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Spider

La piccola squadra di Molly- composta da non più di una decina di ribelli- procedette nella fitta foresta a passi rapidi ma circospetti, i fulminatori in pugno: Lestrade e Mary erano dietro di lei, e quest'ultima portava la borsa piena di cariche esplosive.
In testa al gruppo stava Wicket, l'Ewok che avevano avuto il piacere di conoscere il giorno prima-e che pareva aver preso Molly particolarmente in simpatia- che li guidava verso l'entrata secondaria del bunker che, auspicabilmente, sarebbe stata anche meno sorvegliata di quella principale. Finalmente, raggiunsero la loro meta: con loro grande sollievo, solo tre guardie piantonavano la porta metallica.
-L'hackeraggio non mi sembra complicato-mormorò Molly, armeggiando sul suo pc.-Ma dobbiamo neutralizzare quelle guardie, prima.
-Sono solo tre, non sarà difficile-osservò Lestrade.
-‎No, ma ne basta solo una, a dare l'allarme a quelli dell'altro ingresso-lo corresse lei, senza alzare lo sguardo dallo schermo del computer, su cui scorrevano stringhe e stringhe di codici che aspettavano solo di essere da lei decriptati e aggirati.
-Hai ragione-annuì Mary cupamente.-Ma forse possiamo prenderli di sorpresa, e...
-‎Oh no no no!!
-‎... Ma che diavolo fa???
- Qualcuno lo fermi!!
-‎Oddio!

Molly rialzò il capo, confusa da quei sussurri pieni di panico provenienti da dietro le sue spalle, e si portò le mani alla bocca, soffocando un gemito: Wicket, con tutta l'innocenza di questo mondo, si era diretto verso una delle speeder-bike degli Esploratori imperiali, parcheggiate poco distanti dagli stessi; e vi stava per salire sopra.
-... E tanti cari saluti all'effetto sorpresa...-gemette Mary, mentre il resto della squadra osservava con gli occhi colmi di panico il piccolo Ewok armeggiare sui comandi del veicolo, a casaccio, fino a che non riuscì a far partire i motori, che si accesero con un rombo.
Gli Imperiali si voltarono con uno scatto.
-‎Hey, tu!-urlò uno di loro, correndo rabbioso verso di lui: ma Wicket, a quel punto, strinse tra le zampe i comandi, e partì a razzo.
Subito, i due soldati salirono sulle loro speeder bike, gettandosi all'inseguimento, lasciando solo uno di guardia.
Lo sgomento iniziale sul viso dei Ribelli, intanto, aveva lasciato il posto all'incredulità e all'ammirazione.
-Niente male, per una palla di pelo!-commentò infatti uno di loro.
Molly, con un sorriso, non potè che concordare, mentre Lestrade scendeva circospetto verso il bunker, e colpiva alla nuca il soldato rimasto con il calcio del fulminatore.

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Wicket, intanto, manovrava la speeder bike come meglio poteva, preda di una folle velocità, e tallonato dai due imperiali, che presero a sparargli contro.
Ma lui sapeva come sbarazzarsene.
Virò verso un punto preciso della foresta, in cui gli alberi erano particolarmente fitti: dopo aver fatto un po' di slalom fra di essi, si aggrappò ad una liana, e abbandonò il veicolo, proprio pochi istanti prima di finire contro un albero.
Gli imperiali, colti di sorpresa, non sterzarono in tempo.
L'Ewok, al sicuro sulla cima, vedendo le esplosioni sotto di sè, sghignazzò soddisfatto. Ma non fece ritorno dai ribelli, bensì balzò, di ramo in ramo, da una fronda all'altra, verso un punto preciso della giungla.

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Molly penetrò con una sconcertante facilità, nel sistema del blocco del bunker, la cui porta si aprì con un fruscio metallico. Stava andando tutto a gonfie vele, e si augurava che continuasse a quel modo.
Ma, mentre varcava la soglia con la pistole blaster in pugno, seguita dalla sua squadra, i suoi pensieri non poterono evitare di correre a due persone in particolare, che si trovavano proprio sulla medesima Stazione che stavano per far distruggere.

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La figura ammantata di nero, seduta su un trono, osservava fuori dalla grande vetrata.
Attendeva.
Sul bracciolo, era posata la spada laser del suo futuro apprendista, che gli era stata da poco consegnata da Darth Wind, insieme ad un altro oggetto. Ed era proprio quello che lui stava rigirando ininterrottamente tra le pallide dita, lo sguardo sempre puntanto all'esterno, nello spazio.
Sorrise perfidamente, mentre osservava di nuovo il piccolo oggetto.
Quello era il suo asso nella manica, semmai ne avesse avuto bisogno; se mai la prima verità che si apprestava a sbattergli in faccia non fosse bastata.
Un ronzio di una porta alle sue spalle.
Rumore di passi.
L'imperatore tese le labbra in un sorriso carico di aspettativa, e ruotò la sua poltrona, accogliendo il suo futuro apprendista.

