⚜️ Il vantaggio di essere deboli
Lo squillo delle trombe la assordò.
Gli stendardi neri, grigi e verdi ondeggiarono al gelido vento della spianata, come fiamme rintuzzate dall'ossigeno. Lì, sulla linea dell'orizzonte, lungo il candido manto abbracciato dai monti, brulicava un drappo verde, azzurro e argento inframezzato dal fremito delle torce.
Eve si strinse nel mantello e rinsaldò la presa sulle redini, occhieggiando i profili di Kytos e Vasilis e, al centro della prima linea, Alpyos dallo spesso mantello sanguigno, il ritratto adamantino e la corona posata sul capo. Il tocco del Demone di Fuoco baluginava sui rubini incastonati tra le scanalature e gli anelli che ne appesantivano le dita forti e nodose.
«Kytos?»
Senza staccare gli occhi dall'esercito in avvicinamento, il principe si sporse appena verso di lei. C'era una luce irrequieta in lui, un baluginio che lo inseguiva da quando si erano incrociati in cortile.
«Sembra che tuo padre abbia un qualcosa in mente. Di cosa avete parlato stamattina?»
«Tutto ciò che so è che andrà a trattare con Re Droyn, e vuole che tu vada con lui.»
Eve deglutì più rumorosamente di quanto avrebbe voluto, attirandosi addosso il suo sguardo.
«Credevo volessi rivedere tuo padre.»
«È così. Ma potrebbe non prendere bene la faccenda del matrimonio.»
«Dimenticavo che ti considera una specie di fiorellino indifeso. Ho l'impressione che non ti conosca abbastanza.»
Il sorriso totalmente fuori luogo di Kytos, per un istante, smorzò il nervosismo. Si impose di ignorarlo, considerando che di lì a poco il sangue avrebbe bagnato la valle.
«Bene» sibilò Eve, «una vita passata a credere che sarei finita a sorbirmi canti religiosi e prediche fino alla morte e adesso mi ritrovo sulle spalle la responsabilità di convincere paparino a non sfoderare le spade. Voi gardrosiani avete la testa nel... che c'è?» scoccò un'occhiataccia al principe, che la osservava di lato, l'ombra di un ghigno sulle labbra.
«Ti è scivolata la corona?»
«Oh, smettila. Ti sembra il caso di intraprendere un'amabile conversazione?»
Lo sguardo che Re Alpyos riservò loro bastò affinché Kytos si affrettasse a drizzare il busto su cui torreggiavano gli spallacci borchiati e stringere i guanti d'arme attorno alle briglie dello stallone. Quella stria scura che avanzava sull'orizzonte rilasciava dense colonne di fumo che si sfaldavano nel cielo. L'ansia le arroventò la gola mentre una macchia d'inchiostro bianco, blu e argento si staccava da quella tavolozza di colori freddi.
Alpyos spronò il destriero a staccarsi dalle fila e alcuni guerrieri si unirono a lui. «Principessa» intimò, facendo schioccare la lingua.
Gli occhi di Kytos ed Eve si connessero per un secondo che le parve intramontabile. Il volto del principe s'indurì, adombrandosi, ed Eve ebbe la sensazione che le stesse sfiorando la mano, un incentivo a ricordarle ciò che si erano detti nella notte in cui l'aveva spogliata delle sue insicurezze e della sua innocenza: erano alleati. Non l'avrebbe abbandonata sul campo di battaglia.
Inghiottì aria secca quanto un nido di rovi e guidò la cavalcatura a fianco al sovrano di Gardros che, assieme alla scorta di cavalieri e funzionari, attraversò la spianata. Si lasciarono dietro scie di orme fangose nel velo di neve dove, di tanto in tanto, emergevano ciuffi d'erba. La macchia che si era staccata dall'esercito di Fearann Sìthe andò loro incontro, modellandosi e plasmandosi in una colonna di stalloni bianchi e stendardi che recavano il blasone dell'orso pallido con gli occhi d'oro. I lambrecchini blu svolazzavano nel vento, al ritmo dello stridio delle piastre.
L'Antrax, l'orso più grande dell'Espen, galoppava al fianco della formazione a punta di freccia capeggiata da Re Droyn; un uomo sottile ma forte, di oltre cinquant'anni, dall'armatura che splendeva di riverberi bianchi.
