Pazzia o genialità?
La stazione spaziale ferveva di attività: dopo la distruzione di Alderaan, avvenuta con successo, era stato infatti necessario ricalibrare i motori e riconfigurare i sistemi. Presto avrebbero dovuto rivolgere la sua potenza distruttiva verso altri mondi.
Mondi che pullulavano di traditori dell'impero.
Darth Wind, avviluppato in una semplice veste scura, il volto completamente celato da una maschera di metallo nero, procedeva lentamente tra le fila dei tecnici, volgendo lo sguardo di tanto in tanto ai visori, puntati verso il vuoto spazio siderale.
Vuoto, ora che Alderaan era stata spazzata via.
Protetto dalla maschera, si concesse un microscopico sorriso soddisfatto.
Quella maschera era per il Sith un dono, e al tempo stesso una maledizione: era il suo scudo contro tutto e tutti, nascondendo il suo viso e qualsivoglia emozione, fosse essa la soddisfazione o la rabbia. Proprio come in quel momento.
Le emozioni erano solo debolezza, e dovevano essere celate ad ogni costo.
Storie si erano diffuse, riguardo al suo voler nascondere il volto dietro quella maschera di nero metallo; una mostruosa malformazione... una malattia che non gli consentiva di esporsi a qualsiasi fonte di luce... Ma nessuno si era mai neppure avvicinato alla vera ragione. Non che qualcuno avesse mai osato domandarglielo, o gli avesse esposto quelle fantasiose teorie direttamente: non avrebbe avuto una lunga vita, altrimenti.
A quel pensiero, stirò di nuovo le labbra in un sorrisetto divertito.
Era, però, turbato. Avvertiva uno strano tremito, nella Forza: più precisamente, da quando avevano catturato quel mercantile che stava orbitando intorno al pianeta ormai distrutto.
E ciò poteva significare solo una cosa.
Il rivale di James Moriarty stava forse, infine, per rivelarsi.
Ma non era ancora il momento.
Non ancora...
Doveva avere pazienza.
Quando si erano visti la prima volta, il suo potere non era che agli albori.
Era troppo presto.
Pazienza... sembrò sussurrargli il Maestro all'orecchio, con quella sua voce suadente e vellutata, capace di far capitolare anche le menti più forti.
Pazienza...
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Wind entrò maestoso nell'hangar dove era attraccato il famigerato mercantile, con la rampa abbassata, e circondato da una ventina di soldati imperiali, tutti vestiti con la medesima uniforme bianca e nera, e dotata di un casco integrale, che celava i tratti di ognuno di essi.
-Allora?-domandò gelido a uno di loro, la voce resa cavernosa e profonda dalla maschera, e perciò ancor più terrificante e autoritaria.
-Abbiamo esaminato la nave in ogni sua parte, milord-rispose l'ufficiale interpellato, cercando di non tremare: persino tra gli stessi Imperiali, quel Sith rappresentava praticamente l'incarnazione di un incubo.-Non abbiamo trovato nessuno. Dal libro di bordo risulta che la nave è decollata da Mos Eisley, e abbandonata subito dopo: ma prima, gli è stata impostata una rotta automatica verso il sistema di Alderaan.
Darth Wind era perplesso: il tremito che aveva avvertito gli suggeriva che c'era qualcosa di poco chiaro.
-Ispezionate la nave di nuovo-ordinò, perentorio.-E intendo ogni centimetro.
L'ufficiale annuì nervosamente, mentre il Sith usciva dall'hangar, ancora non del tutto convinto: dette perciò a uno degli ufficiali un diverso ordine, e si allontanò.
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-... Ancora non so se la tua sia solo pazzia, o genialità-bisbigliò John a fior di labbra, nascosto in uno scuro compartimento segreto nel pavimento della London insieme al contrabbandiere, i nervi tesi come corde di violino, mentre si udivano i passi pesanti degli assaltatori esattamente sopra la loro testa.
-... Impressionante quanto spesso questi due tratti coincidano, eh?-replicò Sherlock sardonico, nel medesimo tono basso di John, osservando anche lui le sagome in controluce.
Finalmente, l'ispezione parve terminare, anche se decisero di attendere altri due minuti buoni, prima di uscire allo scoperto.
Quando finalmente anche il rumore di passi dell'ultimo soldato si spense, Sherlock sollevò delicatamente la piastra di metallo sopra la sua testa, per poi spostarla, riemergendo finalmente in superficie.
-Visto? Te lo dicevo che avrebbe funzionato-bisbigliò, soddisfatto.-Il nascondiglio più sicuro: in piena vista. Chi mai penserebbe di guardare sotto a un pavimento di una nave deserta?
John scosse la testa, ancora incredulo ma sollevato che il folle piano di Sherlock avesse funzionato: fino ad allora, quantomeno...
-Grazie al cielo che c'erano questi compartimenti...-commentò, uscendo.
-Ovvio. Dove credevi che tenessi la merce di contrabbando?-lo rimbeccò Sherlock, ironico. Fece poi una piccola risata.-Anche se non avrei mai creduto che, un giorno, avrei contrabbandato me stesso.
-Per "merce di contrabbando" intendi anche gli spaccacervello?-domandò John, incapace di tacere, mentre tirava fuori dal nascondiglio BS-221.
Conosceva infatti quella droga, anche se alla lontana: era spacciata soprattutto a Mos Eisley, ma si poteva trovare anche nelle taverne di Courscant, il sistema centrale dell'ex Repubblica, ora dell'Impero.
Quella sostanza era particolarmente gradita dai piloti, perché favoriva i riflessi e acuiva le capacità neuronali: ma aveva, ovviamente, come tutte le sostanze psicotopre, un rovescio della medaglia: l'uso eccessivo poteva distruggere completamente le cellule celebrali-non per niente, "spaccacervello"-e spesso portava a veri e propri stati allucinogeni.
Gli sembrava dunque impossibile che un uomo chiaramente intelligente, quale era colui che gli stava davanti, potesse fare uso di quella sostanza a cuor leggero, incurante delle conseguenze.
-... Sì, certo. È una merce molto richiesta. E allora?-replicò il contrabbandiere, con una nota seccata nella voce.
John fece subito marcia indietro.
-Scusa, non sono affari miei. Se posso, però, ti consiglierei di smettere... potresti pentirtene, prima o poi... So che favorisce i riflessi eccetera. Ma il gioco non vale la candela. Fidati.
Tossicchiò, imbarazzato, per poi cambiare discorso alla velocità della luce.
-E ora, come facciamo a raggiungere il computer principale?
Sherlock, che aveva fissato John con uno strano sguardo, si riscosse: ma, mentre gli illustrava il suo piano-che era, se possibile, ancora più folle e pericoloso del precedente-scoprì di sentirsi toccato, dalla sua preoccupazione: pochissime persone, nella sua vita, si erano preoccupate per lui. Anche se doveva ammettere che ce ne erano state.
Era lui, che le aveva sempre allontanate.
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-... È una follia. Una follia totale.
-sibilò John, la voce attutita dal casco bianco dell'Assaltatore.
Sherlock, coperto anche lui da un casco uguale al suo, sbuffò, aggiustandosi l'uniforme.
-John, è la terza volta, che lo ripeti. Ti vuoi rilassare, una buona volta?
-Come diavolo pretendi che mi possa rilassare??-ringhiò lui in risposta, allentandosi il colletto.-Siamo in una base imperiale, circondati da ufficiali. Sarà un miracolo se non ci scoprono!!
-Allora diamoci una mossa ad hackerare il computer e andiamocene. Sei d'accordo?-replicò Sherlock, sarcastico.
-Comincio a pentirmi di essermi offerto volontario per questa missione...-bofonchiò il pilota di nuovo, mentre trascinava i due soldati Imperiali messi k.o in uno sgabuzzino.-Ma se non disattiviamo il radiofaro, come faremo a...
Ma Sherlock alzò una mano, interrompendolo.
-Ci penserà lui-disse, tranquillo, indicando il droide. Si rivolse poi proprio a lui.-Bene, BS. Ora tu devi interrompere l'alimentazione del raggio traente. Ci sarà pure, da qualche parte, una falla nel loro firewall. Trovala.
Il droide cinguettò dubbioso: doveva essere una domanda, perchè Sherlock parve rifletterci per qualche istante.
-Deve essere connesso al reattore principale-sentenziò infine.-Collegati a tutte le prese di tutti i terminali dati che trovi su questo piano. E non farti notare!-gli raccomandò, mentre inseriva in uno scomparto del droide un comlink da usare in caso di emergenza.
BS-221 emise altri fischi.
-Ma che ne so!-replicò Sherlock, stavolta esasperato, in risposta a quei suoni, mentre John assisteva alla conversazione un po' perplesso.-Tu rotola disinvolto e vedrai che non ti noteranno. Ora va', su!- E gli diede una leggera pacca sulla testolina a cupola.
Mentre il piccolo droide si allontanava verso uno dei corridoi-emettendo altri suoni rassegnati-John tolse per un momento il casco e ridacchiò sommessamente, incapace di trattenersi.
Anche Sherlock lo tolse, e lo guardò interrogativo.
-... Che c'è?
-"Rotola disinvolto"??-ripetè il pilota, ricominciando a ridere.
L'altro si strinse nelle spalle, ridacchiando suo malgrado: e, nel contempo, rimase sorpreso, quando si rese conto che, in quelle poche ore, insieme a John, aveva riso più di quanto avesse mai fatto in quegli ultimi anni.
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Procedettero così mimetizzati tra i vari corridoi della stazione, senza che nessuno gli ponesse domande: il travestimento reggeva.
Si intrufolarono poi in una delle stanze, vuota ma fornita di molti schermi e computer.
Da lì, con le sue abilità di hacker, Sherlock avrebbe potuto scaricare lo schema tecnico della Stazione.
Almeno in teoria...
Mentre John bloccava la porta elettronica pigiando alcuni pulsanti, Sherlock si tolse il casco-con evidente sollievo, aggiustandosi rapidamente con le mani i capelli ricci-e si mise subito al lavoro su una delle consolle principali, borbottando a mezza voce mentre scorreva i dati.
-No... questo è il file sbagliato... questo neanche... andiamo!-ringhiò, innervosito, premendo ripetutamente sulla tastiera, mentre John osservava sopra la sua spalla lo scorrere di stringhe su stringhe di numeri, dati e cifre.-... Eccolo! È lo schema tecnico completo della Morte Nera!-esultò, mentre inseriva un semplice dispositivo di stoccaggio, preso dalla tasca, nella consolle, e il biondo tratteneva a stento l'esultanza.
-È proprio quello?? Ne sei sicuro??
-Al cento percento. Non resta che scaricarlo su questa chiavetta USB, aspettare che BS disattivi il radiofaro, ed è fatta. Ho inserito una particolare schermatura. Non sapranno nemmeno del nostro accesso al loro firewall-spiegò il contrabbandiere, con un sorrisetto soddisfatto.
John, nonostante il sollievo, si sentiva ancora nervoso e insieme dubbioso: era stato davvero così semplice?? Stentava a crederci.
E, d'altro canto, se lo augurava. Non vedeva l'ora di sbarazzarsi di quella dannata armatura, che sentiva pesare su di sé minuto dopo minuto.
Certo, dovevano anche ancora andarsene da lì...
All'improvviso, mentre lo schema veniva scaricato, qualcosa su uno dei tanti schermi attirò la sua attenzione, e lo portò a sgranare gli occhi, incredulo.
-Sherlock, cosa sono questi dati??-esclamò, picchiettando un dito su uno dei monitor.
-Sono relativi ai blocchi di detenzione-rispose lui, voltando lo sguardo su di esso, indifferente.-Numeri di celle... Nomi di prigionieri...
Vedendo l'espressione atterrita di John, però, aggrottò le sopracciglia, confuso.
-... Cosa c'è?
Lui, per tutta risposta, gli indicò una riga in particolare, nello schermo a destra della consolle.
"Livello 5".
"Blocco di detenzione NS-22".
"Cella 1895: Senatrice Hooper".
Se quelle poche righe erano riuscite a cogliere di sorpresa i due uomini-anche Sherlock, suo malgrado-l'ultima fu capace di far venire la pelle d'oca al pilota ribelle.
"Sentenza emessa: Terminazione".
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