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Al salvataggio! Più o meno...

Una volta varcata la porta elettronica, John e Sherlock si ritrovarono di fronte a mezza dozzina di soldati e sottoufficiali: non un numero così alto, dunque. Forse il piano avrebbe funzionato, se fossero riusciti a coglierli sufficientemente di sorpresa.
-Dove sta portando quel prigioniero?-domandò a Sherlock uno dei sottoufficiali in tono secco.
-Trasferimento del prigioniero dalla cella GB-5715-rispose lui, senza scomporsi, tenendo John stretto per un braccio. Il quale, dal canto suo, aveva assunto un'espressione sottomessa, lo sguardo basso.
Il militare li scrutò comunque entrambi con sospetto.
-Non sono stato avvertito. Dovrò chiedere.
Mentre si abbassava verso la consolle, premendo dei tasti per aprire il canale di comunicazione, Sherlock strinse lievemente il braccio a John, che prontamente si liberò dalle manette, per poi stringergli il collo con l'avambraccio in una morsa apparentemente ferrea: e non era proprio facilissimo, dato che il contrabbandiere era un po' più alto di lui... Quest'ultimo, infatti, dovette inarcare leggermente la schiena per facilitargli il compito.
-Che nessuno si muova!-intimò agli imperiali rimasti interdetti, cercando di sembrare il più aggressivo possibile.-Altrimenti lo uccido!

Come a voler dimostrare che faceva sul serio, strinse ancora di più la presa.
-Fate come dice!-esclamò Sherlock con voce strozzata, fingendosi terrorizzato.-È un pazzo furioso. È capace di ucciderci tutti!
-Ma chi, quello?-si azzardò a commentare incredulo uno degli imperiali.-Ma se è una mezza tacca!
John gli rivolse uno sguardo di fuoco. 
-Bada a come parli!-ringhiò.-Sono condannato a morte su dodici sistemi, io! E non certo per niente!
Fortunatamente, Sherlock era coperto dal casco da Assaltatore, perchè la minaccia di John l'aveva portato a fare un sorrisino.
Gli imperiali si guardarono l'un l'altro: sarebbe stato il momento giusto per il contrabbandiere di entrare in azione, ma le parole di uno dei soldati cambiò le carte in tavola.
-Non uscirai mai vivo da qui. Arrenditi subito, e forse avrai clemenza-intimò infatti questi a John, con uno sguardo duro.
-Ah, certo. Ci credo proprio. In fondo, voi soldati dell'Impero siete famosi per la vostra clemenza, vero?-ribattè lui, incapace di trattenersi.
Sherlock capì immediatamente che quella frase non faceva parte della messinscena: percepì una rabbia reale, in quelle poche parole, e avvertì la sua presa divenire inconsapevolmente più ferrea.
All'improvviso, uno dei soldati cambiò espressione, e fissò il pilota con uno strano sguardo.
-Aspetta un momento... Tu sei quel dis–...!
Ma non finì la frase, perchè Sherlock gli sparò all'istante e a sorpresa un colpo col suo blaster; anche John iniziò a sparare alcuni rapidi colpi col suo, che aveva nascosto nella parte posteriore della cintola.