Eve tirò le redini e i due schieramenti si fermarono gli uni di fronte agli altri, le truppe sui bordi opposti di una scacchiera immaginaria. Dietro suo padre scorse il volto squadrato e fiero di suo fratello Beathan, l'elmo tenuto contro il fianco e i folti capelli di grano. Come tutti i suoi fratelli, aveva la carnagione scurita verso il bronzo di Al Almas. Le ricordò un leone che scrutava il branco nemico.
Quando si guardarono lui rilassò le spalle, tradendo tutto il suo sollievo.
Sei viva, mimò con le labbra.
Eve gli sorrise, sforzandosi di non cedere alla commozione.
I messi annunciarono entrambi i sovrani e i rispettivi, innumerevoli titoli, poi Alpyos e suo padre incedettero l'uno incontro all'altro fin quando i musi dei loro destrieri non si sfiorarono. Eve si sporse più che poté nella speranza di cogliere qualche stralcio di conversazione, uno sguardo, un cenno di conforto, ma l'attenzione di Droyn fu tutta per l'altro Re.
Sospirando, tornò elegantemente composta così come l'avevano sempre voluta: bella e in silenzio quanto un raffinato soprammobile. Ma avvertiva il fastidio di un peso che gravava su di lei, costringendola a incassare la testa tra le spalle.
Padre, sono qui. Non mi notate nemmeno?
Lo fece. Lui e Alpyos la guardarono per un lungo istante, prima che Re Droyn compisse un lieve cenno del capo. Senza aggiungere altro, si voltò e innalzò due dita al cielo denso di nubi.
Pace.
Eve rimase immobile, stordita dal tripudio di ovazioni e clangori di nocche d'acciaio e lance sbattute ritmicamente contro gli umboni degli scudi. Non capiva. Guardò verso suo padre in cerca di una spiegazione, ma lui le aveva già dato le spalle.
Pace?
Realizzò di aver smesso di respirare. A differenza dei funzionari di Fearann Sìthe, persino suo fratello corrugò le sopracciglia, ma si forzò a invertire la rotta della cavalcatura e riunirsi al drappello di soldati. Si scambiarono un ultimo sguardo.
«Beath...» mormorò Eve. Si riscosse quando Re Alpyos le sfilò a fianco. «Che significa tutto questo? Cosa vi ha detto?»
Il sovrano trasse le redini per rallentare. «Avete appena avuto la fortuna di assistere a un evento che verrà impresso negli annali della nostra storia come il giorno in cui le superpotenze dell'Espen, finalmente, raggiunsero la pace. O avreste preferito un massacro spettacolare?»
«Certo che no! Ma non... così in fretta? Io non capisco...»
«Perché non è assolutamente necessario che voi lo facciate.» Dietro la maschera di assoluta impassibilità del Re, Eve colse un moto di irritazione. «Avete già svolto la vostra parte in questa storia. Limitatevi a interpretare il vostro ruolo, adesso.» La squadrò e dalle sue labbra sgorgò un sibilo: «Ormai i giochi sono fatti. Cercate di tenere a bada le vostre stranezze, d'ora in poi, a meno che non vogliate costringermi a sbattervi nelle segrete. Il sodalizio con un'eretica potrebbe non essere ben visto».
Senza attendere replica la superò, e il canto baritonale del corno che annunciava la resa si sprigionò per la spianata.
⚜️
Le luci dell'accampamento rabbrividivano nella notte piombata su Gardros, confondendosi tra le stelle che la scrutavano beffarde da lassù. Eve sfiorò il balcone in granito che sporgeva dalle stanze del principe, mentre la corrente ghiacciata smuoveva i lembi della veste leggera come ragnatela. Il freddo le graffiò le guance, ma era puro e limpido, l'unica cosa incapace di mentirle.
Non aveva fatto che lambiccarsi da quando Re Alpyos l'aveva congedata.
Abbassò gli occhi sulle dita bianche e le vide tremare. Le tremarono anche il petto e le clavicole, mentre la frustrazione le si arrampicava su per la gola, pronta a sciogliersi in un pianto di rabbia. Volute di condensa scaturirono dai polpastrelli a intermittenza, simili a scintille di una pietra focaia.
Mi ha a malapena guardata in faccia.
«A quanto pare i nostri genitori erano d'accordo fin dall'inizio.»
Eve si girò lentamente e trovò Kytos lì, al centro della camera, l'armatura ancora indosso e la cappa aperta sul davanti, reduce da quella che doveva essere stata un'estenuante trattazione con Re Droyn e i funzionari di Fearann Sìthe.
Eve serrò la mascella e il burattinaio assopito dentro di lei si risvegliò: assestò un pugno all'aria e un dardo di ghiaccio sfrecciò verso il principe. Kytos si scansò poco prima che gli trafiggesse la spalla, e la freccia si infranse contro lo specchio in un'esplosione di frammenti riflettenti. Lui imprecò. «Sei impazzita?»
«Tu lo sapevi, vero?» sibilò lei, conficcando le unghie nei palmi fino a percepire il flusso del sangue tra le dita. «Scommetto che ti sei divertito un mondo mentre mi aggrappavo alla speranza che mio padre mi avrebbe aiutata, e ancora di più quando ho deciso di arrendermi a questo destino ridicolo.»
«Ne sapevo quanto te.»
«Bugiardo!»
Un secondo dardo di ghiaccio sibilò attraverso la stanza, diretto verso la gola del principe. Kytos compì una secca rotazione col busto e l'oggetto contundente andò a conficcarsi nell'armadio alle sue spalle, vibrando per la forza d'impatto. Eve caricò la terza offensiva con la maestria di chi non aveva fatto altro per tutta la vita, ma il principe si lanciò sul tappeto e le fu addosso con un paio di falcate. Le afferrò entrambi i polsi e li sollevò sopra le loro teste, sordo alle invettive isteriche e al fatto che lei avesse iniziato a dibattersi come una trota di fiume.
Si piegò fino a raggiungere il suo viso, e forse fu l'assoluta immobilità dei suoi lineamenti, l'aura volitiva sprigionata dalla figura che svettava su di lei, le corroboranti vibrazioni di sincerità nelle sue parole, ma Eve smise di lottare quando le soffiò contro le labbra: «Ne sapevo quanto te».
Il labbro inferiore le tremolò.
La faccia di Beath.
Persino suo fratello sembrava che fosse stato preso in contropiede.
«Al consiglio hanno spiegato le loro ragioni. Droyn ha stipulato un patto in segreto con mio padre diversi mesi fa. È stata una decisione che hanno iniziato a maturare l'anno scorso, si sono scambiati diverse missive e hanno partecipato a vari incontri tenendo l'intera corte, noi compresi, fuori dalle trattative.»
Eve sentì il mondo chiudersi addosso a lei. Kytos non doveva parlare così, in quel modo, a una simile distanza, mentre le comunicava che suo padre l'aveva tradita. Non poteva starsene lì come l'unica persona disponibile in grado di raccogliere i pezzi. Una vita trascorsa a sedare istinti e desideri, a sentirsi dire che sarebbe sempre stata troppo debole, e ora veniva svenduta con la stessa noncuranza con cui qualcuno avrebbe buttato sul banco un pezzo di carne. Doveva esserci un motivo, una spiegazione qualunque, e si odiò perché non riuscì a vederla. Forse le persone avevano ragione a trattarla come una stupida che doveva limitarsi a interpretare il suo ruolo.
Schiuse la bocca senza riuscire a dire nulla. Poi, con un filo di voce, chiese: «Perché?».
«C'era bisogno di stabilità, e in fretta. Gardros e Fearann Sìthe sono rimaste nemiche troppo a lungo. Due simili potenze in conflitto portano discordia.»
«Ma perché inscenare un rapimento? Perché tenerci all'oscuro di ogni cosa, quando avrebbero potuto semplicemente obbligarci?»
«Perché» Kytos sospirò, «l'anno scorso si è svolto il consiglio dei nove regni dell'Espen, ricordi?».
