⚜️ Io raccoglierò i pezzi
Kytos avrebbe voluto essere più bravo con le parole.
Prendere da parte sua moglie ed essere in grado di consolarla, donarle un minimo di sollievo che potesse alleviare le pene delle ultime ore. Qualunque cosa, pur di non scendere a patti con la propria incapacità di comunicare. Anche Maia, quando era in vita, si era ritrovata spesso a rinfacciargliela. Ma era come se le emozioni gli si annodassero sulla lingua, sempre, e venissero ricacciate sul fondo della gola.
Quindi agiva e si muoveva per esprimersi, buttava fuori l'energia accumulata con la potenza di un sisma. E se non c'era nulla da distruggere, ecco che finiva per impantanarsi su se stesso.
Il gruppo seguiva la direzione della pietra del sole, il riflesso di quel cuore pulsante nella terra che indicava la direzione. Eppure la mente di Kytos era proiettata sul profilo della giovane donna che aveva giurato di fronte a Imes. Desiderò prenderle la mano, ma se lo avesse scacciato ancora...
Si sentì un idiota. Non poteva davvero anteporre il proprio orgoglio a quello che Eve stava provando.
Lo sguardo di lei era conficcato fra le scapole di Vasilis, in testa alla colonna con la pietra fra le mani. Percepiva una vibrazione, una specie di filo invisibile che li connetteva, anche se non avrebbe saputo dire di cosa si trattasse.
«Mio Signore» bisbigliò Lysandros, facendolo sussultare. «Se fisserai un po' più intensamente tuo fratello, temo che riuscirai a fargli cadere la testa dal collo con la sola forza dello sguardo.»
«È una prospettiva che non mi disturba più di tanto» sibilò Kytos. «C'è un non so che tra quei due.»
Lysandros li occhieggiò, sopprimendo un sorriso divertito. «Tra quei due? Non credo proprio.»
«Se sai qualcosa devi dirmelo, Lys.»
«Te lo giuro» incalzò il cavaliere, lasciando perdere le formalità e assumendo un tono più confidenziale, «sono abbastanza sicuro che Eve vorrebbe ibernarlo in una fossa molto profonda». Il sorriso trasmutò in un vero e proprio ghigno, una smorfia rara che si permetteva di spuntare fuori nei loro momenti più personali. «Non sarai geloso.»
«Di', hai un impellente desiderio di farti mozzare la lingua?» lo rimbrottò il re di Gardros. «Che cazzo, tu ed Eve vi siete alleati, per caso? Sembrate due comari.» Dopotutto anche sua moglie, diverso tempo prima, aveva insinuato il medesimo dubbio su Vasilis.
Ma mentre Lysandros sollevava le mani in regno di resa, un caldo soffocante si fece largo nell'aria. Il servo di Ecubash comprese il motivo non appena sospinse l'attenzione più avanti: se alla loro destra si estendeva il lago di magma, da questo si diramava una propaggine di lava basaltica, un fiume incandescente che si frapponeva tra la loro sponda e quella che avrebbe permesso di aggirare la parete di roccia. Il gruppo si fermò nell'aria che tremolava di vapori.
Erano bloccati.
«Fantastico» sputò Hotys. «Ecco cosa succede a fidarsi della proiezione di un cuore pulsante. E adesso?»
Theo si grattò la testa. «Potremmo risalire il fiume nella speranza di trovare un ponte.»
«Sì, certo, perché sicuramente qualcuno si è fatto una scampagnata fin quassù per costruirne uno» fece Hotys, scuotendo il capo. «Magari se aggirassimo di nuovo il lago e raggiungessimo il fianco opposto...»
«Ci vorrebbero ore» mormorò Kalev.
Erano tutti troppo stanchi e frustrati per affrontare di nuovo la foresta, ripercorrere i propri passi ed effettuare un tentativo che sarebbe potuto andare a vuoto. Diverse paia di occhi, inclusi quelli di Kytos, si spostarono sulla figura di Eve.
Sbatté le palpepre, perplessa. «Cosa.»
«E se lo costruissi tu, un ponte?» propose Hotys. «Con il ghiaccio.»
«Mi stai chiedendo di raffreddare della lava? Sul serio?»
«Non abbiamo molte alternative. E dovresti anche sbrigarti, qui si soffoca.»
«Non lo so. Fa così caldo...» Eve trasse un sospiro e tese le braccia in avanti. «Non vi assicuro nulla.»
L'aria attorno a loro si fece via via più umida. Kytos osservò il delicato profilo della sua regina, le palpebre serrate e il sudore che le imperlava
la fronte. Aveva le guance arrossate dal calore e dalla fatica, la tinta scura incollata al collo e le ciocche scarmigliate. Maledisse la propria inutilità mentre il rumore di una superficie che scricchiolava si diffondeva nel silenzio. La porzione di lava di fronte ai loro occhi si raffreddò e divenne scura, mentre uno spesso strato di ghiaccio andava a unire le sponde.
Eve serrò la mandibola e i pugni, tremando per lo sforzo. «Sbrigatevi, non so per quanto reggerà.»
I gardrosiani, Vasilis e i principi di Vallevento si affrettarono verso la lastra. Vederli slittare e imprecare tra i vapori generati dal contatto della lava con il ghiaccio fu uno spettacolo abbastanza patetico, ma salvo qualche elmo che finì per affondare sibilando nella melma rovente, riuscirono tutti nell'intento di raggiungere l'altro lato.
«Va'» ansimò Eve. «Sbrigati.»
Kytos serrò le labbra e guardò dalla parte opposta. I fratelli Vallevento li osservavano, in attesa. Dar retta a sua moglie avrebbe significato abbandonarla in quel mondo privo di abitanti.
Quindi fece ciò che gli riusciva meglio: agì d'impulso. «No. Io non ti lascio da sola.»
Non l'avrebbe lasciata sulla sponda, né a combattere contro i demoni che affollavano il Dorso — e la sua mente. Eve poteva allontanarlo finché voleva, ma lui sarebbe tornato a offrirle una spalla su cui piangere: l'aveva giurato di fronte a Imes.
«Tieni duro.»
«Che accidenti vuoi fare?»
Kytos la afferrò per i fianchi e se la caricò in spalla, strappandole uno squittio contrariato. Poi scattò verso il ponte di ghiaccio.
Eve urlò e si dibatté per la sorpresa, ma la sorpresa trasmutò in terrore quando si accorse che il ghiaccio stava iniziando ad affondare nel basalto. Uno spesso cumulonembo di vapore si librò sibilando, e il fumo li avvolse in una spirale che rese quasi impossibile distinguere il percorso. Kytos imprecò, ma andando a fortuna riuscì a spiccare un salto prima che l'ultimo brandello di ponte si sciogliesse sotto i suoi piedi.
Ruzzolarono fuori dal bulbo di caligine, stretti l'uno all'altra per attutire la caduta contro la roccia. Kytos si ritrovò sopra di lei. Aveva il volto congestionato e umido di vapori, i capelli appiccicati alla fronte e le palpebre che luccicavano di sudore. Ed era più bella che mai.
Gettando un'occhiata dietro di sé, Kytos assisté allo spettacolo della porzione di fiume che sua moglie aveva provato a ghiacciare tramutata in una brodaglia scura e gorgogliante.
Si guardarono, e lui scucì un sorriso sulla sinistra. «A quanto pare ce l'hai fatta.»
Dovette dirlo nel modo giusto, perché il viso di Eve fu arroventato da un diverso tipo di calore.
«Ora che ci penso» fece Hotys poco più in là, il viso rivolto alle viverne che li scrutavano confuse da un trespolo naturale, «avremmo potuto usare le salamandre zannute qui».
«Per gli dèi, siamo degli idioti» gemette Eve. Fu un attimo, ma i suoi occhi incontrarono ancora quelli di Kytos. Un contatto intimo e silenzioso, che fu solo per loro. Lo sguardo di lei scintillava di lacrime, sollievo e paura. Per un istante tornò la creatura evanescente che, un giorno, suo padre aveva fatto portare a Gardros. Un animaletto spaurito, troppo gonfio d'orgoglio per accettare l'aiuto degli altri. Ma ora c'era un groviglio di ombre, in quelle iridi del colore delle perle più nascoste. E che le piacesse o meno, sarebbe stato il suo compito districarlo.
Kytos si alzò e le allungò una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Lei tenne il capo chino, con una mortificazione che non le si addiceva.
