Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Una maschera

L'equipaggio della Diogenes esultò, mentre uno degli incrociatori imperiali esplodeva, colpito da un azzardato quanto abile attacco da parte della London; ma il maggiore Sholto non riuscì a esultare con loro: la sua espressione rimase tesa, lo sguardo fisso verso la flotta imperiale.
Avevano sì causato danni, ma erano una goccia in un mare, se paragonati alla potenza del loro avversario.
Per quante navi fossero riusciti a disintegrare, se non avessero eliminato la Morte Nera il più presto possibile, la loro flotta, da lì a poco, non avrebbe avuto più scampo.
Non aveva ancora finito di pensarlo, che un gruppo di caccia TIE imperiali colpì il loro scafo, perforandolo, e costringendoli ad attivare gli scudi ausiliari.
La loro ultima, disperata, speranza, era la squadra su Endor.
Mentre rivolgeva ad essa una silenziosa preghiera, il maggiore Sholto ordinò al suo equipaggio di rispondere al fuoco.
La battaglia si inasprì, mentre esplosioni e fasci di luce laser illuminavano per rapidi istanti il nero spazio siderale.

---

Buio.
Vi era solo questo nell'anima, nel cuore e nella mente di Sherlock Holmes.
Il buio più profondo ed oscuro, quale nessuno potrebbe immaginare, se non lo provasse prima sulla sua stessa pelle. Da qualche parte remota del suo cervello, rammentò l'oscurità e il Nulla che lo avevano circondato quando era stato ibernato nella grafite.
Pensava che quel nulla, quell'oscurità, quel vuoto, fossero i peggiori in cui avesse mai avuto la sciagura di incappare.
Ma si sbagliava.
Perché se prima quel vuoto l'aveva solo circondato e soffocato, adesso faceva parte di lui.
E il Lato Oscuro di James Moriarty aveva fatto il resto: con i suoi artigli neri e adunchi, gli aveva letteralmente strappato il cuore dal petto, sostituendolo con le tenebre, e privandolo della speranza.
I suoi amici e la donna che amava erano già morti, o lo sarebbero stati da lì a poco: era stato davvvero così ingenuo da credere che un manipolo di creature indigene potessero fare la differenza, contro l'intelligenza di quel demonio?
E John... John Watson... il suo conduttore di luce... il suo migliore amico... era morto.
Non gli era rimasto più niente, a parte le tenebre.

Tutto questo pensava l'ex Jedi, mentre rispondeva colpo su colpo agli assalti di Darth Wind, il suo avversario, la spada laser stretta in pugno, gli occhi pieni di nero furore, brillanti in mezzo alle scintille scaturite dal contatto dei laser delle due armi.
Dimenticò completamente gli insegnamenti del suo Maestro.
Dimenticò la sua volontà di ricondurre la sorella sulla giusta via.
Dimenticò tutto ciò che non fosse quel buio che, ormai, lo dominava completamente.
Ma Eurus doveva ribattere rapida anche ai suoi assalti, che si facevano sempre più feroci, alimentati da quella fiamma d'odio all'apparenza inestinguibile.
I colpi si susseguivano dunque da entrambi quasi senza pause, e senza alcuna tregua.
Sherlock si affidò completamente a quel potere oscuro: lasciò che fosse esso a guidare la sua mano, a permettergli di colpire i punti deboli del suo avversario.
All'improvviso, captò un pensiero non scaturito dalla propria mente, ma da quello di sua sorella.

Sarai tu a vincere.
L'ho sempre saputo.
È così che deve essere.
Tu diventerai il nuovo apprendista di Moriarty.
E perché questo succeda, io devo morire.

