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Conti in sospeso

A Sherlock bastarono pochi secondi per capire che era davvero in grossi guai, stavolta: non solo per l'arma che dolorosamente qualcuno gli stava premendo nella schiena, ma anche per le due figure che lo affiancarono con un movimento all'apparenza casuale, prendendolo poi per entrambe le braccia, e stringendolo in una morsa, impedendogli così di estrarre il suo blaster.
-In effetti, sì. E ho anche molta fretta. Quindi, ora dovreste lasciarmi. All'istante - replicò, rivolto soprattutto ai due che lo stringevano, riuscendo appena a muovere due dita della mano e sottolineando volutamente l'ultima parola, cercando di agire sulle loro menti.
Nonostante quello che aveva asserito poco prima col ribelle, a volte non poteva proprio fare a meno di ricorrere al suo potere.

Ma il suo misterioso aggressore ridacchiò con cattiveria.
-Mi dispiace, Holmes. Il capo mi aveva avvertito delle tue... abilità. E stavolta non ti salveranno.
Dopo una veloce occhiata ai due scagnozzi, il contrabbandiere capì cosa intendesse: entrambi indossavano dei minuscoli apparecchi elettronici proprio in prossimità delle orecchie, simili a degli auricolari; ma lui capì all'istante cosa erano in realtà.
-Disturbatori di onde sonore. Ovviamente li porto anch'io, quindi è inutile che ti sforzi-asserì il criminale con soddisfazione, confermando i suoi sospetti, e spingendolo poi ad avanzare, premendogli l'arma proprio nella spina dorsale e strappandogli una smorfia.-Ora noi andiamo a fare una bella chiacchierata...
Completamente immobilizzato dalla presa ferrea dei due e sotto la minaccia dell'arma, Sherlock non emise neppure un fiato mentre lo spingevano fuori dal locale. Né provò a divincolarsi o a opporre resistenza, conscio che sarebbe stato del tutto inutile. Ma il suo cervello, al contrario, era in piena e frenetica attività, e si lambiccava su come avrebbe fatto a scamparla, questa volta... Perché aveva già un'idea di chi potessero essere quegli uomini.
O, per meglio dire, da chi fossero stati mandati...

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Il vicolo dietro Angelo's dove lo condussero era completamente deserto, ma poco importava: anche se fosse stato pieno di gente, non sarebbe accorsa nemmeno un'anima in aiuto del contrabbandiere, anche se avesse invocato aiuto nel locale stesso.
A Mos Eisley vigeva, infatti, la tacita regola del "Non vedo/non sento/non parlo": soprattutto quando c'erano di mezzo, come sospettava, gli scagnozzi di CAM. Nemmeno Angelo, che era il padrone della taverna, avrebbe potuto fare qualcosa.
Finalmente, l'uomo con il blaster gli si pose di fronte, mentre i suoi due sgherri seguitavano a tenerlo immobilizzato.
Sherlock, stavolta, lo riconobbe all'istante, confermando i suoi sospetti-quell'armatura argentata e quell'elmo con striature blu li portava solo una persona-e, nonostante tutto, un leggero sorriso sarcastico gli si formò sul volto.
-Sebastian Moran. Quale onore-lo apostrofò, con palese sarcasmo.-Magnussen ha mandato addirittura il suo sicario personale. Sono lusingato, davvero. Non credevo che mi temesse sino a questo punto.

Sherlock non potè dedurre la sua reazione, poiché il volto del cacciatore di taglie era completamente coperto dal casco integrale argenteo: ma dal suo tono-seppur la sua voce fosse dal medesimo sempre atturita e alterata- trasparì una buona dose di sarcasmo e di rabbia in egual misura.
-Lei risulta alquanto... sfuggente, signor Holmes. Se prima era solo una sgradevole seccatura, ultimamente è diventato una vera e propria spina nel fianco, per il mio capo-affermò infatti, premendo con forza la canna della pistola blaster sotto al mento del corvino.-E le spine, si sa, vanno... rimosse. Altrimenti, alla lunga, risultano essere estremamente... dolorose.
Senza alcun preavviso, gli mollò un poderoso pugno nello stomaco e, subito dopo, altri due sul volto, spaccandogli il labbro e lo zigomo destro.
A Sherlock, suo malgrado, sfuggì un grido di dolore, e si contrasse, gemendo e chinando il capo sul petto, mentre i due criminali seguitavano a tenerlo immobilizzato, sghignazzando.

