiò la statua. Il suo precettore le aveva spiegato che l'ingresso delle donne nell'esercito di Gardros fosse un evento più unico che raro. Una donna ritratta in armatura non poteva che aver servito il suo regno.
«Chi sei?» mormorò.
Spazzolò via la neve che aveva ghiacciato la targhetta: Maia la Valorosa. Sotto, una frase nell'Antico Idioma di Gardros che non fu in grado di tradurre.
«Cercate qualcosa?»
Eve sussultò. Tre uomini vestiti di stracci e armati di pale la osservavano tra le lapidi. Le loro espressioni mutarono non appena scorsero il suo viso e i capelli di neve che fuoriuscivano da sotto il cappuccio: da sospettose, si tinsero di ostilità.
«Credevo che il cimitero fosse vuoto» balbettò stupidamente.
Non risposero. L'ansia cominciò a montarle nel petto, ma si sforzò di mantenere la calma. Era probabile che fossero soltanto i necrofori e che si trovassero da quelle parti per lavorare.
Eseguì un inchino sbrigativo. «Con permesso.»
Ma quando provò a defilarsi, uno di loro le sbarrò la strada. L'ansia si tramutò in panico.
«Siete la Dama Pallida?»
Con la coda dell'occhio, notò che gli altri due si stavano spostando alle sue spalle. Era circondata. «Sono la principessa di Fearann Sìthe, per voi. E i miei cavalieri mi attendono.»
«Intendete i cavalieri al servizio di Gardros?»
«Avete intenzione di lasciarmi passare?»
«Io e i miei amici abbiamo una curiosità.»
La mente di Eve lavorò più in fretta che poté. «Esponetela, dunque.»
«È vero ciò che si dice di voi? Che il cuore della Dama Pallida sia di ghiaccio, e così anche quello che ha...» L'uomo le fece scivolare addosso uno sguardo che le lasciò una sensazione di viscido sulla pelle. I suoi occhi puntarono verso il basso. «... tra le gambe?»
Eve scattò nello spiraglio lasciato tra i corpi dei necrofori alle sue spalle, sfruttando l'effetto sorpresa. Sapeva che il vestito e il mantello le avrebbero impedito di correre, così si gettò sulla spada e la estrasse dal terreno con uno slancio. La portò davanti al viso, ma nell'esatto momento in cui assunse la posa di difesa, fu assalita da un'orribile consapevolezza.
Pesava. Troppo. E le braccia avevano già iniziato a tremarle.
Uno degli uomini allontanò l'arma con un colpo della pala e ruppe la sua difesa, acchiappandola per un lembo del mantello. In un lampo, una sequenza torrenziale di immagini le si profilò nella mente. Le loro mani su di lei, la neve che le si insinuava sotto i vestiti mescolata alla terra, i loro...
«Cosa succede qui?»
Gli occhi di Eve scattarono in direzione del viale principale. Il suo cuore mancò un battito quando individuò la sagoma di Vasilis avanzare nella sua direzione. I cavalieri della scorta gli tenevano dietro.
Eve calpestò così forte il piede dell'uomo che l'aveva afferrata da farlo saltare con un guaito.
A Lysandros bastò un'occhiata rapida per comprendere la situazione, e la sua espressione si indurì. Sguainò la spada, seguito a ruota dai compagni.
«Vi hanno offesa, mia Signora?»
I necrofori gettarono le pale a terra e chinarono le teste, balbettando scuse che non stavano in piedi.
«È evidente che sia così» disse Vasilis, con studiata calma. Sul suo volto non passò alcuna emozione, salvo l'ombra di quel sorriso a fior di labbra. «Un comportamento davvero intollerabile. Arrestateli.»
I cavalieri circondarono gli uomini, mentre lo sguardo del principe le rimase addosso per un tempo più lungo del necessario. Ora, quei tre non apparivano più così minacciosi.
Vasilis sollevò di scatto la mano. «Aspettate.»
Lysandros, che aveva agguantato uno degli uomini per il gomito, si accigliò.
«Un affronto alla futura regina non può essere tollerato. Giustiziateli.»
Da pallidi, i volti dei necrofori divennero grigi. Iniziarono a implorare con voci stridule, una pioggia di preghiere a cui il principe parve del tutto impermeabile. Thyrsos spinse uno di loro a terra, obbligandolo a inginocchiarsi.
Eve si affrettò a intromettersi: «Fermi!».
Vasilis inclinò il capo verso la spalla in un movimento impercettibile. «Principessa?»
Esaminò i visi dei gardrosiani, ora ridotti a maschere di terrore.
«Credo che un periodo in cella sia più appropriato per riflettere sui loro errori.» Deglutì. «Strappare degli uomini alle loro famiglie per un nulla di fatto lo ritengo davvero eccessivo. Avete famiglia, immagino.»
I necrofori annuirono immediatamente all'unisono.
Si sforzò di essere comprensiva, anche se la paura faticava ad abbandonare il suo corpo. Per aver tentato un affronto del genere dovevano odiare Fearann Sìthe in modo insopportabile. Lo spettacolo della Panenka ne aveva dato prova.
Vasilis sorrise. «Avete il cuore tenero delle giovani donne.»
Ebbe l'impressione che Thyrsos stesse sogghignando.
«Cosa credete che sarebbe successo se non vi avessi salvata?»
«Con un tempismo perfetto, tra l'altro. Eravate in gita al cimitero?»
Eve si maledisse. Il suo tono era suonato ben più sarcastico di quanto avesse preventivato.
«Ero in visita al Mausoleo dei Re» convenne Vasilis con un cenno ossequioso del capo. «Una coincidenza fortunata.»
«Dunque, risparmierete questi uomini e la sofferenza alle loro famiglie?»
«Ognuno di noi è legato a qualcuno, che sia un figlio, un amico o un amante. Non per questo i nostri crimini possono rimanere impuniti.»
«Ho detto che devono essere puniti, ma non uccisi.» Eve strinse i pugni. «È ben diverso.»
«Se non daremo l'esempio, Gardros non imparerà mai. E la prossima volta potrebbe non essere una Panenka a bruciare in pubblica piazza, ma voi.»
«Le prigioni della città mi sembrano un monito appropriato.»
Gli uomini seguirono quello scambio alternando gli sguardi dall'uno all'altra. Vasilis trasse un sospiro così pesante da risultare teatrale, e arricciò le labbra in un modo che lo fece assomigliare a un bambino pensieroso. Uno di quelli cattivi che meditavano di rubare la bambola della sorella per fargliela ritrovare impiccata dalle scale con le trecce tagliate.
Il suo sguardo vagò oltre le spalle di Eve, laddove la spada giaceva nella neve. La superò con calma, e con altrettanta calma recuperò l'arma e la conficcò di nuovo ai piedi della statua, come se sapesse che fosse sempre stata lì.
Squadrò la scultura senza fretta, quasi non avesse un gruppo di persone in attesa di una sua decisione.
«Avete trovato la tomba dell'amante di mio fratello.»
Eve spalancò lentamente le palpebre, immobilizzandosi.
Vasilis le scoccò uno sguardo divertito. «Oh, accidenti. Non ve l'ha ancora detto?»
«Detto cosa?»
«Della sua scappatella prematrimoniale. D'altronde, come poteva una popolana riuscire nell'impresa di farsi arruolare nell'esercito senza l'appoggio di Kytos?» Scrollò le spalle. «Personalmente avrei puntato più in basso. Un ufficiale, magari. Ma ha voluto fare le cose in grande.»
«Cosa le è successo?» domandò Eve con un filo di voce.
«Uno spiacevole incidente. Fu uccisa in una missione sul Dorso dei Giganti.» Vasilis fece schioccare le labbra e indietreggiò, mettendo spazio fra sé e la statua. «Meglio rientrare. Inizia a fare buio.»
La affiancò, porgendole il braccio. Eve tentennò, ma scelse di fare buon viso a cattivo gioco e vi si appoggiò. Passarono entrambi accanto al manipolo di cavalieri, diretti verso il viale che conduceva ai cancelli.
«Mio Signore...» tentò Lysandros, incerto.
«Oh, giusto.» Vasilis si riscosse, lanciando uno sguardo ai necrofori. «Uccideteli ed esponete i loro corpi sulle mura.»
«No!» gridò Eve, lasciando andare di scatto la presa. «Voi...»
Ma Thyrsos aveva già sfilato il coltello del cinturone e lo aveva conficcato nel collo di uno degli uomini. Quello si accasciò nella neve con un rantolo, mentre gli altri due iniziarono a gridare e agitarsi così forte da innervosire i corvi che dormivano sui rami. Il secondo cadde dopo poco ed Eve si coprì la bocca per impedirsi di rimettere.
Lysandros stringeva la spalla dell'ultimo, che fissava i cadaveri dei compagni con gli occhi sbarrati, incapace di muoversi. Aveva le braghe bagnate.
Vasilis sollevò uno sguardo placido su di lui. «Prendi ancora ordini da me, o sbaglio?»
Il cavaliere fremette.
«O sbaglio?»
Lysandros incrociò gli occhi umidi di Eve, soffiando aria dalle narici. Mimò qualcosa con le labbra, ma non riuscì a decifrarlo. Delle scuse, forse.
Si girò dall'altra parte, appena in tempo per udire il suono della lama che trapassava la tenera carne del collo, e il rumore del sangue che ruscellava impetuoso nel terreno.
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