Consapevolezza
Sherlock accolse con gratitudine l'aria fredda che gli rinfrescò il viso non appena uscì fuori dalla tenda-le temperature di quella Luna tendevano a calare, scesa la notte- e chiuse gli occhi, inspirando profondamente più e più volte: purtroppo, non servì. La sensazione che aveva provato sin da quando aveva messo piede su Endor- e che aveva cercato con tutte le sue forze di ignorare- era sempre più forte nella sua testa.
Lei era lì. Da qualche parte. Percepiva la sua presenza con estrema chiarezza.
Rassegnato, scivolò a terra, la schiena appoggiata a un tronco vicino, mentre la sua coscienza entrava in contatto con un'altra.
Una moltitudine di immagini lo assalirono.
Una ragazzina dai corti capelli rossicci legati in due codini- non poteva avere più di una decina d'anni- brandiva una spada laser, impugnandola con entrambe le mani, mentre una figura a lui terribilmente nota stava al suo fianco.
La vide poi in una stanza, da sola, ben lontana dal gruppo di altri giovani padawan: Sherlock fu certo di scorgere una scintilla di tristezza, nell'espressione di quella sorella che non aveva mai potuto conoscere.
Tristezza e solitudine: ecco ciò che riusciva a leggere in quegli occhi così simili ai suoi.
La scena successiva gli fece trattenere il respiro: Eurus era ora decisamente più grande- forse sulla quindicina d'anni- e teneva tra le braccia un bambino di circa un anno, dai rossi capelli riccioluti, cullandolo e cantandogli una inconfondibile nenia.
Era palese il dolce sorriso che solcava il volto della giovane, e anche dai suoi occhi trasparivano affetto e amore per quel bambino. Per lui.
L'immagine successiva fu completamente diversa da tutte le altre: Eurus stava impettita di fronte a un uomo avviluppato in una veste scura, in attesa; una nuova durezza era scolpita nei suoi lineamenti, e quegli occhi cristallini erano ora pieni di oscurità. Il delitto raccontatogli dal suo Maestro si era già compiuto, il suo cammino verso il Lato Oscuro era all'inizio.
- Vedo il tuo potenziale- disse l'imperatore James Moriarty, un sorriso freddo ma compiaciuto sulle labbra sottili, gli occhi neri, il colore della sua stessa anima, puntati in quelli della ragazza.-Insieme, potremmo fare davvero grandi cose.
- Ho solo una richiesta-replicò Eurus, con voce ferma e sicura.
L'imperatore sollevò un sopracciglio.
-... E quale sarebbe?
-Voglio che nessuno possa vedere il mio volto.-Le labbra pallide della donna si tesero.-Voglio che nessuno conosca la mia vera identità. Per il resto, farò tutto ciò che vorrai... Maestro.
Il ghigno di Moriarty si allargò, a quell'appellativo.
Sherlock, che assisteva a tutta la scena, fu percorso da un fremito: istintivamente, pur sapendo che era inutile- tutto quello che vedeva non era altro che un'ombra del passato: non poteva in alcun modo cambiare le cose- tese il braccio per afferrare la sorella, come a volerla fermare dal compiere quella scelta che avrebbe segnato non solo il suo destino, ma anche quella dell'intera galassia, per sempre.
Grande fu il suo stupore, quando invece di passare attraverso l'immagine-come si sarebbe aspettato-le sue dita andarono a stringere per davvero il polso sottile della donna.
Sherlock non avrebbe saputo spiegare come diavolo fosse possibile una cosa del genere: le ombre del passato erano evanescenti, solo proiezioni, non potevano essere concrete e tangibili!
Ma ciò che accadde in seguito a quel tocco fu, se possibile, ancora più assurdo e inspiegabile: così come era stato assalito dai ricordi di Eurus, così una nuova consapevolezza lo assalì in quel preciso istante, offuscando tutto il resto.
Fu in quel preciso momento che il contrabbandiere riaprì gli occhi di scatto, la mente ancora piena di tutto ciò che aveva visto, di ciò che aveva provato, e di ciò che, finalmente, aveva compreso.
Adesso era chiaro cosa doveva fare: dopo tanti dubbi e incertezze, ora sapeva.
Non era una questione di profezie: era una sua scelta.
C'era solo un problema, e non indifferente: come avrebbe potuto dirlo a John, a Molly, e a tutti gli altri?
La risposta era una sola.
Non poteva.
Ma non poteva neppure sparire nel nulla: non con l'attacco imminente al bunker.
Gli restava solo una persona, a cui poteva dirlo.
Qualcuno che lo conosceva abbastanza da sapere che non poteva fermarlo.
---
-No. Non ti permetterò di farlo! Non pensarci nemmeno!
-Greg...
-NO!-ripetè nuovamente il generale Lestrade, furibondo, senza neppure fare caso al fatto che Sherlock, per una volta, non avesse sbagliato il suo nome.-Non ti lascerò buttare di nuovo in una missione suicida! Sono un tuo superiore, quindi il mio è un ordine!!
Un sorriso affettuoso solcò, nonostante tutto, il volto del contrabbandiere.
-Ti ricordo che sono anch'io un generale, ora.
-Sì, ma per anzianità io ti sono superiore di grado!-ringhiò nuovamente l'altro, con ferocia.
Il corvino sospirò: non credeva che sarebbe stato così difficile convincere il generale. E non si aspettava neppure, nonostante tutto ciò che aveva passato di recente, la morsa dolorosa che gli stringeva il cuore, al pensiero di lasciare tutti i suoi amici. Solo la certezza che stesse facendo la cosa giusta, gli permetteva di non crollare.
-Sai anche tu che devo farlo-disse, in tono monocorde.-Tra parentesi, sei il primo ed unico, eccezion fatta per mio fratello, a conoscere tutta la verità su mia sorella, ora. Gradirei perciò che non...
-Ti rendi conto del peso che mi scarichi addosso, in questo modo??-lo interruppe lui, bruscamente, e dal suo tono trasparì il dolore, oltre alla rabbia.- Molly, John... non appena sapranno che io ho permesso che tu...
-È per questo che non dovrai rivelarglielo-lo interruppe Sherlock, e la sua voce stavolta si indurì.-Non vorrei essere costretto a mentire di nuovo, ma so anche che cercherebbero di fermarmi, di farmi cambiare idea.
- E io no, allora??-ribattè il generale, offeso.-Ti conosco da molto più tempo di loro! Cosa ti fa credere che non cercherò di fermarti??
- Perchè, come soldato, sai perfettamente che le esigenze di molti valgono più di quelle di pochi.
Lestrade lo guardò incredulo, mentre il riccio proseguiva in un tono calmo e controllato.
-Il fatto che io abbia avvertito la presenza di mia sorella su questa Luna implica che anche l'Imperatore abbia avvertito la mia. In tal caso, se io resto qui, l'intera operazione è compromessa. E questo vorrebbe dire la fine dei giochi. Per tutti noi.
-Ma se sa già che siamo qui, perché non ci sono già addosso?-si azzardò a protestare Lestrade, cercando un qualsiasi modo per impedire a Sherlock di compiere quella missione quasi certamente senza ritorno.
Lui sospirò di nuovo: ma era, stavolta, un sospiro rassegnato.
-Perchè è me che vuole. E posso solo presumere che sappia già che sarò io, a venire da lui. Sarebbe scortese deluderlo, no?- aggiunse, in uno sprazzo di amara ironia; ma il generale era tutto fuorché divertito.
-E poi... io... lo devo fare-ribadì Sherlock, senza guardarlo, gli occhi puntati non su di lui, ma in un punto imprecisato di quel fitto bosco che li circondava.- È mia sorella. E ho percepito... la Luce, in lei. Forse c'è ancora una speranza. In ogni caso, ci devo provare. Quantomeno distrarrò l'imperatore. Lo terrò lontano da voi, per quanto mi sarà possibile.
Il generale era rimasto allibito dopo le parole di Sherlock, realizzando solo in quel momento quanto il cambiamento avvenuto in lui fosse stato davvero profondo.
Non solo stava rischiando la vita per loro, ma anche per quella sorella che aveva già tentato di ucciderlo. L'uomo che aveva più volte asserito di esser privo di sentimenti, li aveva eccome, come lui aveva già avuto modo di notare. E proprio per questo capí che in nessun modo avrebbe potuto fermarlo o fargli cambiare idea.
-E se tutto questo non fosse altro che una trappola? Orchestrata solo per attirarti a sè, e poi colpire noi?- mormorò, stavolta rassegnato.
Le labbra di Sherlock, nonostante tutto, si sollevarono, seppur di poco, in un sorriso compiaciuto e leggermente ironico.
-Finalmente ci sei arrivato, Gavin. Cominciavo a pensare che anche il tuo quoziente intellettivo si fosse abbassato.-Proseguì, prima che il generale potesse replicare a quel non tanto velato insulto alla sua intelligenza.- È per questo che vi occorrerà un piano di riserva...
---
Non fu difficile, per Sherlock, arrivare all'avamposto nemico poco distante dal bunker: l'oscurità era ben poca cosa, rispetto alla Forza che lo guidava, e a cui si era nuovamente affidato. Procedeva a passo sicuro, la spada laser alla cintola, lo sguardo determinato, sebbene avvertisse un peso allo stomaco.
No, non allo stomaco. Era nel cuore, quel peso.
Ma lo avrebbe affrontato senza rimpianti, stavolta: aveva chiaramente espresso sia a Molly che a John i sentimenti che provava per loro, senza alcuna esitazione.
Persino con suo fratello era riuscito a chiarirsi. Andava incontro alla probabile- anzi, quasi sicura- morte a testa alta, consapevole di tenere le persone che amava al sicuro dal pericolo, per quanto possibile.
Non li avrebbe coinvolti, stavolta.
E non perché volesse fare tutto da solo, come in effetti era solito fare tanto tempo prima: ma semplicemente perché loro- tutti loro-erano importanti, per lui; e li avrebbe protetti a qualunque costo.
Tenendo ben stretto quel pensiero nella mente, continuò a procedere, del tutto ignaro della sagoma che lo pedinava.
---
John faticava a tenere il passo, soprattutto perché doveva stare attento a non fare il minimo rumore.
Era ancora sconvolto dalla discussione tra Lestrade e Sherlock che aveva, grazie al cielo, origliato: se non l'avesse fatto, non avrebbe mai saputo ciò che il suo migliore amico aveva intenzione di fare.
Di nuovo.
Ma stavolta, non glielo avrebbe permesso. Non l'avrebbe lasciato andare da solo ad affrontare quel maledetto Sith-no, sua sorella... al solo ripensare a quel dettaglio, gli girava la testa- ma soprattutto l'Imperatore.
Probabilmente quest'ultimo l'avrebbe ucciso non appena gli si fosse parato davanti, con i terribili poteri di cui disponeva, e di cui persino i suoi stessi soldati avevano timore.
Ma non gli importava.
Se non altro sarebbe morto con la consapevolezza di aver provato, quantomeno, a stare al fianco di Sherlock: che lui lo volesse o no!
Finalmente, dopo quel lungo tragitto- alla sua andatura, gli era sembrato di percorrere chilometri- vide il suo migliore amico avanzare in tutta tranquillità verso una delle sentinelle imperiali, che si affrettò a requisirgli l'arma, per poi ammanettarlo.
John digrignò i denti, pronto a intrufolarsi nella base anche lui-e a seguire Sherlock ovunque lo avrebbero portato- quando, senza alcun preavviso, sentì un dolore terribile alla base del collo, come una scarica elettrica.
Poi, il buio.
---
-Signore.
Darth Wind si girò verso l'assaltatore, seppur già sapesse esattamente cosa era venuto a dirgli.
-Un Ribelle si è appena consegnato a noi. Anche se lo nega, credo che potrebbero essercene altri-proseguì infatti, porgendogli poi un oggetto al Sith quanto mai noto.-Aveva questa, con sè.
Wind si rigirò la spada laser tra le mani guantate, mentre, dietro la sua maschera, un sorriso di soddisfazione solcava il suo volto.
-Vi siete occupati dell'altra mia richiesta?
-Sì, signore-confermò l'imperiale all'istante.-Ma... dunque... non dobbiamo cercare anche gli altri? Non devono essere molto lontani...
-No. Ordini dell'imperatore in persona. Ha un piano speciale, per loro.
Le mani del Sith si chiusero ancora di più intorno alla spada laser di suo fratello, mentre il suo animo si colmava di oscurità.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro