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Cuore di ghiaccio

-... Stai scherzando. Non l'hai fatto davvero.
-E invece sì!-John rise, appoggiando più comodamente la schiena sul cuscino, mentre il droide medico lo visitava, passandogli dei sensori sul petto.-Mi è bastato dirmi: "Pensa come Sherlock. Che farebbe lui?".
Il contrabbandiere sollevò ironico e ancora incredulo il sopracciglio.
-E quello è stato il bel risultato?? Tirare una palla di neve contro un Wampa?? Certo che mi conosci male!
Il biondo rise di nuovo e si rimise a posto la maglia.
-Tecnicamente, non l'ho tirata addosso a lui, ma a un ramo sopra di lui- puntualizzò.-E poi, ha funzionato. Tra l'altro, tu hai fatto cose anche più folli!
-Dimmene una!-lo sfidò Sherlock, scoccandogli un'occhiata offesa, le braccia incrociate sul petto.
L'amico, subito, enumerò sulle dita.
-Siamo balzati direttamente di fronte ad uno spider rischiando di farci investire, e facendo cappottare quel soldato dell'Impero. Esplorato una caverna, che poi si è rivelata essere una tana di Gamdalx. Ci siamo nascosti sotto il pavimento della tua nave. Travestiti da Assaltatori. E poi quella volta su Geonosis abbiamo...
-Avevo detto una!-sbottò il contrabbandiere, interrompendolo,
anche se aveva un sorriso inequivocabilmente divertito sulle labbra.-E poi, se non sbaglio, tu eri con me in ogni situazione che hai citato.
-Sì, è vero-concesse il pilota, con un cenno del capo, e facendo anche lui un sorrisetto.-Ma, tra noi due, quello pazzo sei tu.
-Chi è più pazzo?-ribattè Sherlock all'istante, con un'occhiata sardonica.-Il pazzo, o il pazzo che lo segue?

Dopo un brevissimo silenzio, quella sorta di bizzarra diatriba si concluse con una sonora risata da parte di entrambi, mentre il droide ultimava la visita.
-Buone notizie, signore-gli comunicò alla fine.-I suoi valori sono nella norma. Può essere già dimesso oggi stesso.
-La ringrazio-replicò il biondo e, mentre il droide usciva e si riabbottonava la leggera maglia, sospirò di sollievo. Con la coda dell'occhio notò che anche Sherlock era palesemente sollevato dalla notizia. Era passato un giorno circa, da quando l'aveva tratto in salvo prima che morisse per ipotermia.
Ricordava però poco, del momento preciso in cui era stato tratto in salvo. Solo di esser stato in preda al delirio- tanto da aver creduto di parlare, chissà perché, con una strana figura incappucciata- poi di aver perso i sensi, finché aveva sentito una voce chiamarlo, ma come in lontananza. Non aveva realizzato che quella voce appartenesse proprio a Sherlock.
Al suo risveglio, si era ritrovato chiuso in una capsula di vetro, completamente immerso in un liquido caldo, simile all'acqua, ma più denso. Aveva dei piccoli tubicini nel naso e un apparecchio sulla bocca, per respirare.
All'inizio, era stato scosso da un istintivo sussulto, anche abbastanza violento. Ma si era tranquillizzato non appena aveva scorto Sherlock proprio al di là del vetro, e che gli sorrideva, palesemente sollevato.
Aveva poi perso di nuovo i sensi, dunque non ricordava più nulla. Come gli era stato poi detto, era rimasto nella vasca di bacta per un intero giorno, prima d'essere dichiarato del tutto fuori pericolo. E sì che avrebbe dovuto riconoscerla, avendo lavorato come medico. A sua discolpa, in quel momento non era del tutto lucido, molto confuso e provato dalla sua disavventura tra i ghiacci. E non solo lui: Sherlock non si era allontanato mai, neanche per un istante, dalla sua stanza, neppure dopo che aveva ripreso i sensi. Lo aveva infatti vegliato per le successive cinque ore in cui il biondo aveva dormito, seppur fosse monitorato giá dai droidi. Un'ulteriore riprova che il contrabbandiere aveva un grande cuore, a parte quel suo geniale cervello.
Ma ad essere onesti, non era stato l'unico a preoccuparsi per lui: Molly, infatti, era stata una delle prime a venirlo a trovare-mostrandosi chiaramente felice della sua ripresa-seguita poi da Lestrade, da Mike e addirittura dal capo ribelle che, col suo solito fare austero, gli aveva augurato una rapida guarigione, perché "La Ribellione non può permettersi di fare a meno per troppo tempo di un elemento capace come lei". Quelle parole le aveva impresse nella sua memoria, perché forse era il secondo complimento esplicito che Mycroft Holmes gli faceva in anni.
Anche Mrs Hudson era venuta a fargli visita, portandogli altresì in dono una scatola colma di biscotti allo zenzero.
Il pilota si sfiorò distrattamente la tempia con la dita, e rimase piacevolmente sorpreso: il balsamo di bacta, sostanza con cui avevano trattato anche le ferite che gli erano state inferte, era stato davvero efficace, rimarginandole quasi del tutto; a breve non avrebbe avuto più nemmeno le cicatrici. Tese poi la mano nel contenitore che aveva posato vicino alla sua gamba, tirando fuori un biscotto e addentandolo con evidente piacere, gli occhi chiusi.
-Santa donna, la signora Hudson. Sono sicuro che parte della mia guarigione così veloce sia dovuta proprio a questi biscotti! Come diavolo riesce a farli così buoni??
Il corvino sorrise.
-È l'unico mistero che non ho mai avuto la capacità di risolvere. Considerati fortunato!-lo ammonì, puntandogli scherzosamente contro un dito.-Non sono in molti quelli a cui viene concesso l'onore di mangiarli. Fino a poco tempo fa io ero l'unico a godere di tale privilegio!
-Ma... non mi hai detto che era anche la tata di tuo fratello? Lui non...?
-No. Non li mangiava. Preferiva le torte. Molte torte. La sua stazza ancora lo dimostra, nonostante cerchi di attenersi alla dieta...

Un'altra risata si levò nella stanza, mentre John gliene porgeva uno.
-... Ti ho già ringraziato, per avermi salvato la vita? Di nuovo?-mormorò il pilota; stavolta il suo tono era profondamente serio.-Ho perso il conto di quante volte tu l'abbia fatto, in questi ultimi due anni...
-Vorrà dire che sei di nuovo in debito con me-ribattè il corvino con un mezzo sorriso canzonatorio, cercando di mascherare la commozione datagli da quella frase, addentando il biscotto.
-Senza alcun dubbio. Ma non solo per questo. Da quando sei entrato nell'Alleanza, devo ammettere che le cose sono cambiate. Io sono cambiato. Non mi sono mai divertito così tanto, durante le missioni.
-... Per te rischiare la vita è "divertente"??-Sherlock inarcó un sopracciglio, una nota incredula e dubbiosa nella voce.-Comincio a dubitare della tua sanità mentale...
Una scintilla divertita brillò negli occhi blu del pilota ribelle.
-Forse siamo davvero entrambi dei pazzi. Ma io non mi sono reso conto di esserlo finché non ti ho incontrato quel giorno a Mos Eisley-osservò, sulle labbra un sorriso affettuoso.-Sarà per questo che siamo diventati migliori amici-concluse, stavolta senza alcuna ironia, ma con sincero calore ed affetto.

Sherlock distolse lo sguardo, mentre una fitta allo stomaco lo coglieva di sorpresa e il suo sguardo si incupiva: se già le parole e gli sguardi di Molly gli avevano fatto pesare la sua decisione, quelle dell'amico gli stavano letteralmente cadendo sulla testa come macigni. Con che coraggio, ora, gli avrebbe rivelato che stava per andarsene definitivamente?
Aveva già rimandato troppo a lungo la partenza: prima perché doveva sincerarsi che John fosse fuori pericolo. Poi a causa della tormenta, che non aveva permesso il decollo della nave.
E poi, e poi, e poi... la verità era che, nel profondo del suo cuore, si ribellava lui stesso a quella scelta.
Ma sarebbe stato davvero egoista a rimanere solo per questo, mettendo così a rischio la vita dei suoi...
Soffocò bruscamente quel pensiero.