Non appena questi pensieri ebbero attraversato il suo cervello, il corvino eseguì un colpo particolarmente violento ma preciso, che ferì il sith al fianco: non in modo mortale, ma abbastanza perchè cadesse a terra con un gemito di dolore.
Sherlock ne approfittò subito e, con un calcio, colpì la sua mano, facendogli perdere la presa dalla sua arma. Usando nuovamente il potere oscuro, chiamò poi la spada del Sith a sè, e la impugnò con la sinistra, la sua ancora stretta nella destra.
Si ritrovò con una spada laser in ciascuna mano, e le puntò entrambe alla gola di Darth Wind- il volto deformato dalla rabbia e dall'odio, il respiro ansimante, la fronte inperlata di sudore- a terra, anche lui ansimante. Il fascio rosso e quello blu si incrociavano all'altezza della punta, intrappolando il collo della Sith. Sarebbe bastato una sola mossa, per decapitarla.
Il corvino sentì, come da molto lontano, la voce dell'Imperatore alle sue spalle, che palpitava di una gioia incontenibile e maligna.
-Sì. Era questo che stavo aspettando! Senti come l'odio ti infiamma! Senti come ti ha reso potente! E questo potere può essere completamente tuo! Ora completa l'opera. Abbandonati ad esso. Uccidi tua sorella. E adempi il tuo destino!

Quelle parole si insinuarono nella mente di Sherlock con una potenza inaudita: perchè stavolta lui desiderava ubbidire.
Desiderava abbandonarsi all'Oscurità.
Ma non per quello che credeva L'imperatore. Avrebbe ucciso sì sua sorella... ma poi avrebbe ucciso anche l'imperatore: avrebbe ucciso l'immondo essere che aveva tolto la vita al suo migliore amico.
E dopo... cosa, dopo?
Non c'era un dopo. Non c'era più niente.
Non riusciva a vedere un futuro, dopo quelle due azioni che era intenzionato a compiere. Forse sarebbe diventato lui stesso, il nuovo imperatore: una creatura con le tenebre al posto del cuore, senza sentimenti, e senza affetti: un po' com'era in passato, quando la vita era decisamente più semplice, e nulla contava al di fuori di se stesso.
In fondo, non aveva più nulla, a cui tornare. Aveva perso tutto.
La sua bocca si tese in una linea sottile, soffocato dal dolore, mentre fissava il volto (o meglio, la maschera) di quella sorella che tanto odiava.
Probabilmente, era stata lei stessa a uccidere John, anche se per ordine di Moriarty. Era il suo strumento di morte, era una creatura oscura, proprio come l'Imperatore.
E meritava la morte.
Entrambi la meritavano.

"Molti di quelli che vivono meritano la morte. E molti di quelli che muoiono meritano la vita. Tu sei in grado di valutare?"

Le parole di Victor Trevor si intromisero improvvisamente nella mente del giovane contrabbandiere, squarciando le tenebre che la avvolgevano per un rapido istante, e cogliendolo di sorpresa: vennero seguite subito dopo da altre, che però, stavolta, appartenevano ad un giovane pilota ribelle.

"Tu hai deciso di abbandonare i sentimenti per non soffrire più. Io di non uccidere più per l'impero.
È sempre e comunque una questione di scelte."

Sherlock sbattè le palpebre uno o due volte, come risvegliandosi da un sogno ad occhi aperti-o, in quel caso, da un incubo-focalizzando poi lo sguardo sul viso del suo odiato nemico, e le sue mani presero a tremare impercettibilmente.
A parte il respiro spezzato e difficoltoso, non si poteva dedurre nulla del suo avversario, perché la maschera nera che portava celava completamente il suo volto.
Non poteva dunque guardarlo davvero negli occhi e leggervi odio, paura, rabbia, rassegnazione, o un qualsiasi altro sentimento... perché portava una maschera.

