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La cosa più importante

Pianeta Naboo
Presente

John si scoprì con la gola secca, dopo tutto quel raccontare, e il cuore pieno della miriade di intense emozioni che quei ricordi avevano il potere di suscitare in lui, anche dopo più di dieci anni. Talvolta era quasi un dolore fisico anche solo tornare con la mente ad essi, figuriamoci raccontarli a voce.
Ma gli occhi pieni di gioia, stupore e meraviglia di Rosie e Victor che pendevano dalle sue labbra mentre parlava- e, da poco, anche quelli di sua moglie- lo ripagavano completamente.
-John... dovresti metterla per iscritto.- Mary, carezzando lievemente Rosie sul capo, sorrise.-Hai un vero talento, come narratore.
Lui le sorrise di rimando, complice: non era la prima volta che glielo diceva. Forse, un giorno, avrebbe seguito il suo consiglio.
-Sono d'accordo. Però tende a infarcire un po' gli eventi...

Il biondo girò di scatto la testa: Sherlock Holmes stava poco dietro alle sue spalle, le braccia incrociate sul petto, sulle labbra un mezzo sorriso.
-... Da quanto tempo sei lì? - gli domandò, sospettoso e in parte imbarazzato: che avesse assistito anche al momento in cui la tristezza e il dolore avevano preso il sopravvento su di lui?
-Abbastanza, John. Abbastanza...-rispose il corvino, senza sbilanciarsi, ma con un calore autentico nei suoi occhi di ghiaccio, mentre Victor si alzava, cingendogli la vita.-Dovevo vedere dove fosse finito mio figlio. Anche se avrei dovuto dedurlo molto prima...
-‎Ci stavamo annoiando, papà!-si giustificò il piccolo, lamentoso; Rosie si affrettò a concordare, mentre insieme a lui abbracciava quello che era per lei, a tutti gli effetti, lo zio Sherlock, oltre che il suo padrino.
-Non posso darvi torto.-Il contrabbandiere fece una smorfia divertita, passando la mano in quei riccioli neri così simili ai suoi, e facendo il solletico sotto il collo di Rosie, che rise deliziata.-Ancora non mi spiego perché è stato organizzato tutto questo.
-‎Perchè è il tuo compleanno, Sherlock.

Molly Hooper, vestita con un abito di raso bianco, i capelli castani acconciati in un morbido nodo sulla nuca, sbucò vicino a lui, la voce velata di affettuoso rimprovero, posandogli la mano sulla spalla.
Il riccio alzò gli occhi al cielo, trattenendo a stento uno sbuffo.
-Non ho mai sentito la necessità di festeggiarlo. Perché dovrei festeggiare l'invecchiamento?? Non ne vedo l'utilità! Non avreste nemmeno dovuto conoscere, questa data!- Il suo sguardo si fece minaccioso.- E l'informatore la pagherà cara. Potrei sempre avvelenare la sua fetta di torta...
-Allora assicurati che "l'informatore" non sia nelle vicinanze, la prossima volta che trami qualcosa ai suoi danni.
Mycroft Holmes uscì sulla piccola terrazza, scoccando un sorriso sardonico al minore.
-O forse l'ho fatto solo per depistarti...-le labbra di Sherlock si incresparono in un sorrisetto.
-‎... C'è una riunione segreta e non sono stato invitato?
Il generale Lestrade sbucò oltre il tendaggio, un calice tra le mani, e John strinse le labbra per non ridere: sembrava davvero, una riunione.

-‎Capisco Sherlock, ma... come mai anche voi siete tutti qui?- domandò infatti, divertito.- Vi stavate annoiando?
-Certo che no!-rispose Lestrade, sorseggiando dal suo calice.
-‎Ma dato che a metà festa il festeggiato ha pensato bene di sparire... siamo venuti a cercarlo.-Mycroft inarcò un sopracciglio in direzione di quest'ultimo.
-‎Ho già resistito per metà-ribattè Sherlock, con una smorfia sul volto, stavolta schifata.-Ma quando Anderson ha cominciato a raccontare la barzelletta del Wookie, del Porg e del Gungan che vanno insieme alla taverna, ho dovuto necessariamente andarmene, o rischiavo un tracollo del mio quoziente intellettivo.
Lestrade esplose in una risata.
-Ma dài, non è così male! A me fa ridere!
Il corvino scoccò al generale un'occhiata eloquente.
-Questo la dice lunga... Deve essere bello avere dei cervelli così tranquilli... quasi inutilizzati...
Lui, per tutta risposta, lo guardò in cagnesco.
-Ok, ok, ragazze, calmatevi!-scherzò John, mettendosi in mezzo tra i due, e indicando poi qualcosa che spiccava sulla semplice ma elegante veste scura indossata da Sherlock.- Vedo però che hai apprezzato il suo regalo... anche se ancora non lo capisco...

Quest'ultimo, un po' imbarazzato, sfiorò con le dita la strana spilla che Anderson gli aveva regalato: era rotonda, e rappresentava un semplice smile giallo su sfondo nero- e già questo la rendeva incredibilmente kitsch, ben lontana dai gusti del contrabbandiere- ma la cosa più strana era un'altra: premendo un pulsante nascosto dietro ad essa, l'immagine cambiava, e compariva la frase "Ti ho giudicato male" in corelliano.
Questo, più il commento con cui Anderson aveva accompagnato il regalo: "Ho pensato che per il club le spille fossero meglio delle tessere", con un sorrisetto sulle labbra, avevano aumentato lo sconcerto di John e di tutti i presenti.
Ma l'apice era stato toccato quando Sherlock aveva guardato la spilla a lungo, con gli occhi cristallini stranamente lucidi, e poi aveva... riso.
Una risata vera, di vero divertimento, da avere le lacrime agli occhi, e talmente contagiosa che, senza neppure sapere il perché, anche John-insieme a tutti gli altri- erano scoppiati a ridere con lui, a lungo, condividendo, e non per la prima volta, la gioia di ridere senza esserci per forza una ragione, ma per il solo fatto di essere felici. Di essere semplicemente insieme.
Ed era più che grato, per questo.

In quella, al piccolo gruppo riunito sulla terrazza si unì un'anziana donna vestita con un abito lilla, scuotendo il pilota dai suoi pensieri.
-Cucù! Sherlock, caro, ecco dov'era finito!-esclamò Martha Hudson, in tono di finto rimprovero. Dietro di lei, sbucò anche BS-221, a cui sia Rosie che Victor si affrettarono ad andare incontro.- La stanno aspettando tutti. È arrivato il momento della torta!
Sherlock le sorrise, e annuì.
-Allora dobbiamo andare. Non vorrei che Mycroft se la mangiasse prima di noi.
Quest'ultimo lo fulminò con lo sguardo, ma con un strano ghigno sulle labbra.
-Non lo farei mai. Non prima di averti cantato "Tanti auguri a te".
-‎Tu provaci, e io racconterò tutto quello che ho scoperto su te e la Smallwood sulla Diogenes, giusto ieri...-ribattè l'altro, col medesimo ghigno: per un rapido istante, Mycroft impallidì visibilmente.
-‎E invece te la canteremo!-si intromise John, risoluto.- E poi, quello a cui ti riferisci non è un segreto per nessuno... non più, comunque.
Mycroft, a bocca spalancata, si voltò verso di lui.
-... Cosa???
Il biondo scosse la testa, sardonico e insieme imbarazzato.
-Il comlink non era spento...quando...-gli borbottò a mezza bocca, senza finire la frase, ma facendo impallidire l'altro ancor di più, mentre Sherlock nascondeva un sogghigno e BS emetteva un suono che somigliava tanto ad un "Oh oh..."
-‎, direi che è ora di tornare alla festa!-fece poi John a voce volutamente più alta, distraendo tutto il gruppo da quella situazione imbarazzante e guidandoli verso il salone.
Anche Victor e Rosie seguirono gli adulti a ruota, agrappandosi proprio a Mycroft.
-Sì, zio Myc, andiamo!-dissero in coro.
Quest'ultimo alzò gli occhi al cielo, mentre gli altri si sforzavano di non ridere.
-Che cosa ho mai fatto di male...-borbottò: ma le sue parole vennero smentite da un piccolo sorriso appena accennato, mentre si recavano tutti di nuovo nel salone, droide incluso.

Tutti tranne il festeggiato.
Sherlock, infatti, rimase volutamente indietro, appoggiandosi alla balaustra: proprio come John prima di lui, inspirò a pieni polmoni l'aria, godendo di quel panorama lacustre e di quel cielo trapunto di stelle.
Sia lui che John, di comune accordo, si erano trasferiti entrambi su Naboo, dopo la caduta dell'Impero: lui aveva una piccola villa con Mary e sua figlia, e Sherlock una con Molly e Victor, praticamente di fronte alla sua.
Ricordava bene quanto gli fosse piaciuta la regione dei laghi, fin dalla prima volta in cui c'era stato.
Inoltre, vivere quasi dirimpetto al suo migliore amico offriva il vantaggio di essere sempre pronti a partire in qualsiasi momento, quando la situazione lo richiedeva.
Sholto ci aveva giusto: la pace non era stata immediata, dopo la sconfitta di Moriarty; la criminalità, sotto il suo dominio, aveva trovato terreno fertile, e non tutti erano ovviamente soddisfatti della ritrovata pace e dell'ordine ristabilito.
Perciò il Maggiore, ben conoscendo l'abilità di Sherlock e di John, li ingaggiava spesso e volentieri per sedare conflitti, o annientare gruppi criminali in giro per la galassia. O ancora, per investigare su morti inspiegabili di membri di spicco della società intergalattica. Sherlock, infatti, già dal primo incontro con John aveva mostrato di possedere grandi capacità investigative e deduttive. E se in passato ne aveva fatto un "modesto" uso, ora poteva utilizzare quell'abilità appieno.
Ma, anche senza che lui lo chiedesse, il lavoro di quel tipo non mancava: John e il contrabbandiere, infatti, esortavano gli abitanti di qualunque pianeta a contattarli per un qualsiasi problema da risolvere, che fosse un problema di confini, una cellula criminale ancora attiva, o serial killer alieni. Era un sorta di lavoro, eppure non lo era. Ormai, era la loro vita.
E Sherlock-lui stesso lo ammetteva-non avrebbe potuto desiderarne una migliore. Aveva persino cominciato ad istruire sia Rosie che Victor ai rudimenti dei Jedi. Entrambi parevano possedere le doti necessarie.

Per qualche istante il suo sguardo vagò sulla superficie del lago, spingendosi poi oltre, verso le montagne.
Improvvisamente, davanti a lui, gli parve che si fossero palesate due figure evanescenti: una indossava una veste marrone, il cappuccio abbassato sulle spalle, gli occhi verdi, i capelli rossi striati di bianco, una mano sul cuore. Al suo fianco, una donna dai capelli lunghi neri, una veste candida, gli occhi cerulei, simili ai suoi.
Entrambi avevano dei meravigliosi sorrisi sulle labbra, e i loro sguardi erano pieni di orgoglio e di amore... per lui.
D'istinto, il contrabbandiere tese lentamente una mano verso di esse, trattenendo il respiro.
-Hey... tutto bene?
Un tocco delicato sul suo braccio e una dolce voce lo riportò alla realtà: Sherlock sbatté gli occhi, e quelle figure, pian piano, svanirono, tornando a far parte della Forza.
Abbassò la mano e tossicchiò, voltandosi poi verso la ragazza.
-Sì... tutto bene.
Un sospiro sfuggì, però, dalle sue labbra, e i suoi occhi cristallini erano ancora lucidi.
Molly, senza che ci fosse bisogno di chiedergli il motivo esatto della sua palese tristezza, si strinse a lui.
Non aveva bisogno di parole, per capirlo. Ma poteva confortarlo con la sua presenza e il suo amore.
Lui le posò un delicato bacio sulla tempia, senza però riuscire ancora distogliere lo sguardo dal punto in cui Eurus e Victor erano appena svaniti.

-‎Dái, Sherlock, la festa è quasi finita. Resisti!
La voce divertita di John si levò improvvisamente alla sua destra, riscuotendolo ancora una volta.
-Pensa che domani saremo su Ansion a risolvere quel problema di confini.
Il contrabbandiere roteò gli occhi.
-Capirai. Quello è tutt'al più un quattro. Sarà una passeggiata. Noioso. Tutta diplomazia... Bla bla bla...
-‎Non è detto. Quando mai a noi le cose vanno lisce?
-Ci sarò anch'io domani-si intromise Molly, con un sorrisino.- E, nel caso, apriremo un combattivo negoziato.
-‎... Sarebbe?-John si sporse a guardarla, confuso: ma Sherlock la anticipò, sbuffando.
-‎Un negoziato con la spada laser, mi sembra ovvio! O con la pistola... o qualsiasi altra arma, non fa differenza...
John scosse la testa, ridendo, e così anche Molly. Persino Sherlock rise, incapace di trattenersi.
I due poi lo presero a braccettoconducendolo insieme verso la festa: ma anche verso il calore, la famiglia, l'amore.
E Sherlock, stavolta, non fece alcuna resistenza: anzi, mentre si trovava stretto in mezzo a loro (come già era successo tanto tempo fa) un ennesimo sorriso affiorò sulle sue labbra, spazzando via la tristezza che, per un momento, l'aveva colto.

Una volta aveva detto a John che erano loro due contro tutto il resto del mondo: ma, in realtà, ciò che si era ritrovato ad avere era ancora meglio.
Un moglie, un figlio che amava come mai avrebbe creduto possibile... ma anche suo fratello, Rosie, la signora Hudson, Lestrade... Persino Anderson!
Erano diventati tutti parte, in un modo o nell'altro, di una strana e sgangherata famiglia.
Mentre camminava sottobraccio a sua moglie e il suo migliore amico, pronto ad unirsi ad essa, avvertì ancora una volta quel calore riempirgli il cuore, e le ultime parole comunicatogli mentalmente da Victor Trevor, il suo Maestro, risuonarono nella sua mente.
La sua ultima lezione come Jedi.
Forse la più importante.

«La cosa più grande che tu possa imparare, è amare, e lasciarti amare.»

                     ~The End~

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