Anche Moran ghignò, compiaciuto della sofferenza che leggeva sul volto ora sanguinante della sua vittima.
-Tuttavia... il mio capo, signor Holmes, è un uomo generoso, e vuole offrirle, badi bene, tre opzioni.-Il cacciatore di taglie alzò un dito della mano guantata.-La prima: versare i crediti che gli deve per avere il diritto di esercitare qui a Mos Eisley la nobile professione di contrabbandiere in forma autonoma. Anche la sua nave sarebbe un valido pagamento.
Sherlock, seppur dolorante, tese le labbra impregnate di sangue in una smorfia di disprezzo e rabbia.
-Non pagherò mai una tangente per svolgere il mio lavoro!-sibilò.-Cos'è, il vostro capo ha paura che gli rubi i clienti? O che guadagni più di lui?-non potè proprio fare a meno di aggiungere, pur sapendo che l'avrebbe pagata cara per quel commento.
Come volevasi dimostrare, gli costò l'ennesimo pugno, ancor più violento, ma stavolta in pieno volto, proprio sul naso, che iniziò immediatamente a sanguinare. Forse gliel'aveva rotto.
Ma lui, al contrario di poco prima, si impose di non emettere neppure un gemito, nonostante il dolore acuto, e strinse le labbra.
Moran, stavolta, rise di gusto.
-Magnussen me l'aveva detto, che era un osso duro-commentò, quasi ammirato.-Ma, nella sua infinita saggezza, le offre anche una seconda opzione. Rntrare a far parte del suo entourage.-Il tono del criminale, stavolta, si fece lusinghiero.-Conosce molto bene le sue abilità, signor Holmes. Metterle al servizio dell'uomo più potente di Mos Eisley sarebbe una scelta saggia e più che logica.

L'espressione del contrabbandiere era disgusto allo stato puro. Nessuna idea geniale per uscire da quella situazione era venuta in suo soccorso, stavolta.
Ma la rabbia per quell'assurda offerta da parte dell'individuo disgustoso e rivoltante che era Charles Augustus Magnussen soffocò persino la consapevolezza di essere spacciato. Quell'uomo schiacciava chiunque, pur di mantenere il suo potere: non aveva il benché minimo scrupolo, ed era pronto a usare anche i segreti più torbidi di una persona per piegarlo al suo volere.
Per fortuna, non aveva ancora mai scoperto che era il fratello del capo dell'Alleanza Ribelle. E mai avrebbe dovuto saperlo. Non se poteva impedirlo...
Trattenne un sospiro. Se proprio doveva morire, tanto valeva togliersi qualche soddisfazione, decise.
-Riferisca questo al suo capo, da parte mia...-ringhiò infatti, pronunciando poi una frase in una lingua aliena incomprensibile, ma che i due scagnozzi di Moran capirono perfettamente, perché emisero, nel loro idioma, versi scandalizzati di protesta.
Solo quest'ultimo rimase impassibile, le braccia incrociate sul petto.
-E aggiunga pure questo: piuttosto che entrare nel suo... entourage...-Sherlock quasi sputò l'ultima parola, come fosse il peggiore degli insulti.-Preferirei che mi sparassero in fronte.
-Come ha fatto a indovinare?? Quella era esattamente l'opzione tre!-esclamò il cacciatore di taglie, fingendosi stupito, e confermando il suo destino.-E credo che abbia scelto proprio quella... tenetelo fermo, ragazzi-ordinò poi ai suoi sgherri, non nascondendo una certa soddisfazione.-Non vorrei sporcarmi gli stivali, li ho appena fatti lucidare...
Moran sollevò l'arma con deliberata lentezza, puntandola proprio all'altezza della fronte del contrabbandiere, che però non abbandonò la sua espressione fiera-nonostante il sangue sul volto-e continuò a rivolgere al sicario uno sguardo carico d'odio, in attesa dell'inevitabile morte.

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Fu un attimo.
Inspiegabilmente, uno strano oggetto rotoló davanti ai piedi di Moran e, prima che lui potesse fare qualunque cosa o realizzare cosa fosse, un denso fumo nero si sprigionó da esso in una frazione di secondo, creando letteralmente una nube intorno a tutti loro.
-Ma che diavolo...!!?-ringhiò il cacciatore di taglie, aggiungendo anche una colorita imprecazione in huttese, mentre i due suoi accoliti tossivano e si portavano le mani agli occhi, che avevano iniziato a lacrimare.
Sherlock, pur incredulo dalla piega improvvisa e inspiegabile degli eventi, ne approfittò subito per liberarsi della loro presa con violenti e rapidi strattoni, anche se pure lui si ritrovò ad avere la vista annebbiata dal fumo e la gola che gli bruciava.
Cercò comunque di farsi largo in mezzo alla nube, seppur quasi del tutto alla cieca, tossendo e con gli occhi lacrimanti: all'improvviso, sentì una mano stringergli saldamente il polso e trascinarlo con decisione verso la direzione opposta.
Il suo primo istintivo impulso fu di cercare di sottrarsi a quella presa sconosciuta, di opporre resistenza: ma il sussurro pressante che seguì subito dopo gli fece cambiare idea.
-Via!! Via!! Presto, di qua!!!
Sbalordito, Sherlock si ritrovò a seguire John Watson- perchè proprio di lui si trattava-in una stradina laterale di Mos Eisley, mentre i cacciatori di taglie alle sue spalle cercavano ancora di disperdere con le mani, senza successo, la nube tossica.

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I due corsero forsennatamente per le strade dello spazioporto, Sherlock praticamente trascinato da John, che  teneva ancora la mano stretta intorno al suo polso.
-Cosa accidenti gli ha tirato??-gli gridò però il corvino a un certo punto, tossendo di nuovo-anche se gli occhi avevano smesso di lacrimare-e cercando di asciugarsi il sangue che gli colava sul viso come meglio poteva.
-Una bomba diversiva! Noi ribelli la usiamo per i casi d'emergenza! -John gli rispose senza interrompere la corsa e senza mollare la presa dal suo polso. Anche lui aveva gli occhi ancora lacrimanti e il respiro difficoltoso, seppur si fosse protetto il volto con la sciarpa e il cappuccio.-Quel composto chimico è l'unico che riesca ad oscurare anche i visori dei caschi Imperiali. Grazie a Dio ha funzionato pure con quello del cacciatore di taglie!
Il corvino, d'improvviso, si fermò, ansimando, appoggiandosi contro a un muro, una mano premuta sullo stomaco, dove il pugno di Moran era stato particolarmente violento.
-Non possiamo fermarci!-lo spronò il pilota, portandosi però una mano sul fianco e ansimando anche lui.-La mia navetta è proprio...!
-Non ho alcuna intenzione di lasciare questo pianeta!-Sherlock lo interruppe bruscamente, dopo aver ripreso fiato.-Non senza la mia nave. Mi farei uccidere da Moran, piuttosto.
John per poco non alzò gli occhi al cielo, esasperato: quei criminali-che senz'ombra di dubbio gli erano ancora alle costole-stavano per ammazzarlo, e lui si preoccupava della nave??
Ma lo sguardo che vide nel contrabbandiere spaziale gli fece intendere che sarebbe stato davvero capace di rimanere lì a farsi uccidere.
-... Come vuole! Ma almeno sbrighiamoci, prima che quelli ci raggiungano! Dove è attraccata??
-Molo 17. Mi segua.
Sherlock, trattenendo di nuovo un piccolo gemito, si lanciò il più rapidamente possibile in direzione del molo, seguito a ruota dall'altro.
Ma dopo poco il contrabbandiere si fermò e afferrò, di scatto, per la spalla, il pilota, che stava per superarlo, facendolo appiattire contro il muro di un vicolo.
-Hey, ma che sta...!-protestò il biondo, d'istinto; ma ammutolì non appena Sherlock, per tutta risposta, gli indicò con un cenno del capo un gruppo di soldati che stava passando proprio in quel momento.
-Truppe Imperiali. Non credo sia il caso di farci inseguire anche da loro, non le pare?
John fece una smorfia, nascondendosi ancor di più alla loro vista, le spalle premute contro il muro.
-No. Non mi andrebbe affatto...-mormorò, con voce tremante, mentre chiudeva gli occhi e prendeva uno o due rapidi ma profondi respiri.
Sherlock, all'inizio, credette che lo stesse facendo per riprendere fiato, ma non era così: il ribelle era visibilmente agitato. Troppo agitato. Gli occhi erano ancora serrati, così come le labbra, la fronte imperlata di sudore, e il respiro era fin troppo affannoso, per essere causato solo dalla corsa. Era come se fosse preda di un attacco di panico.
-... Ehi... Tutto bene??-gli domandò, d'impulso, posandogli piano una mano sulla spalla.
A quel tocco, il pilota riaprì gli occhi di scatto, senza rispondere, il respiro ancora affannoso, gettando poi un'occhiata dietro l'angolo: la truppa si era allontanata.
-S-sì... Sì, sto bene-gli rispose alla fine, senza però incrociare il suo sguardo. Pareva però aver ripreso il controllo di sé.-Proseguiamo!
Sherlock eseguì, e ripresero la corsa verso il molo, ma rimase comunque perplesso: era normale che una truppa imperiale innervosisse a tal punto un membro dell'Alleanza che, tecnicamente, avrebbe dovuto essere abituato a combatterli ogni giorno?

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Trovarsi di fronte a quella truppa improvvisa, chissà perché, aveva terrorizzato John più del solito: aveva ormai imparato da tempo a soffocare quella sorta di attacchi di panico. Era stato necessario, dovendoli combattere per l'Alleanza costantemente. Ma forse trovarli proprio su quel pianeta che tanto odiava era stato troppo da sopportare. Alla fine, c'era riuscito, seppur a fatica.
Grazie a Dio, tra poco sarò lontano anni luce da...
Non aveva ancora finito di pensarlo, che si trovò di fronte alla nave di Sherlock: sgranò gli occhi, senza riuscire a trattenere un'esclamazione sgomenta e angosciata.
-Ma... è un pezzo di ferraglia!
La forma del velivolo in questione era simile a quella di un mercantile corelliano; ma la somiglianza finiva lì: l'aspetto, infatti, era letteralmente un'accozzaglia di vari pezzi di navi assemblate senza alcun apparente senso logico.
Era un miracolo come riuscisse a rimanere integra.
Sherlock gli scoccò un'occhiataccia.
-La "ferraglia", come la chiama lei, l'ho assemblata io stesso, pezzo per pezzo. E oltrepassa di 0.5 la velocità della luce, per sua norma e regola!-ringhiò, spingendo rapido una leva esterna e abbassando così la rampa.-Comunque, se vuole tornare alla sua, si accomodi. Sempre che riesca a seminare Moran. È alquanto testardo.
-Ah, be', non mi sembra che l'alternativa di morire nello spazio sia migliore di...!
Un raggio laser colpì un punto poco sopra la sua testa, seguito da un rumore di passi di corsa.
-... Come non detto. La ferraglia va bene!!-esclamò, correndo a bordo come una lepre.
Sherlock, suo malgrado, si ritrovò a sogghignare: si affrettò poi anche lui salire, chiudendo il boccaporto proprio un istante prima che Moran e i suoi facessero irruzione sul molo, sparando coi loro blaster contro lo scafo.

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John, allacciandosi su una delle poltrone, non poté trattenere la preoccupazione, mentre il contrabbandiere, nella cabina di pilotaggio, accendeva i motori: quasi si aspettava che quel ferrovecchio esplodesse all'istante.
Ma, miracolosamente, la nave si mise in moto con un fremito, sollevandosi dalla piattaforma, per poi prendere quasi subito quota nel cielo di Mos Eisley. Sentì ancora Moran e i suoi sparare contro lo scafo ma, un momento dopo, grazie a una poderosa accelerata-che però lui avvertì appena, grazie ai sistemi antigravitazionali-erano già in orbita, lasciandosi in poco tempo Tatooine alle spalle.

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Sebastian Moran non era diventato uno degli uomini migliori di Magnussen per niente: aveva subito notato il bizzarro individuo con cui Sherlock Holmes aveva intrattenuto una conversazione poco prima che lo prendessero: già il suo ingresso non era passato inosservato, grazie alla "discussione" con Culverton Smith, che si era mostrato più che entusiasta di collaborare contro Holmes.
Gli bastò poco, dunque, e qualche domanda ad altre persone giuste, per scoprire il suo nome, che molti clienti della locanda avevano infatti udito: bastava una manciata di crediti, e i criminali dello spazioporto cantavano come fringuellini.
-Tu ancora non lo sai, John Watson-sibilò il cacciatore di taglie, le mani strette a pugno sul tavolo della taverna.-Ma sei appena finito sulla mia lista nera...

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