Quell'ultima, ovvia considerazione squarciò infine del tutto la nebbia che che gli aveva ottenebrato la mente, mentre la verità gli balzava finalmente davanti agli occhi: chiara, lampante, trasparente come l'acqua di un limpido lago.
Lui e sua sorella... erano uguali.
Lui stesso, per tutta la vita, aveva portato una maschera: una fatta non di metallo, ma di gelida indifferenza. Non tangibile e non visibile, forse, ma non per questo diversa o meno impenetrabile di quella indossata da Eurus.
Così come la sorella nascondeva tutte le sue emozioni dietro quel freddo metallo, occultandole al resto del mondo, così lui, Sherlock Holmes, aveva celato i suoi dietro a un'espressione indifferente a noncurante, dietro a due occhi cerulei privi di calore o di empatia.
Difficilmente la sue labbra si erano sollevate in un sorriso, o i suoi occhi avevano brillato per la gioia.
Perché quelli sarebbero stati segnali di debolezza, di mostrarsi a qualcuno per quello che realmente era.
Ricordò Eurus bambina, che si isolava volutamente dai suoi coetanei, osservandoli da lontano con una tristezza inequivocabile nello sguardo. Esattamente come aveva fatto lui, isolandosi dal resto del mondo. Si era sempre autoconvinto di rendersi più forte, agendo a quel modo.
Ma, in quel preciso momento, capì quanto fosse stato in errore.

Da quando aveva conosciuto John, e da quando era entrato a far parte della Ribellione, lui era cambiato: aveva nuovamente fatto entrare i sentimenti, nel suo cuore. No, anzi: aveva imparato a non nasconderli più, a esprimerli apertamente con le persone che gli stavano intorno.
Non si era più isolato dal mondo: aveva trovato di nuovo un posto da poter chiamare casa.
I suoi occhi si riempirono di lacrime e, di nuovo, le parole del suo Maestro si fecero strada nel suo inconscio: e realizzò solo in quell'istante che, in un'occasione, erano state pronunciate anche da John.

"I sentimenti non sono debolezza.
Sono forza."

Era vero.
Capì che non si era mai sentito così forte come da quando aveva avuto John, Molly, suo fratello e tutti i suoi amici al suo fianco. Loro, tutti loro, con il loro amore e la loro vicinanza, lo avevano reso forte. Gli avevano dato una vera ragione per vivere, e qualcosa per cui valesse la pena lottare.
Capì così che, uccidendo sua sorella-ma anche lo stesso Imperatore- avrebbe fatto proprio il suo gioco: avrebbe ceduto alla sua parte peggiore, all'odio, alla rabbia, alla vendetta, e sarebbe diventato come loro, rinunciando a tutto ciò di bello che aveva finalmente riscoperto.
Sarebbe diventato il male stesso che lui aveva desiderato, con tutte le sue forze, distruggere. Lui non odiava sua sorella: odiava la Tenebra che era in lei. La stessa tenebra che lo aveva quasi inghiottito, e a cui lui adesso sceglieva, nonostante il dolore della perdita di John che ancora lo attanagliava, di sottrarsi.
Mentre pensava a tutto questo, lasciò che la barriera mentale che aveva eretto cadesse: voleva che Eurus captasse i suoi pensieri, come lui aveva fatto inconsciamente su Endor.
Lasciò che un pensiero particolare gli arrivasse. Un pensiero in cui infuse tutto il calore e la luce possibile:

"Hai preso solo la strada sbagliata l'ultima volta. Ora fa' la scelta giusta.
Non è troppo tardi."

Neppure stavolta un tremito o un cambio di postura fece capire a Sherlock se la sorella avesse captato il suo messaggio.
Ma, in ogni caso, e comunque andasse, aveva fatto la sua scelta.
Prese un respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime, e si voltò verso Moriarty, i suoi occhi cristallini fissi su quel volto ghignante e quegli occhi scuri come pozzi senza fondo.
Il silenzio nella stanza era assordante, eccezion fatta per lo sfrigolare delle spade laser che Sherlock ancora impugnava, ancora a imprigionare la gola di sua sorella.
Ma poi, senza dire una parola, le spense entrambe, buttandole ai piedi dell'Imperatore.