Spari continui iniziarono a risuonare per tutta la stanza da entrambe le parti: pur essendo in minoranza, John e il contrabbandiere erano dotati di ottimi riflessi e di una grande abilità col blaster, perciò riuscirono a sopraffare rapidamente gli imperiali, agendo in perfetta sincronia: uno di essi, però, riuscì a gettarsi sulla consolle e ad aprire il canale di comunicazione.
Sherlock si affrettò a sparargli prima che potesse parlare, ma ormai il canale era aperto: si sentì infatti una voce chiedere aspramente cosa diavolo stesse succedendo. Poi tacque.
Finalmente, anche l'ultimo uomo venne messo K.O.
Il corvino sbuffò, togliendosi il casco, e rivolse al biondo un'occhiata sospettosa e indagatrice; le sue deduzioni iniziali su di lui si erano rivelate estremamente corrette: quel pilota era davvero un abile combattente. Forse fin troppo... Cos'era stato, prima di entrare a far parte della Ribellione? Suo fratello non l'avrebbe mai accettato nell'Alleanza, se non fosse stato certo di potersi fidare. D'altro canto, neppure Mycroft Holmes era infallibile...
-... C'è forse qualcosa che hai omesso di dirmi?-gli domandò dunque, con un pizzico di ironia, ma anche di sospetto.
Ma lui, chino su uno dei terminali, fece orecchie da mercante, e non rispose.
-La cella della senatrice è su questo piano- replicò, senza neppure alzare lo sguardo.- Tu resta di guardia, potrebbero arrivare altr–
Proprio in quel momento, il comlink sulla console riprese a suonare con insistenza: i due si guardarono, incerti sul da farsi. Poi Sherlock pigiò il pulsante.
-Qui è tutto sotto controllo. Situazione normale-disse nel microfono, cercando di mantenere un tono freddo e professionale.
-Abbiamo sentito degli spari. Cosa è successo?-domandò la voce all'altro capo, chiaramente dubbiosa.

John, incredibilmente, si intromise.
-Abbiamo avuto un C/456. Ma ora è rientrato.
Sherlock lo guardò stupito per l'ennesima volta: ma l'uomo dall'altra parte sembrò a quel punto comprendere, anche se non parve completamente soddisfatto.
-... Armi difettose? Mandiamo comunque su una squadra-replicò infatti, risoluto.
-No. Negativo-si intromise, stavolta, il corvino.-Abbiamo una grossa perdita di energia. È pericolosa. Dateci qualche minuto per ripararla-improvvisò.
-Prima armi difettose. Adesso perdita di energia...??-Il tono di voce dell'imperiale si fece carico di sospetto.-Ma chi parla?? Qual è il vostro numero operati–
Sherlock sparò un colpo di blaster contro il comlink, facendo morire l'ultima sillaba in un crepitìo intelligibile e scintille.
-... La conversazione stava diventando noiosa-commentò, stringendosi nelle spalle, in risposta allo sguardo allucinato di John.
-Se prima volevano mandarci una squadra, ora ce ne manderanno almeno due!-esclamò, esasperato.-Sei proprio un pazzo, o uno psicopatico. Non riesco a decidermi!
Il contrabbandiere gli rivolse un'occhiataccia.
-Invece di blaterare idiozie, John, perchè non vai a recuperare la senatrice nella sua cella? In fondo, è a causa sua se siamo qui, no?-replicò, ironico e tagliente.
Il pilota scosse la testa, poi si diresse rapido verso il corridoio centrale, leggendo attentamente i numeri luminosi sulle porte scorrevoli .
-E comunque non sono nè un pazzo nè uno psicopatico. Sono un sociopatico iperattivo. Informati!-ci tenne a precisare Sherlock, pungente, mentre bloccava la porta elettronica di accesso al blocco detenzione sparando contro il quadro comandi.
L'altro si ritrovò a scuotere nuovamente la testa, anche se sentiva anche la voglia irrazionale di scoppiare a ridere: per quanto assurdo possa sembrare, in dieci anni che faceva parte della ribellione, non aveva mai apprezzato così tanto una missione, nè si era mai esaltato (o addirittura persino divertito) allo stesso modo come in quelle poche ore passate con quel folle contrabbandiere.
Quel breve momento di leggerezza finì, quando si rese conto di essere finalmente giunto di fronte alla cella della senatrice Hooper.

Pigiò un pulsante esterno alla porta metallica, ed essa si aprì, mostrandogli finalmente la sua occupante.
La giovane donna era sdraiata su una rigida panca metallica, e pareva immersa in un sonno profondo, ma agitato: aveva i capelli color castano scuro acconciati in una elegante seppur eccentrica pettinatura alta, che metteva in risalto il suo volto dai lineamenti delicati; coperti però in parte, dato che dormiva con quasi tutto il viso affondato su un braccio.
La sua bocca era però tesa in una smorfia, e il corpo-fasciato in una semplice veste candida-era scosso da evidenti tremori: John non voleva neppure immaginare quali torture avesse subito quella povera ragazza per mano dell'Impero.
Le posò, cauto, una mano sulla spalla, con l'intento di scuoterla delicatamente. Ma lei, già a quel contatto, trasalì, e spalancò gli occhi di scatto, puntandoli quasi immediatamente in quelli blu di John: occhi color nocciola, che lui riconobbe all'istante. Trattenne il respiro e, per un momento, lo shock e la sorpresa gli impedirono di parlare.
Ma non ne ebbe bisogno, perché fu lei a prendere la parola per prima.
-Sei tu...-gli mormorò, la voce ridotta a un incredulo bisbiglio.

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L'accampamento era immerso nell'oscurità-debolmente rischiarata da qualche dispositivo a neon poco fuori dal deposito-e silenzioso, tranne per due sagome che discutevano, appena visibili.
Una donna e un uomo.
-Toglilo, per favore-lo pregò la donna, con gentilezza.
-Non posso-replicò l'uomo, categorico.-È troppo rischioso. Ed è proibito dal regolamento.
-Credo che sia un po' tardi per dire una cosa del genere, non credi?-replicò la voce femminile, un po' sarcastica.
-Io... io... non so ancora se voglio davvero farlo.
-Hai già fatto una scelta-fece di nuovo la voce di donna, in tono mortalmente serio.-Ed è quella giusta. Vieni con noi. È la cosa migliore. Ti terremo al sicuro. E potrai ancora salvare tante vite. Proprio come ora stai salvando la mia e quella di tutti gli altri.
Un sospiro sfuggì dalle labbra dell'uomo.
- Io... davvero non lo so. Ma voi scappate. Non perdete tempo. Ci sono dei dewbacks, nel deposito due. Sono veloci, se spronati. Prendere gli speeder attirerebbe troppo l'attenzione. Io coprirò la vostra fuga per quanto mi sarà possibile.
-... E dopo? Cosa farai dopo? Se scoprono che sei stato tu a...
-Forse riuscirò a non farmi scoprire.
-Ma vuoi veramente continuare questa vita, sapendo cosa comporta? -lo incalzò la ragazza.-Proprio ora che ti sei reso conto delle sue atrocità? Anche di quelle che sarai costretto a compiere tu stesso. Perchè è così che andrà, se resti qui. Lo sai, vero?
Non ottenendo risposta, la giovane sospirò.
-Almeno, toglitelo-ripetè, imperterrita, ma con una nuova dolcezza.-Voglio guardare negli occhi l'uomo che mi sta salvando la vita.
L'altro sembrò esitare: alla fine, si decise, e si portò le mani verso la testa, sfilandosi l'ingombrante casco.
La ragazza fissò i suoi occhi nocciola in quelli blu del ragazzo, e sorrise. Lui si passò una mano nei corti capelli biondi e ricambiò, incerto.
-Qual è il tuo nome?-gli domandò.
-Io non... non ho nome-ammise infine, abbassando lo sguardo.
-... Ah, è vero-mormorò lei, tristemente, stringendogli un braccio con delicatezza.-In ogni caso, il mio è...
-TRADITORE!
Entrambi sobbalzarono, mentre una scarica di colpi di blaster si abbatteva su di loro.
-Vai! Ci penso io, qui. SCAPPA!!-ordinò lui alla ragazza, spingendola dietro di , estraendo poi il suo blaster e rispondendo al fuoco, mentre la donna, dopo un'ultima fugace occhiata, correva via.
Un colpo del suo avversario andò a segno, colpendolo alla spalla sinistra: l'uomo senza nome gemette, cadendo in ginocchio nella sabbia.
-Abbiamo un disertore!-ringhiò il soldato nel comlink.-Mandate rinforzi al deposito numero...!
L'uomo si interruppe di colpo e cadde a terra, gemendo: l'altro aveva approfittato della sua momentanea distrazione per sparargli un colpo alla gamba, poi al comlink, che cadde anch'esso nella sabbia, interrompendo la trasmissione.
L'uomo senza nome scorse i dewbacks galoppare con in sella i prigionieri, e sospirò di sollievo. In pochi minuti sarebbero stati troppo lontani per essere raggiunti.
Ignorando le grida irose del soldato, si alzò-seppur a fatica-saltò su uno speeder e fuggì a rotta di collo nella direzione opposta a quella dei prigionieri, attraverso le lande desolate e ricoperte di sabbia, rischiarate a malapena dalle due lune, una mano premuta sulla sua ferita sanguinante, mentre l'ultima parola pronunciata dal suo ex commilitone risuonava nella sua testa.
"Traditore".
Ma fu sostituita quasi immediatamente dall'immagine degli occhi dolci di quella misteriosa ragazza.

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-A quanto pare, è destino per noi rincontrarci-mormorò la ragazza, ancora sorpresa, alzandosi e scrutando John con una punta di sospetto.
Quest'ultimo, da parte sua, dovette far forza su sè stesso per riprendersi dalla sorpresa, ma soprattutto per non farsi travolgere dalle terribili sensazioni che quei ricordi avevano risvegliato in lui. Aveva già rischiato che accadesse dopo le parole pronunciate da quell'Imperiale. Ma, quando aveva riconosciuto la ragazza, essi l'avevano travolto con violenza prima che potesse fermarli.
Caldo.
Spari.
Urla.
Cadaveri.
Mano insaguinata.
Sospirò leggermente, poi si riscosse: non era il momento di crollare.
-Sono John Watson, un membro della Ribellione. Siamo venuti a salvarla, senatrice-le disse, in tono spiccio, sperando che lei non gli chiedesse ulteriori spiegazioni.
Fortunatamente, la donna, seppur sorpresa, non gliele chiese-probabilmente, aveva già capito che non era il momento giusto, vista la situazione-ma una parola detta dal pilota le fece aggrottare le sopracciglia.
-... "Siamo"?
Prima che le potesse rispondere, poco fuori dalla cella si levò una voce ironica e irritata, seguita dal rumore di passi in avvicinamento.
-... John, ma quanto diavolo ci stai mettendo??! Stai forse prendendo il tè con la prigioniera?? Ti pare questo il momento di perderti in chiacchiere??-Mentre gli rivolgeva quel lungo improperio, Sherlock fece il suo ingresso nella cella, palesemente seccato.-Devo forse ricordati che tra poco avremo addosso minimo una dozzina di soldati imp–...!
Poi il suo sguardo cadde sulla ragazza, e le parole gli morirono in gola.

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Amore.
Colpi di fulmine.
Innamorarsi.
Sherlock non credeva a quelle stupidaggini.
Aveva sepolto da lungo tempo, le emozioni: quelle, in particolare.
Già con John Watson stava tornando a galla, con suo grande disappunto, quel particolare sentimento... amicizia. Adesso ci mancava solo che arrivasse quell'altro, "amore", a tenergli compagnia. Non poteva permettere una cosa del genere.
Probabilmente, era solo una momentanea e passeggera infatuazione, quella che sentì non appena puntò i suoi occhi in quelli castani della senatrice, e che poi passarono rapidi sui suoi lineamenti affilati ma dolci, e su quella piccola bocca sollevata in un timido sorriso.
E il cuore che batteva? Era solo dovuto all'adrenalina di quel momento, nulla di più.
Tossicchiò-sperando ardentemente di non essere arrossito, facendo così trapelare i suoi pensieri-e si rivolse in tono freddo e ironico alla donna.
-Senatrice Hooper, se aveste la bontà di seguirci, potremo continuare a conversare in un luogo più consono.
-Fate parte anche voi della Ribellione?-La donna rivolse un'occhiata dubbiosa all'uniforme imperiale indossata dal contrabbandiere, anche se non potè evitare di restare incantata di fronte a quella pelle di alabastro, da quella voce bassa e baritonale... e quei ricci neri... ma, soprattutto, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli ipnotici occhi grigio verdi, striati di azzurro. Non ricordava di averne mai visti di così belli.
-Dio me ne scampi!-ribattè Sherlock, sarcastico.-Sono solo in missione, eccezionalmente, per questa volta. Ma adesso basta perdere tempo! Dobbiamo...!

All'improvviso, dei rumori provenienti dalla porta del blocco li distrasse: i tre si scambiarono una rapida occhiata, poi uscirono dalla cella, mettendosi all'ascolto.
-Hanno bloccato i comandi elettronici!-esclamò una voce.
-Dovremo farla saltare. Portate un dispositivo di detonazione. Veloci!-ordinò un'altra, in tono rude, seguita da un rumore di passi.
-Dannazione! Dobbiamo trovare un'altra via d'uscita, subito!-esclamò John.
-No, davvero?-ribattè Sherlock, sarcastico, mentre estraeva il comlink.-BS-221, mi ricevi?
Si sentirono dei bip di risposta.
-Ci serve un'altra uscita dal blocco di detenzione. Svelto!
Ci fu una breve pausa tesa, mentre la senatrice si guardava attentamente intorno nel corridoio delle celle: dal comlink arrivò, finalmente, una risposta.
Ma, purtroppo, non era quella che avrebbero voluto sentire.
-... Cosa??? Dimmi che stai scherzando! Come sarebbe "C'è solo l'ingresso principale"??-John emise un gemito.-Ricontrolla meglio, inutile ammasso di bulloni!!
Il pilota si passò nervosamente una mano nei capelli.
- E ora che facciamo??-gemette di nuovo, sentendo montare il panico.
-Non chiederlo a me! L'idea è stata tua!-ribattè Sherlock, piccato, spegnendo il comunicatore con un gesto secco.
-Sì, ma se tu non avessi sparato al comlink, allertando tutta la stazione, ora non saremmo in questo pasticcio!-replicò l'altro, innervosito.
-Ah! Ora sarebbe colpa mia?!?-Il contrabbandiere lo fulminò con lo sguardo, offeso.-Se ce ne fossimo andati subito, come io volevo fare sin dal principio, ora noi non... HEY!!
La senatrice Hooper, senza alcun preavviso, gli aveva strappato di mano la sua pistola blaster: poi, senza dire una parola, corse nuovamente nel corridoio, e sparò un colpo verso una piccola grata nel muro, facendola esplodere, sotto gli sguardi sconcertati dei due uomini.
-Ma... si può sapere che accidenti sta facendo??-esclamò Sherlock, attonito.
-La pelle deve pur salvarcela qualcuno! E se voi non ne siete capaci, allora devo pensarci io!-ribattè sprezzante la donna, mentre si infilava nel neonato pertugio.-Seguitemi nello scarico dei rifiuti, forza! A meno che non vogliate restare qui a litigare come dei marmocchi! A proposito: il mio nome è Molly Hooper. Chiamatemi Molly.

E, senza aggiungere altro, scomparve nel pertugio.
I due uomini si guardarono attoniti: John fu certo di scorgere nell'espressione di Sherlock, per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, un certo imbarazzo.
-Ehm... che dici? La seguiamo?-fece il biondo, con un cenno del capo, alludendo al buco scuro in cui la senatrice era stata inghiottita
-... Abbiamo altra scelta, forse?-borbottò il contrabbandiere, sarcastico, ma con espressione rassegnata, mentre si abbassava, lasciandosi scivolare nella stretta apertura. Gli sfuggì una smorfia.-Ho il presentimento che questa donna mi darà non poco filo da torcere...
John ridacchiò sommessamente, per poi seguire Sherlock a ruota nell'oscurità.

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