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Love and pain

I tre uomini avanzarono lentamente e circospetti per i corridoi, John in testa, che cercava di ricordare il percorso che aveva fatto dalla sua cella alla stanza della tortura; e non era facile, considerata la grandezza del posto. Arrivati all'ennesima biforcazione, infatti, il pilota indugiò: ma prima che potesse decidere che direzione prendere, una voce incredibilmente nota, alle loro spalle, li fece tutti sobbalzare.
-... Sherlock???
Si voltarono di scatto, e rimasero senza parole: Molly era a pochi passi dietro di loro, impugnando un blaster, e li fissava incredula.
-Ma si può sapere chi sono venuto a salvare, io??-sbottò Sherlock, esasperato, dopo un momento di attonito silenzio.
Molly, senza troppo badare a quel commento, corse loro incontro, sorrise a Lestrade e strinse John in un rapido abbraccio, sollevata che fosse incolume dopo la tortura subìta.
-Si può sapere come hai fatto?-ripetè il contrabbandiere, imperterrito, all'indirizzo della donna.
-‎Semplice astuzia femminile!-ribattè lei, il mento sollevato, lo sguardo fiero, ma sul volto un accenno di sorriso.
Sherlock si voltò verso John, inarcando un sopracciglio.
-‎Anche la tua è stata "astuzia femminile"?-gli domandò, ironico.
-Che ne direste di discuterne in un altro momento?? -intervenne Lestrade, dimostrando decisamente più buonsenso, prima che il pilota potesse replicare, e Molly guardava il contrabbandiere in cagnesco.-Dobbiamo tornare alla navetta il più rapidamente possibile. È già un miracolo che nessuna sentinella imperiale non ci abbia già scoperto!

Sherlock, a quelle parole, trattenne a stento un sorriso amaro, mentre scuoteva la testa, come sempre faceva quando qualcuno non afferrava cose da lui ritenute elementari e ovvie.
-Ti sbagli, Gavin.
-‎... Greg -lo corresse lui, automaticamente; ma il corvino lo ignorò, lo sguardo cupo.
-Non è stato un miracolo. I miracoli non esistono. Era premeditato. Non ti è sembrato strano che ci abbiano lasciati atterrare? Avrebbero potuto disintegrarci all'istante.-Sospirò, di fronte agli sguardi sempre più confusi dei tre, e dovette, a malincuore, aggiungere qualche doverosa spiegazione. -Qualcuno vuole affrontarmi. Da solo. E credo anche di sapere chi.
-‎Ma non puoi farlo!-protestò John, avendo subito inteso a chi l'amico alludesse.-Sherlock... l'ho incontrato, quel Sith. Perdona la mia franchezza, ma non credo che tu sia in grado di batterlo, visto e considerato che...
-‎Non ho detto che sono sicuro di sconfiggerlo-lo interruppe lui bruscamente, in tono gelido.-Ho semplicemente detto che devo affrontarlo. Da solo-sottolineò di nuovo, con uno sguardo all'apparenza indifferente, che però strideva con la gravità delle sue parole.