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Sherlock aveva visto più volte il viso del despota galattico nei numerosi quanto mai irritanti messaggi propagandistici e a lui inneggianti che l'Impero trasmetteva regolarmente in ogni angolo della Galassia, anche il più remoto.
Quei capelli neri corti. La pelle appena un po' pallida, come se si esponesse molto di rado alla luce del sole.
Ma furono gli occhi, suo malgrado, a fargli correre un brivido lungo la spina dorsale. Perché quegli occhi scuri, quando li guardava attraverso uno schermo olografico o un televisore, non lo avevano mai inquietato particolarmente.
Ma ora che se li trovava di fronte per davvero, a pochi passi di distanza,
si rendeva veramente conto di quanto essi riuscissero a leggerlo dentro, a scrutare fin nel profondo della sua stessa anima.
E il potere che si irradiava da lui... era come un alone di nera e cupa malvagità.
Quell'uomo non era solo del Lato Oscuro. Lui era il Lato Oscuro.
Da come lo scrutava dall'alto di quello scranno, non gli parve un uomo, ma un ragno: un ragno al centro della sua tela, in attesa di ghermire la sua preda.

Ma Sherlock scoprì anche qualcosa che lo fece rabbrividire ancor di più: sentiva di esser attratto, da quel potere così nero e malvagio che lui incarnava; proprio com'era accaduto per qualche istante sul pianeta di Bespin.
Ma se quella non era stata altro che una momentanea attrazione, svanita quasi all'istante, questa fu molto più forte e decisamente più inebriante, come se mille tentacoli neri si stessero avviluppando intorno al suo cuore.
Lui, che aveva già ampiamente dimostrato di essere molto più potente di qualunque Jedi, cosa avrebbe mai potuto fare, con un simile potere?
Quell'idea passò rapida nella sua mente, subdola e tentatrice: ma lui la ricacciò indietro, nella stanza più buia e remota del suo Palazzo Mentale, e la chiuse a chiave, scrutando il despota con un'espressione volutamente imperscrutabile sul volto, gli occhi limpidi e cristallini fissi in quelli suoi, scuri e profondi.
Era stato liberato dalle manette, poco prima di entrare, e la sua spada laser era lì, a pochi passi: avrebbe potuto uccidere l'uomo che aveva corrotto del tutto l'animo della sorella con le sue stesse mani, o usare la Forza, attirarla a sè, e staccargli la testa dal corpo con un solo fendente.
Ma gli insegnamenti del suo Maestro risuonarono chiari e precisi nella sua testa, e lo dissuasero.
"L'odio, la rabbia, la violenza, conducono al Lato Oscuro. La Forza va usata solo per saggezza e difesa, mai per attaccare".

Tutti quei pensieri così discordanti tra loro vennero improvvisamente interrotti dalla voce dell'Imperatore stesso, che finalmente parlò; ma, come il suo sguardo, anche la sua voce era ben lungi dall'essere sgradevole, ma risuonò all'orecchio del contrabbandiere suadente e tentatrice.
-È un piacere fare finalmente la tua conoscenza, Sherlock Holmes-disse, abbassando appena il cappuccio scuro, un sorriso compiaciuto sul volto pallido.-Aspettavo da tanto tempo questo momento.
Sherlock, le mani intrecciate dietro la schiena, non rispose in alcun modo, cercando anche di non far trapelare quanto il suo potere l'avesse investito con quelle poche sillabe: ogni grammo della sua forza, in quel momento, era finalizzato a nascondere i suoi pensieri.
Un altro sorrisetto compiaciuto si fece però strada sul volto di Moriarty.
-Aveva ragione tua sorella, lo devo ammettere.
Scoccò appena una rapida occhiata alla figura di Darth Wind alla destra del corvino, rigida, immobile e silenziosa.
-Il tuo potere è davvero notevole già ora. Ma con me come tuo Maestro diventerà eccezionale.
Fu a quel punto che Sherlock si decise a parlare: e la sua voce era gelida e dura come l'acciaio, ma anche tagliente come una lama.
-Se pensate anche solo per un secondo che mi convertirete come avete fatto con mia sorella, siete anche più stupido di quanto pensassi, Vostra Altezza-aggiunse, calcando il titolo con palese disprezzo.- E questo non è neppure il più grande errore che avete commesso.