Eve annuì. Aveva luogo ogni tre anni e i regnanti, di solito, facevano di tutto per non azzuffarsi. Ciò che però la affascinava era il fatto che gli aruspici venivano convocati al tavolo affinché recitassero i loro pronostici per il futuro. Le previsioni rimanevano strettamente confidenziali, pertanto il silenzio di suo padre in merito non le era parso fuori luogo.
«I presagi hanno rivelato un dettaglio preoccupante» proseguì il principe. «Riguardano un traditore dell'Espen. Qualcuno che seminerà vento e raccoglierà tempesta. E per la prima volta dopo moltissimo tempo, i nostri padri si sono trovati d'accordo su qualcosa: entrambi credono che potrebbe trattarsi di uno dei regni, o di una persona, forse un sovrano. Ecco perché hanno fatto di tutto per tenere il matrimonio segreto.»
Quella pioggia di risposte le si riversò addosso in una cascata di stiletti affilati. Sanguinare sarebbe stato meno doloroso. Cercò di parlare, ma fu inutile.
«Credo che abbiano anche preferito avvalersi dell'effetto sorpresa.» Kytos fece una smorfia, scuotendo il capo. «Due regni potenti, temuti e in conflitto che si incontrano sul campo di battaglia per decretare il loro sodalizio. Una bella storia che verrà raccontata per molto tempo.»
Smettila.
Non parlare.
Eve si morse le labbra, ma non servì a nulla quando le lacrime le sgorgarono dagli occhi e le ruscellarono lungo le guance. Si insinuarono negli angoli della bocca, le sgocciolarono dal mento, le inumidirono il collo e la veste.
Non riuscì a decidere cosa la ferisse di più, se il fatto che suo padre l'avesse manovrata come una marionetta o che non la considerasse degna di fiducia al punto da non metterla a parte dei suoi piani. Forse, se glielo avesse semplicemente comandato si sarebbe limitata a fare ciò che le riusciva meglio: amarlo, amare Fearann Sìthe e obbedirgli.
Non la riteneva nemmeno abbastanza forte da potersi sacrificare per la sua gente.
Lui mollò la presa sui polsi e le premette la mano in mezzo alle scapole, attirandola a sé. Eve gli nascose il volto contro il petto e singhiozzò fin quando non le fecero male gli occhi. Kytos le circondò il corpo con le braccia e le appoggiò il mento sulla testa.
«Sei riuscita a controllarla» disse dopo un po'.
Eve si bloccò, ma non ebbe il coraggio di alzare la testa. «Scusa?»
«Quella... cosa che si è svegliata dentro di te. L'hai controllata.»
«Ero arrabbiata.»
«Sembra che tu sappia fare cose incredibili quando hai un motivo per forzarti la mano. Il fatto che tuo padre non lo capisca lo rende un povero imbecille.»
Eve deglutì il groppo di lacrime aride. Avrebbe voluto rimbrottarlo, domandargli perché osasse mancare di rispetto a colui che era stato ed era tutt'ora un grande uomo, ma non ne fu in grado. «Non ho alcun merito per questo dono.»
«Non mi riferivo solo a quello. Riesci a guardarmi?»
Riluttante, lei strofinò il dorso della mano contro le palpebre e sollevò il capo in segno di sfida. «Soddisfatto?»
Kytos annullò la distanza fra le loro bocche ed Eve sussultò. Uno strano calore le si irradiò dal centro del petto, mentre le palpebre le si appesantivano e tutto il resto, per un istante, si alleggeriva. Lui le prese il volto fra le mani e approfondì il bacio fino a stordirla, insinuandole il ginocchio fra le gambe. Un mugolio le sfuggì dalle labbra e, prima che potesse accorgersene, si ritrovò con la schiena aderente alla parete e le mani aggrappate alla cappa.
L'Ammazzalupi ruppe il contatto quel poco che bastò a far sì che i loro respiri si rimescolassero nella breve distanza tra i volti. Eve schiuse le palpebre, ansimando.
«Siamo entrambi vittime degli eventi. Quando ti dissi che io e te siamo compagni non avresti dovuto prendere alla leggera le mie parole» mormorò il principe. «Sai cosa insegnano ai ragazzi che impugnano un'arma per la prima volta?»
Eve scosse la testa, ancora intontita.
«Che hanno un vantaggio: quello di essere sottovalutati.»
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