I tre rimasero a fissarlo increduli.
-Non puoi buttarti in una missione suicida!-sbottò Lestrade.-E a che scopo, poi?? Ci basterà fuggire ora e...!
-‎... e magari domani, o dopodomani, lo farà di nuovo!-completò Sherlock, alzando la voce, ancor più esasperato, e guardandoli negli occhi uno per uno, compreso il generale.-Vi userà come esca. Per quanto mi costi ammetterlo, tutti hanno un punto debole. Persino io. E lui l'ha scoperto.
Dalla sua voce, stavolta, trapelò una sofferenza sincera; il contrabbandiere, infatti, tese le labbra in una linea sottile, dando poi la schiena a tutti loro.
Lestrade scambiò un'occhiata con Molly e John, gli occhi scuri carichi di sgomento e incertezza: ma fu proprio quest'ultimo a prendere l'iniziativa.
-Sherlock...-azzardò, avvicinandosi, e mettendogli una mano sulla spalla.-Non affrontare tutto questo da solo. Lascia che ti aiutiamo. Siamo i tuoi amici.
-‎No. Voi non sapete con chi avete a che fare. Io sì-ribattè lui lapidario: ma rimase voltato, per non rivelare che i suoi occhi si erano inumiditi, e cercando di tenere un tono di voce il più fermo possibile.-Quindi, se volete davvero aiutarmi, andatevene. Ora.
John tolse a malincuore, lentamente, la mano dalla sua spalla, con un sospiro: ma prima che il contrabbandiere potesse muovere un solo passo, si levò la voce della senatrice, rimasta in silenzio sino ad allora.
-Sherlock... ti ordino di non andare-disse, con un tono talmente severo da stupire non poco John e Lestrade: era il tono che usava per dare ordini ai soldati ribelli, e a cui nessuno osava disubbidire.
Il corvino, invece, senza neppure voltarsi, emise uno sbuffo simile ad una risata.
-Mi dispiace, senatrice. Ma io prendo ordini solo da una persona. E quella persona sono io-replicò, sprezzante, anche se un rapido sorriso solcò il suo volto.
Mosse poi alcuni passi, ma le parole successive di Molly lo inchiodarono sul posto.
-Ma io ti amo, RAZZA D'IDIOTA!!

Il grido della senatrice rimbombò per tutto il corridoio deserto, e li fece sobbalzare. Ma nessun soldato arrivò, e questo, se non altro, avvalorava la tesi della trappola: era impossibile che qualcuno non l'avesse udito.
Molly sapeva che non avrebbe dovuto esporsi in quel modo: ma era stufa, stufa di giochetti. Lei amava quel contrabbandiere arrogante, tronfio e insopportabile. E non gli avrebbe permesso di gettarsi in una missione suicida solo per tenerli al sicuro.
No.
Non era giusto.
Sherlock, finalmente, si voltò a guardarla: era a pochi passi da lui, proprio in mezzo al corridoio, e lo fronteggiava, pallida in volto, le labbra strette, gli occhi nocciola luccicanti di lacrime, ma che scintillavano di rabbia, i piccoli pugni stretti. Alcune ciocche di capelli erano sfuggite alla sua elaborata acconciatura, incorniciandole i lati del viso: era più simile ad un'amazzone, in quel momento, che ad una senatrice.
Bellissima, nella sua furia.
Rimase per un lungo momento perfettamente immobile, incapace di distogliere lo sguardo da lei.
Poi, in un impeto di pura follia, agì: in pochi passi la raggiunse e, con una delicatezza di cui non avrebbe mai pensato di essere capace, le strinse il volto tra le mani, posandole poi con la medesima delicatezza-ma anche con immensa dolcezza-le labbra sulle sue.
Sherlock sapeva che quello era un gesto illogico, non da lui. Ma, in quel momento, tutta la sua freddezza, la sua razionalità-tutte le logiche considerazioni su cui faceva e aveva sempre fatto tanto affidamento sino ad allora- si dispersero come foglie nel vento, mentre con le dita sfiorava delicatamente il volto della donna, e premeva ancor di più le labbra sulle sue.
Molly, d'altro canto, dopo l'iniziale stupore-durato appena una frazione di secondo-si era completamente abbandonata a quel bacio, portandogli anche lei le mani sul volto, carezzandogli appena la pelle nivea.
In quel momento, per entrambi, non esisteva più nulla: l'Impero, i Sith, la Ribellione... era stato tutto spazzato via dal contatto delle loro labbra, e da quel sentimento travolgente, da entrambi così a lungo rinnegato.

Poco distanti, completamente dimenticati, John e Lestrade osservavano, increduli, la scena: quest'ultimo, in particolare.
-... Greg, se non chiudi la bocca, ti si slogherà la mascella-scherzò il biondo, con una piccola risatina.
Il generale eseguì e istintivamente la chiuse, ma i suoi occhi sgranati rimanevano fissi sui due.
-Avrei dovuto portarmi una macchina fotografica...-soffiò, scuotendo la testa, ma sul volto un leggero sorriso.

Dopo qualche minuto-o qualche ora, o parecchi giorni, secondo la loro concezione distorta del tempo-Sherlock e Molly si separarono.
Lui le bisbigliò poi qualcosa, le labbra ancora a pochi centimetri dalle sue.
Infine, lanciò a John e a Lestrade un'occhiata coi suoi occhi azzurro ghiaccio: quella rivolta al pilota, però, era carica di significato. Voltò poi le spalle a tutti loro, addentrandosi nel complesso.
Molly rimase immobile per un momento, chiudendo gli occhi, mentre un sospiro lasciava le sue labbra, ripetendo le parole di Sherlock appena sussurrate.

"Anch'io."
"Per questo devo andare."

Anche John, poco dietro di lei, sospirò.
Aveva imparato a ben interpretare gli atteggiamenti, gli sguardi, persino le smorfie del suo amico.
Quando arricciava le labbra in chiaro segno di disappunto: di solito, accadeva quando Anderson parlava, oppure se il fratello maggiore lo punzecchiava.
C'era la scintilla di orgoglio che brillava nei suoi occhi quando stupiva tutti con qualche suo geniale ragionamento, di solito accompagnata da un mezzo sorriso soddisfatto sollevando un angolo della bocca.
C'erano poi i dolci sorrisi scambiati con Molly, quelli complici rivolti a lui, o alla signora Hudson.
Insomma, John, dopo due anni, poteva dire di conoscere ogni singola sfumatura di quei gesti.
Ma, soprattutto, c'erano gli sguardi d'intesa: sguardi che solo tra loro si scambiavano, e che avevano imparato a utilizzare soprattutto durante le missioni. Lo sguardo del "spara adesso", o del "alle tue spalle", o "silenzio". Comunicavano solo guardandosi, senza parole.
E John aveva capito perfettamente cosa gli aveva comunicato Sherlock con quell'occhiata, mentre, con la coda dell'occhio, guardava Molly.

"Proteggila."
"Per me."

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Sherlock giunse finalmente sul ponte sospeso della città tra le nuvole - il medesimo che aveva visto dalla navetta - e per un istante rimase suo malgrado incantato, e insieme impaurito: gli pareva di galleggiare anche lui, tra esse, dato che il ponte stesso era sottilissimo, un metro appena, o poco più, e nessuna balaustra a fare da riparo. Era completamente in balia del vento e delle correnti.
Una sagoma nerovestita lo attendeva proprio al centro di esso, impugnando una spada laser cremisi: la medesima della sua visione.
Deglutì, mentre sentiva salire la paura: ciononostante, sfoderò anche lui la spada, che baluginò di verde smeraldo.
-Sapevo che mi avresti trovato-lo apostrofò Darth Wind, compiaciuto, la voce distorta dalla maschera.-Il tuo potere aumenta sempre di più. Riesco a percepirlo.
-Non è un luogo un po'... melodrammatico?-ribattè Sherlock, mascherando il terrore che lo attanagliava dietro la sua perenne ironia.
Il Sith ridacchiò leggermente.
-No, non trovo-ribattè, in tono colloquiale.-In fondo, cos'è un ponte, se non un luogo di transizione? Un collegamento tra due diverse realtà? E perché no... un cambiamento.-Darth Wind pronunciò l'ultima frase in un tono mortalmente serio, ma con una strana nota di aspettativa.-Una volta superato, può cambiare tutto. Il luogo in cui ti ritrovi non è lo stesso che hai lasciato. Tu stesso puoi essere cambiato, già solo nell'attraversarlo.
-... Devi continuare ancora per molto con queste vuote metafore?-domandò il corvino con una punta di sarcasmo nella voce, avvicinandosi di due passi sullo stretto ponte.-L'unica cosa certa è che su questo ponte rimarrà vivo solo uno di noi due.
-‎... Dunque sai della profezia-constatò il Sith, ancor più compiaciuto.

Il contrabbandiere si irrigidì per la sorpresa.
-... Quale profezia?
-‎Non lo sai?-ribattè Wind, stavolta sbalordito.-Be', aggiungila alla lista delle cose di cui il tuo caro "Maestro" non ti ha informato-aggiunse, con disprezzo palese.
A quell'uscita, Sherlock strinse con ancor più forza le dita intorno all'impugnatura della spada, invaso da un'ira furibonda e incontenibile: senza più trattenersi, si lanciò contro il Sith, sferrandogli un violento fendente.
Lui, però, fu lesto a pararlo.
Si ritrovarono così: le spade incrociate, i volti illuminati dal laser, a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro.
-Non osare menzionare il mio Maestro!-ringhiò Sherlock, premendo ancora di più l'arma contro il suo avversario, al fine di vincere la sua resistenza.
Ma, stranamente, il Sith sembrava affascinato dall'ira dell'ex Jedi.
-Avevo ragione-sussurrò, come se avesse paura che qualcuno, a parte loro due, potesse udirlo.-Percepisco l'ira che è in te. E sta amplificando la tua forza e il tuo potere a dismisura. Proprio come diceva la profezia.
-‎Di che diavolo di profezia parli??-ringhiò di nuovo l'altro tra i denti, mentre il Sith, con una rapida mossa, gli sferrava un colpo, costringendolo ad arretrare di un passo.
-‎Quella secondo cui sei destinato a regnare al fianco dell'imperatore James Moriarty, e di diventare il suo nuovo apprendista al mio posto-disse infine Darth Wind, nella voce una nota di trionfo.

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Molly si bloccò di punto in bianco di fronte alla London, che Sherlock aveva ormeggiato nell'hangar. 
-Io non me ne vado.
John sospirò, mentre Lestrade si voltava, emettendo anche lui un sospiro rassegnato, verso la senatrice.
-Molly...-azzardò: ormai, erano abituati a darsi del tu.-L'hai sentito Sherlock. Non vuole il nostro aiuto, e non so bene perché. Ma una cosa la so: vuole che noi... restiamo al sicuro. Tutti noi. Credo si stesse riferendo addirittura alla Ribellione stessa. È per questo che sta rischiando la vita. Inoltre... che speranze possiamo avere, noi, contro un Sith?
-‎Motivo di più per non permetterglielo!-insistette la ragazza, testarda, infondendo nelle sue parole tutta la sua risolutezza e convinzione. -Dimostriamogli che non è da solo! Che può fare affidamento su di noi! Poco importa se moriremo. Almeno lo faremo insieme!
Seguì un breve momento di silenzio, mentre le sue parole appassionate facevano presa nei due uomini, che rimasero però immobili. John, in particolare, sembrava combattuto.
Lo sguardo della ex senatrice si fece, a quel punto, rabbioso.
- Siete liberi di andare, se volete. Io andrò comunque-affermò, stringendo i pugni.- E nessuno me lo impedirà!
Fece per voltarsi, ma John la strinse per un braccio, trattenendola.
Lei lo fulminò con gli occhi, minacciosa, ma il pilota non lasciò comunque la presa, restituendole uno sguardo risoluto.
-Sherlock mi ha fatto intendere qualcosa, prima di andarsene. Non a parole, ma io l'ho capito.-Abbassò lo sguardo per un istante, imbarazzato. Ma poi si fece coraggio e proseguì, puntando i suoi occhi in quelli di Molly.-Mi ha chiesto di proteggerti. E di farlo per lui. Ed è una promessa che ho intenzione di mantenere. Perciò, non ti permetterò di rischiare la tua vita.
Le piccole labbra della donna si tesero, mentre i suoi occhi luccicavano per la commozione, e insieme per la rabbia: ma prima che potesse parlare, il pilota proseguì.
-Questo significa...-aggiunse, con un microscopico sorriso.-Che la seguirò ovunque, senatrice.
Anche lei sorrise, finalmente, avendo inteso dove quel discorso voleva andare a parare.
-Ovunque?-ripetè, lanciandogli un'occhiata allusiva.
-Ovunque.-Il biondo annuì.
Si scambiarono un ultimo sguardo complice.
-‎Andiamo! -dissero poi, all'unisono, dirigendosi lungo il corridoio, sotto lo sguardo attonito di Lestrade.
-‎Sono circondato da pazzi...-esalò il generale, portandosi le mani nei capelli brizzolati: poi scrollò le spalle e scosse la testa, ridacchiando, e si lanciò dietro di loro.
-‎Hey, aspettatemi!-gridò.-Se credete di lasciarmi indietro, vi sbagliate di grosso!

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Sherlock rimase come congelato, mentre le parole del Sith rimbombavano nella sua testa.

La profezia.
Governare la Galassia.
Il nuovo apprendista di Moriarty...

-Non credo ad una sola parola-sputò, rafforzando la presa intorno alla spada, e fissando con odio il Sith che lo fronteggiava, il lungo mantello nero scosso dalle correnti.
-‎Che tu ci creda o no, poco importa. Non puoi sfuggire al tuo destino-ribattè Wind, serafico.-Puoi opporti, soffocare il tuo potere, come già hai tentato di fare in tutti questi anni. Ma sappiamo entrambi che sarebbe inutile. Puoi scappare quanto vuoi, anche nell'angolo più remoto della galassia... ma non puoi scappare da te stesso. Non puoi nasconderti da ciò che sei.
-Io so chi sono!!!-L'urlo di rabbia di Sherlock era venato, stavolta, dalla paura.
-‎Oh, Sherlock...-il Sith scosse la testa, con aria di compatimento, la spada sempre sguainata.-Tu non sai proprio nulla...
Quella frase...
Il contrabbandiere rabbrividì: la visione che aveva avuto pochi giorni prima si impossessò della sua mente: la spada, la figura vestita di nero, e ora quella frase. Ogni elemento di quella visione si stava concretizzando proprio di fronte ai suoi stessi occhi.
Tranne l'ultima parte...

Il giovane Sherlock si avvicina alla testa decapitata del suo nemico, e la maschera esplode, mostrandogli finalmente il volto del suo avversario.
La sua bocca si apre in un grido muto, mentre arretra, gli occhi pieni di terrore.
Perché il volto del decapitato è il suo stesso volto, che lo fissa di rimando, gli occhi cerulei vuoti e fissi, la pelle bianca come una maschera di cera.

Sherlock dovette far forza su se stesso per non cedere al terrore.
La miglior difesa è l'attacco.
-‎... Perchè dovrei credere all'assassino del mio Maestro? Tu non sai nulla, di me! Stai solo manipolando la mia mente!!
E si scagliò di nuovo contro di lui, menando fendenti all'impazzata, a cui il Sith rispondeva prontamente.
-Ma tu sai che non è la verità. E sai anche che io e te ci siamo già incontrati, in passato-ribattè Wind, parando uno dei suoi attacchi.
Il contrabbandiere proruppe in una risata di scherno.
-Ricordo vagamente il momento in cui hai piantato una spada laser nello stomaco del mio maestro. Hai ucciso il mio migliore amico!-ringhiò, invaso di nuovo dalla furia.-E ho intenzione di ripagarti con la stessa moneta!
-No. Non lo farai.
-‎Ti consiglio di non sottovalutarmi.
E così dicendo, Sherlock si lanciò in un affondo: ma proprio in quel momento... il Sith iniziò a cantare.
Il corvino, già sbalordito, si immobilizzò, mentre udiva distintamente le parole di quella che sembrava una sorta di nenia.
E il tono mentre la cantava pareva quasi umano, e meno robotico.