Il ghigno sul volto di Moriarty lasciò il posto ad una espressione di totale stupore, seguita subito dopo da una colma d'ira.
-Che cosa significa??
L'ex Jedi lo fronteggiò, gli occhi stavolta carichi non di odio, bensì di determinazione.
-Significa che avete fallito, altezza. -rispose, calcando nuovamente il titolo con disprezzo.- Non mi convertirete come avete fatto con mia sorella. Non diventerò un assassino. Ho fatto una scelta, molto tempo fa. Non sono come voi, e non lo sarò mai. Preferisco morire, piuttosto.
Le labbra di James Moriarty, ad ogni parola del contrabbandiere, si stringevano sempre di più, mentre anche il suo sguardo si assottigliava.
-Sono veramente deluso-sibilò tra i denti, alzandosi lentamente dal trono con un fruscio, il volto distorto in una maschera d'odio puro.-Ma se è questo che vuoi...
Il monarca galattico tese improvvisamente le braccia verso Sherlock: dei fulmini di energia bianco azzurri crepitanti di energia scaturirono dalla punta delle sue pallide dita, colpendolo in pieno petto, e facendolo cadere a terra con un grido di dolore.

---

Lestrade si rannicchiò dietro alla parete, esaminando sconsolato ciò che restava del computer di Molly, mentre BS-221 tentava, senza successo, di bypassare i sistemi di difesa come aveva fatto tempo prima sulla Morte Nera; ma ogni tentativo si rivelò vano.
La battaglia sembrava svolgersi a loro favore, ma se non fossero riusciti a penetrare nel bunker, sarebbe stato tutto completamente inutile.
In quella, uno dei terribili Camminatori imperiali avanzò minaccioso verso di loro, sparando all'impazzata.
Il generale afferrò la spalla dell'uomo vicino a lui, tirandolo più al sicuro all'interno della nicchia insieme al droide: anche se non ci sarebbe voluto molto perché anche loro stessi venissero colpiti.
Ma poi, osservando meglio i movimenti della macchina bellica, aggrottò la fronte: non stava mirando a loro, nè tantomeno agli Ewok... stava mirando agli Imperiali!

Sempre più confuso e incredulo, lo vide ruotare i cannoni a destra e a manca, ma sempre in direzione degli assaltatori, fino a liberare tutta l'area intorno a loro, e volgendo rapidamente lo scontro a loro favore.
-Ma... cosa diavolo fa??-esclamò il ribelle vicino a lui, sparando contro un Esploratore.
-Forse ha un guasto, o è andato in cortocircuito!-ipotizzò Lestrade, non potendo credere ad una simile fortuna.
Ma dovette ricredersi, quando esso girò i cannoni proprio contro la sua faccia.
-Come non detto...-mormorò, rimanendo immobile contro la porta magnetica: scappare sarebbe stato inutile. Scambiò uno sguardo con il pilota, e alzarono entrambi le mani, aspettando l'inevitabile.
Ma, quando il portello del Camminatore si spalancò, un sorriso stupefatto gli solcò il volto.
-Anderson!?!?-esclamò, la voce carica di stupore, ma anche di sollievo, mentre abbassava le mani insieme all'altro.
-‎Scusa, non ho saputo resistere-replicò lui con un ghigno, mentre tre Ewok, tra cui Wicket, emergevano alle sue spalle.-Ti ho fatto prendere un colpo, eh??
Lestrade scosse la testa, soffocando una risata: ma la sua espressione, poi, si incupì. La battaglia era tutt'altro che finita.
-Quei bastardi si sono barricati dentro-disse, indicando con un cenno del capo la porta alle sue spalle.-Non credo che i cannoni del Camminatore la possano perforare. E se non riusciamo a disattivare lo scudo, sarà stato tutto inutile.
-‎Ah, ma io avrei un'altra idea...-affermò incredibilmente il pilota ribelle, con un sorrisetto compiaciuto.
Il generale lo fissò, interdetto: Anderson si stava rivelando decisamente una sorpresa continua, quel giorno...

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro