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Everybody dies

-Perchè non sono stata informata di questo "piano B"??
Molly si girò rapidamente, fulminando un imperiale.
-Sherlock me l'ha imposto!-le gridò Lestrade in risposta, fulminandone un altro, mentre si appiattivano tra la parete del bunker e la porta elettronica.-Le nostre menti erano spiate. Meno persone sapevano, meglio era.
-‎... E ha scelto Anderson?? Proprio lui?? -La donna proruppe quasi in una risata isterica, mentre intorno a loro risuonavano urla di battaglia e spari senza tregua.
Il generale abbozzò un sorriso.
-Se non sbaglio, ha detto che sarebbe stato proprio quello, il nostro asso nella manica. Il vero perno di tutto il piano doveva essere qualcuno di assolutamente insospettabile.-Si sporse, la pistola blaster puntata: un successivo urlo gli confermò che aveva centrato il bersaglio.-Sherlock dubitava persino che qualcuno anche solo sbirciasse nella mente di Anderson...

Molly scoppiò in una risata, incapace di trattenersi: ma poi si irrigidì, rimanendo nascosta contro il muro, ma guardando con la coda dell'occhio ciò che stava accadendo intorno a loro.
La battaglia intorno a loro era sempre più aspra: gli Ewok combattevano con ferocia, ma erano comunque una popolazione pacifica, e in possesso di armi primitive; era vitale fare nuovamente irruzione nel bunker e farlo saltare il più presto possibile.
Mentre Lestrade la copriva, si collegò di nuovo alla porta elettronica: ma scoprì che erano state inserite nuove barriere, decisamente più forti di prima: la prima volta avevano voluto farli entrare.
Le sfuggì un ringhio.
-Accidenti.
Le sue dita però volarono ancora una volta sulla tastiera, imperterrite e frenetiche.

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Gli Ewok, insieme ai ribelli, combattevano con estrema determinazione e ferocia, avvalendosi anche della foresta, inconsapevolmente divenuta loro alleata: le piccole creature si nascondevano tra le fronde, bersagliando poi con sassi e pietre tutti gli imperiali; saltavano di liana in liana, balzandogli sulle spalle e tramortendoli con le loro clave.
Anche Wicket, su uno dei rami, insieme a un ribelle, vide arrivare verso di loro un Camminatore, che sparava colpi a raffica. La loro posizione sopraelevata, però, gli permise di vedere anche la botola superiore. Non era un automa: all'interno, infatti, il pilota che lo guidava era umano.
Scambiò uno sguardo col ribelle, insieme a qualche verso, e questi sollevò le labbra in un ghigno. A quanto pare, avevano avuto la stessa idea...

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-Maledizione!
Molly imprecò, mentre una nuova porta d'acciaio si aggiungeva a quella già presente: per quanto provasse e riprovasse, non riusciva ad aggirare le nuove barriere.
All'improvviso, un raggio laser le colpì il fianco scoperto, e il suo laptop cadde a terra, in pezzi, mentre lei urlava per il dolore.
-Molly!!!
Il generale sparò verso destra, verso l'autore del colpo, mentre Mary e un altro ribelle li raggiungevano.
-Portala via di qui!!-Le ordinò il generale, facendo nuovamente fuoco verso i piccolo gruppo di imperiali, coadiuvato dal ribelle.
Mary si affrettò a passare un braccio intorno alla vita dell'ex senatrice, pallida in volto, una larga macchia di sangue su un fianco.
-Credo sia superficiale, non ti preoccupare-tentò di rassicurarla Mary, mentre la conduceva lontana dallo scontro a fuoco, dietro un albero, prendendo poi un kit medico dal marsupio.-Ora ti...
-‎Non è per me che sono preoccupata.
La voce di Molly tremava, mentre fissava la sua mano sporca di sangue, e alcune lacrime scendevano sul suo viso.
Mary la guardò negli occhi, dapprima confusa, poi incredula, portandosi una mano sulla bocca, avendo infine compreso.

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La London si lanciò in un avvitamento carpiato contro una delle torrette, e la bersagliò di colpi: mentre essa esplodeva, Mycroft Holmes si scoprì a sollevare le labbra in un ghigno feroce.
Aprì il canale di comunicazione.
-Aumentate la potenza degli scudi deflettori!-ordinò alla flotta.-E concentrate tutto il fuoco sul lato sinistro. È la torre di alimentazione principale.
Una serie di "Ricevuto"seguì al suo ordine, mentre i caccia e gli incrociatori si lanciavano in picchiata verso una delle navi imperiali.
Il capo ribelle lanciò un'occhiata eloquente verso Anthea.
-Non ci sono più interferenze. Ma lo scudo è ancora attivo-disse lei, rispondendo alla sua muta domanda, e cercando di non far trapelare la sua disperazione crescente.
Mycroft sospirò appena, poi puntò lo sguardo verso un incrociatore imperiale diretto proprio verso di loro: i suoi occhi lampeggiarono di rabbia.
-Bè... Se proprio dobbiamo morire, vediamo almeno di farli saltare in aria con noi!-sibilò tra i denti, le mani strette intorno alla cloche al punto da avere le nocche sbiancate.
E, senza aspettare la risposta di Anthea, diresse la London verso il suo nuovo avversario.

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Qualche anno prima

-... John "H" Watson?
-Cosa??
John si sporse dalla parete e sparò una serie di colpi: si appoggiò poi con le spalle al muro, ansimando.
-‎C'è scritto su quella medaglietta che porti sempre. John "H" Watson-ripetè Sherlock, sporgendosi dall'altro lato della parete e fulminando un Imperiale, senza però sembrare neppure sfiancato da quegli attacchi continui, a differenza del biondo.
-‎E allora??? È il secondo nome dell'amico del maggiore Sholto. Porto il suo nome, lo sai!
Una gragnola di colpi si abbattè nuovamente su di loro, portando entrambi ad appoggiarsi ancor di più contro il muro per evitarli.
-... Sì, va bene, ma la "Acca" per che nome sta, di preciso?? Non me lo hai mai voluto dire.
-Dannazione, Sherlock!! Ti pare questo il momento?? -sbraitò John, senza guardarlo, riprendendo a sparare a ripetizione contro gli imperiali, che sembravano aumentati di numero in pochi secondi. Soffocò un ringhio.
E meno male che Sherlock gli aveva assicurato che quella missione sarebbe stata facile come bere un bicchier d'acqua.
Infiltrarsi in quella base su Geonosis.
Sabotare i loro sistemi informatici con un virus. Scappare.
Un quattro, se non un tre, secondo la personale scala di valori di Sherlock, con cui catalogava le missioni secondo il livello di pericolosità.
Non avevano informato Mycroft Holmes, nè richiesto una squadra di supporto, e nessuno di loro aveva con il comlink. Perché l'operazione era poco meno che una passeggiata, secondo il corvino.
Peccato che la Base si fosse rivelata molto ma molto più sorvegliata di quello che pensavano...
Almeno avevano recuperato degli interessanti dati sui loro trasporti d'armi e su obiettivi militari. Certo, se fossero morti, averli recuperati non sarebbe servito a nulla...

Un raggio di un fulminatore laser gli passò vicino all'orecchio, bucando il loro già precario riparo e facendogli sfuggire un'imprecazione.
Le armi di entrambi erano quasi scariche.
Non andava bene. Non andava bene per niente!
Gli restava solo una cosa da fare.
Prese dalla cinta una bomba fumogena e la lanciò verso i soldati che, accecati dalla improvvisa coltre grigia, smisero per qualche momento di sparargli contro.
-Di qua!!-John strinse l'amico per il polso e lo trascinò via, approfittando della momentanea confusione degli imperiali, correndo alla cieca nel corridoio della Base fino a trovare una porta elettronica: una volta dentro, sparò contro il quadro comandi, forzandone così la chiusura.
-‎John, perchè siamo venuti qui?? Questo deposito non ha uscite secondarie - osservò Sherlock, dubbioso.
-‎Me lo stavo domandando anch'io!-ribattè il biondo, con sarcasmo, facendo vagare lo sguardo nella stanza piena di casse metalliche, mentre i colpi di fulminatore risuonavano oltre la porta chiusa. I soldati a quanto pareva avevano superato in fretta la confusione e non ci avevano messo molto a raggiungerli.-Perchè siamo venuti qui, senza informare tuo fratello e senza neppure una squadra di supporto, rischiando così la vita stupidamente?? E sai qual è la risposta?? Perché tu sei Sherlock Holmes e lavori sempre da solo, perchè nessun altro ha la tua suprema intelligenza! Mentre io, John Watson, sono lo stupido idiota che ha deciso di venirti dietro per evitare che ti facessi ammazzare! E adesso moriremo entrambi!! CHE IRONIA, EH!!? E sì, caro il mio cervellone, lo so che questo deposito è senza via d'uscita, ma era l'unico modo per sopravvivere almeno altri forse cinque miseri minuti prima che quelli là fuori facciano saltare la porta e ci uccidano. Almeno avremo ancora cinque STRAMALEDETTI minuti prima di crepare!!
Dopo essersi sgolato a quel modo, John gemette e si appoggiò con la schiena contro una delle casse, lasciandosi scivolare a terra, le mani nei capelli, con un mugolio affranto.
Sherlock, rimasto impassibile sotto il suo sfogo, lo osservò per qualche secondo, poi si sedette vicino a lui.
Scese il silenzio, rotto solo dai colpi di blaster fuori dalla stanza che era il loro nascondiglio, ma che presto sarebbe diventata la loro tomba.
-... Ma quindi la "Acca" per cosa sta?
Il pilota si voltò di scatto verso il corvino, quasi digrignando i denti: solo il suo autocontrollo gli impedì di mettere le mani al collo di quell'imbecille del suo, purtroppo per lui, migliore amico.
Quello, e la consapevolezza che stavano per morire. A che pro ucciderlo prima lui? Tanto, tra poco, gli Imperiali li avrebbero fatti secchi entrambi.
Tuttavia, la rabbia eruttò di nuovo, come la lava di un vulcano. Perché John Watson era così: un vulcano dormiente, ma pronto ad eruttare a seguito di imprevisti movimenti tellurici.
E Sherlock Holmes, in quel momento, era per lui peggio di un sisma di grado nove.
-Ma si può sapere perché DIAVOLO ti interessa tanto?!??!-esplose, la sua voce pari ad un ruggito, mentre numerosi passi fuori dalla porta lo informarono che gli assaltatori, probabilmente, stavano per posizionare qualche ordigno per farla saltare.- E non vedo neppure perché dovrei dirtelo! Non mi sembra che tu sia mai stato incline alle confidenze!! A questo punto me lo porterò nella tomba! Non dovrò aspettare molto, comunque...-La voce del pilota ribelle si abbassò, mentre la rabbia scemava, lasciando spazio alla tristezza e alla rassegnazione, più che alla paura.

Scese di nuovo il silenzio, mentre i colpi all'esterno si facevano sempre più violenti, e il pilota si portava le mani sul volto.
- William Sherlock Scott Holmes.
John alzò la testa di scatto.
-... Che??
Il contrabbandiere roteò gli occhi.
-William Sherlock Scott Holmes-ripetè, quasi sillabandolo.-È il mio nome completo. Come vedi, non sono poi così refrattario alle confidenze. Semplicemente, non amo rivelare troppo di me stesso: vuol dire affidarsi ad un'altra persona. Legarsi. E io preferisco non farlo, se posso evitarlo. Non ho più voglia di soffrire inutilmente.
Il biondo sentì una vera amarezza, nelle sue parole, e provò un moto di vergogna per averlo aggredito a quel modo. La morte del suo Maestro l'aveva colpito nel profondo, lo sapeva: ma solo dopo quelle parole capì davvero fino a che punto.
-Solo due persone, a parte i miei genitori, conoscono il mio nome completo. Mio fratello. E ora tu-proseguì Sherlock, a voce bassa, senza guardarlo.
Scese il silenzio e John sentì la rabbia sfumare completamente: nonostante il suo scatto d'ira fosse stato più che giustificato, vedere la tristezza negli occhi dell'amico lo fece comunque sentire in colpa.
Con un sospiro, gli strinse la spalla.
-Mi dispiace per lo sfogo-borbottò.
Le labbra di Sherlock si sollevarono in un microscopico sorriso.
- E a me dispiace di averti spinto a venire qui.
Il pilota emise uno sbuffo, anche lui con un leggero mesto sorriso.
-Be', allora... dispiace a tutti e due.

Sorridevano entrambi mentre, a giudicare dai colpi, gli assaltatori avevano infine deciso di buttar giù la porta a colpi di blaster: forse non era sigillata magneticamente come John aveva inizialmente pensato.
-... Hamish.
Il corvino si voltò di scatto, gli occhi sgranati.
-Come??
-Hamish-ripetè il pilota ribelle, sbuffando, stringendo la placca d'argento tra le dita e mostrandogliela.-L'acca sta per "Hamish". Non mi è mai piaciuto, come nome. Ma non ho mai avuto il coraggio di dirlo al maggiore Sholto. Ci teneva così tanto, che usassi il  nome dell'amico che aveva perso. Così ho solo inciso l'iniziale sulla medaglietta. Ma non l'ho mai detto a nessuno. E non lo uso mai.
Seguì di nuovo un profondo silenzio.
Che venne improvvisamente rotto da una prima sommessa, poi fragorosa risata. Sherlock rideva così tanto da avere le lacrime agli occhi.
-Hamish... non ci posso credere...! HAMISH!!-ripetè, a fatica, incapace di smettere.
John arrossì.
-Non osare ridere di me! Smettila subito!-ringhiò, furibondo: ma poi, pur contro la sua volontà, anche lui iniziò a ridere, dimenticando per un momento che stavano entrambi per morire, preda com'erano di quelle risate che sembravano non finire mai.
Fu l'esplosione della porta, a riportare John alla realtà: la sua espressione si indurì, mentre imbracciava la pistola, pronto a vendere cara la pelle.
Ma, nonostante la paura e la certezza della morte, da qualche parte, dentro di lui, si scoprì comunque felice di aver condiviso quell'ultima risata con quel pazzo del suo migliore amico.

-... John!! Sherlock?? Ragazzi!?! State bene??
Il pilota trasalì, credendo di avere le allucinazioni: dal fumo generato dall'esplosione non erano emersi gli Imperiali, bensì il generale Lestrade, a capo di una squadra di ribelli armati.
Si voltò attonito verso Sherlock, che aveva un ghigno stampato sulle labbra.
-Tu... tu... razza di...! Hai sempre saputo che stavano arrivando... L'hai SEMPRE SAPUTO!!! FIN DALL'INIZIO!
-‎Assolutamente no-rispose l'amico, tirandosi tranquillamente in piedi.- Ho avvisato Lestrade solo quando ho capito che non saremmo mai riusciti  a fuggire da soli, un po' prima che gli Imperiali arrivassero in forze.
-‎ COME???
Il corvino picchiettò un dito su un bottone della giacca.
-Trasmettitore di posizione per casi di emergenza-rispose, lasciando il ribelle sempre più incredulo.-Sia Mycroft che Lestrade sanno che lo uso solo in caso di estrema necessità, quindi accorrono subito non appena lo attivo.
-‎ Allora perché non me l'hai detto subito??? Perché mi hai fatto credere che stavamo per morire????-sibilò il pilota, furibondo.
Il ghigno sulla faccia del contrabbandiere si allargò.
- Era l'unico modo per scoprire per cosa stesse quell'acca. È da mesi che mi scervello. Anche se avevo ipotizzato nomi come Harry, Humphrey... o Higgins...
Il biondo spalancò la bocca: ma prima che potesse emettere un fiato, Lestrade li raggiunse, con un sorriso chiaramente sollevato.
-Grazie a Dio state bene! -Sospirò, passandosi le mani nei capelli, mentre la sua squadra si sparpagliava.- Siete feriti?
-No, Greg. Ma è possibile che un certo Sherlock Holmes si ritrovi a breve con un occhio nero, o con il naso rotto- ringhiò John, mentre il generale lo guardava confuso.
-‎ Ignoralo, è solo un po' nervoso-si intromise Sherlock, nascondendo un sorriso.
John sbuffò come un toro.
-Ehm... ok. La nave è qui fuori. Direi di andarcene alla svelta, sempre che non abbiate altro da fare qui- li spronò il generale, incerto, facendo strada.-L'Impero potrebbe aver notato il nostro arrivo e mandare altre truppe.
-Abbiamo comunque ottenuto qualcosa, anche se non è andata esattamente come progettavo-replicò il corvino, con un sorrisetto, giocherellando con una chiavetta USB presa dalla tasca. - Penso che questa roba interesserà molto a mio fratello.
Lestrade sgranò gli occhi, battendogli poi una mano sulla spalla, entusiasta.
-Sherlock... Non ti smentisci proprio mai!
Il pilota ascoltò a malapena lo scambio di battute tra l'amico e il generale, preda com'era di un sollievo immenso ma anche di una rabbia furibonda, le mani che prudevano dal desiderio di attuare su Sherlock la minaccia espressa poco prima.
Ma quell'impulso venne spento proprio da quest'ultimo, e in pochi istanti.
-Non ti ho mentito poco fa.-Le  labbra del contrabbandiere si sollevarono in un sorriso stavolta affettuoso e sincero.- Solo mio fratello, e naturalmente i miei genitori, conoscono il mio nome completo. Neppure il mio Maestro lo conosceva. Ma tu, ora, sì.
John rimase stupefatto per qualche istante: poi si scoprì, nonostante tutto, a sorridere.
-Tu mi farai uccidere, uno di questi giorni- bofonchiò, esasperato, scuotendo la testa.
-‎Che melodrammatico...-sbuffò Sherlock, dandogli una leggera spintarella scherzosa.-Credevo ti piacesse l'adrenalina, essere in bilico tra la vita e la morte, il brivido della caccia, noi due da soli contro tutto il resto del mondo...
-‎... Sherlock... giuro che se non taci all'istante ti uccido io!-sibilò John, cercando di sembrare minaccioso.
Ma stavano entrambi ridendo ancora una volta, mentre seguivano Lestrade verso la nave, fianco a fianco.

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"Tu mi farai uccidere, uno di questi giorni".

Il ricordo di quel momento sfumò a poco a poco, lasciando solo quella frase a rimbombare nella mente di Sherlock, lo sguardo ancora fisso sulla medaglietta incrostata di sangue.
-Tutte le persone muoiono, mio caro.-L'odiosa voce di James Moriarty giunse come da molto lontano, ma allo stesso tempo gli attraversò la mente come una lama affilata.-Considerala la tua prima lezione come mio nuovo apprendista.
E fu a quel punto, dopo quelle parole, che nel cuore e nella mente di Sherlock si insinuò qualcosa di oscuro e primordiale.
Una nebbia rossa come il sangue gli offuscò la vista, mentre il suo cuore veniva avviluppato da tentacoli neri come la pece.
Ma non era il potere oscuro con cui Moriarty aveva cercato di irretirlo poco prima. Quelle erano spire fatte di odio puro, quale Sherlock non aveva mai provato: neppure dopo l'uccisione del suo Maestro.
Quella rabbia e quell'odio primordiali invasero ogni particella del suo essere, spazzando via financo la sua razionalità, e inondandolo di un oscuro potere.
Fu tramite esso che chiamò a sè la sua spada laser, che volò dritta nella sua mano.
L'attivò all'istante e, con un ruggito, il volto deformato dalla rabbia e dall'odio, si lanciò contro l'imperatore.
Ma Darth Wind, rimasto in silenzio e impassibile sino ad allora, si parò subito in difesa del suo signore, estraendo la sua spada laser e attivandola in una frazione di secondo: il raggio laser cremisi e quello blu si incrociarono, emettendo un suono vibrante.
James Moriarty sospirò compiaciuto, accomodandosi meglio sul suo trono, unico spettatore di quel feroce scontro.
Due entrano nell'arena.
Solo uno ne uscirà.
Le labbra del monarca galattico si tesero di nuovo in un sogghigno carico di perfidia.

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