«Credevi davvero che sarei stato capace di lasciarti lì?»
«È solo che...»
«Tu mi sottovaluti.» Le posò due dita sotto al mento, obbligandola a sollevarlo con delicatezza. «Possiamo essere forti insieme in tanti modi, Eve.»
«Non devi...»
«Devo.» Kytos occhieggiò i Vallevento e i suoi uomini, che ebbero l'accortezza di preoccuparsi delle proprie condizioni piuttosto che prestare attenzione a loro. «Vuoi urlare per tuo fratello? Vuoi rompere qualcosa? Fallo. Io raccoglierò i pezzi.»
«Non è il momento di caricarti con il mio dolore» soffiò Eve, così piano da dare l'illusione che potesse sgretolarsi da un momento all'altro in un pugno di polvere.
«Sì che lo è. Tu porti il mio.» Quello per Maia. Quello per suo padre. «Io porto il tuo.» Le mani di Kytos si aggrapparono saldamente alle esili spalle di lei, e la trasse a sé. La vicinanza dei volti rese i loro respiri una sinergia tiepida. La sentì tremare nella sua presa. «Cosa ti ho detto durante la nostra prima notte?»
Eve serrò la bocca e lo scrutò da sotto in su. «Che siamo alleati.»
«Che siamo alleati.» Kytos annuì. «È difficile ficcare questo concetto nella tua testa.»
Solo a quel punto la lasciò andare, facendo scivolare la mano nella sua. Eve abbassò lo sguardo sulle loro dita intrecciate, quasi quello spettacolo fosse difficile da comprendere.
Si avvicinarono il resto della combriccola, pronta a rimettersi in marcia. Vasilis li esaminò di sottecchi, contraendo la mandibola affilata. Innalzò la pietra al cielo e la luce in terra si intensificò: il cuore pareva una stella viva, ora. «Dovremmo essere quasi arrivati. Il cristallo è diventato più caldo, è un buon segno.»
Kytos estrasse la spada e si rivolse agli altri. «Tenetevi pronti.»
La marcia riprese nella desolazione di quelle lande. Con sollievo di tutti, il calore si diradò mano a mano che si allontanarono dall'arco vulcanico. Uno stridio acuto riverberò sopra le loro teste e Kytos fece roteare l'arma un paio di volte per scaldare il polso. Due grossi rettili alati volavano in circolo sopra alla compagnia, simili a una coppia di avvoltoi sul punto di planare sulla carcassa.
«Draghi» disse Lysandros.
I cavalieri si misero in allerta. Il corpo di Eve si irrigidì, mentre un lampo di collera cieca e paura le sfrecciava tra le pupille. Anche se non parlò, gli fu chiaro a cosa stesse pensando: se una di quelle creature aveva ucciso Beathan, nulla avrebbe impedito loro di ripetere l'orrore. Di prendersi un altro Vallevento o l'uomo che le era accanto. I nervi di Eve si tesero come corde d'arpa e spirali di vapori ghiacciati le aleggiarono attorno, sul punto di prendere forma.
«Sembrano innocui, per ora» scandì Kytos, senza tuttavia perderli di vista. «Ci stanno solo seguendo. Non provocateli.» E nel dirlo, osservò sua moglie.
Anche se Eve non ricambiò il contatto visivo, dovette percepirlo scottare sull'epidermide. Distolse lo sguardo, riluttante, e i vapori sfumarono nell'aria. «Arrostirò spiedini di drago un'altra volta» sbottò.
Il fascio di luce pulsante li condusse nei pressi di un sentiero di roccia, così stretto che dovettero procedere in fila indiana. La strada costeggiava sulla destra il muro naturale e dopo una mezz'ora iniziò a scendere. Avevano raggiunto il retro dell'altopiano basaltico da cui nascevano i giganti.
Una voragine immensa sprofondava nel suolo, fin nelle viscere della terra. Kytos non poté fare a meno di pensare che fosse stata creata dalla caduta di una meteora. E se costeggiava la parete sulla destra, sulla sinistra non c'era altro che vuoto. Avrebbero dovuto strisciare lungo i muri.
Hotys sospirò: «Se ne usciremo vivi, ricorderò questi due giorni come i più lunghi della mia vita».
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