«... Chi mi troverà...
Io sono perduta...
Camminerai, e un faggio troverai...»

Sherlock sentì il sangue rimbombargli nelle orecchie, mentre abbassava la spada.
-... Come fai a conoscerla?-esalò.-Quella era una ninnananna che mi cantava sempre mio fratello quando ero...
-‎Non era lui, che te la cantava!-ringhiò il Sith, e lui notò un cambiamento palese, nel suo tono: la sua rabbia sembrava venata da una nota di rimpianto, ma così fugace che credette di essersela solo immaginata.-Tuttavia, è abbastanza logico che non te lo rammenti. In fondo, avevi appena due anni, quando me ne sono andata. E tu mi hai cancellata del tutto.

Sherlock si sentì pervaso da brividi di caldo e di freddo, e i palmi delle sue mani si inumidirono.
-... Andata?? Cancellata??-ripetè, con voce roca.
Il Sith annuì gravemente.
-Io sono Eurus Holmes. Tua sorella.

---

La struttura del complesso era immensa, e aveva almeno un centinaio di piani. Molly percorse affranta l'ennesimo corridoio: come avrebbero fatto a trovare Sherlock?? Avrebbe potuto essere andato ovunque...
-Di qua!-esclamò però John, improvvisamente, con aria sicura, indicando una lunga scala  che conduceva verso i piani superiori.
-‎Come fai a saperlo?-obiettò però Lestrade, scettico.-Potrebbe aver imboccato qualunque di questi...
-‎Greg, fidati di me. Non chiedermi come, ma lo so-ripetè però lui, con un piglio talmente deciso che il generale non protestò oltre; Molly stessa sentiva che aveva ragione.
Salirono dunque la lunga scalinata, il pilota ribelle in testa.

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-N-no... non è vero... io non ho sorelle... STAI MENTENDO!!
L'ultimo fu un vero e proprio grido, mentre Sherlock cercava invano di restare lucido e di non farsi sopraffare dalla confusione e dallo sconcerto che gli ottenebrava la mente. Il Sith che aveva seminato terrore in tutta la galassia era dunque... una donna??
E... sua sorella??
No. Non era possibile. Non poteva crederci.
Non voleva crederci.
-‎Cerca dentro di te, Sherlock-lo invitò Darth Wind, alias Euros Holmes, con una sorta di inquietante dolcezza.-Tu sai, che è vero.

Il contrabbandiere rimase immobile, lo sguardo fisso su di lei, mentre i dubbi lo attanagliavano.
È davvero possibile che mi abbiano tutti mentito??
Mio fratello...
I miei genitori...
Il mio Maestro...
-Il mio Maestro...-bisbigliò alla fine, la voce ridotta a un roco sussurro.-Lui... sapeva?? Sapeva di... te? Per questo l'hai ucciso??
Darth Wind rimase in silenzio per un breve istante: poi, finalmente, rispose; e la sua risposta, detta in un tono di voce intriso di cattiveria e disprezzo,  frantumò il cuore del corvino in mille pezzi.
-Visto e considerato che sono stata la sua apprendista, direi proprio di sì.

Fu a quel punto che la spada laser scivolò via dalla mano di Sherlock, rotolando e cadendo oltre il ponte, mentre il contrabbandiere sentiva letteralmente il suo cuore rompersi in un milione di frammenti, e un dolore lancinante lo attanagliava.
Quelle parole erano arrivate dritte al suo cuore come una pugnalata.
Una parola in particolare esplose nella sua testa.
Tradimento.

Il suo Maestro, il suo migliore amico... l'unica persona che pensava che mai-mai-l'avrebbe tradito, non solo gli aveva tenuta nascosta quella profezia, ma anche che avesse una sorella.
E, cosa ancora peggiore, era stato lui stesso ad addestrarla.
Anche la sua famiglia non aveva fatto altro che mentirgli, per anni.
Come poteva, a quel punto, fidarsi di chiunque?
Le parole della sorella avevano altresì messo a nudo una delle sue paure più profonde: che ci fosse davvero della cattiveria, insita in lui. Che fosse destinato al Lato Oscuro della Forza.
Non poteva negare che, perfino durante quella visione, si fosse sentito inebriato, da quell'oscuro potere che l'aveva sfiorato per pochi brevi istanti.
Sherlock non poteva più fidarsi neppure di se stesso. Non aveva più certezze. Non aveva più nulla, non aveva più speranze, nulla in cui credere. Tanto, prima o poi, tutti avrebbero finito per tradirlo.
Persino quel bacio con Molly, sotto quella prospettiva, assumeva un diverso significato. Magari lei non lo amava neppure per davvero. Oppure, presto o tardi, si sarebbe resa conto di quanto lui stesso fosse detestabile, indegno del suo amore, e l'avrebbe allontanato.
E John? Anche lui lo avrebbe abbandonato, prima o poi, come tutti gli altri. Nessuno l'aveva mai sopportato tanto quanto lui.
Sarebbe stato meglio non aprire il proprio cuore a nessuno di loro: perché una volta aperto, non puoi più richiuderlo, lasciandolo preda di qualsiasi dolore e sofferenza.
Tutti quei pensieri e quelle improvvise consapevolezze rischiavano di farlo impazzire dalla rabbia e dal dolore, rifuggendo dalla luce e dalla speranza, ormai per lui solo illusoria.
Stava in bilico, proprio come in quell'esatto momento, le spalle ad una voragine senza fondo, davanti solo la promessa di una vita d'oscurità e malvagità.
-Vedo che cominci a comprendere. Non puoi opporti, fratellino.-Eurus calcò l'ultima parola con sarcasmo, puntandogli al collo la punta sfrigolante della spada cremisi. -Abbandona la via dei sentimenti: non sono altro che una distrazione... pure illusioni destinate a dissolversi come nebbia al sole. Vieni con me. Passa al Lato Oscuro. Diventa ciò che sei nato per essere. La profezia dice che tu prenderai il mio posto al fianco dell'Imperatore. Ma potremmo farlo insieme. Tu ed io. Potremmo persino togliere di mezzo lo stesso Imperatore! Lui l'ha previsto!
La sua voce si fece delirante, persino speranzosa, su quell'ultima parte del discorso. Poi, però, sembrò riacquistare una strana calma. Quando gli si rivolse di nuovo, infatti, era tornata dura come l'acciaio.
- Pensaci, Sherlock. È la tua unica possibilità. Altrimenti, morirai. E sta' pur certo che non esiterò un istante ad ucciderti, anche se sei sangue del mio sangue.
Il corvino alzò il volto bagnato di lacrime verso il viso coperto dalla maschera nera, poi gettò uno sguardo fugace dietro di sé.
-È il tuo destino-ribadì il Sith. All'improvviso Sherlock gettò un ennesimo sguardo ma alle spalle di quest'ultimo e, senza alcuna apparente ragione, sorrise.
Ma era un sorriso amaro.
-Il mio destino lo decido io-disse, semplicemente, senza emozione.
Poi chiuse gli occhi, e si lasciò cadere all'indietro, le braccia spalancate, precipitando nel baratro sottostante, e sparendo in mezzo alla coltre di nuvole, seguendo la medesima sorte della sua spada.

Ma Darth Wind non fu l'unico spettatore di quel gesto così folle e inaspettato: altre tre figure poco distanti, alle sue spalle, su una piattaforma, vi assistettero impotenti, erompendo all'unisono in un grido carico di dolore e disperazione che si disperse nel vento, ma che non avrebbe mai raggiunto il suo destinatario.

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