No. Io non ho amici, si convinse.
Il suo cuore era proprio come quel pianeta: freddo, arido, privo di vita. Nessuno vi poteva-anzi, non vi doveva- albergare a lungo. Così era diventato da quel lontano giorno in cui aveva abbandonato la via dei Jedi, e così doveva tornare ad essere. Aveva lavorato duramente per costruirgli intorno quella barriera ghiacciata, proteggendolo dal calore generato dai... sentimenti. Non poteva cedere proprio ora. Il suo legame con John, con Molly... Doveva reciderlo. Era meglio per tutti. Soprattutto per loro.
Furono proprio quelle convinzioni così profondamente sbagliate -ma su cui in pratica aveva fondato la sua intera esistenza da quando aveva quattordici anni -che lo spinsero finalmente a dire ciò che aveva troppo a lungo rimandato.
Sospirò, le mani strette sulle ginocchia.
-... A proposito di questo, John, io devo dirti qualcosa che penso non...
Per sua fortuna-o sfortuna, non seppe decidere quale delle due: era talmente combattuto!-vennero interrotti dal generale Lestrade, che entrò nell'infermeria proprio in quel momento.
-Sherlock! È urgente! Il Capo e la senatrice richiedono la tua presenza al centro di comando!-disse, stranamente agitato, rivolgendo però a John un sorriso.-Vedo che ti stai riprendendo rapidamente.
Lui annuì e ricambiò.
-Che succede, Greg?-gli domandò, la fronte aggrottata.
-Chi è "Greg"?-si intromise il corvino, stupito, prima che il generale potesse rispondergli. Il pilota ribelle alzò gli occhi al cielo.
-... Sherlock... è il suo nome!-esclamò, un filino esasperato, indicando Lestrade, che si strinse appena nelle spalle, scuotendo la testa: ormai, ci aveva fatto l'abitudine.
-Forse abbiamo visite-rispose lui, lo sguardo cupo, voltandosi poi verso il contrabbandiere. -E abbiamo bisogno della tua consulenza.
-... In merito a cosa?
-Anderson ha trovato qualcosa di anomalo, durante la sua ricognizione.
-Sul serio?? Vuoi forse dirmi che Anderson ha fatto qualcosa di utile!?-esclamò il contrabbandiere, stupefatto, indicando poi con un cenno del capo la finestra dell'infermeria.-Ecco perché ha smesso di nevicare!
-Sherlock...-lo ammonì il biondo, in tono di rimprovero. -Sarà meglio che venga anch'io. Forse è la stessa cosa che avevo avvistato prima di essere aggredito.
-Sei sicuro di star bene?-gli domandò Lestrade, preoccupato.
-Assolutamente. Il droide medico me l'ha confermato poco fa. Sono già stato a riposo fin troppo. Iniziavo proprio ad essere stufo. Inoltre...-aggiunse il pilota, con una breve risata.-Devo assolutamente impedire che scoppi qualche rissa scatenata dai sicuri commenti poco gentili di un certo qualcuno...
Il generale trattenne una risatina, mentre il contrabbandiere scoccava a entrambi un'occhiataccia.
Mentre lui e il generale uscivano dalla stanza, così da dargli il tempo di vestirsi, quest'ultimo richiamò l'amico.
-Hey, Sherlock, aspetta! Che cosa volevi dirmi, prima?-domandò, ricordando anche lo strano tono che aveva avuto durante la loro ultima conversazione.
-... Te lo dirò più tardi-rispose però Sherlock, facendo un vago gesto con la mano.-Prima sarà meglio sentire cosa vuole mio fratello, stavolta. Essendo circondato da incompetenti non mi meraviglia che abbia bisogno del mio aiuto ogni due per tre...
Il biondo alzò gli occhi al cielo.
-Già. Cosa faremmo, senza di te?-sbuffò, ma con un certo calore.
Quelle parole, seppur chiaramente ironiche, provocarono nel riccio un'ennesima fitta di senso di colpa. Mentre usciva dalla stanza insieme a Lestrade, si trovò a rimpiangere l'epoca, non poi così distante, in cui non era altro che un cinico contrabbandiere, dedito solo a se stesso, senza alcun tipo di rimorso di coscienza, esitazione o sentimento: a quel tempo, le cose erano decisamente più semplici...

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