L'Imperatore, a quelle parole, anziché infuriarsi, scoppiò a ridere- una risata piena di soddisfazione e di crudeltà- e scosse la testa, guardando l'ex Jedi con aria di sincero compatimento.
-Oh, no no, mio caro. Sei tu che hai commesso un errore dopo l'altro.
Si sporse appena verso di lui, che cercò di non mostrare il timore che quelle parole gli avevano causato.
-Lascia che ti mostri quanto tu stia sbagliando.
L'imperatore si riappoggiò nuovamente al trono, accavallando le gambe, in una postura rilassata e allo stesso tempo di sfida.
-Prima di tutto, sappi che tua sorella, ormai, non può più sottrarsi al Lato Oscuro. Dunque, se anche hai solo sperato di poterla ricondurre sulla... "retta via"-virgolettò le parole con due dita, disgustato-hai fatto male i tuoi conti.
-‎Questo è quello che pensate voi-ribattè Sherlock, anche se dalla sua voce trapelò un pizzico di insicurezza, mentre il germe del dubbio si insinuava in lui.

È davvero così?, non potè infatti fare a meno di pensare, lanciando un veloce sguardo alla silenziosa e imperscrutabile figura della sorella, Non ho davvero speranze?
L'Imperatore, cogliendo il suo conflitto interiore-sebbene avesse tentato di nasconderlo-gongolò compiaciuto.
-Ho già colpito nel segno, vedo. Ma aspetta di sentire il resto. E riguarda "l'attacco a sorpresa" della vostra patetica... ribellione.
Il suo sorriso si allargò, trasformando il suo volto in una maschera demoniaca.
-Sono stato io stesso a fare in modo che trapelasse l'ubicazione del generatore dello scudo fino alle orecchie dell'Alleanza. E sempre io ho permesso che accedeste al pianeta, tramite uno speciale codice da me fornito. Una legione delle mie truppe migliori li sta aspettando proprio in questo momento, al bunker... perciò, quando le navi dei tuoi stupidi amici arriveranno, lo scudo deflettore sarà perfettamente funzionante. Siete caduti nella mia trappola.
Il tono di Moriarty grondava di crudele compiacimento, mentre il contrabbandiere impallidiva.

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-Signore... c'è un problema.-Anthea aggrottò la fronte, perplessa.-Non riusciamo ad avere una lettura sullo scudo.
-Non è possibile. Riprova!- ribattè Mycroft, innervosito, agendo sui comandi, conducendo la London verso l'incompiuta Morte Nera, seguita da tutte le navi della flotta, anche loro uscite dall'iperspazio.
-‎Signore, questo è già il mio terzo tentativo-replicò Anthea, chiaramente allarmata.-Qualcuno sta disturbando i nostri sensori!
- Come possono farlo, se non sanno... che arriviamo?
Il volto del comandante ribelle si impietrì, sul finire della frase, mentre una terribile consapevolezza prendeva forma nella sua mente.
-... Sanno che stiamo arrivando-mormorò.-È una trappola!
Febbrilmente, accese il canale di comunicazione.
-Sospendere l'attacco. Ripeto. Sospendere l'attacco. Lo scudo è ancora attivo! Disperdetevi!

Mentre lo diceva, virò a sinistra, seguito dagli altri caccia e degli incrociatori; altri, però, non virarono in tempo, e finirono contro lo scudo deflettore ancora attivo, esplodendo all'istante.
Il caos era inesorabilmente dilagato tra le file dei ribelli: le navi si erano disperse da una parte all'altra, e a diverse velocità.
E, purtroppo, il peggio doveva ancora arrivare.
-Comandante! Rilevo navi nemiche nei settori SR-18 e PF-5!
La voce di Anthea, solitamente calma e controllata, in quel momento tradì un leggero tremito.
Il capo Ribelle puntò lo sguardo sullo schermo centrale, e anche lui, suo malgrado, impallidì: l'imponente flotta Imperiale era appena apparsa come dal nulla, aggirando Endor e stringendo la flotta ribelle da entrambi i lati, insieme alla Morte Nera e allo schermo. Quello non era più un attacco a sorpresa: erano finiti dritti dritti nella tela di un ragno subdolamente dipanata, e da cui non vi era alcuna via di fuga.
Fu il suo ultimo pensiero, prima che un verde raggio mortale colpisse una delle sue ammiraglie, disintegrandola in un secondo.

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